LA CRONOLOGIA DELLA VITA DI GESU’
§ 172. La cronologia della vita di Gesù è tutta sotto un velame di dubbiezza, e non soltanto considerata internamente in sè stessa, ma anche in relazione con la storia contemporanea esterna. Con certezza assoluta non sappiamo né il giorno né l’anno di nascita di Gesù, né quando egli iniziò la sua operosità pubblica, né quanto tempo questa durò, né il giorno né l’anno della sua morte. Qualche mistico medievale avrebbe forse scorto in ciò l’effetto di predisposizioni arcane; tanto più che l’unico squarcio fatto dal mondo ufficiale cristiano a quel velame di dubbiezza ha costituito, quasi in punizione dell’audacia, un solenne errore; quando infatti il monaco scita Dionisio il Piccolo nel secolo VI fissò la nascita di Gesù all’anno 754 di Roma, errò per un ritardo di almeno quattro anni, e il mondo cristiano odierno che segue il computo di Dionisio ne perpetua anche l’errore. In realtà la nostra dubbiezza ha cause, non mistiche, ma umilmente storiche e abbastanza palesi e semplici. Già vedemmo come tutto ciò che sappiamo della vita di Gesù ci sia stato trasmesso dalla catechesi della Chiesa primitiva, da cui dipendono i vangeli (§ 106 segg.): ma né la catechesi né i vangeli ebbero giammai la preoccupazione di esporre una “biografia” di Gesù nel senso che si attribuisce oggi a questo termine. Per noi d’oggi una biografia senza una ben precisa cronologia interna ed esterna è un corpo senza ossatura, e la prima cosa a cui oggi badiamo sono le date. Del resto può darsi benissimo che lo stesso concetto di biografia avessero anche gli evangelisti; i quali però non si curarono dell’ossatura, appunto perché non mirarono a scrivere una “biografia”. E in realtà i due evangelisti che portano avanti la loro narrazione in maniera meno lontana dal tipo biografico (sebbene con metodi e scopi fra loro differenti) sono Luca e Giovanni, i quali appunto sono i meno avari di date cronologiche, il primo per i fatti esterni, il secondo per quelli interni. I vangeli, e più generalmente la catechesi in essi riecheggiata, miravano all’edificazione e formazione spirituale, non già all’erudizione storica; senza dubbio era necessario a quella loro mira spirituale narrare fatti e dottrine di Gesù, ma non era affatto indispensabile inquadrare la loro narrazione in una compassata cornice cronologica o ricollegarla con fatti contemporanei esterni. Gesù era il padre del primo evo cristiano, e di un padre scomparso il figlio ricorda con esattezza avvenimenti ed ammaestramenti, anche se trascura di menzionare il preciso giorno in cui accadde tal fatto o ricevette tale ammonizione: il vero patrimonio morale lasciato dal padre sono i suoi fatti e le sue ammonizioni, mentre la loro cronologia potrà essere tutt’al più un’aggiunta erudita. Perciò la catechesi primitiva badò al patrimonio, non già all’erudizione; raccolse fatti e dottrine che edificavano lo spirito, senza molto curarsi dei giorni e degli anni che appagavano la curiosità della mente. Tuttavia i due evangelisti testé nominati si curano alquanto della cronologia, appunto perché sono gli ultimi fra i quattro e mirano a scopi particolari oltre a quelli comuni della catechesi. Luca ha qualche preoccupazione di storia universale (§ 141), e perciò egli offre l’unico dato cronologico ben netto che ricolleghi i racconti evangelici con la storia profana (Luca, 3, 1-2). Giovanni non bada alla storia profana, ma vuole precisare molti punti che i precedenti evangelisti hanno lasciato nel vago: perciò ne precisa anche la cronologia interna, fornendo in proposito quei molti elementi a cui già accennammo (§ 163). Solo da quei due evangelisti si traggono le date cronologiche disponibili per una odierna “biografia” di Gesù. Se è vero che la geografia e la cronologia sono i due occhi della storia, bisogna oggi raccogliere premurosamente queste date disponibili, come si ricercano accuratamente le testimonianze geografiche. Le date sono troppo scarse e le conclusioni spesso troppo incerte, in confronto con la minuziosità che sarebbe oggi desiderio comune; tuttavia, entro certi limiti, un’approssimativa certezza può essere raggiunta nelle singole questioni che passiamo ad esaminare. La nascita di Gesu’
§ 173. Un elemento assolutamente sicuro per fissare la data della nascita di Gesù è che egli nacque prima della morte di Erode il Grande, cioè prima del tempo tra la fine di marzo e il principio di aprile dell’anno 750 di Roma, 4 av. Cr., essendo certo che Erode morì in quel tempo (§12). Ma quanto tempo prima della morte di Erode era nato Gesù? Ricorrendo a vari argomenti si riesce a circoscrivere entro certi limiti il tempo utile anteriore al 750 di Roma. Un argomento si può trarre dal comando di Erode che fece uccidere tutti i bambini nati in lleth-lehem da un biennio in giu’ (Matteo, 2, 16), ritenendo con ciò d’includervi sicuramente il bambino Gesù: dunque Gesù era nato molto meno di un biennio prima, giacché si può supporre a buon diritto che Erode abbondasse assai nella misura stabilita per esser certo di raggiungere il suo scopo. Ma questa misura di un biennio non risale dalla morte di Erode, bensì dalla visita dei Magi i quali appunto fornirono a Erode la base dei suoi calcoli. D’altra parte i Magi al loro arrivo trovarono Erode ancora a Gerusalemme (Matteo, 2, 1 segg.), mentre noi sappiamo che il vecchio monarca, già malato e aggravatosi di salute, si fece trasportare nella tiepida Gerico ove poi morì: possiamo anche ragionevolmente stabilire che questo trasporto avvenne ai primi rigori dell’inverno con cui si chiudeva l’anno 749 di Roma, cioè un 4 mesi prima della morte di Erode. La consecuzione dei fatti è dunque questa: nascita di Gesù; arrivo dei Magi a Gerusalemme; decreto di strage dei bambini nati da un biennio; partenza di Erode per Gerico; morte di Erode. Per collegare cronologicamente i due termini estremi – cioè la nascita di Gesù e la morte di Erode – dobbiamo calcolare il biennio stabilito nel decreto di Erode, pur avendo presente che è una misura assai sovrabbondante, ma dobbiamo anche farvi l’aggiunta dei 4 mesi testé stabiliti. Un’altra aggiunta da fare è l’intervallo tra l’arrivo dei Magi e la partenza di Erode per Gerico, ma di ciò non sappiamo nulla di preciso. Una terza aggiunta è l’intervallo tra la nascita di Gesù e l’arrivo dei Magi: di questo intervallo sappiamo soltanto che non poté essere inferiore ai 40 giorni della purificazione (Luca, 2, 22 segg.), perché Giuseppe certamente non avrebbe esposto il bambino Gesù al grave pericolo di presentarlo a Gerusalemme se ivi fosse già stata decretata la morte del neonato; tuttavia questo stesso intervallo può essere stato notevolmente maggiore di 40 giorni. In conclusione, risalendo per questa via dalla data di morte di Erode, possiamo concludere che la grande sovrabbondanza del biennio decretato da Erode colmi in maniera tale i 4 mesi e i due intervalli testé esaminati, che ne sopravanzi anche qualche piccolo spazio di tempo quindi Gesù sarebbe nato un po’ meno di un biennio prima della morte di Erode, cioè sullo scorcio dell’anno 748 di Roma (6 av. Cr.).
§ 174. Un altro argomento per fissare la data della nascita di Gesù potrebb’essere il censimento di Quirinio, che dette occasione al viaggio di Giuseppe e Maria a Beth-lehem; ma tale questione è cosi complessa che merita d’esser trattata a parte (§ 183 segg.). Molti studiosi, poi, hanno cercato un altro argomento ricorrendo a dati astronomici, tentando cioè d’identificare la stella apparsa ai Magi con qualche straordinaria meteora. Già il famoso Kepler credette che la stella dei Magi fosse la congiunzione di Giove con Saturno avvenuta nell’anno 747 di Roma (7 av. Cr.); altri dopo di lui, fino ai nostri giorni, la identificarono o con la cometa di Halley o con altre meteore apparse verso questi tempi. In questi tentativi, fuor della buona intenzione, non c’è altro da apprezzare, giacché scelgono una strada totalmente falsa: basta fermarsi un istante sulle particolarità del racconto evangelico (Matteo, 2, 2.9. 10) per comprendere che quel racconto vuole presentare un fenomeno assolutamente miracoloso, il quale non si può in alcun modo far rientrare nelle leggi stabili di una meteora naturale sebbene rara. Numerosi sono stati anche i tentativi per fissare, se non proprio il giorno, almeno la stagione in cui nacque Gesù; ma pure questi tentativi sono tutti vani. La circostanza che nella notte in cui nacque Gesù c’erano attorno a Beth-lehem pastori che vegliavano all’aperto per custodire i greggi (Luca, 2, 8), non dimostra che allora fosse una stagione mite, forse la primaverile, come talvolta si è concluso: risulta infatti che, specialmente nella Palestina meridionale, ov’è Beth-lehem, vi erano greggi che rimanevano all’aperto anche nelle notti invernali senza alcun inconveniente.
Inizio del ministero di Giovanni il Battista
§ 175. Altri aiuti per circoscrivere il tempo della nascita di Gesù sono offerti dagli evangelisti in occasione dell’inizio della sua operosità, e qui abbiamo in primo luogo il testo classico di Luca (3, 1-2) che riguarda la comparsa in pubblico di Giovanni il Battista: Nell’anno decimo quinto dell’impero di Tiberio Cesare, governando Ponzio Pilato la Giudea, essendo tetrarca della Galilea Erode, e Filippo fratello di lui essendo tetrarca dell’iturea e della regione Traconitide, e Lisania essendo tetrarca dell’Abilene, sotto il sommo sacerdote Anna e Cai fa, la parola di Dio fu su Giovanni figlio di Zacharia nel deserto. Per poter fissare l’anno a cui qui si allude, la cronologia di quasi tutti questi personaggi è troppo ampia, come risulta da ciò che vedemmo di ciascuno di essi (Pilato, §§ 24-27; Erode, § 15, Filippo, § 19; Anna e Caifa, § 52): anche di Lisania, non ancora visto, sappiamo troppo poco, cioè unicamente che cessò di governare nell’anno 37. La sola data di Tiberio è qui ben precisa, ma purtroppo la precisione e piu nella mente dello scrittore che in quella degli odierni lettori. Qual è l’anno decimo quinto dell’impero di Tiberio? Poiché Augusto predecessore di Tiberio morì il 19 agosto dell’anno 767 di Roma (14 dopo Cr.), il primo anno di Tiberio sembrerebbe cadere dal detto giorno fino al 18 agosto del 768 (15 dopo Cr.), cosicché l’anno decimoquinto cadrebbe dal 19 agosto del 781 (28 dopo Cr.) fino al 18 agosto del 782 (29 dopo Cr.). Questo computo fu il più seguito nel passato dagli studiosi. Tuttavia recentemente si è fatto osservare che in Oriente vigeva l’uso di computare per un anno intero l’intervallo tra la morte del regnante predecessore e l’inizio dell’anno civile seguente, cosicché all’inizio del nuovo anno civile il successore già entrava nel secondo anno di regno; questo inizio presso i Romani era il principio di gennaio, presso i Giudei al principio del mese Tishri (ottobre) o più raramente del mese Nisan (marzo: inizio dell’anno religioso). Secondo tale computo il primo anno di Tiberio cadrebbe presso i Romani dal 19 agosto fino al 31 dicembre del 14 d. Cr., il secondo occuperebbe l’intero anno 15 d. Cr., e il decimoquinto occuperebbe l’intero anno 28 d. Cr.; presso i Giudei, invece, il primo anno cadrebbe dal 19 agosto fino al 30 settembre del 14 d. Cr. (owero fino alla vigilia del l° marzo del 15 d. Cr.), e il decimoquinto anno cadrebbe dal l° ottobre del 27 d. Cr. fino al 30 settembre del 28 d. Cr. (ovvero 1° marzo del 28 fino alla vigilia del 1° marzo del 29). Ma, quasicché questa incertezza non bastasse, si è sollevato un dubbio anche più radicale. Nominando l’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio, Luca comincia veramente il suo computo dalla morte di Augusto? ~ da aver presente, infatti, che Augusto due anni prima della sua morte, cioè nell’anno 765 di Roma (12 d. Cr.), aveva eletto Tiberio suo compartecipe nel governo dell’Impero. Questa correggenza, che dava a Tiberio nelle province la stessa potestà d’impero del vivente Augusto, ha fatto pensare che il provinciale Luca abbia computato l’anno decimoquinto dell’impero di Tiberio partendo dalla data della correggenza di lui, non già da quella della morte d’Augusto; in tal caso l’anno decimoquinto cadrebbe nel 26 d. Cr. In favore di questa interpretazione sono state addotte alcune ragioni di analogia, ad esempio il caso di Tito che regnò poco più di 2 anni, eppure alla sua morte contava il anni di governo, da quando cioè suo padre Vespasiano lo aveva associato all’impero conferendogli la potestà tribunizia; ma, nonostante queste analogie, non sembra verosimile che il computo di Luca parta dalla correggenza di Tiberio. Nessuno scrittore antico e nessun documento archeologico pervenuto fino a noi segue questo computo, e invece come inizio dell’impero di Tiberio è sempre supposta la sua ~ccessione ad Augusto.
§ 176. Dallo stesso Luca riceviamo altre due indicazioni cronologiche. La prima è che l’inizio del ministero di Giovanni il Battista precedette di poco tempo il battesimo di Gesù e l’inizio dell’operosità pubblica di costui, come si raccoglie sia dal confronto di Luca, 3,1-2, con 3, 21, sia da Atti, 1, 22; 10, 37-38. La seconda è che, al tempo del suo battesimo. L’espressione circa di trenta anni è ricercatamente elastica, a causa del suo avverbio circa. Presso di noi oggi si potrebbe applicare anche con una differenza di due unità in più o in meno, perché è “circa di trenta anni” tanto un uomo di 32 quanto uno di 28. Presso i Giudei antichi questa elasticità non solo non poteva mancare ma vi sono vari indizi per ritenere che fosse anche maggiore; specialmente se si trattava di tollerare aggiunte, il numero-base poteva essere accresciuto anche di tre o quattro unità, rimanendo come generico indice minimo: nel caso nostro sarebbe stato <circa di trenta anni> anche un uomo sui 34. Ad ogni modo siffatta elasticità rende questa indicazione cronologica meno preziosa di quanto sembri a prima vista. Riassumendo le date di Luca abbiamo: 1) che Giovanni il Battista iniziò il suo ministero l’anno decimoquinto di Tiberio, cioè in un tempo che può cadere nel periodo dal 1° ottobre del 27 d. Cr. fino al 18 agosto del 29 d. Cr. a seconda delle varie interpretazioni (escludendo quella del 26 d. Cr.); 2) che poco dopo l’inizio di Giovanni, Gesù ricevette il battesimo e iniziò a sua volta la vita pubblica essendo sulla trentina, forse passata. Appare subito che queste indicazioni sono troppo vaghe, e non offrono una salda base ad un vero computo numerico. Un’indicazione assai importante è offerta incidentalmente dai Giudei che disputano con Gesù, e che riferendosi al Tempio di Gerusalemme esclàmano: In quarantasei anni fu costruito questo santuario (e tu in tre giorni lo farai sorgere? (Giovanni, 2, 20). Nel contesto l’evangelista, da accurato cronologo, fa sapere che quando fu pronunziata questa frase era la Pasqua del primo anno della vita pubblica di Gesù (ivi, 2, 13.23). Poiché si può stabilire con sicurezza che Erode il Grande cominciò il rifacimento totale del Tempio nel 20-19 av. Cr., se scendiamo per 46 anni da questa data otteniamo l’anno 27-28 d. Cr., che sarebbe il primo della vita pubblica di Gesù. Si noti la corrispondenza abbastanza esatta tra questa indicazione e quella dell’anno decimoquinto di Tiberio. Supponendo che i Giudei parlino di 46 anni totalmente compiuti, questa data conferma più o meno tutte le varie interpretazioni che collocano l’anno decimoquinto di Tiberio tra il 1° ottobre del 27 d. Cr. e il 18 agosto del 29 d. Cr. Nessuna indicazione positiva, invece, si può trarre dalle parole che molti mesi più tardi rivolsero i Giudei a Gesù: Cinquanta anni ancora non hai, e hai visto Abramo? (Giovanni, 8, 57), nonostante il fiducioso impiego che di queste parole fa Jreneo appellandosi anche alla tradizione. Usando il numero 50, i Giudei evidentemente qui vogliono abbondare riguardo alla vera età di Gesù, forse anche ricorrendo al numero tipico del giubileo ebraico: ma di quanto abbondassero non sappiamo, e dalle loro parole la vera età di Gesù ci resta ignota.
Durata della vita pubblica di Gesu’
§ 177. Il battesimo di Gesù, che si può praticamente considerare come l’inizio della sua operosità pubblica, di quanto tempo precedette la sua morte? In altre parole, quanto durò la predicazione di Gesù? In questa ricerca la guida migliore e in sostanza unica è Giovanni, per le ragioni che già sappiamo (§ 163). Ora il suo vangelo, letto senza arbitrarie correzioni nel testo (troppo spesso praticatevi), menziona distintamente tre Pasque ebraiche: la prima al principio della vita pubblica di Gesù, subito dopo il miracolo delle nozze di Cana (Giov., 2, 13); la seconda circa al mezzo della vita pubblica (Giov., 6, 4); la terza in occasione della sua morte (Giov., 11, 55; 12, 1; ecc.). Oltre a queste tre Pasque, Giovanni menziona altre feste ebraiche: dopo la seconda Pasqua menziona la Scenopegia, ossia i Tabernacoli (Giov., 7, 2), le Encenie (Giov., 10, 22), che sarebbero cadute fra la seconda e la terza delle Pasque. Limitandosi perciò a queste indicazioni, bisognerebbe concludere che la vita pubblica di Gesù durò i due anni compresi fra le tre Pasque, e in più quei mesi che trascorsero fra il battesimo di Gesù e la prima di queste tre Pasque. Ma anche qui sorge un motivo di dubbio. Lo stesso Giovanni (5, 1) interpone fra le menzioni della prima e della seconda Pasqua una notizia che suona letteralmente cosi: Dopo queste cose era festa dei Giudei, e sali Gesu’ a Gerusalemme. Qual è questa imprecisata festa? Alcuni autorevoli codici greci, aggiungendo l’articolo, leggono era la festa dei Giudei; ma gli altri codici in gran maggioranza e quasi tutte le edizioni critiche moderne leggono senza articolo, e questa sembra ben essere la lezione giusta. Ad cgni modo3 si legga come si voglia, è gratuito supporre che una o la festa giudalca fosse ai tempi di Gesù soltanto da Pasqua; con la stessa vaga designazione si poteva alludere anche alla Pentecoste o ai Tabernacoli (§ 76), ch’erano “feste di pellegrinaggio” (§74), oppure a quella delle Encenie ch’era molto solenne e frequentata, o anche ad altre (§ 77). Inoltre si è supposto, già nei tempi antichi, che gli avvenimenti narrati da Giovanni in quel capitolo (cap. 5) siano da posporsi cronologicamente a quelli narrati nel capitolo seguente (cap. 6); in tal caso l’innominata festa (di 5, 1) potrebbe essere appunto la seconda Pasqua menzionata (6, 4) o più probabilmente la Pentecoste successiva. Questa posposizione ha in proprio favore ragioni gravi (ad esempio, il richiamo di 7, 21-23, ai fatti di 5, 8-16, come ad avvenimenti recenti), tuttavia non è assolutamente necessaria: ad ogni modo la questione cronologica ne rimane indipendente. Dal vangelo di Giovanni, dunque, non risulta che durante la vita pubblica di Gesù siano state celebrate più di tre Pasque.
§ 178. Dai Sinottici non si ricava in proposito un quadro cronologico, come già sappiamo: tuttavia qualche vaga conferma indiretta alla cronologia di Giovanni vi si può ritrovare. Nella parabola del fico sterile, pronunciata da Gesù verso il termine della sua vita pubblica, egli dice: Ecco già tre anni, dacché vengo a cercar frutto… e non trovo (Luca, 13, 7). Questa durata di tempo è forse un’allusione alla durata della vita pubblica di Gesù, che fino allora aveva cercato invano frutti da un simbolico albero sterile: se l’allusione è veramente spinta fino alla coincidenza numerica, abbiamo la conferma del terzo anno in corso di vita pubblica, che già conosciamo da Giovanni. Un’altra indiretta conferma si ha in Marco, 6, 39, il quale dice che al tempo della prima moltiplicazione dei pani la folla si sdraiò sull’erba verde. Era dunque la primavera palestinese, forse in marzo, poco prima della Pasqua: ciò appunto dice esplicitamente Giovanni (6, 4), menzionando nella stessa occasione la seconda Pasqua della vita pubblica. L’episodio delle spighe divelte in sabbato (Matteo, 12, 1-8; Marco, 2, 23-28; Luca, 6, 1-5) suppone una messe ben matura, e perciò un periodo immediatamente successivo alla Pasqua: dunque era una delle due prime Pasque di Giovanni (la terza non può venire in questione), senza che si abbia alcun diritto a supporne una diversa da quelle due. Seguendo poi la serie cronologica offerta da Marco e Luca, si viene a concludere che questa ignota Pasqua testé trascorsa era appunto la prima Pasqua di Giovanni (§ 308). L’appellativo di secondo-primo dato a quel sabbato in Luca, 6, 1, non ha alcuna probabilità di essere autentico, e ad ogni modo non si sa assolutamente che cosa significhi, nonostante le molte elucubrazioni fattevi sopra.
Data della morte di Gesù
§ 179. Tutti e quattro i vangeli, concordemente ed esplicitamente, mettono la morte di Gesù in un venerdi (Matteo, 27, 62; Marco, 15, 42; Luca, 23, 54; Giovanni, 19, 31) e in occasione di una Pasqua. Da Giovanni poi sappiamo che questa Pasqua della morte era la terza della vita pubblica di Gesù. Ora, il mese Nisan in cui cadeva la Pasqua ebraica s’iniziava col novilunio, come gli altri mesi del calendario ebraico ch’era lunare, e la Pasqua, che si celebrava nel pomeriggio del 14 Nisan, coincideva col plenilunio di quel mese. Ecco dunque un bel campo aperto alle ricerche degli astronomi, per determinare quale anno dell’Era Volgare corrisponda meglio alle varie condizioni già esposte. La prima condizione è storica. Se Gesù ha iniziato la sua vita pubblica circa tra il l° ottobre del 27 d. Cr. e il 18 agosto del 29 (§ 175) e l’ha prolungata per due anni ed alcuni mesi, la sua morte non può essere anteriore all’anno 29. D’altra parte non può essere postenore a un anno tale in cui Gesù avesse al massimo 37 anni; egli infatti era sulla trentina, forse anche passata, all’inizio della sua vita pubblica (§ 176), e questa durò circa due anni e mezzo: dunque, pur volendo essere molto abbondanti nel valutare il termine di trentina’ alla fine della sua vita pubblica Gesù non poteva avere un’età maggiore della suddetta (34 + 2 e mezzo =36 e mezzo in cifra abbondante 37). Ad ogni modo, nelle ricerche astronomiche, si potranno esaminare con maggiore ampiezza gli anni dal 28 fino al 34 d. Cr., fra i quali deve trovarsi quello della morte di Gesù. La seconda condizione è dettata dall’apparente dissidio, cui già accennammo (§ 163), fra i Sinottici e Giovanni circa il giorno della morte di Gesù, giacché essa secondo i primi sembra avvenuta il 15 Nisan, mentre secondo Giovanni il 14. Bisognerà dunque aver presenti ambedue questi giorni nei calcoli astronomici. L’ultima condizione è che il ricercato giorno della morte di Gesù cada in un venerdì, sia esso il 14 oppure il 15 Nisan. Accertando i calcoli dei più autorevoli astronomi moderni, veniamo a sapere che Nell’anno 28 d. Cr.: caddero il 14 Nisan nel martedì 30 marzo, e il 15 Nisan nel mercoldì 31; oppure, il 14 Nisan nel mercoldì 28 aprile o anche nel giovedì 29, e il 15 Nisan nel giovedì 29 o anche nel venerdì 30. Nell’anno 29 d. Cr.: caddero il 14 Nisan nel sabbato 19 marzo, e 15 Nisan nella domenica 20; oppure, il 14 Nisan nel lunedì 18 aprile, e il 15 Nisan nel martedì 19. Nell’anno 30 d. Cr.: caddero il 14 Nisan nel venerdì 7 aprile, e il 15 Nisan nel sabbato 8; oppure, il 14 Nisan nel sabbato 6 maggio, e il 15 Nisan nella domenica 7. Nell’anno 31 d. Cr.: caddero il 14 Nisan nel martedì 27 marzo, e il 15 Nisan nel mercoledì 28; oppure, il 14 Nisan nel mercoledì 25 aprile, e il 15 Nisan nel giovedì 26. Nell’anno 32 d. Cr.: caddero il 14 Nisan nel lunedì 14 aprile, e il 15 Nisan nel martedì 15; oppure, il 14 Nisan nel martedì 13 maggio, e il 15 Nisan nel mercoledì 14. Nell’anno 33 .d. Cr.: caddero il 14 Nisan nel venerdì 3 aprile, e il 15 Nisan nel sabbato 4; oppure, il 14 Nisan nella domenica 3 maggio, e il 15 Nisan nel lunedì 4. Nell’anno 34 d. Cr.: caddero il 14 Nisan nel mercoledì 24 marzo, e il 15 Nisan nel giovedì 25; oppure il 14 Nisan nel giovedì 22 aprile, e il 15 Nisan nel venerdi 23. In forza della suaccennata condizione che il giorno della morte dev’essere un venerdì, si scarteranno senz’altro gli anni 29, 31 e 32, in cui né il 14 né il 15 Nisan caddero in un venerdì. L’anno 28, sebbene contenga la possibilità del venerdì 30 aprile (=15 Nisan, è da scartarsi perché cade prima del tempo che per le ragioni storiche già viste sembra ammissibile. L’anno 34, sebbene contenga la possibilità del venerdì 23 aprile (= 15 Nisan), è da scartarsi perché troppo tardivo. Se Gesù fosse morto in quest’anno avrebbe avuto da anni 38 e mezzo a 39 e mezzo essendo nato circa un biennio prima della morte di Erode (§ 173), e quindi all’inizio della sua vita pubblica avrebbe avuto da 36 anni a 37, che non sembra accordarsi con l’indicazione che egli era allora circa di trenta anni (§ 176). Inoltre se la vita pubblica cominciò al più tardi nel 29 d. Cr. e durò circa anni 2 e mezzo, la morte dovette avvenire prima del 34. L’anno 33 risponde molto bene alle condizioni astronomiche, ma contro di esso vi sono le stesse ragioni storiche rilevate contro l’anno 34; vi sarà bensì la differenza di un anno in meno per l’età di Gesù, tuttavia sembra ancora poco probabile che un uomo di 35-36 anni sia chiamato circa di trenta anni, ed è senz’altro meno verosimile che la vita pubblica si sia protratta dal 29 al 33 d. Cr. L’unico anno che rimane, cioè il 30 d. Cr., risponde anch’esso molto bene alle condizioni astronomiche, e di piu 5 inquadra anche giustamente negli altri dati cronologici che abbiamo finora raccolti. Se Gesù è nato circa un biennio prima della morte di Erode, era veramente circa di trenta anni all’inizio della sua vita pubblica, giacché poteva contare allora da 32 a 33 anni; dopo 2 emezzo di vita pubblica, egli contava da anni 34 e mezzo a 35 e mezzo infine la sua morte cade in un venerdì.
§ 180. Tutto ciò è chiaro; ma bisogna lealmente aggiungere che non è altrettanto sicuro, e la mancanza di sicurezza deriva proprio dai calcoli astronomici, più che dai precedenti argomenti storici. I calcoli astronomici riportati qui sopra saranno esattissimi, ottenuti come sono da insigni scienziati dei nostri giorni; il male invece è che altrettanto non possiamo dire dei calcoli su cui i Giudei del tempo di Gesù fondavano il loro calendario. E in realtà pare certo che i Giudei di quel tempo non avessero ancora un calendario fisso, bensì stabilissero mediante l’osservazione diretta dei vari fenomeni le principali date; queste erano specialmente l’inizio dell’anno e dei mesi, e l’intercalazione di un giorno dopo certi mesi e di un mese dopo ogni terzo anno, per far corrispondere, bene o male, l’anno lunare all’anno solare. Le norme per fissare queste date son contenute specialmente nel trattato della Mishna intitolato Rosh hashanah (“capodanno “), e sono norme molto empiriche. Il fenomeno principale cui si badava era naturalmente il novilunio. Il caso più semplice e facile era quando la luna nuova si scorgeva subito da Gerusalemme stessa; e allora i sacerdoti addetti facevano accendere segnali luminosi in cima all’attiguo monte degli Olivi, per annunziare alle campagne circostanti e attraverso queste ai distretti più lontani che nel giorno seguente cominciava il nuovo mese. Ma spesso la luna nuova non si poteva scorgere subito da Gerusalemme, per ragioni climatiche o anche astronomiche; e allora si aspettavano messaggeri dai vari distretti che giungessero ad annunziare alle autorità della capitale d’aver scotto la luna nuova, essendosi ritrovati in condizioni di visibilità più favorevoli degli abitanti di Gerusalemme questo messaggio della luna nuova era stimato così’ urgente, che dispensava anche dal riposo del sabbato per potersi recare immediatamente a Gerusalemme. Se non giungeva alcun messaggero, quel giorno d’aspettativa era computato col mese precedente come giorno aggiunto, e il nuovo mese cominciava col giorno seguente. Più arduo ancora era fissare il capodanno, che secondo il calendario religioso coincideva con l’inizio del mese Nisan: bisognava, infatti, ad ogni terzo anno aggiungere un tredicesimo mese per la ragione già vista. L’intercalazione del tredicesimo mese era regolata dall’osservazione empirica delle colture agricole, che dovevano aver raggiunto un certo grado di sviluppo: infatti per la Pasqua (14 Nisan) dovevano esser mature le prime spighe della nuova messe, perché in un giorno (16 Nisan) di quella festività si doveva offrire al Tempio un manipolo di spighe come primizia. E’ chiaro che, con coteste norme empiriche, il calendario effettivamente seguito poteva avere frequenti divergenze dalla realtà astronomica; tanto più che talvolta avvenivano anche frodi, testimoniate dal Talmud, da parte di chi annunziava di aver scorto la luna nuova e aveva interesse a dire il falso. l’ornando pettanto ai surriferiti calcoli degli astronomi- odierni, quello che può destare qualche serio dubbio di non corrispondere al calendario empirico dei Giudei antichi e’ il calcolo dell’anno 29 d. Cr., mentre quanto a ragioni storiche detto anno si trova circa nelle stesse condizioni favorevoli dell’anno 30. Se nell’anno 29 la segnalazione della luna nuova fu anticipata erroneamente d’un giorno, il 14 Nisan cadde nel venerdì 18 marzo e il 15 Nisan nel sabbato 19, e ciò si accorderebbe ottimamente cosi i dati evangelici della morte di Gesù.
§ 181. Con tanta elasticità di dati ed incertezza di computi non farà meraviglia di trovare la cronologia della vita di Gesù fissata nelle maniere più diverse dagli studiosi, anche in questi ultimi decenni. La nascita è posta, a seconda delle opinioni, in quasi tutti gli anni tra il 12 av. Cr. e il 1° d. Cr.: ma i preferiti sono gli anni tra il 7 e il 5 av. Cr. L’inizio del ministero di Giovanni il Battista, cioè l’anno decimoquinto di Tiberio, è posto da parecchi all’anno 26 d. Cr., ma più numerosi sono coloro che assegnano detto ministero nella sua massima parte all’anno 28, facendo tuttavia iniziare tale anno o il 1° ottobre del 27 o in un’altra delle date successive già segnalate (§ 175). In questo stesso anno sono comunemente collocati il battesimo di Gesù, posteriore di alcune settimane all’inizio di Giovanni, e l’inizio della vita pubblica di Gesù, posteriore di 40 giorni al suo battesimo. La durata della vita pubblica è stata giudicata di un solo anno da alcuni pochi studiosi (che con manifesta arbitrarietà sono costretti a correggere i testi di Giovanni, per sopprimere le precise testimonianze delle tre Pasque); gli altri studiosi stanno per la durata o di due anni e alcuni mesi, o di tre anni e alcuni mesi: gli imprecisati mesi in più del biennio o del triennio sono quelli che ricollegano il battesimo di Gesù con la prima Pasqua della sua vita pubblica. I partigiani del biennio sono più recenti ma alquanto meno numerosi dei partigiani del triennio. La morte di Gesù ha ricevuto anch’essa varie assegnazioni. Astraendo da alcune assegnazioni del tutto strampalate – ad esempio, quella di R. ElsIer che la pone all’anno 21 d. Cr. – pochissimi sono gli studiosi che la pongono agli anni 28, 31, 32, 34; tutti gli altri stanno per uno degli anni 29, 30, 33. Numerosi sono tanto i partigiani dell’anno 29, col giorno della morte al venerdì 18 marzo (§ 179, cfr. 180 fine), quanto i partigiani dell’anno 33, col giorno della morte al venerdi 3 aprile; più numerosi ancora sono i partigiani dell’anno 30, col giorno della morte al venerdì 7 aprile. Quanto al giorno del calendario ebraico corrispondente al giorno della morte, i partigiani di tutti e tre gli anni si dividono nuovamente, preferendo o il 14 o il 15 Nisan (§ 536 segg.).
182. Infine, si sarà notato che i precedenti risultati sono stati ottenuti esaminando i soli dati dei quattro vangeli confrontati con i documenti profani, e trascurando del tutto la tradizione ecclesiastica. Non esiste, infatti, una « tradizione » nel vero senso della parola; esistono soltanto delle opinioni particolari ai vari scrittori antichi, le quali spesso sono manifestamente assurde, talvolta si contraddicono fra loro, non di rado sono affatto gratuite, e solo qualche rara volta sembrano riecheggiamenti di più antiche notizie autorevoli. Frequentissima è l’assegnazione della nascita di Gesù a qualcuno degli anni posteriori al 4 av. Cr. (morte di Erode), con manifesta assurdità. Varia è la durata concessa alla vita di Gesù: l’autorevole Ireneo, nel passo già accennato (§ 176), afferma che Gesù ha raggiunto addirittura i 50 anni di età. La vita pubblica è protratta ordinariamente da uno a tre anni (talvolta uno stesso scrittore segue opinioni diverse), non mancano però accenni anche a durate più lunghe. La data della morte è disseminata dall’anno 21 fino al 58 d. Cr. Una certa attenzione, tuttavia, si può prestare ad una voce che assegna la morte di Gesù all’anno in cui furono consoli L. Rubellio Gemino e C. Fufio Gemino, che fu il 782 di Roma e 29 d. Cr. Questa voce, che già si ritrova in Tertulliano e forse anche in Ippolito (in Danielem, Iv, 23, 3), è riecheggiata in seguito da molti altri documenti, i quali pongono la morte di Gesù sotto i « due Gemini »; non mancano tuttavia dissonanze anche a questa voce, e soprattutto essa è ignorata o esplicitamente contraddetta da tanti altri scrittori antichi che il suo valore è ridotto praticamente a quasi nulla. A guisa di riepilogo offriamo la seguente tabella, la cui giustificazione storica è contenuta nei paragrafi precedenti. Essi però mostrano chiaramente che non possiamo attribuire all’intera tabella un valore di certezza (salvo, negativamente, per alcune date escluse), bensì solo un valore di probabilità, che può essere maggiore o minore a seconda delle varie date. Tabella cronologica della vita di Gesu’ Nascita di Gesu’: sul finire dell’anno 748 di Roma, 6 av. Cr. Inizio del trimistero di Giovanni il Battista: sui principii dell’anno 28 d. Cr. (o anche tra l’ottobre e il dicembre del 27). Battesimo e inizio della vita pubblica di Gesu’: poco tempo dopo la data precedente; Gesù ha da 32 a 33 anni di età Prima Pasqua della vita pubblica di Gesu’: marzo-aprile dell’anno 28; età di Gesù, anni 32 e mezzo, 33 e mezzo. Seconda Pasqua: marzo-aprile del 29; età di Gesù, anni 33 e mezzo, 34 e mezzo. Terza Pasqua e morte di Gesù: 7 aprile dell’anno 30, il giorno 14 del mese Nisan; età di Gesù, anni 34 e mezzo, 35 e mezzo.
Il censimento di Quirinio
§ 183. Il solo Luca, l’evangelista che ha talune mire di storia universale (§ 141), mette in relazione la nascita di Gesù a Beth-lehem con un censimento ordinato dalle autorità romane in Palestina: questo censimento avrebbe dato occasione a un viaggio di Giuseppe e di Maria a Beth-lebem e alla nascita di Gesù in questa borgata. Ecco il testo di Luca: Avvenne poi in quei giorni che uscì un decreto da Cesare Augusto di censire tutta la (terra) abitata. Questo censimento primo avvenne governando la Siria Cirinio. E tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Salì pertanto anche Giuseppe dalla Galilea, dalla città di Nazareth, nella Giudea, nella città di David la quale si chiama Beth-lehem – giacché egli era del casato e della famiglia di David – per farsi censire insieme con Maria, la fidanzata di lui, ch’era gravida. Avvenne poi che, mentre essi erano colà, si compirono i giorni per il suo parto, e partori, ecc. (2, 1-7). Contro questo racconto si sollevano tre principali obiezioni: contro il fatto stesso del censimento; contro la sua possibilità giuridica; e contro la maniera in cui il censimento sarebbe stato compiuto. Contro il fatto stesso si obietta che noi conosciamo bensì’ un censimento compiuto nella Giudea da Quirinio (Cirinio), ma esso avvenne negli anni 6-7 dopo Cr., quando Gesù era nato da più di 11 anni; invece nessun documento storico ci attesta che Quirinio abbia compiuto un precedente censimento verso il tempo della nascita di Gesu’, cioè prima della morte di Erode, e nei territori di costui. Contro la possibilità giuridica del censimento si obietta che i territori del vivente Erode erano territori di un re “amico e alleato” di Roma (§ 11), e quindi Roma non aveva alcun diritto a farvi censimenti. Diverso fu il caso del censimento compiuto negli anni 6-7 d. Cr., perché in quell’occasione Archelao, figlio di Erode, era stato deposto da Augusto e i suoi territori passavano sotto il dominio diretto di Roma. Contro la maniera seguita nel censimento si obietta che dal racconto di Luca risulta che si sarebbe seguita la maniera giudaica secondo cui i censiti si recavano a iscriversi nei propri luoghi d’origine (§ 240). Ma si ritiene impossibile che le autorità romane, che avevano ordinato il censimento, adottassero quella maniera inusitata abbandonando per essa l’abituale maniera romana, la quale – perseguendo il tributum capitis e il tributum soli – si rifaceva al domicilio attuale dell’individuo e al luogo ove egli aveva possedimenti. Quale fondamento hanno tali obiezioni? Esaminiamo brevemente questa vecchia questione alla sola luce dei documenti storici, e soprattutto la prima e principale obiezione mossa contro il fatto stesso del censimento anteriore alla morte di Erode.
§ 184. Di un censimento da compiersi per ordine di Augusto in tutta la (terra) abitata, ossia praticamente nell’Impero romano, parla esplicitamente il solo Luca. Ciò è vero. Ma se altri documenti non riferiscono esplicitamente ciò che riferisce Luca, non per questo Luca ha torto: l’argomento da silenzio, come tutti sanno, è il più debole e infido che vi sia nel campo storico. Fra gli innumerevoli esempi che si potrebbero addurre, basterà ricordare quello del nostro stesso caso, cioè il censimento fatto da Quirinio in Giudea negli anni 6-7 d. Cr.; il quale censimento è attestato dal solo Flavio Giuseppe, e sebbene mostri qualche incongruenza logica e cronologica, ordinariamente non è richiamato in dubbio. Inoltre, il silenzio da cui si vorrebbe argomentare non è assoluto, e abbiamo molti indizi che c’inducono a supporre un piano di censimento generale. Augusto, eccellente organizzatore ed amministratore, si era creato un vero protocollo personale, quasi uno specchio della forza demografica e finanziaria dell’impero, perché alla sua morte – a detta di Tacito – fu ritrovato un Breviarium Imperii scritto tutto di sua mano nel quale erano indicate tutte le entrate pubbliche, il numero dei cittadini (romani) e degli alleati ch’erano nelle armi, lo stato della flotta, dei regni (alleati), delle province, delle imposte, dei tributi, dei bisogni, e delle largizioni (Annal., I, 11). Ora, tutte queste precise notizie come avrebbe potuto Augusto sapere senza censimenti, computi, investigazioni, o simili procedimenti? E procedimenti di tal genere sono in realtà attestati. Augnsto stesso nel celebre monumentum Ancyranum (ad Ankara) afferma di aver compiuto tre volte il censimento dei cives romani, cioè nel 28 av. Cr., nell’8 av. Cr., e nel 14 d. Cr. È noto altronde che nel 28 av. Cr. furono censite le Gallie, ed è molto probabile che verso lo stesso tempo fosse censita anche la Spagna; inoltre dai papiri recentemente scoperti risulta che in Egitto si eseguivano censimenti periodici alla distanza di 14 anni l’uno dall’altro, e il più antico quasi sicuramente attestato è dell’anno 5-6 d. Cr., a cui seguirono quelli degli anni 19-20, 33-34, 47-48 e cosi’ di seguito fino al secolo III. Questi provvedimenti dimostrano che il progetto di un censimento generale doveva essere nei piani di Augusto, sebhene la sua attuazione non fosse simultanea in tutto l’Impero, e che egli l’andava attuando gradualmente già da qualche tempo quando nacque Gesù. Veniamo adesso al Quirinio di Luca.
§ 185. Il senatore P. Sulpicio Quirinio ci è noto anche dagli storici romani. Nato a Lanuvio, vicino a Tuscolo, per la sua intelligente operosità era salito ad alte cariche nell’Impero: aveva governato a Creta ed a Cirene, e impiger militiae et acribus ministeriis, consulatum sub divo Augusto, mox expugnatis per Ciliciam Homonadensium castellis insignia triumphi adeptus, datusque rector Gaio Caesari Armeniam obtinuit (Tacito, Annal., III, 48). Di queste cariche a cui allude Tacito, il consolato è da assegnarsi all’anno 12 av. Cr. e l’assistenza al giovanetto Gaio Cesare, nepote d’Augusto, agli anni 1 av. Cr.-3 dopo Cr. Ma il consolato apriva anche la via alla carica di legatus in una provincia imperiale (§ 20); e di fatti troviamo che Quirinio è al governo della provincia di Siria come legato durante gli anni 6-7 dopo Cr., allorché, deposto Archelao, venne in Giudea ad eseguire insieme col procuratore Coponio il già accennato censimento (§ § 24, 43). Tuttavia questa legazione di Quirinio in Siria non ha alcuna relazione con la nascita di Gesù, giacché non cominciò prima dell’anno 6 dopo Cr., quando cioè Gesù era circa undicenne. Del resto lo stesso Luca mostra di conoscere bene il censimento degli anni 6-7 dopo Cr. e le sue sanguinose conseguenze (cfr. Atti, 5, 37), e quindi sa certamente che quello non può essere il censimento della nascita di Gesù. Vi fu dunque un censimento anteriore a quello degli anni 6-7 d. Cr.? E fu eseguito, anche questo, da Quirinio? Alcuni studiosi, tanto fra protestanti quanto fra cattolici, hanno risposto alle precedenti domande traducendo in maniera particolare il passo di Luca, 2, 2. Noi, sopra (§ 183), l’abbiamo tradotto: Questo censimento primo avvenne governando la Siria Cirinio, ed è la traduzione comune; ma gli accennati studiosi lo traducono: Questo censzmento avvenne prima (di quello avvenuto) governando la Siria Cirinio. Con ciò la questione è risolta; il censimento della nascita di Gesù è diverso e anteriore a quello tenuto da Quirinio nel 6-7 d. Cr., sebbene non si dica di quanto tempo anteriore. Questo modo di tradurre l’aggettivo greco dandogli il significato di “anteriore“, « precedente », è certamente possibile, e se ne trovano esempi negli stessi vangeli (cfr. Giovanni, 1, 15. 30; 15,18), oltreché nei papiri e altrove; tuttavia non si può negare che è una traduzione peregrina, e che in realtà è suggerita dal desiderio di evitare la difficoltà storico-cronologica offerta dal passo. Seguendo pertanto la spontanea traduzione comune e affrontando in pieno quella difficoltà, vi sono altri argomenti per risolverla? Affinché Quirinio eseguisse nella Giudea un censimento contemporaneo alla nascita di Gesu’, era necessario che egli già in quell’epoca fosse legato in Siria, o almeno vi compisse qualche importante missione investito di speciale autorità. Ebbene, a questo proposito abbiamo testimonianze molto significative.
§ 186. Un’iscrizione frammentaria trovata a Tivoli nel 1764 (oggi al museo Lateranense), confrontata con un iscrizione di Emilio Secondo trovata a Venezia nel 1880, offre sufficiente base per concludere che Quirinio sia stato già una volta legato in Siria in un tempo imprecisato, ma certamente qualche anno prima dell’Era Volgare. Se egli infatti fu console nel 12 av. Cr., questa sua prima legazione di Siria dovrà essere posta senza dubbio dopo questo anno; ma quanto tempo dopo? Un’iscrizione trovata nel 1912 ad Antiochia di Pisidia informa che Quirinio era duumviro onorario di quella colonia romana, e questa onorificenza induce a credere che egli fosse al governo di Siria già nel tempo dell’iscrizione; il quale però non può essere fissato con precisione di anni. D’altra parte circa fra gli anni 9-1 av. Cr. bisogna includere come legati di Siria tre personaggi che Flavio Giuseppe menziona, senza però comunicarci i limiti estremi deI tempo che rimasero in carica. Essi sono M. Tizio, che è menzionato verso l’anno (10) 9 (o anche 8) av. Cr.; Senzio Saturnino che durò dall’8 al 6 av. Cr.; Quintilio Varo che durò dal 6 al 5 av. Cr. Con l’1 av. Cr. è legato di Siria G. Cesare, nepote di Augusto: per gli altri anni di quest’ultimo decennio avanti l’Era Volgare (3-2 av. Cr.), non abbiamo notizie esplicite, le quali pure ci mancano riguardo alla durata di M. Tizio; dunque la prima legazione di Quirinio in Siria può essere avvenuta in uno di questi due interstizii, o nel 3-2 av. Cr., oppure subito prima o subito dopo la legazione di M. Tizio, cioè dopo l’anno 12 av. Cr. in cui Quirinio fu console, ma prima dell’8 in cui legato di Siria fu Saturnino. Se si suppone che Quirinio fu legato negli anni 3-2 av. Cr., la questione del censimento non è ancora risolta, perché Gesù è nato prima del 4 av. Cr. Resta dunque l’altro interstizio fra gli anni 12-8 av. Cr., che bisogna tener presente come una possibilità. Ma riguardo allo stesso Quirinio abbiamo un’altra notizia che potrebbe offrire una risoluzione diversa in tutto il problema. La campagna contro gli Omonadensi accennata testé fugacemente da Tacito è confermata e presentata più ampiamente da Strabone (XII, 6, 5), il quale comunica che Quirinio intraprese questa campagna per vendicare la morte del re Aminta ucciso dagli Omonadensi, briganti della Cilicia; poiché la Cilicia dipendeva dalla provincia di Siria, torna di nuovo la conclusione che Quirinio, conducendo questa campagna, o era legato di Siria o vi godeva di speciale autorità per gli scopi della campagna. Quando avvenne però questa campagna? Una risposta sicura anche qui non possiamo darla con notevole probabilità, sebbene non con certezza, si può supporre che avvenisse tra gli anni 10 e 6 av. Cr. Un ultimo dato, negativo ma importante, è offerto incidentalmente da Tertulliano. Questo eccellente giurista, ch’era benissimo in grado di conoscere i documenti anagrafici romani, rinvia con sicurezza al censimento fatto sotto Augusto in Giudea da Senzio Saturnino come a quello da cui risulta la nascita di Gesù: Sed et census constat actos sub Augusto tune in ludea per Sentium Saturninum, apud quos genus eius inquirere potuissent (Adv. Marcion., rv, 19). La menzione qui di Saturnino invece che di Quirinio è assolutamente inaspettata, e già per questo mostra che Tertulliano non dipende da Luca bensì attinge la sua notizia da documenti dell’Impero, forse ufficiali; e il valore della notizia, sebbene negativo, è grandissimo, perché già vedemmo che Saturnino fu legato in Siria poco prima o poco dopo Quirinio.
§ 187. Esaminati fin qui tutti i dati disponibili, si presentano due soluzioni dell’intera questione. Una soluzione può supporre che la prima legazione di Quirinio si svolse fra gli anni 10-8 av. Cr. Sul finire di questo tempo egli indisse il censimento, il quale appunto perché primo incontrò difficoltà in Giudea, e si protrasse cosi a lungo da essere condotto a termine dal successore Senzio Saturnino. Presso i Giudei, ch’erano rimasti fortemennte impressionati da questo primo censimento, esso passò alla storia sotto il nome di Quirinio che l’aveva iniziato, e Luca segue questa denominazione giudaica; presso i Romani lo stesso censimento passò sotto il nome di Saturnino che l’aveva terminato, e Tertulliano segue questa denominazione romana. Può darsi anche che Saturnino da principio fosse il subordinato cooperatore di Quirinio nell’esecuzione del censimento: infatti più tardi, nel censimento degli anni 6-7 d. Cr., il procuratore Coponio fu egualmente cooperatore di Quirinio (§ 24), ed egualmente Emilio Secondo nella sua lapide (§ 186) dice di aver eseguito il censimento della città di Apamea per ordine dello stesso Quirinio (certamente durante la sua prima legazione). Tuttavia in seguito Saturnino, succeduto a Quirinio nella legazione di Siria, rimase solo anche nell’esecuzione del censimento. Una soluzione analoga, ma forse meno probabile, si otterrebbe invertendo le due legazioni, anteponendo cioè quella di Saturnino (8-6 av. Cr.) a quella di Quirinio (3-2 av. Cr.). In tal caso Gesù sarebbe stato censito in realtà da Saturnino, ma l’intero censimento sarebbe stato poi attribuito a Quirinio che lo terminò. L’altra soluzione parte dal fatto che in una stessa provincia romana talvolta potevano ritrovarsi, insieme col legato imperiale, anche altri insigni ufficiali con incarichi particolari, mentre poi legato e ufficiali erano chiamati indistintamente “governatori”, E Questo fatto è dimostrato con certezza soprattutto riguardo alla Siria. E in realtà Flavio Giuseppe parla più volte del nostro Senzio Saturnino e insieme di un (procuratore) Volumnio chiamandoli collettivamente “governatori”, o di Cesare (Antichità giud., XVI, 277) o della Siria (ivi, 344), ovvero “prefetti”, della Siria (ivi, 280). Inoltre Nerone, verso il 63, affidò la legazione di Siria a Cizio o Cincio (forse Cestio), ma lasciò in quella provincia il precedente legato Corbulone, riserbando a costui il comando militare con poteri straordinari, come a esperto stratega che già aveva guerreggiato contro i Parti (Tacito, Annal., XV, 25, cfr. i segg.). Parimenti nell’ultima guerra contro Gerusalemme il legato di Siria era Muciano, ma Nerone affidò il comando militare a Vespasiano. Quanto all’Africa, una pietra miliaria del 75 dopo Cr. nomina due legati Augusti, specificando che uno di essi è addetto al censimento e l’altro al comando militare. Accertata questa possibilità della coesistenza contemporanea di più “governatori”, è da rilevare che Luca afferma il censimento essere stato fatto “governando”, Quirinio la Siria. Ma, in primo luogo, non dice che il censimento fu fatto da lui direttamente, come sembra dire la Vulgata; inoltre, egli non specifica che specie di “governo” fosse quello tenuto allora da Quirinio, se civile-militare ovvero solo militare. Poté dunque avvenire che, al tempo della nascita di Gesù, il legato ordinario di Siria fosse Saturnino, mentre Quirinio era il capo militare della guerra contro gli Omonadensi. I poteri concessi a Quirinio per questa guerra gli permettevano anche di fare censimenti nella provincia in cui guerreggia va e nelle regioni da essa dipendenti. i Tertulliano attribuirebbe il censimento a Saturnino, legato ordinario; Luca l’attribuirebbe a Quirinio, sia perché egli effettivamente lo ordinò in virtù dei suoi poteri militari, sia perché Quirinio era rimasto celebre per il suo secondo censimento che rappresentò l’assoggettamento definitivo della Giudea.
§ 188. Queste soluzioni hanno ciascuna le loro probabilità, ma chiare e definitive non sono. Il lato in cui esse rimangono in una fastidiosa imprecisione, causata dalla mancanza di documenti, è quello cronologico, che invece sarebbe il più importante nei riguardi della nascita di Gesù. Come è sicura la campagna di Quirinio contro gli Omonadensi, cosi si può ritenere quasi sicura la sua prima legazione in Siria avanti all’Era Volgare. Ma in quali anni precisamente avvennero questi fatti? Abbiamo visto che a tale domanda si danno risposte varie e solo approssimative, le quali perciò non offrono una solida base alla cronologia della nascita e vita di Gesù. Rimangono le altre due obiezioni sollevate contro il racconto di Luca (§ 183), le quali però sono molto meno gravi. Poteva un rappresentante di Roma fare un censimento nei territori di Erode, re “amico ed alleato” di Roma? Checché sia della questione puramente giuridica, in pratica la cosa era possibilissima e del tutto naturale, data la sudditanza assoluta che legava Erode ad Augusto. Dopo ciò che sappiamo del servilismo che Erode mostrò sempre ma specialmente negli ultimi anni di sua vita verso Augusto (§ 11), non è neanche da pensare ch’egli ardisse opporsi il giorno in cui l’onnipotente signore del Palatino avesse deciso, per ragioni di politica generale, di censire i territori dell’umilissimo suo vassallo. Quanto alla maniera giudaica seguita nel censimento a preferenza della maniera romana, si può scorgere in questo particolare, non già un’obiezione, ma una conferma alla storicità del racconto di Luca. I Romani, è vero, avevano la loro propria maniera di censire; ma erano anche esperti politici, e perciò sapevano ben evitare inutili difficoltà di governo e non urtare senza ragione la suscettibilità dei popoli soggetti. A Roma si sapeva perfettamente che il censimento d’un popolo straniero, soprattutto se era il primo censimento, costituiva un’operazione pericolosa, perché rappresentava a prova ufficiale della soggezione di quel popolo per citare un solo esempio, basti ricordare che il censimento delle Gallie cominciato nel 28 av. Cr. da Augusto provocò ribellioni gravissime, tanto che fu dovuto sospendere per allora, e poi fu ripreso altre due volte da Druso e poi da Germanico. A Roma, quindi, si saranno previsti con certezza grandi malumori da un censimento di Giudei, tenacemente attaccati alle proprie tradizioni per motivi religiosi e nazionali. E in tali condizioni sarebbe stato insensato aumentare ancora le difficoltà, seguendo la maniera romana. Roma non s’impuntava su vuote formalità: purché il censimento si effettuasse, importava poco che si seguisse la maniera romana o quella giudaica, mentre una elementare prudenza consigliava appunto di seguire la maniera giudaica specialmente in questo primo censimento. Noi, del resto, non sappiamo se nel secondo censimento, fatto da Quirinio nel 6-7 d. Cr., si seguì la maniera romana: può darsi di si, ma può anche darsi che si seguisse la maniera giudaica. Dai papiri, tuttavia, risulta che in Egitto i Romani imponevano ai cittadini che si trovavano fuori dei propri distretti, di ritornarvi in occasione del censimento: il chc; sarebbe in favore del racconto di Luca.