La teologia delle religioni di Joseph Ratzinger

La teologia delle religioni di Joseph Ratzinger

ratzinger_papa_benedetto.jpgIntervista al professor Joan Andreu Rocha Scarpetta


CITTÀ DEL VATICANO, martedì, 23 maggio 2006 – Dopo poco più di un anno di pontificato di Benedetto XVI, ZENIT ha voluto approfondire il suo pensiero sulla cosiddetta ‘teologia delle religioni’.


In questa intervista, Joan-Andreu Rocha, professore di Teologia delle religioni ed ecumenismo presso la Facoltà di Teologia dell?Ateneo Pontificio Regina Apostolo rum di Roma, dove dirige il Master in Chiesa, Ecumenismo e Religioni, racconta come l?allora teologo Ratzinger vedeva le religioni in rapporto al Cristianesimo e in che misura continua da Pontefice con questa visione inclusiva che riconosce i valori presenti nelle altre religioni.

Si può parlare di una teologia delle religioni propria del Cardinale Joseph Ratzinger?

Rocha: Più che di una ‘teologia delle religioni’ Propria di Joseph Ratzinger si può parlare di un Ratzinger teologo delle religioni. Già come giovane professore di teologia a Risina e Bonn, il futuro Benedetto XVI insegnava storia delle religioni e filosofia della religione. Sottolineava l?importanza delle religioni nel cammino di preparazione del Cristianesimo, come una progressiva realizzazione delle promesse di Dio nel corso della storia della salvezza.

La sua valutazione di queste tradizioni religiose si fonda sul principio del Regno di Dio: la Chiesa è depositaria dei mezzi per proclamare e rendere presente il Regno di Dio, ma non ne possiede il monopolio, perché il Regno va al di là della Chiesa.

La caratteristica principale di questo Regno è l’amore. Dov’è amore fraterno, lì si rende presente il Regno di Dio e si porta a compimento la legge naturale, per mezzo della grazia salvifica di Dio. Questo pensiero si fonda soprattutto sulla dimensione naturale della persona umana e sulla sua capacità razionale, che è oggetto dell?amore di Dio.

Non bisogna dimenticare che il teologo Ratzinger vive dal vicino a l?evoluzione di ciò che oggi chiamiamo la teologia delle religioni, che si sviluppa nell’ambito del rapporto fra tre elementi diversi: la riflessione teologica propriamente detta (che comprende la teologia delle religioni alla luce della teologia della grazia, l’ecclesiologia e la teologia della salvezza o soteriologia); il mandato missionario della Chiesa che implica la proclamazione del Vangelo al mondo intero; e il riconoscimento dei valori umani presenti in tutte le civiltà nelle quali si trovano le diverse religioni del mondo.

Sulla base di questa triplice tensione, formata dalla riflessione teologica, dalla missione e dal valore delle culture, nasce e si sviluppa il vero dialogo interreligioso.

Occorre precisare che la teologia delle religioni è una disciplina che si occupa della valutazione teologica delle religioni non cristiane, da non confondere con il dialogo interreligioso. Allo stato attuale, essa presenta tre tendenze: quella esclusivista (che non riconosce alcun valore alle religioni non cristiane), quella pluralista (che dà a tutte le religioni un valore eguale) e quella inclusivista (che dà la supremazia della verità salvifica a Cristo, ma riconosce i valori presenti nelle altre religioni). Questa?ultima è la linea accettata dal Magistero della Chiesa.

Qual era l?impostazione suggerita dal teologo Ratzinger per un avvicinamento alle altre religioni?

Rocha: Il teologo bavarese insisteva su un avvicinamento alle religioni fondato sulla teologia della storia, in cui fosse superata la riduzione delle religioni a pura esperienza (misticismo) o a una conoscenza puramente razionale (illuminismo). Sono queste, in definitiva, le grandi tentazioni dell’essere umano: il relativismo che vede tutto eguale e indifferenziato, o la ragione presentata come opposta alla religione.

Anni dopo, di fronte all’evoluzione della teologia delle religioni e in qualità di Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il teologo Ratzinger perfeziona il suo pensiero. Insiste sull’?importanza della verità come fondamento dell’incontro tra le religioni e sottolinea ancora di più l’importanza del fatto storico e salvifico rappresentato dalla rivelazione di Cristo. La dichiarazione Dominus Iesus (del 2000) è, in questo senso, un forte appello, di fronte alla dissoluzione dell’evento salvifico di Cristo, in un contesto di crescente pluralismo religioso. Cristo, per i cristiani, non è un illustre personaggio religioso come tanti altri, ma è l’unico Salvatore.

Benedetto XVI insiste soprattutto sul legame con le altre religioni monoteiste. Quale valore dà il Papa alle altre religioni?

Rocha: Il principio fondamentale che regge il pensiero del Santo Padre in questo senso è che di fronte a Dio tutti gli uomini hanno la stessa dignità, indipendentemente dal popolo, dalla cultura o dalla religione di appartenenza. A partire da qui si delinea la prospettiva di una teologia della storia che vede le religioni non cristiane come precursori del Cristianesimo. Ma egli insiste sul diverso valore delle religioni.

Per questo le religioni monoteiste occupano un posto particolare. E, tra queste, l’ebraismo ricopre un ruolo preminente. Soprattutto per la stretta relazione tra l’Antico e il Nuovo Testamento, per le radici spirituali comuni e per il suo ricco patrimonio di fede nell’unico Dio, che ha stabilito la sua alleanza con il popolo eletto, gli ha rivelato i suoi comandamenti e gli ha insegnato la speranza nelle promesse messianiche.

Riguardo l’Islam, l’altra religione monoteista, il Santo Padre ha sottolineato l’importanza della comune filiazione in Abramo e il comune servizio ai valori morali fondamentali.

In ogni caso, il Santo Padre tiene fermo il suo pensiero teologico soprattutto per quanto riguarda la specificità della verità cristiana rivelata in Gesù Cristo. L’arroganza non è quella di credere che Dio ha donato la verità ai cristiani, ma quella del relativismo che arriva a dire che Dio non può farci questo dono. Da qui la sua frase la verità non può avere altra arma se non se stessa.

Lei avverte un cambiamento, rispetto a Giovanni Paolo II, nel modo di vedere le altre religioni?

Rocha: Bisogna ricordare che la storia della cosiddetta ‘teologia delle religioni’ è abbastanza giovane come disciplina nell’ambito della teologia cattolica.

Storicamente vi sono stati momenti di avvicinamento alle altre religioni e ai loro valori. Penso ad esempio ai tentativi di un Matteo Ricci (1552-1610) in Cina o di un Roberto Nobili (1577-1656) in India, o alla visione di una ‘pace tra le religioni’ di Nicola Cusano (1401-1464). Ma sarà solo con il Concilio Vaticano II che la Chiesa stabilirà formalmente il paradigma di ciò che abbiamo poi chiamato ‘teologia delle religioni’.

Le fondamenta di questa dottrina si trovano nella dichiarazione Nostra Aetate sulle relazioni della Chiesa con le altre religioni non cristiane (del 1965). Da allora la teologia delle religioni si è sviluppata tra momenti di grande entusiasmo, ma anche al ritmo di un cauto discernimento.

Credo che Giovanni Paolo II abbia compiuto un inusitato avvicinamento alle altre religioni, soprattutto attraverso gesti concreti e molto significativi come la visita alla Sinagoga di Roma (1986) o la visita alla Moschea di Damasco (2001), e soprattutto con gli incontri di Assisi del 1986 e del 2002. Questo approccio alle diverse religioni del mondo ha avuto un valore profondamente simbolico ed ha contribuito a far cadere molti pregiudizi.

Ma oltre ai gesti simbolici occorre continuare a consolidare una riflessione teologica che alla fine è quella che determina un vero dialogo.

Con Benedetto XVI si stanno approfondendo gli elementi teologici che sicuramente non avranno una ripercussione mediatica così notevole come i gesti, ma consentiranno di stabilire chiaramente i principi di una teologia delle religioni (e quindi di un dialogo interreligioso) che evitino sia un esclusivismo ad oltranza, sia un relativismo di fondo.

L’inclusivismo che caratterizza la teologia cattolica delle religioni (che sostiene l’unicità e l’universalità della salvezza in Gesù Cristo, riconoscendo nelle religioni un valore imperfetto) troverà sicuramente nel pontificato di Benedetto XVI uno sviluppo perspicace e solido.

La teologia delle religioni di Joseph Ratzingerultima modifica: 2011-02-07T19:48:00+01:00da meneziade
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