Quinto Settimio Fiorente Tertulliano La Penitenza Cap.VII-XII

 

Tertullian.jpgCAPITOLO VII. 

Sarebbe bene, non incorrendo in colpe, non aver bisogno della seconda penitenza, dopo aver ricevuto il lavacro battesimale.

Possano così, o nostro Signor Gesù Cristo, fino a questo punto, i tuoi seguaci fedeli, avere la sorte d’imparare e ascoltare quanto si può dire e sostenere della disciplina della penitenza ed abbiano chiara l’idea di quanto sia necessario tenersi lontano dal peccato; ma al di là di questo grado sarebbe preferibile quasi che non avessero cognizione esatta della Penitenza e non vadano affatto su di essa riponendo il loro pensiero. Rincresce e provo proprio un senso di disagio nel dover far ricordo ora della penitenza in un secondo momento, in quanto cioè essa può rappresentare la speranza ultima di un peccatore: io temo che noi tornando a trattare di questo mezzo d’aiuto che rimane e che è appunto la penitenza, non si debba sembrare di lasciare in certo modo una via aperta al peccato. Iddio guardi che non |190 vi sia alcuno il quale interpreti le mie parole come se la facoltà che egli ha di ricoverarsi sotto le ali della penitenza, gli donasse anche piena licenza di peccare; e la grandezza e la liberalità della grazia divina non dovesse favorire davvero il capriccio di ogni maggiore umana temerità. Che non vi sia nessuno che pensi di poter essere peggiore… dal momento che Iddio è bontà tanto più grande di quel che dovrebbe e commetta colpa tante volte, pensando che altrettante Iddio possa scendere a lui col perdono. Del resto, una fine evidentemente vi sarà a chi pur riesce di sfuggire alla giusta sanzione, qualora egli non ponga termine al suo stato di colpa: c’è riuscito una volta d’uscirne salvo? ebbene, fino a qual momento noi ci vorremo esporre al pericolo, nonostante che possiamo sperare di ottenere una seconda volta perdono? I più, quando hanno fatto tanto di sfuggire ad un naufragio, dicono addio, d’allora, alla nave e al mare e il beneficio che il Signore ha voluto concedere col far loro ottenere salvezza, lo ricordano e l’onorano col tener sempre dinanzi al loro pensiero il pericolo da cui hanno potuto scampare. Io lodo il loro timoroso ossequio, la loro moderazione e la prudenza per l’avvenire: essi non vogliono certamente, una seconda volta, rappresentare un carico per la divina misericordia: essi temono evidentemente di sembrar d’insistere soverchiamente sulla grazia una volta loro concessa; e con un senso di misura e di equità, che non può altro che |191 riscuotere la nostra lode, evitano di mettere alla prova e di voler sperimentare quello di cui una volta già sentirono il dovuto timoroso rispetto. Testimonianza chiara di questo senso di rispettoso timore è porre un freno alla temerità e all’imprudenza nostra e il timore dell’uomo è appunto segno dell’onore che viene tributato alla divinità. Ma l’avversario nostro fierissimo, non lascia tregua mai al suo mal volere; ed anzi è proprio allora che maggiormente attacca ed infierisce quando appunto può aver sentore che l’uomo si trovi in uno stato di libertà e di sicurezza dal peccato; è quando si crede che la sua forza si estingua, che la fiamma del male si solleva più minacciosa e più fiera. Ed è del resto pur necessario che si volga ed esprima il suo rammarico vivo, quando venga concessa all’uomo, col perdono, la remissione delle colpe; egli vede infatti annientati, annullati, nella creatura tanti atti che l’avrebbero potuta condurre alla morte dello spirito; tante ragioni di legittima condanna da parte sua, egli le vede distrutte: si addolora, perché quello che fu un peccatore, in Cristo, s’erigerà a giudice di lui, potenza del male, e dei suoi spiriti cattivi. Ed è così appunto che costui non allontana mai gli occhi dalla preda; l’assale e la circonda, se in qualche modo, per qualche via, potesse penetrare attraverso gli occhi suoi colle inquietudini della carnale concupiscenza o avvolgere l’animo, colle insidie, negli adescamenti del mondo, o scalzare la fermezza di fede |192 collo spavento che può incutere la potenza terrena, o rivolgere da Tetto cammino con tradizioni false e bugiarde; e non rinunzia la forza del male, né retrocede di fronte a scandali o a tentazioni di ogni genere. Ma Iddio previde che tanti pericoli potessero veriflcarsi, che tante sottili vene di tossico s’infiltrassero e per quanto la via del perdono fosse chiusa ormai, serrata di fronte alla istituzione battesimale, pur tuttavia ancora permise che una strada di salvezza rimanesse aperta. E nel vestibolo pose la seconda penitenza perché essa apra a quelli che picchieranno; ma per questa volta soltanto, che è già la seconda; non più ormai dopo, dal momento che l’ultimo appello è stato vano. E non era del resto, sufficiente una volta sola? Tu hai quello che certamente, ti sei meritato, dal momento che lasciasti perdere quello che avevi già ricevuto. Se l’indulgente liberalità del Signore ti ha offerto il modo di riprendere quello che avevi perduto, dovrai esser grato di un beneficio che ti è stato ripetutamente concesso e che quindi puoi ritenere accresciuto. È molto più invero donare una seconda volta, che il semplice dare; ed è, nello stesso modo, più grave e doloroso l’aver perduto, piuttosto che il non aver ricevuto affatto. Ma in ogni modo non bisogna abbandonarsi e lasciarsi prendere dalla disperazione, quando taluno si trovi obbligato ad un secondo atto di penitenza. Ti rincresca d’esser caduto novamente nel peccato, ma non hai ragione di rammarico nel pentirti una |193 seconda volta: ti rincresca di trovarti di nuovo nella rischiosa incertezza sulla via della colpa, ma nessuna vergogna dovrai provare se ti riuscirà di uscirne una seconda volta integro e puro: se la malattia si rinnova, bisogna ripetere la medicina. È la gratitudine tua che mostrerai al Signore, se non ricuserai quanto il Signore ti offre: tu l’hai offeso, ma puoi ancora riconciliarti con Lui: tu hai ancora chi di buon grado accetta il tuo atto di contrizione, e di fronte al quale tu possa liberamente aprire l’animo tuo.

tertullian_000.jpgCAPITOLO VIII. 

Come il Signore sia disposto ad accogliere il pentimento del peccatore.

Se tu ne potessi dubitare, ritorna un po’ a considerare quello che lo Spirito Santo disse alle sacre radunanze di fedeli (5): a quei di Efeso |194 rimprovera d’avere abbandonato ogni senso di carità; rinfaccia a quei di Tiatira la violenza carnale e di mangiare gli avanzi delle vivande consacrate agli Idoli; per la chiesa di Sardi usa parole gravi perché non ha portato a termine opera alcuna, quei di Pergamo, sentono la sua voce di rimprovero, per i perversi insegnamenti che essi impartiscono; rampogna i Laodiceni, che fanno conto delle ricchezze; ma tuttavia la sua parola è di esortazione ad ognuno nello stesso tempo, perché tutti seguano linea di penitenza, e non manca però nella sua parola, gravita di minaccia. E perché dunque minacciare chi non si volge a pentimento, se non ne conseguisse il perdono, per chi tale principio segue ed onora? potrebbe ancora essere cosa dubbia, magari, se non avesse dimostrato, già in altri casi, la larghezza e la liberalità della clemenza sua; ma non è il Signore che dice; chi cadrà, si solleverà di nuovo; chi si sarà allontanato da me, a me farà ritorno? Evidentemente egli è quello che preferisce la misericordia, al sacrificio ; i cieli e gli angeli, che in esso hanno dimora, si rallegrano della penitenza dell’uomo. O tu, che sei peccatore, solleva l’animo tuo, guarda dove ci si rallegra e si gioisce per il tuo ritorno ad un principio di bontà. Che ci |195 vogliono dire, a che mirano le parabole del Vangelo? Una donna perse una dramma (6), ed ella la ricerca e la trova ed invita le amiche perché con lei si rallegrino; ebbene non è questo l’esempio di un peccatore restituito alla grazia del Signore? Una pecorella di un povero pastore si smarrisce (7); ebbene; l’intero gregge non era per il pastore, più caro, di quella sola pecorella: è proprio lei, unicamente che egli va cercando, quella egli vuole a preferenza di tutte le altre ed infine la ritrova e sulle sue spalle la riporta all’ovile: ella era molto stanca infatti, dal lungo errare. E farò parola anche di quel padre buono e mansueto che richiama il figliuol suo, prodigo e con tanto amore l’accoglie, dopo che egli per la sua prodigalità era divenuto povero; ma si era pentito; ed egli sacrifica un vitello florido e grasso e manifesta la sua gioia coll’allegria di un convito. Perché ciò, dunque? perché il padre aveva infatti ritrovato un figlio che aveva perduto; e l’aveva sentito in sé, come qualcosa di più caro, perché era stato appunto in |196 certo modo riguadagnato. E quel padre per noi chi rappresenta? È Iddio stesso; nessuno ci è tanto padre come lui, nessuno ha tanta pietà di noi come lui. Egli accoglierà dunque te, figlio suo, sebbene tu abbia gettato via a piene mani quanto avevi da lui ricevuto; per quanto tu sia tornato nudo, egli ti accoglierà, perché ritornasti; e proverà letizia maggiore del tuo ritorno, che di tutta la saggezza di un altro figlio suo: ma a condizione che il tuo pentimento sia sincero, che venga dall’intimo del tuo cuore, che tu voglia confrontare la tua fame, con l’abbondanza di cui godono e s’allietano i servi del padre tuo; a condizione che tu abbandoni il gregge immondo dei porci, che tu ritorni al padre tuo e gli dica, per quanto egli possa essere mosso a sdegno: ho sbagliato padre mio, né io sono ormai più meritevole d’esser chiamato figliuol tuo. Tanto innalza e nobilita il riconoscimento delle proprie colpe, quanto invece le aggrava il volerle dissimulare: nella confessione dei peccati è implicito il riconoscimento e l’intima contrizione; se tu li dissimuli, ciò è segno di colpevole ostinazione.

CAPITOLO IX. 

Per i peccatori la confessione è necessaria: suo carattere e procedimento estenore.

Di questa seconda forma di penitenza ed ultima ormai, il procedimento è più difficile ed |197 aspro e la prova che uno deve dare, è, senza dubbio, più laboriosa, così che, non solamente debba esser offerta da un intimo esame della coscienza nostra, quanto da qualche nostro atto aperto e manifesto. Questo atto nostro viene chiamato, con parola Greca, di solito, esattamente, exomologesis, ed invero consiste nel confessare sinceramente al Signore la colpa da noi commessa; evidentemente, non perché Egli la ignori, ma perché colla confessione si procura una certa soddisfazione alla divina giustizia e dalla confessione nasce la penitenza e il Signore viene dalla penitenza mitigato nel suo giusto sdegno verso il peccatore. La exomologesis, comprende in certo modo tutto un processo per cui l’uomo s’abbassa e s’umilia alla maestà del Signore; così da prefiggersi tutto un sistema di vita adatto a fermare su di lui la divina pietà e misericordia. Riguardo anche al modo di vestire e di mangiare, raccomanda che il luogo del nostro riposo sia coperto di ruvido sacco e di cenere, vuole che si nasconda quasi la nostra persona sotto vesti squallide e rozze, vuole prostrare, abbassare l’animo nostro sotto gli assalti della tristezza e del dolore, correggere, in certo modo, il mal fatto, con atti di rigore e di costrizione dolorosa su noi stessi; richiede semplicità massima e assoluta nei cibi e nelle bevande, mirando quindi, evidentemente, non al nostro corpo, ma esclusivamente in servigio dello spirito nostro; vuole alimentare il valore delle preghiere che noi rivolgiamo al Signore, coll’asprezza dei |198 digiuni, cibarsi di lagrime e giorno e notte, invocare il Signor nostro e con tutto l’ardore e la nostra fede, gettarsi ai piedi dei sacerdoti, inginocchiarsi davanti a quelli che sono cari a Dio, incaricare quasi, tutti i fratelli di fede, d’essere suoi intercessori per ottenere il suo perdono. Tutto questo comprende e vuole, ciò che abbiamo chiamato exomologesis, per dar valore alla Penitenza, per onorare il Signore nel timore del pericolo; perché, in qualche maniera, agendo essa stessa direttamente sul peccatore, acquieti la collera divina e, con una sofferenza terrena, non dico che riesca a frustare e a sottrarsi ingannevolmente, ma soddisfaccia e allevi la legge della pena eterna. La Penitenza solleva l’uomo proprio quando l’abbatte e lo prostra a terra; è proprio quando lo fa povero e squallido, che l’illumina di una luce più fulgida e lo rende terso e splendido; quando l’accusa, lo giustifica; quando lo condanna l’assolve; quante più sarai severo con te stesso, tanto più Iddio, credimi, ti perdonerà e scuserà le tue colpe.

CAPITOLO X. 

Nessuna ragione hanno i peccatori di provar vergogna, nel confessarsi.

Ma tuttavia io ho ragione di credere che i più evitano o differiscono di giorno in giorno questo atto della penitenza, come qualcosa che |199 li metta troppo allo scoperto, direi quasi, alla berlina, dimostrando così di essere preoccupati maggiormente di un certo loro senso di vergogna, che della propria salvezza : mi sembrano davvero costoro da paragonare a chi, avendo contratto malattia in parti segrete e vergognose della propria persona, cercano di non mettere il loro stato a cognizione del medico e così se ne muiono, per un malinteso pudore. Evidentemente può essere anche cosa difficilmente tollerabile per un nostro senso di vergogna il dovere, in certo modo, dare soddisfazione a chi s’è offeso; ed è proprio il Signore questi; e riaccostarsi poi alla via della salvezza, che non era stata da noi curata per l’avanti. Ma dimmi dunque, tu, che mostri ora senso di pudore e di vergogna: quando si trattava di peccare, la tua fronte tenevi alta e superba, ed ora tu l’abbassi, invece, quando si tratta di acquietare il giusto sdegno del Signore? Per me, non riconosco, al rossore, alla vergogna, nessun merito, quando, da esso è maggiore il danno che ricevo, di quello che sia il vantaggio; in quanto è proprio questo senso di falso pudore che suggerisce all’uomo di dire: non aver pensiero di me; vai meglio che io, pudore, mi perda, piuttosto che tu. Certamente il rischio a cui uno si espone, nel riconoscimento delle proprie colpe, potrebbe esser grave, nel caso, che s’avesse da fare con chi, deridendoci, mosse, pronto ad insultarci; quando ci fosse chi attende la rovina dell’altro, per sollevarsi |200 sull’altrui sciagura e chi è anelante di calpestare quello che resta abbattuto; ma ciò non può avvenire fra fratelli, fra compagni, fra i quali brilla un raggio di speranza comune e comuni sono il timore, la gioia, il dolore, la passione; (e non hanno essi infatti una stessa anima, venuta loro dallo stesso Iddio, da un medesimo padre?) per-ché tu credi diversi i tuoi da te? perché fuggi quelli che sono, come te, soggetti alle tue cadute e ai tuoi errori, come fossero spettatori, che dovessero esser pronti all’applauso, e non invece qualcosa di vicino a te, di comune, di intimo con te? Il corpo non può rimanere impassibile e non risentire della condizione infelice di una parte; tutto se ne duole necessariamente, e richiede quindi, il rimedio. Là, dove vi sono uno o due fedeli, là è la Chiesa, ma la Chiesa s’identifica col Signore. Dunque, quando tu tendi le mani verso i ginocchi dei tuoi fratelli, è il Cristo che tu tocchi, è il Cristo che tu abbracci, che tu implori. E quando, per parte loro, i tuoi fratelli versano lagrime su di te, è Cristo che soffre, è il Cristo che per te supplica il padre suo e s’ottiene facilmente quello che il figlio domanda.

Ma, diciamo francamente, se tu terrai nascosta la tua colpa, sarà forse grandissimo il vantaggio che ne potrai ritrarre e molto avrà da acquistare il tuo senso di rossore? Invero, anche se qualche cosa riusciremo a tener nascosto, per quanto è possibile, all’uomo; per questo, lo potremo celare anche a Dio? E si |201 potrebbe mai stabilire in ogni modo un paragone fra il giudizio e la stima degli uomini, e quello che può rappresentare la consapevolezza che Iddio avrà dei nostri colpevoli? Forse è meglio cadere nella condanna, ma rimanere occulto, che apertamente affrontare il riconoscimento esplicito della propria colpa? Ma quale triste cosa, si potrà dire, giungere al riconoscimento aperto delle proprie colpe, alla confessione di esse? ebbene, è dal male che si arriva alla guarigione; d’altra parte, quando si tratta di sentir pentimento, non bisogna più parlare di pena, perché quell’atto che noi compiamo, da luce e salvezza al nostro spirito. Cosa ben dolorosa è l’esser bruciato ed essere, in vario modo, tormentato sotto l’azione di polveri corroditrici; tuttavia quei rimedi che s’adoprano pure con tanta sofferenza del nostro misero corpo, trovano la giustificazione della loro azione dolorosa, nel vantaggio che essi portano dopo, nello svolgimento della malattia e fanno accettare di buon grado il male presente, colla visione di un bene di cui noi godremo in un momento avvenire.

tertullian4.jpgCAPITOLO XI. 

Usa parole di fiera ironia contro quei peccatori che temono le mortificazioni del corpo.

C’è un senso di vergogna nel riconoscersi colpevoli, ed è giusto, ma, a cui danno maggiore |202 importanza i peccatori, se ci fosse anche il timore, lo sgomento per quanto debbono soffrire materialmente sulla propria persona, che cosa mai dovrei dire allora? intendo riferirmi al fatto che essi debbano fare a meno del conforto dei bagni, che siano nel vestire, rozzi e squallidi, che ben lungi da ogni gioia e da ogni condizione di letizia, vivano nella tristezza di un abito di sacco; che in un senso di negazione e di rinunzia si lascino cospargere di cenere; che infine vedano la loro faccia squallida per le sofferenze del digiuno: ma, intendiamoci converrebbe proprio, sarebbe forse opportuno che noi che siamo stati pur peccatori, ci rivolgessimo supplicanti a Dio, in abiti di lusso, in magnificenza di porpora? Ebbene, per dividere elegantemente i tuoi capelli, ecco qui, proprio all’uopo, una specie di pettine particolare; perché i tuoi denti siano bianchi e pulitissimi, eccoti la polvere adatta; c’è poi qua un paio di forbici di ferro o di altro metallo, perché le unghie ti siano d’una perfezione inattaccabile; vantati pure di spandere sulle tue labbra o sulle tue gote qualche rossetto o qualche altra insidia di varia bellezza; vai in cerca di bagni lussuosi e deliziosi, per tuo godimento spendi pure in villeggiature eleganti e in parchi suntuosi sulla riva del mare; cerca pure d’avere il modo d’alimentare una quantità grande di volatili; bevi pure del vino vecchio e bene spogliato; e se qualcuno vi domanderà perché così, a vostro agio, con tanta magnificenza, voi vi mantenete; non |203 avrete altro da rispondere che: ho commesso colpa, ho peccato contro il Signore, e corro il rischio d’esser condannato in eterno ed è per questo che io ora debbo pagare, e mi macero e mi tormento, perché Iddio possa riconciliarsi con me, dal momento che io gli ho recato offesa col commetere peccato!

 

Ma anche quelli che brigano e intrigano per arrivare ad occupare una carica pubblica, guardate un po’ come si comportano: non c’è vergogna che essi provino, non c’è rincrescimento che essi abbiano, non ci sono sofferenze né fisiche né morali che essi riconoscano, e neppure offese di qualunque genere essi calcolano : pur di arrivare al soddisfacimento delle loro ambizioni, sono capaci di portare abiti della maggiore modestia: se ne fanno forse, essi, caso alcuno? anzi, se ne fanno un vanto, all’occorrenza : m qual casa poi essi son capaci di recarsi per portare il loro saluto la sera e la mattina? basta che incontrino una persona d’alta condizione perché s’inchinino vilmente a costoro; non prendono parte a nessuna riunione, a nessun convito, a nessun ritrovo allegro e spensierato; si tengono insomma ben lontani da ogni libera manifestazione di gaudio: ma tutto ciò si fa in fondo per avere la soddisfazione di ottenere per un anno, che pur passa veloce, l’onore di una carica pubblica. E noi dubitiamo forse di sopportare di fronte alla visione della vita eterna, quello che invece si trova legittimo di soffrire per una |204 semplice richiesta ambiziosa? E noi, dopo avere offeso il Signore, guarderemo a certe mortificazioni nel vitto e nell’abito nostro, mentre i gentili, senza aver recato affatto offesa, non fanno di ciò considerazione alcuna? Questi sono coloro dei quali la scrittura così fa ricordo: guai a quelli che legano le colpe loro come con una lunga fune (8).

CAPITOLO XII. 

Le pene che patiremo nell’Inferno e i castighi di Dio ci esortano alla penitenza.

Se tu vai ripensando al fatto della exomologesis, rifletti anche però, nell’animo tuo, al fuoco eterno infernale che la penitenza saprà, in vantaggio tuo, estinguere; e quando, in un primo momento, tu abbia calcolato bene la grandezza della pena, non potrai avere dubbio alcuno ad abbracciare quanto ti si presenta possibile per il rimedio. Quale pensiero ci deve agitare; quale idea dobbiamo farsi noi di quel fuoco eterno, nel suo terribile insieme, se certe piccole parti di fuoco, certi lembi di fiamma che da quello si sollevano, sono capaci di suscitare incendi tali che le città che si sono trovate vicine al loro divampare sono rimaste distrutte, e quelle che ancora |205 sopravanzano, temono di subire la medesima fine? Monti altissimi e superbi s’infrangono e precipitano paurosamente, perché in sè stessi hanno la forza di questo fuoco; e ciò che, d’altra parte, è indice per noi di un castigo che non avrà fine, è che, per quanto essi siano sconvolti ed infranti, nonostante che siano consumati e divorati dal loro interno fuoco, pure non finiscono mai. Chi non riconoscerà che questi sconvolgimenti interni delle montagne non diano a noi l’esempio di quello che possa essere di noi in seguito ad un giudizio che sempre è a noi imminente e ci minaccia inesorabile? Chi non vorrà riconoscere che tali ignee scintille, non rappresentino quasi i dardi, i colpi impetuosi che contro di noi lancierà un giorno la furia di un fuoco inestinguibile e tremendo? Pertanto, dal momento che sai che dopo la prima difesa che Dio ti ha dato nel battesimo, contro l’eterna fiamma infernale, ti resta ancora nella Penitenza una seconda risorsa, perché tu vorresti abbandonare la salvezza dell’anima tua? perché tu ritardi a ricorrere a un rimedio che, sai, deve guarirti? Anche gli animali, che pur non hanno parola, né sono forniti di ragione, sanno tuttavia conoscere i rimedi loro adatti, che, per la bontà divina, la natura ha loro apprestato. Ecco qui un cervo ferito da un colpo di saetta: ebbene, per poter cacciare dalla ferita la punta mortale che se ne sta infitta terribilmente, esso sceglie l’erba del dittamo, per medicarsi; e la rondine, se ha disgraziatamente |206 offeso nella vista i suoi piccoli, saprà restituire loro la facoltà visiva integralmente, curandoli coll’erba chelidonia. E proprio il peccatore, pur sapendo che Iddio ha istituito la penitenza per riportarlo ad uno stato di grazia, vorrà trascurare quella che fu capace di restituire alla potenza sovrana il re di Babilonia sul trono? Per lungo tempo egli aveva offerto al Signore i segni del suo pentimento più intimo: ed aveva compiuto opera di penitenza, in uno stato di squallida umiliazione da ben sette anni: le sue unghie cresciute spaventosamente, erano simili agli artigli di un uccello di rapina; i suoi capelli, in disordine, potevano apparire come la criniera arruffata di un leoncello : trista condizione la sua; ma era proprio quello di cui gli uomini avevano orrore e da cui torcevano lo sguardo, che invece era accetto al Signore. Il contrario è accaduto al re di Egitto che, perseguitando il popolo di Dio già colpito ed oppresso e da lungo tempo negato al suo Signore, corse alla violenza delle armi contro di esso; ma dopo tanti evidenti esempi di sventure e di calamità, perì nei vortici delle onde che avevano saputo dividersi per lasciar passare attraverso il loro seno, soltanto il popolo eletto da Dio; egli aveva evidentemente trascurato di seguir penitenza e d’avvicinarsi a confessione che di essa è il necessario strumento. Ma perché parlare di di questi due mezzi di salvezza dell’uomo, e curare magari maggiormente una quistione diciamo formale, di stile, piuttosto che sentir ciò come |207 un dovere della coscienza mia? poiché appunto anche io sono un peccatore, gravato d’ogni colpa e d’ogni debolezza dell’umana natura e che quindi non sono nato che a far penitenza: è perciò che non posso tacere affatto su di essa, dal momento che Adamo stesso, il primo autore della razza umana e dell’offesa contro il Signore, una volta riportato per il riconoscimento e la confessione delle proprie colpe nel suo Paradiso, non mancò implicitamente di dire la sua parola sulla penitenza.

[Footnotes moved to the end and renumbered]

1.  (1) Intendi: si deve non attendere il battesimo quasi lavacro di ogni nostra colpa, ma seguir prima penitenza di quanto possiamo aver prima commesso, perché il fatto di ricevere la santa abluzione battesimale, non indica che noi ci siamo emendati, ma che speriamo da quella la remissione di ogni nostro peccato, nella infinita misericordia di Dio.

2.  (1) Intendi: può esservi chi venga a mancare prima di ricevere il battesimo: ebbene costui avrà ugualmente possibilità di remissione e di perdono da parte di Dio, ma è pur necessario che chi si venga a trovare in tale condizione, si sia reso anteriormente degno di questo immenso dono, di tanta misericordia divina.

3.  (2) S. Luca, VIII, 17: Conciossiacché nulla sia nascosto che non abbia a farsi manifesto, né segreto che non abbia a sapersi e a venire in palese.

 

4.  (3) Chiamò simbolo della morte il battesimo, perché S. Paolo dice, che nel battezzarsi si muore e siamo sepolti con Cristo e con lui risuscitiamo a nuova vita.

5.  (1) Apocalisse, II, 4: All’Angelo della chiesa di Efeso scrivi… Ma io ho contro a te questo, che tu hai lasciata la tua primiera carità… 18: (alla chiesa di Tiatira) ma ho contro a te alcune poche cose: che tu lasci che la donna Iezabel, la quale si dice esser profetessa, insegni e seduca i miei servitori, per fornicare e mangiar dei sacrifici degli idoli… III, 2: (alla chiesa di Sardi) Sii vigilante e rafferma il rimanente che sta per morire: conciossiaché io non abbia trovate le opere tue compiute nel cospetto dell’Iddio mio… II, 14: (alla chiesa di Pergamo) Ma io ho alcune poche cose contro a te, cioè: che tu hai quivi di quelli che tengono la dottrina di Balaam, il quale insegnò a Balac di porre intoppo davanti ai figliuoli d’Israele, accioché mangiassero delle cose sacrificate agli idoli e fornicassero… III, 17-18: Perciocché tu dici: io son ricco e sono arricchito e non ho bisogno di nulla e non sai che sei quel calamitoso e miserabile e povero e cieco e nudo; io ti consiglio di comperar da me dell’oro affinato col fuoco, acciocché tu arricchisca: e dei vestimenti bianchi a ciò che tu sii vestito e non apparisca la vergogna della tua nudità, e d’ungere con un collirio gli occhi tuoi, acciocché tu vegga.

6.  (1) S. Luca, XV, 8: Ovvero, qual’è la donna che avendo dieci dramme, se ne perde una, non accende la lampada e non spazzi la casa e non cerchi studiosamente, finché l’abbia trovata?

7.  (2) S. Matteo, XVIII, 12-14: Che vi par egli? se un uomo ha cento pecore ed una di esse si smarrisse, non lascerà egli le novantanove e non andrà su per i monti, cercando la smarrita? e se pure avviene che egli la trovi, io vi dico in verità che egli più si rallegra di quella, che delle novantanove, che non si erano smarrite; così la volontà del Padre vostro che è nei cieli, è che neppur uno di questi piccoli perisca.

8.  (1) Isaia, V, 18: Guai a coloro che tirano l’iniquità con funi di vanità e il peccato come con corde di carro.

Quinto Settimio Fiorente Tertulliano La Penitenza Cap.VII-XIIultima modifica: 2013-02-13T17:50:00+01:00da meneziade
Reposta per primo quest’articolo