1° tappa: VIA IL PASSAMONTAGNA!

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Prevediamo che, man mano che ci si addentrerà nei particolari inerenti stati d’animo di ognuno, queste letture verranno sempre meno frequentate; sarà qui che ognuno darà prova a se stesso di quanto davvero desideri la felicità, più  che staccarsi da qualche fissa.

Già in questo post le parole potranno risultare poco commestibili; tuttavia queste parole vanno morse per capire di che sanno. Perciò consiglio di leggere questo discorso con particolare umiltà e mi scuso con chi eventualmente dovesse sentirsi mortificato.

Dunque nel precedente post si è affermato che la felicità esiste. Chiaramente qui si conferma questa ipotesi, verificata dal sottoscritto e da alcuni degli amministratori di questa pagina. Felicità e libertà sono quasi ugual condizione, pur essendo due rami inseparabili di uno stesso albero. Non si gusta l’una senza l’altra e viceversa; parliamo di condizione, non di sensazione, né di stato d’animo. Condizione fissa, immutabile, possibile ad ogni uomo, senza eccezioni, né implicazioni riguardanti benessere, salute, garanzia economica, soddisfazioni o quant’altro. Non che non bisogni considerare queste cose, ma la felicità – quella vera e invulnerabile, che apre gli occhi su se stesso, sul proprio passato, futuro, socialità, storia, traguardo, sentimenti, sulla pienezza auspicata da ognuno, la sapienza capace di riconoscere un senso in ogni caos, la capacità di essere il massimo di noi stessi, il superamento delle proprie mediocrità, l’andare a letto ogni volta benedicendo la vita, l’alzarsi dal letto con il perenne sorriso di viversi la giornata – la felicità piena, insomma, non si nasconde nelle scelte comuni cui tendiamo tutti.

Deludente, vero? Meglio rifiutare questo concetto e tornare a gonfiarsi dei soliti obiettivi, sperando che essi diano risposte alla nostra vita! Fallo, amico mio! Nessuno vuol distoglierti dalle tue cose, né tantomeno ti si chiederà di farlo qualora vorrai fidarti di questo discorso.

Certamente è impossibile che tu non abbia mai provato un attimo di felicità e sicuramente ti è stato regalato da una di quelle implicazioni di cui detto sopra: una soddisfazione strappata alla vita, una serata appassionata, aver gustato un evento o un fatto di quelli che chiunque ti direbbe “bene, bravo, sono felice per te”; o semplicemente un complimento o una bella giornata fatta di quei piccoli sapori. Bene, quanto ti è durato quell’attimo di felicità? Non rispondermi “sempre”, perché sai bene che non è così. Insomma, sai bene che il tuo cuore non è libero: se il più banale dei fallimenti o degli imprevisti può toglierti quell’attimo di felicità, se già una cattiva battuta ti ferisce… caro amico, va’ a raccontare altrove che sei libero, perché non lo sei!

“Ma io cerco di reagire a queste cose con maturità.”… spiacente, noi ti crediamo poco! Piuttosto dovrai ammettere che in realtà il tuo reagire si limita a ingoiare il rospo, finchè ce la fai, dopodichè in qualche atto di sfogo dovrai pur vuotare il secchio di liquame fetido accumulato dai tuoi piccoli bidoni quotidiani.

Smettila di sottrarti a questa imputazione, caro amico, perché sai benissimo che qui si parla proprio di te!

O vorrai convincerci che ogni mattina per te è una gioia andare a lavoro? E’ così, vero? Non vedi l’ora di sorbirti con piena gioia sbuffi e capricci del tuo datore di lavoro; non vedi l’ora di far tardi causa traffico e a denti fuori (dal sorriso, mica dalla rabbia!); non vedi l’ora che sette motorini ti sorpassino a destra rischiando un incidente; adori quando non ti si da la precedenza sugli stop; ti rallegri a studiare ogni giorno, preoccupato da un esame complicato; pavoneggi quando sai che il tuo aspetto fisico non è dei più appetibili; ami perdere una competizione; godi interrompere un servizio importante per un grattacapo; sorridi di una pesante condanna alla tua persona; godi di essere messo a dura prova due o tre volte al giorno; gioisci quando il 27 ti arriva lo stipendio e il 28 se n’è già andato; oppure sei fiero di essere disoccupato, lodando chi t’ha soffiato il lavoro con una raccomandazione; ammiri la gente che ti ha fregato, non t’incollerisci mai quando ci pensi… vero? Sei così tu? Ma davvero? Allora, caro amico, trasferisciti su Marte, da dove sei venuto! Qui sulla Terra si sta uno schifo! Non è così?

Noi invece annunciamo una notizia da non crederci: la vera, piena, totale, invulnerabile felicità esiste davvero ed è per te! Ti aspetta, non sa più com’esser colta dal tuo cuore ingabbiato in una cupola di muri ed armi di difesa personale, con cui ti fai avanti nella tua vita!

Chi ti scrive queste parole sta entrando in pieno in questa enorme grandezza e non ha comprato né venduto nulla!

Ancor più arrogante del precedente post, vero? Arrogante e banale!

“Vada a raccontare balle altrove, questo rompiscatole che si spreme a fare l’interessante sulla mia miseria!”

Non t’interessa questo discorso, vero? Queste sono favole con disperata pretesa di realtà. Non è così? Beh non è così, invece!

La verità è scomoda, fa imbestialire e forse ti stiamo imbestialendo proprio noi! Non ti va l’idea che qualcuno voglia blaterare delle tue cose, circuendo di prediche una vita assurda, degna della tua venerabile, santa malinconia!

Tienitela stretta questa malinconia, caro amico! Il problema della tua vita ora sei tu! Prima che la felicità bussi alla tua porta devi chiederti se davvero tu la desideri!

E’ interessante notare quanto, oggi più che mai, la tristezza attrae l’interesse totale di una larga media di gente. Una storia bella non interessa granchè, mentre un fatto di cronaca nera immediatamente incolla gli occhi a un notiziario o a un giornale. I contenuti che più fanno audience sono quelli che sanno di sapore triste, autunnale, di una poesia del sacrificio, dell’apnea, dello sforzo di vivere, del mal comune mezzo gaudio. Intanto tu custodisci con cura i tuoi traumi, i tuoi drammi, pronto a vantartene davanti a chi ti capita, per mostrargli la tua pazienza, la tua forza, la tua lotta per vincerli o per conviverci… e quel “Bravo!” con cui senz’altro commenteranno il tuo saper soffrire concorre alla tua rovina, fratello, perché per quel “Bravo!” perpetuerai il giallo autunno che ti tieni stretto.

E’ un po’ generalizzato questo linguaggio, che comunque non vuol sminuire il tuo bagaglio di amarezze… tuttavia non è proprio il caso che tu ci risponda: “Ma io non sono fatto così!”. Qui ammiriamo con fervore chi ha il coraggio di riconoscersi nella sufficienza, non chi si tiene strette qualità e diversità! Già, perché il primo passo verso la felicità è proprio questo: ammettersi come un fallace!

Vuoi davvero essere felice, a costo di sorbirti le nenie di questi post? Sei davvero disposto a mettere in discussione le tue ostentazioni e ragionare senza orgoglio su queste parole mal scritte? O non ne hai abbastanza delle pugnalate che quel tuo cuore prezioso e delicato sta sopportando giorno dopo giorno, tentando di occultarne il dolore con una partita di calcio o una serata al pub?

Sei libero, caro amico, come sempre. Libero e rispettato da noi! Libero di chiudere questo documento e abbandonare la frequentazione di questa pagina. Libero di sentirti già felice così; libero di accontentarti delle “piccole felicità dei pochi attimi”; libero di non ammettere chi sei e di farti scudo delle tue qualità, vere o false che siano, vendendoti la felicità per un po’ di riscatto sociale. Comprendiamo un tuo eventuale rigetto, poiché anche noi ci siamo infastiditi quando qualcuno ci parlò così! Ci fu duro ammettere il nostro bisogno di chiedere aiuto, in una società che non possiamo frequentare senza il nostro bel passamontagna copritutto!

Abbandona il blog immediatamente, caro amico, se con queste blande ciancie stiamo annoiando il tuo alto senso culturale e filosofico!

Ma, se per caso dovessi identificarti in questa comune sufficienza, ammettendo che quella lieve amarezza d’autunno detta la tua insoddisfazione, che le tue poche cose, per quanto grandi, non ti bastano e che non ce la fai da solo, allora… bene! Via il tuo passamontagna, subito! Smettila di fingere per guadagnarti un benvenuto o una congratulazione! Abbi il coraggio di riconoscere a te stesso che non ti basti e che spesso la vita ti da del perdente!

Già, perché il primo passo è proprio questo, amico!

“Ma questi cosa vogliono da me? Vogliono per forza convincermi che sto male? Io non sto male, sto benino.” Via questo passamontagna di orgoglio!

Via via! Ammettiti, caro fratello! Benvenuto nel tuo cartoccio di zeppole salaticcie un po’ avariate! Riconosciti nella sufficiente consistenza dei tuoi risultati, qualsiasi essi siano! Da’ un po’ d’ascolto al tuo disperato cuore che grida“Basta! Sto soffocando!”.

…Uff! Non è divertente parlare così, ma bisogna sorbirsi un po’ di violenza per uscire dal proprio politically correct e rientrare nella propria persona originale. Con me qualcuno usò ancor più insistenza. Oggi, tuttavia, riconosco affetto in chi mi parlò così severamente.

Qua non c’è pretesa alcuna né d’insegnarti nulla, né di soverchiare la tua mentalità, tantomeno di importi il nostro sapere.

Noi stiamo semplicemente per testimoniare delle riflessioni che, nei prossimi post, alzeranno molta polvere nelle cantine abbandonate dei nostri cervelli, denudando moventi e motivazioni (due cose diverse, opposte!) che sono alla base della modesta felicità della maggioranza.

Sarai un po’ onesto con te stesso, tanto da ammettere che ti sarà utile riflettere, attraverso varie tappe, su molti aspetti di te, prima di mandarci a quel paese? Decidi tu!

Se questo fatto dovesse interessarti, questa settimana ti proponiamo un primo, semplice lavoro: gettare via il tuo passamontagna, riconoscere quelle due o tre storture al giorno, meditarci ed ammettere che il tuo spirito ha bisogno di una condizione più bella, più piena, più vera e leggera.

1° tappa: VIA IL PASSAMONTAGNA!ultima modifica: 2011-11-16T10:30:00+01:00da meneziade
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