cosa insegna la storia? (5)

 

adorationoftheshepherds1.jpgAnche Goethe palesa chiaramente i suoi sospetti quando negli Epigrammi Veneziani scrive: “Il sepolcro è spalancato: che grandioso miracolo, il Signore è risorto! Chi ci crede! Furfanti, lo avete portato già via!“.

Sia chiaro a tutti che questo mio lavoro di ricerca storica non è teso ad infangare la virtuosa immagine del Cristo, né a sminuirla, al contrario ciò che ho veramente a cuore è spogliare la Sua figura da alcune secolari ed inutili zavorre.

Questi “pesanti fardelli” che caratterizzano fortemente gran parte del credo cristiano, appesantiscono ed offuscano l’essenza dell’autentico proclama di Cristo offendendolo spesso grandemente.
Molti oscuri tratti, frutto di fantasiose elucubrazioni di astuti esegeti, avevano a mio avviso il chiaro intento di confondere il credente ed orientarlo, sin dalle origini, verso quella che considero una nefasta mediazione ecclesiastica che alla fine conduce ad un epilogo lacunoso ed incomprensibile.
Alcune interpretazioni hanno adulterato la Parola di Cristo al punto da rendere inintelligibile gran parte del suo meraviglioso annuncio ed hanno allontanato molti credenti da quel sentiero che Egli indicò e invitò a seguire.

Secondo me a differenza di allora, l’uomo di oggi, può però “districare la matassa”, egli è in grado di liberarsi dall’ignoranza e dalle secolari superstizioni, che sempre hanno reso opaco ed enigmatico il vero *progetto* di Gesù Cristo; chi ama veramente Gesù ha il dovere di penetrare il reale senso di quel progetto per riscattarlo e ad aiutare finalmente l’umanità a metterlo in pratica.

Gesù non desidera essere adorato inconsapevolmente, non vuole essere creduto in funzione dei miracoli che ha compiuto, oppure a causa della sua natura divina esclusiva che lo situa come “unigenito Figlio di Dio”, o ancora per la sua resurrezione fisica.
Egli ha effuso un appello nel quale invita tutti al rispetto e all’amore reciproco, ci ha ricordato che siamo transeunti, di passaggio, ha voluto renderci consapevoli che il Padre è in ognuno di noi e che noi tutti siamo nel Padre.

Il suo grido richiama con risolutezza ognuno di noi a ricercare Dio in se stessi, alla divinità che ci è propria; ci invita ad evolvere seguendo quel percorso che Lui stesso ci mostrò.

Il suo meraviglioso appello non richiede erudizione né lunghi studi, è stato infuso nei nostri cuori ed è straordinariamente semplice ed attuabile.


Proviamo con tutte le forze a comprendere il vero senso del suo annunzio e non continuiamo ad offenderlo dedicandoci solo a vuote ed insignificanti ritualità, apriamo i nostri cuori ed ascoltiamo il suo incessante grido.

Inumazione e resurrezione

Per quanto concerne l’inumazione di Gesù, nei documenti attualmente a disposizione sono riscontrabili molteplici incongruenze.
Purtroppo la Chiesa delle origini decise di incenerire tonnellate di documenti considerati da essa “eretici”, con l’intento di eliminare ogni traccia delle accesissime e scomode controversie teologiche. Se ciò non fosse accaduto forse oggi avremmo potuto delineare un quadro più chiaro degli eventi, e del reale proclama di Cristo, ma la paura delle correnti gnostiche era grande, e i “Padri della Chiesa” preferirono far “tabula rasa” per eliminarne ogni traccia.

La Chiesa Cristiana ha sempre temuto grandemente la gnosi, sin dai primi secoli, e non abbandonò mai la presa contro chiunque fosse considerato nemico delle verità indiscusse da essa proclamate, accanendosi, a volte anche molto crudelmente, contro chiunque si opponesse ai suoi dogmi {se potessimo trarre testimonianze interrogando Ario, Ermogene, Cirillo d’Alessandria, Pràssea, Valentino, Gioviniano, Sabellio, Severo d’Antiochia, Priscilliano (il primo condannato a morte per eresia) Fra’ Dolcino, Aezio di Antiochia, monaco Enrico, Elipando di Toledo, Elvidio, Marcione, Aerio, Eunomio di Cizico, i Catari, gli Albigesi, gli Ariani, i Valdesi, i Francescani dissidenti, gli hussiti, i Templari, Arnaldo da Brescia, Giulio Cesare Vanini, Giordano Bruno, Pietro Carnesecchi, Còla di Rienzo, Paolo Sarpi, Girolamo Savonarola, Giovanna d’Arco, Fotino di Sirmio, Galileo Galilei, Ferrante Pallavicino, Gerardo da Borgo San Donnino, Michele Serveto, Giovanni Tommaso Campanella, Daniel Papebrochius, Pierre de Bruys, Enrico di Losanna, Clement Marot, John Oldcastle, Matteo Gribaldi Mofa, Giorgio Siculo, e moltissimi altri, ci renderemmo conto della ferocia con cui la Chiesa si scagliò nel perseguitarli}.

L’uomo secondo la Chiesa, non deve arrivare a conoscere direttamente Dio, altrimenti verrebbe meno il senso della mediazione ecclesiastica.
Eppure Gesù ci invitò con estrema chiarezza ad intraprendere la via gnostica!
(Vedi
Vangelo di Tommaso Apostolo). La Chiesa non aveva alcun diritto di distruggere quegli importantissimi documenti! Ma non vorrei perdermi nel campo delle congetture; desidero invece proseguire con le osservazioni sulle incongruenze Evangeliche relative all’inumazione e alla resurrezione di Cristo.

Nella sua narrazione “Marco” cita di tre donne che si recano al sepolcro per andare ad imbalsamare il corpo con oli aromatici, nella domenica successiva al suo trapasso e già a tal proposito si può osservare che in “Marco” le donne si procurano i balsami il giorno successivo al sabato, mentre in “Luca” si parla di giorno precedente (cfr. Mc. 16,1 con Lc. 23,56).

“Matteo” — che scrive vari decenni dopo “Marco”, ricalcando le sue orme — corregge la distrazione del confratello, il quale nel suo scritto non aveva considerato un particolare assolutamente non trascurabile: un periodo di tre giorni fra il trapasso e l’imbalsamazione erano sicuramente eccessivi, poiché con la temperatura tipica di quei luoghi, il processo di decomposizione sarebbe già iniziato.
“Matteo” nella sua successiva narrazione, decide allora di far inumare ben prima il corpo da Giuseppe di Arimatea (anche Giovanni opta per questa scelta, ma vi aggrega anche Nicodemo) e manda le donne — che secondo lui sono due e non tre — la domenica, a fare una semplice visita al sepolcro (Mt. 28,1).

Nella racconto di “Marco” le tre donne disubbidiscono al “giovane con veste bianca” che trovano seduto accanto all’uscita del sepolcro. Questi gli ordina di annunciare l’evento della resurrezione ma esse, per paura, disattendono questa disposizione e rimangono in silenzio (Mc. 16, 7-8).

Nella novella di “Matteo” invece le due donne corrono con gioia a dare l’annunzio ai discepoli (Mt. 28,8).

Nella descrizione offerta da “Luca” le tre donne –in questo caso sono tre ma con nomi differenti da quelli che fornisce “Marco”– annunziano tutto agli Undici e a tutti gli altri (Lc. 24,9).

Nell’ultimo Vangelo in ordine cronologico, si reca al sepolcro una sola donna, la quale accortasi della pietra ribaltata corre a rivelarlo, ma solamente a Pietro e Giovanni.

Un altro particolare bizzarro è poi quello dell’incontro con gli esseri angelici.
Per “Marco” l’angelo è “nel” sepolcro; per “Matteo” si trova “davanti”, seduto sulla pietra; in “Luca” inizialmente non c’è, ma poco dopo ne appaiono due; secondo “Giovanni” sono sempre due come in “Luca”, ma stanno già sul posto in attesa della donna.

 

cosa insegna la storia? (5)ultima modifica: 2010-12-14T18:16:00+01:00da meneziade
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