cosa insegna la storia? (3)

 

90288.jpgIn seguito ci fu chi Lo volle “nato senza peccato” e chi si affanno’ invece ad inventare una discendenza che Lo collegasse allo stesso Davide.
In due ingenue genealogie, che vorrebbero legare artificiosamente Giuseppe e la *Nobiltà davidica*, gli antichi redattori si dimenticarono di far conciliare un particolare non poco spinoso (confusione che poi si pensò di risolvere proclamando un bel dogma): come poteva Gesù essere legato nel sangue alla “stirpe di Davide” (Giov. 7, 41) se suo Padre era lo Spirito Santo?

Che confusione ragazzi!

Nel Vangelo attribuito a Matteo, è infatti presente un albero genealogico che vorrebbe collegare Giuseppe a Davide tramite 42 generazioni; in quello attribuito a Luca troviamo invece un albero con nomi diversi e rami aggiunti, e le generazioni diventano così 56. Ma già sul nome del nonno di Gesù appaiono delle sconcertanti discordanze, secondo ‘Matteo’ si chiama “Giacobbe“, ‘Luca’ invece sceglie per il Nobile Nonno un altro nome e così nella sua versione diventa “Elì“.

Sembra quasi di vedere l’affanno e le spasmodiche corse che fecero già all’epoca per cercare di correggere queste chiarissime ed imbarazzanti discrepanze, pensate che addirittura “…si giunse ad inserire, sic et sempliciter, l’albero di Matteo nel Vangelo di Luca” (Klostermann).

A questo punto mi si perdoni la curiosità, ma sorge spontanea una nuova domanda: se, come insegna l’Enciclica di Leone XIIIProvidentissimus Deus“, gli Evangelisti “esprimono con infallibile veridicità tutto ciò che Dio ha ordinato loro di scrivere e soltanto quello“, domando: chi si è sbagliato?

Forse Dio?

Procedendo nello studio si può poi curiosamente notare come la divinità di Gesù diventi sempre più precoce e accresca man mano che la trascrittura dei Vangeli si allontana cronologicamente da Lui.

1. Marco (il più vecchio ed attendibile fra i Vangeli sinottici) introduce il concetto “Figlio di Dio” soltanto, e giustamente, dopo il suo battesimo.

2. Matteo (il secondo in ordine di tempo) dice che Gesù è generato divino dalla vergine Maria.

  1. Luca (l’ultimo dei tre sinottici) fa venerare la divinità di Gesù già da Giovanni il Battista ancor prima di nascere.

Personalmente concordo con le analisi di quegli studiosi che fanno risolutamente notare come, per i primi seguaci di Gesù, egli non fosse considerato il “Divino Figlio di Dio” né tantomeno Dio.

Solo dopo aver ricevuto l’ “Innocente Spiritualità” (per dirla con Pincherle), Gesù fu innalzato alla “comunione con l’Uno Vivente” e del resto il senso della vicenda del Cristo, a mio avviso, è proprio questo.

Se fosse realmente stato l’Unigenito Figlio di Dio dalla nascita, la ricezione dello Spirito Divino sarebbe stata senz’altro superflua e “Marco”, nel Vangelo più antico, non lascia dubbi in proposito quando scrive: “e subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto” (Mc. 1, 12). Questo fa chiaramente intendere l’effetto che l’accoglimento della nuova spiritualità ebbe su di Lui e sul suo cammino spirituale. Ritengo importante comprendere e sottolineare, quanto reale fu la coincidenza fra l’illuminazione ricevuta e l’inizio della attività spirituale di Gesù.
Solo dopo aver ricevuto l’Illuminazione Gesù avvertì nitidamente la divinità insita nel suo essere (divinità presente in tutti noi esseri umani) e per questo motivo, il più antico degli Evangelisti solo dopo quel momento inizia a definirlo “Figlio di Dio”.

Risulta estremamente chiaro come il senso del battesimo di Gesù fu completamente stravolto già a partire dal Vangelo di Matteo, il quale, aggrava la sua già scarsa attendibilità quando fa prima dire a Giovanni Battista di non essere degno di battezzare il “riconosciuto messia”, e poi lo fa tornare sui suoi passi facendogli dire: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attendere un altro?”, perché questa resistenza di Giovanni Battista nel voler comprendere la sua “divinità”? La questione fa assai riflettere…

Le molteplici critiche, nate a causa di questi incomprensibili eventi, e sollevate già all’epoca dei fatti, crearono non poco imbarazzo soprattutto nella Chiesa antica, al punto che Sant’Ignazio arrivò ad affermare che, col battesimo, il Signore, intendeva purificare l’acqua del Giordano, e pensate che mille anni più tardi Tommaso D’Aquino ancora condivideva quest’assurda teoria.

Ora, se, come vuole l’artificiosa dottrina cattolica, il battesimo serve a cancellare il peccato originale, che bisogno aveva Gesù nella sua presunta iniziale “impeccabile purezza” di riceverlo?

Il battesimo probabilmente voleva essere, secondo lo stesso Gesù, da intendere come un semplice invito alla “consapevolezza del peccato” e soprattutto del male, e proprio per questo motivo, secondo me, è assolutamente necessario essere adulti e ragionevolmente maturi per “riceverlo”…

Ora però vorrei riprendere quei temi complessi e “scottanti” del processo di divinizzazione di Gesù e della sua misteriosa resurrezione.

Ai tempi di Gesù, la massa era abituata agli uomini divinizzati. Lo era talmente tanto che Petronio arrivò a scrivere: “Il nostro territorio pullula di presenze divine, a tal punto che si incontra più facilmente un dio che un uomo“, questo pensiero già di per se ci offre un prezioso parametro di valutazione esaustivo e di facile comprensione, utilissimo per comprendere il contesto particolare di quel periodo storico.

Nel II secolo il numero delle divinità crebbe ancora di più, tanto che Celso (filosofo del II sec.) scrisse: “Molte persone anonime si aggirano dentro e fuori dei templi come volessero emettere responsi… ciascuna di esse è sempre pronta a dire: “Io sono un Dio”, oppure “Figlio di Dio” o ancora “uno Spirito Divino”” (Origene – contra celsum 7, 9).

Non credo sia utile soffermarsi troppo nel dire che in mezzo a queste “divinità pretendenti”, i ciarlatani erano senz’altro numerosi.

Probabilmente per i primi apologeti di Gesù la tentazione di fare di Lui una “divinità esclusiva”, di fatto superiore a tutte le altre, era forte nonché estremamente necessaria.

Essi credevano che solo concependo ed esaltando al massimo la sua divinità potevano essere ascoltati e riscuotere credito fra la gente. In quel periodo le gesta di un uomo “normale” non avrebbero ricevuto la debita attenzione, bisognava che fosse un essere “speciale”, “mitico”.

Ma la natura divina non era ancora sufficiente, bisognava creare una netta distinzione con le altre divinità di quel periodo, era perciò indispensabile un altro grande prodigio.

Cosa fare?

Un evento miracoloso che avrebbe potuto contribuire ad accrescere il prestigio di questo uomo meraviglioso, poteva essere rappresentato dalla sua resurrezione, ma anche questo evento era un fenomeno altrettanto frequente a quei tempi, ed infatti lo stesso Origene cita in proposito: “Questo miracolo non arreca ai pagani nulla di nuovo e ad essi non può apparire scandaloso” (Origene – contra celsum 2, 16).

Il “fenomeno” della resurrezione, come il miracolo della resuscitazione dai morti era molto diffuso a quell’epoca. Il mito del dio che soffre, muore e poi risorge, era tipico della maggior parte delle religioni misteriche dell’antichità. Lo stesso ‘Matteo’ non sembra scorgere nella resurrezione di Gesù l’unicità di un vero portento, e riduce sensibilmente la straordinarietà del fenomeno facendo intendere che sarebbe addirittura sufficiente una discreta mancia per convincere i guardiani del sepolcro a smentirlo.

 

cosa insegna la storia? (3)ultima modifica: 2010-12-10T18:14:00+01:00da meneziade
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