PAROLEDIFEDE

Sant’Agostino – LA FEDE E IL SIMBOLO

 

LA FEDE E IL SIMBOLO

Enunciazione dell’argomento.

1. 1. È stato scritto ed è stato confermato dalla saldissima autorità dell’insegnamento apostolico che il giusto vivrà in virtù della fede 1. Tale fede richiede da parte nostra l’impegno conforme sia del cuore che della lingua. L’Apostolo infatti dice: Con il cuore si crede per ottenere giustizia, con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza 2. Occorre pertanto che ci ricordiamo sia della giustizia sia della salvezza. Dal momento che siamo destinati a regnare in una giustizia eterna, non riusciamo ad essere immuni dalla malizia dell’età presente se non ci adoperiamo anche per la salvezza del prossimo, professando con la bocca la fede che coltiviamo con il cuore. Dobbiamo provvedere con pia e prudente vigilanza perché tale fede non ci venga intaccata in qualche punto dalle ingannatrici sottigliezze degli eretici. Per questo la fede cattolica è fatta conoscere ai fedeli per mezzo del Simbolo, ed è affidata alla loro memoria, per quanto la materia lo consenta, in un testo molto breve. In tal modo i principianti e i lattanti, cioè coloro che sono rinati da poco in Cristo e che non sono ancora fortificati da una frequentazione assidua e spirituale delle Sacre Scritture e dalla loro conoscenza, sono posti in condizione di credere, con l’aiuto di poche formule, ciò che dovrà poi essere loro esposto con ampi discorsi mano a mano che progrediranno e si disporranno a comprendere la dottrina divina sulla solida base dell’umiltà e della carità. La maggior parte degli eretici, dunque, hanno cercato di nascondere il loro veleno sotto le stesse brevi formule contenute nel Simbolo; ma ai loro tentativi la divina misericordia ha resistito e resiste mediante l’opera di uomini spirituali 3, i quali si sono resi meritevoli non solo di ricevere e di credere alla fede cattolica espressa in quelle formule, ma anche, grazie alla rivelazione di Dio, di comprenderla e di conoscerla. È stato scritto infatti: Se non crederete, non comprenderete 4. Dunque, la chiarificazione della fede serve a difendere il Simbolo, però non nel senso che essa, per il fatto che deve essere appresa e mandata a memoria, sia destinata a prendere il posto del Simbolo in coloro che ricevono la grazia di Dio, ma nel senso che possa custodire le verità contenute nel Simbolo contro le insidie degli eretici con l’autorità della Chiesa cattolica e con una difesa più solida.

Dio Padre onnipotente.

2. 2. Alcuni, infatti, hanno cercato di persuadere che Dio Padre non è onnipotente; non perché hanno osato affermarlo apertamente, ma perché nel loro insegnamento lasciano ritenere che così pensino e così credano. Quando, infatti, sostengono l’esistenza di una realtà che Dio onnipotente non avrebbe creato, dalla quale tuttavia avrebbe formato questo mondo, a cui concedono che sia magnificamente ordinato, finiscono con il negare l’onnipotenza di Dio al punto di escludere che abbia potuto creare il mondo se, per formarlo, si fosse servito di un’altra realtà che esisteva già e che egli non aveva creato. In ciò naturalmente si adeguano all’abitudine carnale di vedere i manovali, i muratori e gli operai di ogni genere, i quali non possono rendere operativa la loro arte senza l’aiuto di materiali già pronti. Così pensano che il creatore del mondo non sia onnipotente, dal momento che non avrebbe potuto creare il mondo, se non fosse ricorso, come materia, ad una realtà da lui non creata. D’altro canto però, se concedono che Dio onnipotente è l’artefice del mondo, devono necessariamente ammettere che ha fatto dal nulla ciò che ha creato. Infatti, dato che è onnipotente, non ci può essere nulla di cui non sia stato creatore. Poiché, anche se ha fatto qualcosa da qualcos’altro, come è il caso dell’uomo dal fango, non lo ha assolutamente fatto da ciò che egli stesso non aveva creato, perché la terra da cui proviene il fango l’aveva creata dal nulla. E se avesse fatto il cielo stesso e la terra, vale a dire l’universo con ciò che ne fa parte, ricavandolo da qualche materia, come sta scritto: Tu che hai fatto il mondo da una materia invisibile 5 oppure ” informe “, come riportano alcuni manoscritti, in nessun modo si deve credere che quella stessa materia, da cui è stato tratto il mondo, anche se informe, anche se invisibile e di quale che fosse la sua natura, abbia potuto essere per se stessa, come se fosse coeterna e coesistente con Dio. Al contrario, la sua natura, quale che fosse la condizione in cui si trovava per poter essere in qualunque modo e poter assumere forme di cose ben distinte, l’aveva solo in quanto ricevuta da Dio onnipotente, grazie al quale esiste non solo ogni cosa che è formata, ma anche ogni cosa che può divenire tale. Tra ciò che è formato e ciò che può divenire tale c’è questa differenza, che quello formato ha già ricevuto una forma e quello che può divenire tale invece può riceverla. Ma colui che garantisce alle cose la loro forma è lo stesso che garantisce loro la possibilità di essere formate, poiché da lui procede e in lui risiede la forma bellissima ed immutabile di tutti gli esseri. Per questo, appunto, egli è l’unico che consente a qualsiasi cosa non soltanto di essere bella, ma anche di poter essere tale. Di conseguenza, a pieno diritto noi crediamo che Dio ha creato tutte le cose dal nulla, poiché, anche se il mondo è stato tratto da qualche materia, questa stessa materia è stata creata dal nulla, in modo che, per un dono perfettamente ordinato di Dio, dapprima essa divenisse capace di ricevere le forme e poi fossero formate tutte le cose che furono formate. Abbiamo detto ciò perché nessuno pensi che le sentenze delle divine Scritture siano tra loro in contraddizione, poiché vi è scritto sia che Dio ha creato tutte le cose dal nulla sia che il mondo è stato tratto da una materia informe.

Il Verbo di Dio.

2. 3. Dunque, in quanto crediamo in Dio Padre onnipotente, dobbiamo pensare che non esiste nessuna creatura che non sia stata creata dall’Onnipotente. Ora, Dio ha creato tutte le cose per mezzo del Verbo, e il Verbo è chiamato anche Verità 6, Potenza e Sapienza di Dio 7. È chiamato con molti altri nomi, che fanno pensare che il Signore Gesù Cristo, cioè il nostro liberatore e guida, che è proposto alla nostra fede, è il Figlio di Dio. Infatti, quel Verbo per mezzo del quale tutte le cose sono state create, non l’avrebbe potuto generare se non colui che ha creato tutte le cose per mezzo suo.

3. 3. Noi crediamo anche in Gesù Cristo, Figlio unigenito di Dio Padre, cioè Figlio unico, nostro Signore. Non dobbiamo tuttavia intendere tale Verbo alla maniera delle nostre parole, le quali, una volta proferite dalla nostra bocca mediante la voce, passano attraverso l’aria percuotendola e non permangono più a lungo del tempo in cui risuonano. Quel Verbo invece rimane sempre, senza mutare : di lui infatti, allorché si parlava della Sapienza, fu detto: Pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova 8. D’altra parte però è detto Verbo del Padre perché il Padre si manifesta mediante lui. Come dunque noi, con le nostre parole, facciamo in modo che, quando diciamo qualcosa di vero, il nostro animo si manifesti a chi ci ascolta e qualunque segreto nascondiamo nel nostro cuore, mediante tali segni, sia portato alla conoscenza altrui, così quella Sapienza che Dio Padre ha generato, poiché per mezzo suo vengono rivelati alle anime che ne sono degne i segreti più intimi del Padre, in modo del tutto appropriato è chiamata il suo Verbo.

Il Verbo è della stessa sostanza del Padre.

3. 4. C’è comunque una grandissima differenza tra il nostro animo e le parole mediante le quali cerchiamo di mostrare l’animo stesso. Invero noi non generiamo le parole che risuonano, ma le proferiamo e nel far ciò il corpo funge da strumento. Ora, c’è una grandissima differenza tra l’anima e il corpo: Dio invece, nel generare il Verbo, generò quello che è egli stesso, e non già dal nulla o da qualche materia già creata e costituita, ma generò da se stesso quello che è egli stesso. E questo è quanto anche noi cerchiamo di fare quando parliamo, se consideriamo attentamente l’inclinazione della nostra volontà; però non quando mentiamo, ma quando diciamo il vero. A che altro, infatti, aspiriamo se non a trasferire la nostra stessa anima, se fosse possibile, nell’anima di chi ci ascolta perché la conosca e la osservi bene, cioè a far sì che, pur rimanendo in noi stessi e senza distaccarci da noi stessi, tuttavia forniamo un indizio tale per cui l’altro faccia la nostra conoscenza e, per quanto ci è consentito, dalla nostra anima sia prodotta, per così dire, un’altra anima con la quale si riveli? Facciamo ciò adoperandoci con le parole, con il suono stesso della voce, con l’espressione del volto e con i gesti del corpo; sono tanti, infatti, gli espedienti ai quali ricorriamo quando desideriamo mostrare ciò che è dentro di noi. Ma poiché non siamo in grado di produrre un tale effetto, e quindi l’animo di chi parla non riesce a farsi conoscere completamente, per questo in noi resta aperta la porta perfino alle menzogne. Dio Padre invece, che voleva e poteva mostrarsi in tutta la sua verità alle anime destinate a conoscerlo, per mostrare se stesso generò un essere che fosse identico a se stesso: e questo essere viene anche chiamato la sua Potenza e Sapienza, perché è per mezzo di Lui che ha fatto e disposto tutte le cose. È per questo che di Lui si dice: Si estende da un confine all’altro con forza, e governa con soavità tutte le cose 9.

Il Figlio di Dio non è fatto dal Padre e neppure è diseguale da lui. Dio creò tutte le cose per mezzo del Verbo.

4. 5. E quindi il Figlio unigenito di Dio non è stato fatto dal Padre, perché, come dice l’Evangelista: Tutto è stato fatto per mezzo di lui 10; neppure è stato generato nel tempo perché, essendo eternamente sapiente, Dio ha con sé eternamente la sua sapienza; e neppure è diseguale dal Padre, cioè inferiore a Lui in qualche cosa, poiché anche l’Apostolo afferma: Pur essendo di natura divina, non pensò che fosse un’usurpazione l’essere uguale a Dio 11. Da questa fede cattolica pertanto sono esclusi anche coloro che dicono che il Figlio è il medesimo del Padre. Essi non tengono presente il fatto che il Verbo non potrebbe essere presso Dio 12 se non fosse presso Dio Padre: chi è solo, infatti, non è uguale a nessuno. Sono esclusi anche coloro che dicono che il Figlio è una creatura, sebbene non come le altre. Per quanto eminente concepiscano questa creatura, se è una creatura, è stata prodotta e fatta. Produrre, infatti, è la medesima cosa che creare; sebbene nell’uso della lingua latina si adoperi talora creare per generare, invece non è così in quella greca, in cui essi sono distinti. Noi latini, infatti, chiamiamo creatura quella che i greci chiamano