La data del 25 dicembre non è soltanto un simbolo

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Lo studio di un professore dell’Università ebraica di Gerusalemme cancella ogni

dubbio su un enigma millenario.

La data del 25 dicembre non è soltanto un simbolo

Dai rotoli di Qumran la conferma della sua esattezza

Quando tutti sono via, quando le città sono vuote, a chi – e dove – mandare cartoline e

consegnare pacchi con nastri e fiocchetti? Non sono i vescovi stessi a tuonare contro quella

sorta di orgia consumistica cui sono ridotti i nostri Natali? E allora, spiazziamo i commercianti,

spostiamo tutto a Ferragosto. La cosa, osservavo, non sembra impossibile: in effetti, non fu la

necessità storica, fu la Chiesa a scegliere il 25 dicembre per contrastare e sostituire le feste

pagane nei giorni del solstizio d’inverno.

La nascita del Cristo al posto della rinascita del Sol invictus . All’inizio, dunque, ci fu una

decisione pastorale che può essere mutata, variando le necessità. Una provocazione,

ovviamente, che si basava però su ciò che è (o, meglio, era) pacificamente ammesso da tutti

gli studiosi: la collocazione liturgica del Natale è una scelta arbitraria, senza collegamento con

la data della nascita di Gesù, che nessuno sarebbe in grado di determinare. Ebbene, pare

proprio che gli esperti si siano sbagliati; e io, ovviamente, con loro. In realtà oggi, anche

grazie ai documenti di Qumran, potremmo essere in grado di stabilirlo con precisione: Gesù è

nato proprio un 25 dicembre. Una scoperta straordinaria sul serio e che non può essere

sospettata di fini apologetici cristiani, visto che la dobbiamo a un docente, ebreo, della

Università di Gerusalemme.

Vediamo di capire il meccanismo, che è complesso ma affascinante. Se Gesù è nato un 25

dicembre, il concepimento verginale è avvenuto, ovviamente, 9 mesi prima. E, in effetti, i

calendari cristiani pongono al 25 marzo l’annunciazione a Maria dell’angelo Gabriele. Ma

sappiamo dallo stesso Vangelo di Luca che giusto sei mesi prima era stato concepito da

Elisabetta il precursore, Giovanni, che sarà detto il Battista. La Chiesa cattolica non ha una

festa liturgica per quel concepimento, mentre le antiche Chiese d’Oriente lo celebrano

solennemente tra il 23 e il 25 settembre. E, cioè, sei mesi prima dell’Annunciazione a Maria.

Una successione di date logica ma basata su tradizioni inverificabili, non su eventi localizzabili

nel tempo. Così credevano tutti, fino a tempi recentissimi. In realtà, sembra proprio che non

sia così.

In effetti, è giusto dal concepimento di Giovanni che dobbiamo partire. Il Vangelo di Luca si

apre con la storia dell’anziana coppia, Zaccaria ed Elisabetta, ormai rassegnata alla sterilità,

una delle peggiori disgrazie in Israele. Zaccaria apparteneva alla casta sacerdotale e, un giorno

che era di servizio nel tempio di Gerusalemme, ebbe la visione di Gabriele (lo stesso angelo

che sei mesi dopo si presenterà a Maria, a Nazareth) che gli annunciava che, malgrado l’età

avanzata, lui e la moglie avrebbero avuto un figlio. Dovevano chiamarlo Giovanni e sarebbe

stato «grande davanti al Signore».

Luca ha cura di precisare che Zaccaria apparteneva alla classe sacerdotale di Abia e che

quando ebbe l’apparizione «officiava nel turno della sua classe». In effetti, coloro che

nell’antico Israele appartenevano alla casta sacerdotale erano divisi in 24 classi che,

avvicendandosi in ordine immutabile, dovevano prestare servizio liturgico al tempio per una

settimana, due volte l’anno. Sapevamo che la classe di Zaccaria, quella di Abia, era l’ottava,

nell’elenco ufficiale. Ma quando cadevano i suoi turni di servizio? Nessuno lo sapeva. Ebbene,

utilizzando anche ricerche svolte da altri specialisti e lavorando, soprattutto, su testi rinvenuti

nella biblioteca essena di Qumran, ecco che l’enigma è stato violato dal professor Shemarjahu

Talmon che, come si diceva, insegna alla Università ebraica di Gerusalemme. Lo studioso, cioè,

è riuscito a precisare in che ordine cronologico si susseguivano le 24 classi sacerdotali. Quella

di Abia prestava servizio liturgico al tempio due volte l’anno, come le altre, e una di quelle

volte era nell’ultima settimana di settembre. Dunque, era verosimile la tradizione dei cristiani

orientali che pone tra il 23 e il 25 settembre l’annuncio a Zaccaria. Ma questa verosimiglianza

si è avvicinata alla certezza perché, stimolati dalla scoperta del professor Talmon, gli studiosi

hanno ricostruito la «filiera» di quella tradizione, giungendo alla conclusione che essa

proveniva direttamente dalla Chiesa primitiva, giudeo-cristiana, di Gerusalemme. Una memoria

antichissima quanto tenacissima, quella delle Chiese d’Oriente, come confermato in molti altri

casi.

Ecco, dunque, che ciò che sembrava mitico assume, improvvisamente, nuova verosimiglianza.

Una catena di eventi che si estende su 15 mesi: in settembre l’annuncio a Zaccaria e il giorno

dopo il concepimento di Giovanni; in marzo, sei mesi dopo, l’annuncio a Maria; in giugno, tre

mesi dopo, la nascita di Giovanni; sei mesi dopo, la nascita di Gesù. Con quest’ultimo evento

arriviamo giusto al 25 dicembre. Giorno che, dunque, non fu fissato a caso.

Ma sì, pare proprio che il Natale a Ferragosto sia improponibile. Ne farò, dunque, ammenda

ma, più che umiliato, piuttosto emozionato: dopo tanti secoli di ricerca accanita i Vangeli non

cessano di riservare sorprese. Dettagli apparentemente inutili (che c’importava che Zaccaria

appartenesse alla classe sacerdotale di Abia? Nessun esegeta vi prestava attenzione) mostrano

all’improvviso la loro ragion d’essere, il loro carattere di segni di una verità nascosta ma

precisa. Malgrado tutto, l’avventura cristiana continua.

Vittorio Messori – Corriere della Sera del 09/07/2003

La data del 25 dicembre non è soltanto un simboloultima modifica: 2010-07-24T12:13:17+02:00da meneziade
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