ATTI DEGLI APOSTOLI 7

Processo davanti a Felice, governatore romano, e discorso di Paolo.

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cesare_nebbia_gesu_invia_due_apostoli_a_gerusalemme.jpg1Cinque giorni dopo arrivò il sommo sacerdote insieme con alcuni anziani e a un avvocato di nome Tertullo e si presentarono al governatore per accusare Paolo.

2Quando que­sti fu fatto venire, Tertullo cominciò l’accusa dicendo:

3«La lunga pace di cui godiamo grazie a te e le riforme che ci sono state in favore di questo popolo grazie alla tua provvidenza, le accogliamo in tutto e per tutto, eccellentissimo Felice, con pro­fonda gratitudine.

4Ma per non trattenerti troppo a lungo, ti prego di darci ascolto brevemente nella tua benevolenza.

5Abbiamo scoperto che quest’uomo è una peste, fomenta continue rivolte tra tutti i Giudei che sono nel mondo ed è capo della set­ta dei Nazorei.

6Ha perfino tentato di profanare il tempio e noi l’abbiamo arrestato.

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8Interrogandolo personalmente, po­trai renderti conto da lui di tutte queste cose delle quali lo accu­siamo».

9Si associarono nell’accusa anche i Giudei, affermando che i fatti stavano così.

10Quando il governatore fece cenno a Paolo di parlare, egli ri­spose: «So che da molti anni sei giudice di questo popolo e par­lo in mia difesa con fiducia.

11Tu stesso puoi accertare che non sono più di dodici giorni da quando mi sono recato a Gerusa­lemme per il culto.

12Essi non mi hanno mai trovato nel tempio a discutere con qualcuno o a incitare il popolo alla sommossa, né nelle sinagoghe, né per la città

13e non possono provare nes­suna delle cose delle quali ora mi accusano.

14Ammetto invece che adoro il Dio dei miei padri, secondo quella dottrina che es­si chiamano setta, credendo in tutto ciò che è conforme alla Legge e sta scritto nei Profeti,

15nutrendo in Dio la speranza, condivisa pure da costoro, che ci sarà una risurrezione dei giu­sti e degli ingiusti.

16Per questo mi sforzo di conservare in ogni momento una coscienza irreprensibile davanti a Dio e davanti agli uomini.

17Ora, dopo molti anni, sono venuto a portare ele­mosine al mio popolo e per offrire sacrifici;

18in occasione di questi essi mi hanno trovato nel tempio dopo che avevo com­piuto le purificazioni. Non c’era folla né tumulto.

19Furono dei Giudei della provincia d’Asia a trovarmi, e loro dovrebbero comparire qui davanti a te ad accusarmi, se hanno qualche cosa contro di me;

20oppure dicano i presenti stessi quale colpa han trovato in me quando sono comparso davanti al sinedrio,

21se non questa sola frase che gridai stando in mezzo a loro: A moti­vo della risurrezione dei morti io vengo giudicato oggi davanti a voi!».

22Allora Felice, che era assai bene informato circa la nuova dottrina, li rimandò dicendo: «Quando verrà il tribuno Lisia, esaminerò il vostro caso».

23E ordinò al centurione di tenere Paolo sotto custodia, concedendogli però una certa libertà e senza impedire a nessuno dei suoi amici di dargli assistenza.

24Dopo alcuni giorni Felice arrivò in compagnia della moglie Drusilla, che era giudea; fatto chiamare Paolo, lo ascoltava in­torno alla fede in Cristo Gesù.

25Ma quando egli si mise a parla­re di giustizia, di continenza e del giudizio futuro, Felice si spa­ventò e disse: «Per il momento puoi andare; ti farò chiamare di nuovo quando ne avrò il tempo».

26Sperava frattanto che Paolo gli avrebbe dato del denaro; per questo abbastanza spesso lo faceva chiamare e conversava con lui.

27Trascorsi due anni, Felice ebbe come successore Porcio Festo; ma Felice, volendo dimostrare benevolenza verso i Giudei, lasciò Paolo in prigione.

 

Paolo davanti a Festo, successore di Felice.

25

1Festo dunque, raggiunta la provincia, tre giorni dopo salì da Cesarèa a Gerusalemme.

2I sommi sacerdoti e i capi dei Giudei gli si presentarono per accusare Paolo e cercavano di persuaderlo,

3chiedendo come un favore, in odio a Paolo, che lo facesse venire a Gerusalemme; e intanto disponevano un tranello per ucciderlo lungo il percorso.

4Festo rispose che Pao­lo stava sotto custodia a Cesarèa e che egli stesso sarebbe parti­to fra breve.

5«Quelli dunque che hanno autorità tra voi, disse, vengano con me e se vi è qualche colpa in quell’uomo, lo de­nuncino».

6Dopo essersi trattenuto fra loro non più di otto o dieci giorni, discese a Cesarèa e il giorno seguente, sedendo in tribunale, ordinò che gli si conducesse Paolo.

7Appena giunse, lo attor­niarono i Giudei discesi da Gerusalemme, imputandogli nume­rose e gravi colpe, senza però riuscire a provarle.

8Paolo a sua difesa disse: «Non ho commesso alcuna colpa, né contro la leg­ge dei Giudei, né contro il tempio, né contro Cesare».

9Ma Festo volendo fare un favore ai Giudei, si volse a Paolo e disse: «Vuoi andare a Gerusalemme per essere là giudicato di queste cose, davanti a me?».

10Paolo rispose: «Mi trovo davanti al tri­bunale di Cesare, qui mi si deve giudicare. Ai Giudei non ho fatto alcun torto, come anche tu sai perfettamente.

11Se dun­que sono in colpa e ho commesso qualche cosa che meriti la morte, non rifiuto di morire; ma se nelle accuse di costoro non c’è nulla di vero, nessuno ha il potere di consegnarmi a loro. Io mi appello a Cesare».

12Allora Festo, dopo aver conferito con il consiglio, rispose: «Ti sei appellato a Cesare, a Cesare andrai».

 

Paolo davanti ad Agrippa Il, re di Calcide dal 48 al 53, poi te­trarca di Filippi e infine di Galilea dal 55 alla sua morte. Il re e sua sorella Berenice, la futura fidanzata di Tito, esprimono il desiderio di vedere Paolo (Ez 2,1; Is 42,7.16; Ger 1,5-8).

13Erano trascorsi alcuni giorni, quando arrivarono a Cesarèa il re Agrippa e Berenìce, per salutare Festo.

14E poiché si tratten­nero parecchi giorni, Festo espose al re il caso di Paolo: «C’è un uomo, lasciato qui prigioniero da Felice, contro il quale,

15durante la mia visita a Gerusalemme, si presentarono con ac­cuse i sommi sacerdoti e gli anziani dei Giudei per reclamarne la condanna.

16Risposi che i Romani non usano consegnare una persona, prima che l’accusato sia stato messo a confronto con i suoi accusatori e possa aver modo di difendersi dall’accusa.

17Allora essi convennero qui e io senza indugi il giorno seguen­te sedetti in tribunale e ordinai che vi fosse condotto quell’uo­mo.

18Gli accusatori gli si misero attorno, ma non addussero nessuna delle imputazioni criminose che io immaginavo;

19avevano solo con lui alcune questioni relative la loro particolare religione e riguardanti un certo Gesù, morto, che Paolo soste­neva essere ancora in vita.

20Perplesso di fronte a simili contro­versie, gli chiesi se voleva andare a Gerusalemme ed esser giu­dicato là di queste cose.

21Ma Paolo si appellò perché la sua causa fosse riservata al giudizio dell’imperatore, e così ordinai che fosse tenuto sotto custodia fino a quando potrò inviarlo a Cesare».

22E Agrippa a Festo: «Vorrei anch’io ascoltare quel­l’uomo!». «Domani, rispose, lo potrai ascoltare».

23Il giorno dopo, Agrippa e Berenice vennero con gran pompa ed entrarono nella sala dell’udienza, accompagnati dai tribuni e dai cittadini iù in vista; per ordine di Festo fu fatto entrare anche Paolo.

24Allora Festo disse: «Re Agrippa e cittadini tutti qui presenti con noi, voi avete davanti agli occhi colui sul conto del quale tutto il popolo dei Giudei si è appellato a me, in Ge­rusalemme e qui, per chiedere a gran voce che non resti più in vita.

25 Io però mi sono convinto che egli non ha commesso al­cuna cosa meritevole di morte ed essendosi appellato all’impe­ratore ho deciso di farlo partire.

26Ma sul suo conto non ho nul­la di preciso da scrivere al sovrano; per questo l’ho condotto davanti a voi e soprattutto davanti a te, o re Agrippa, per ave­re, dopo questa udienza, qualcosa da scrivere.

27Mi sembra as­surdo infatti mandare un prigioniero, senza indicare le accuse che si muovono contro di lui».

 

26

1Agrippa disse a Paolo: «Ti è concesso di parlare a tua difesa». Allora Paolo, stesa la mano, si difese così:

2«Mi consi­dero fortunato, o re Agrippa, di potermi discolpare da tutte le accuse di cui sono incriminato dai Giudei, oggi qui davanti a te,

3che conosci a perfezione tutte le usanze e questioni riguardanti i Giudei. Perciò ti prego di ascoltarmi con pazienza.

4La mia vi­ta fin dalla mia giovinezza, vissuta tra il mio popolo e a Gerusa­lemme, la conoscono tutti i Giudei;

5essi sanno pure da tempo, se vogliono renderne testimonianza, che, come fariseo, sono vissuto nella setta più rigida della nostra religione.

6Ed ora mi trovo sotto processo a causa della speranza nella promessa fat­ta da Dio ai nostri padri,

7e che le nostre dodici tribù sperano di vedere compiuta, servendo Dio notte e giorno con perseveran­za. Di questa speranza, o re, sono ora incolpato dai Giudei!

8Perché è considerato inconcepibile fra di voi che Dio risusciti i morti?

9Anch’io credevo un tempo mio dovere di lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno,

10come in realtà feci a Ge­rusalemme; molti dei fedeli li rinchiusi in prigione con l’auto­rizzazione avuta dai sommi sacerdoti e, quando venivano condannati a morte, anch’io ho votato contro di loro.

11In tutte le sinagoghe cercavo di costringerli con le torture a bestemmiare e, infuriando all’eccesso contro di loro, davo loro la caccia fin nelle città straniere.

12In tali circostanze, mentre stavo andando a Damasco con au­torizzazione e pieni poteri da parte dei sommi sacerdoti, verso mezzogiorno

13vidi sulla strada, o re, una luce dal cielo, più splendente del sole, che avvolse me e i miei compagni di viag­gio.

14Tutti cademmo a terra e io udii dal cielo una voce che mi diceva in ebraico: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? Duro èper te ricalcitrare contro il pungolo.

15E io dissi: Chi sei, o Signore? E il Signore rispose: Io sono Gesù, che tu perseguiti.

16Su, alzati e rimettiti in piedi; ti sono apparso infatti per costi­tuirti ministro e testimone di quelle cose che hai visto e di quel­le per cui ti apparirò ancora.

17Per questo ti libererò dal popolo e dai pagani, ai quali ti mando

18ad aprir loro gli occhi, perché passino dalle tenebre alla luce e dal potere di satana a Dio e ot­tengano la remissione dei peccati e l’eredità in mezzo a coloro che sono stati santificati per la fede in me.

19Pertanto, o re Agrippa, io non ho disobbedito alla visione ce-leste;

20ma prima a quelli di Damasco, poi a quelli di Gerusa­lemme e in tutta la regione della Giudea e infine ai pagani, pre­dicavo di convertirsi e di rivolgersi a Dio, comportandosi in maniera degna della conversione.

21Per queste cose i Giudei mi assalirono nel tempio e tentarono di uccidermi.

22Ma l’aiuto di Dio mi ha assistito fino a questo giorno, e posso ancora rendere testimonianza agli umili e ai grandi. Null’altro io affermo se non quello che i profeti e Mosè dichiararono che doveva acca­dere,

23che cioè il Cristo sarebbe morto, e che, primo tra i risor­ti da morte, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai pagani».

 

Festo e Agrippa si convincono dell’innocenza di Paolo.

Beato_Angelico_ComunioneApostoli.jpg24Mentr’egli parlava così in sua difesa, Festo a gran voce disse: «Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!».

25E Paolo: «Non sono pazzo, disse, eccellentissimo Festo, ma sto dicendo parole vere e sagge.

26Il re è al corrente di queste cose e davanti a lui parlo con franchezza. Penso che niente di questo sia sconosciuto, poiché non sono fatti accaduti in segreto.

27Credi, o re Agrippa, nei profeti? So che ci credi».

28E Agrip­pa a Paolo: «Per poco non mi convinci a farmi cristiano!».

29E Paolo: «Per poco o per molto, io vorrei supplicare Dio che non soltanto tu, ma quanti oggi mi ascoltano diventassero così co­me sono io, eccetto queste catene!».

30Si alzò allora il re e con lui il governatore, Berenice, e quelli che avevano preso parte alla seduta

31e avviandosi conversavano insieme e dicevano: «Quest’uomo non ha -fatto nulla che meriti la morte o le catene».

32E Agrippa disse a Festo: «Costui poteva essere rimesso in libertà, se non si fosse appellato a Ce-sare».

 

La partenza per Roma su una nave con duecentosettantasei pas­seggeri (vv. 27-37); scali a Sidone e a Mira di Licia.

27

1Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l’Italia, con-segnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un cen­turione di nome Giulio della coorte Augusta.

2Salimmo su una nave di Adramitto, che stava per partire verso i porti della pro­vincia d’Asia e salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macè­done di Tessalonica.

3Il giorno dopo facemmo scalo a Sidone e Giulio, con gesto cortese verso Paolo, gli permise di recarsi da­gli amici e di riceverne le cure.

4Salpati di là, navigammo al ri­paro di Cipro a motivo dei venti contrari

5e, attraversato il ma­re della Cilicia e della Panfilia, giungemmo a Mira di Licia.

 

Imbarco per l’Italia.

6Qui il centurione trovò una nave di Alessandria in partenza per l’Italia e ci fece salire a bordo.

7Navigammo lentamente pa­recchi giorni, giungendo a fatica all’altezza di Cnido. Poi, sic­come il vento non ci permetteva di approdare, prendemmo a navigare al riparo di Creta, dalle parti di Salmone,

8e costeg­giandola a fatica giungemmo in una località chiamata Buoni Porti, vicino alla quale era la città di Lasèa.

 

La tempesta e il naufragio sull’isola di MaIta.

9Essendo trascorso molto tempo ed essendo ormai pericolosa la navigazione poiché era già passata la festa dell’Espiazione, Paolo li ammoniva dicendo:

10«Vedo, o uomini, che la naviga­zione comincia a essere di gran rischio e di molto danno non so­lo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre vite».

11Il centurione però dava più ascolto al pilota e al capitano della nave che alle parole di Paolo.

12E poiché quel porto era poco adatto a trascorrervi l’inverno, i più furono del parere di salpa­re di là nella speranza di andare a svernare a Fenice, un porto di Creta esposto a libeccio e a maestrale.

13Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco, convinti di potere ormai realizzare il progetto, levarono le ancore e co­steggiavano da vicino Creta.

14Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l’isola un vento d’uragano, detto allora «Euroa­quilone».

15La nave fu travolta nel turbine e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balia, andavamo alla deriva.

16Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Càudas, a fatica riuscimmo a padroneggiare la scialuppa;

17la tirarono a bordo e adoperarono gli attrezzi per fasciare di gòmene la na­ve. Quindi, per timore di finire incagliati nelle Sirti, calarono il galleggiante e si andava così alla deriva.

18Sbattuti violente­mente dalla tempesta, il giorno seguente cominciarono a getta­re a mare il carico;

19i1 terzo giorno con le proprie mani butta­rono via l’attrezzatura della nave.

20Da vari giorni non compa­rivano più né sole, né stelle e la violenta tempesta continuava a infuriare, per cui ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta.

21Da molto tempo non si mangiava, quando Paolo, alzatosi in mezzo a loro, disse: «Sarebbe stato bene, o uomini, dar retta a me e non salpare da Creta; avreste evitato questo pericolo e questo danno.

22Tuttavia ora vi esorto a non perdervi di corag­gio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave.

23Mi è apparso infatti questa notte un angelo del Dio al quale appartengo e che servo,

24dicendomi: Non te­mere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare ed ecco, Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione.

25Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che av­verrà come mi è stato annunziato.

26Ma è inevitabile che andia­mo a finire su qualche isola».

27Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell’Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l’impressione che una qualche terra si avvicinava.

28Gettato lo scandaglio, trovarono venti braccia; dopo un breve intervallo, scandagliando di nuovo, trovarono quindici braccia.

29Nel ti­more di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro an­core, aspettando con ansia che spuntasse il giorno.

30Ma poiché i marinai cercavano di fuggire dalla nave e già stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prora, Paolo disse al centurione e ai soldati:

31«Se costoro non riman­gono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo».

32Allora i soldati recisero le gòmene della scialuppa e la lasciarono cade­re in mare.

33Finché non spuntò il giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo: «Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nel­l’attesa, senza prender nulla.

34Per questo vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto».

35Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.

36Tutti si sentirono rianimati, e anch’essi presero cibo.

37Eravamo complessivamente sulla nave duecentosettantasei persone.

38Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.

39Fattosi giorno non riuscivano a riconoscere quella terra, ma notarono un ‘insenatura con spiaggia e decisero, se possibile, di spingere la nave verso di essa.

40Levarono le ancore e le lascia­rono andare in mare; al tempo stesso allentarono i legami dei timoni e spiegata al vento la vela maestra, mossero verso la spiaggia.

41Ma incapparono in una secca e la nave vi si incagliò; mentre la prua arenata rimaneva immobile, la poppa minaccia­va di sfasciarsi sotto la violenza delle onde.

42I soldati pensaro­no allora di uccidere i prigionieri, perché nessuno sfuggisse get­tandosi a nuoto,

43ma il centurione, volendo salvare Paolo, im­pedì loro di attuare questo progetto; diede ordine che si gettas­sero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiunsero la ter­ra;

44poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra.

 

Soggiorno a Malta. Paolo è morso da una vipera, ma senza conseguenze, come Gesù aveva promesso ai suoi apostoli (Mc 16,18).

28

Baciccio_Apotheosis_of_the_Franciscan_Order_1707_Basilica_Santi_XII_Apostoli_Rome.jpg1Una volta in salvo, venimmo a sapere che l’isola si chia­mava Malta.

2Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci ac­colsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo.

3Mentre Paolo raccoglieva un fascio di sarmenti e lo gettava sul fuoco, una vi­pera, risvegliata dal calore, lo morse a una mano.

4A1 vedere la serpe pendergli dalla mano, gli indigeni dicevano tra loro: «Certamente costui è un assassino, se, anche scampato dal ma­re, la Giustizia non lo lascia vivere».

5Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non ne patì alcun male.

6Quella gente si aspettava di vederlo gonfiare e cadere morto sul colpo, ma, dopo avere molto atteso senza vedere succedergli nulla di straodinario, cambiò parere e diceva che era un dio.

7Nelle vicinanze di quel luogo c~era un terreno appartenente al «primo» dell’isola, chiamato Publio; questi ci accolse e ci ospi­tò con benevolenza per tre giorni.

8Avvenne che il padre di Pu­blio dovette mettersi a letto colpito da febbri e da dissenteria; Paolo l’andò a visitare e dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì.

9Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano malattie accorrevano e venivano sanati;

10ci colmarono di onori e al momento della partenza ci rifornirono di tutto il necessa­rio.

 

Da Malta a Roma attraverso Siracusa, Reggio, Pozzuoli.

11Dopo tre mesi salpammo su una nave di Alessandria che ave­va svernato nell’isola, recante l’insegna dei Diòscuri.

12Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni

13e di qui, co­steggiando, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l’indomani arrivammo a Pozzuoli.

14Qui trovam­mo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana. Partimmo quindi alla volta di Roma.

15I fratelli di là, avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Taverne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio.

 

Paolo a Roma: benché prigioniero fino alla sua comparizione davanti a Cesare, può ricevere le visite che desidera, come a Ce­sarea. Ai notabili giudei che convoca, espone il suo caso.

16Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per suo conto con un soldato di guardia.

17Dopo tre giorni, egli convocò a sé i più in vista tra i Giudei e venuti che furono, disse loro: «Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo e contro le usanze dei padri, sono stato ar­restato a Gerusalemme e consegnato in mano dei Romani.

18Questi, dopo avermi interrogato, volevano rilasciarmi, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte.

19Ma conti­nuando i Giudei ad opporsi, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere con questo muovere accuse contro il mio popolo.

20Ecco perché vi ho chiamati, per vedervi e parlar­vi, poiché è a causa della speranza d’Israele che io sono legato da questa catena».

21Essi gli risposero: «Noi non abbiamo rice­vuto nessuna lettera sul tuo conto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a parlar male dite.

22Ci sembra be­ne tuttavia ascoltare da te quello che pensi; di questa setta in­fatti sappiamo che trova dovunque opposizione».

 

A Roma come negli altri luoghi, Paolo annuncia la buona novel­la dapprima ai giudei; ma anche qui la fede dei pagani si con­trappone all’incredulità dei giudei. Questi compiono inconsape­volmente la profezia di Isaia che gli evangelisti pongono già sul­le labbra di Gesù (Mt 13,14-15; Mc 4,12; Gv 12,40).

23E fissatogli un giorno, vennero in molti da lui nel suo allog­gio; egli dal mattino alla sera espose loro accuratamente, ren­dendo la sua testimonianza, il regno di Dio, cercando di con­vincerli riguardo a Gesù, in base alla Legge di Mosè e ai Profe­ti.

24Alcuni aderirono alle cose da lui dette, ma altri non vollero credere

25e se ne andavano discordi tra loro, mentre Paolo di­ceva questa sola frase: «Ha detto bene lo Spirito Santo, per bocca del profeta Isaia, ai nostri padri:

26Va’ da questo popolo e di’ loro: Udrete con i vostri orecchi, ma non comprenderete; guarderete con i vostri occhi, ma non vedrete.

27Perché il cuore di questo popolo si è indurito: e hanno ascoltato di mala voglia con gli orecchi; hanno chiuso i loro occhi per non vedere con gli occhi non ascoltare con gli orecchi, non comprendere nel loro cuore e non convertirsi, perché io li risani.

28Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora ri­volta ai pagani ed essi l’ascolteranno!».

f29J.

Epilogo (61-63 d. C.). Il limite massimo previsto dalla legge per un processo davanti al tribunale dell’imperatore era di due anni. Attendendo di essere giudicato, Paolo impartisce il suo insegna­mento sul Signore Gesù come lo aveva precisa!o qualche anno prima (inverno 57-58) nella lettera ai Romani. E in questo perio­do che scrive pure ai Colossesi, agli Efesini e a Filemone. Il libro degli Atti, che ha inizio a Gerusalemme come il Vangelo di Lu­ca, si conclude a Roma.

30Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui,

31annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signo­re Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.

ATTI DEGLI APOSTOLI 7ultima modifica: 2010-12-02T18:55:00+01:00da meneziade
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