L’IMITAZIONE DI CRISTO 2

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ASCETICA E MISTICA

Abbiamo detto che L’imitazione di Cristo è un “pic­colo gioiello di teologia ascetica e mistica”. “Ascetica” viene dal Greco “àskesis” e significa esercizio, allenamento, sforzo in relazione alla vita fisi­ca e morale dell’uomo. Anche “mistica” viene dal Greco, dall ‘aggettivo “mysticòs”, e significa misterio­so, nascosto, segreto, soprattutto in relazione alla Divinità. Parlando di mistica, qualcuno pensa subito a feno­meni straordinari: rapimenti, estasi, visioni, miracoli, ecc., di cui talvolta leggiamo nella vita dei Santi. La santità non consiste in questo, ma nell’esercizio delle virtù cristiane: soprattutto, come detto prima, nella carità verso Dio e il prossimo per amor di Dio. La carità verso Dio si manifesta nella contemplazione e unione con Lui. Verso il prossimo si manifesta nelle opere di misericordia, fino al supremo dono di sé, secondo l’insegnamento di Gesù: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,13). È in questo senso che diciamo che L’imitazione di Cristo è un gioiello di teologia mistica, anche se non vi si parla di fenomeni straordinari. In pratica, l’ascetica è quella parte della teologia che tratta dei primi gradini della vita cristiana, mentre la mistica tratta della vita di unione con Dio, costituita dalla contemplazione infusa, cioè ispirata dallo Spirito Santo, e dall’esercizio eroico delle opere di misericor­dia per amore di Dio. Tuttavia, non c’è un confine netto tra ascetica e mistica, perché anche i principianti pos­sono già gustare momenti di profonda unione con Dio, e coloro che sono molto avanti nella via della perftzio­ne non cessano di praticare esercizi ascetici. I gradi di perfezione sono molti, ma si sogliono distinguere tre tappe principali o vie: purgativa, illu­minativa e unitiva. La “via purgativa” è l’inizio, caratterizzato dalla lotta contro il peccato, soprattutto il peccato mortale, e dalla purificazione delle colpe e dei vizi capitali. La “via illuminativa” ha lo scopo di istruirsi e di progredire nella conoscenza di Dio e della sua legge; di punficarsi non solo dai peccati mortali, ma anche da quelli veniali; di crescere nell’amore del prossimo e di praticare le virtù e le opere di misericordia. La “via unitiva” ha per obiettivo l’unione con Dio attraverso la contemplazione e l’esercizio delle opere di misericordia in grado sempre più eroico.

MOTIVI DELL’ASCETICA CRISTIANA

La parola “ascetica” implica uno sforzo per com­battere i vizi capitali, le cui radici non sono mai sradi­cate del tutto, per controllarsi e andare contro le proprie inclinazioni e tendenze cattive. L’uomo contemporaneo è nato e cresciuto in un benessere mai conosciuto prima. Per questo, non è incline al sacrificio e rifugge da esso. Spesso vive egoisticamente in un’opulenza sfacciata e provocatoria, per cui si possono applicare a lui le parole di Gesù: “È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli” (Mt 19,24). Quel che è peggio, cerca di giustficarsi dicendo: “La vita è già piena di tribolazioni e sofferenze: perché imporci ulteriori sacrifici e rinunce?”. È un’obiezione che si sente spesso, alla quale vor­remmo dare una risposta chiara e precisa. Il discorso non può essere recepito da chi non crede e non vive la propria fede; siamo su una lunghezza d’onda diversa. Per il credente, invece, per colui che accetta l’idea di un Dio Trascendente, Creatore di questo mondo visi­bile e sensibile, l’uomo è sulla terra in prova e di pas­saggio! L’uomo, rispetto alle cose dello spirito, è un disabi­le: cieco, sordo e muto. Tuttavia, contemplando il mondo visibile, potrebbe ancora risalire al Creatore. Lo dice San Paolo: “Dalla creazione del mondo in poi le perfezioni invisibili (del Creatore) possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da Lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità…” (Rm 1,2 O). Da questa contemplazione vediamo chiaramente che la vita, dalla più semplice alla più complessa, rispettando la propria specie, viene da una cellula, e che nasce, si svi­luppa e muore. Vediamo una convergenza mirabile in tutto il creato. Da questa possiamo risalire all’origine stessa dell’uo­mo e pensare che anche lui, per la parte materiale, viene da una cellula e che, attraverso un progressivo sviluppo, il Creatore ha fatto maturare un individuo che la Bibbia chiama ‘Adam”. Questa parola in Ebraico significa: “Tratto dal suolo”, pronto a ricevere 1’”Alito di vita”; per cui ‘Adam” divenne un “Essere Vivente” (Gn 2,7), cioè immortale, divino, “figlio di Dio”. Adam, capostipite dell’umanità, non è frutto del caso o dell’evoluzione, come vorrebbe far credere il materialista, ma di un piano ben preciso di un’Intelligenza Superiore. Dio ha creato l’uomo libero. Se questi avesse corri­sposto alle attese del Creatore, sarebbe rimasto una mirabile sintesi di materia e spirito, compendio di tutto il creato, nell’unità più perfetta, sempre orientato verso di Lui. Ma la disobbedienza ha prodotto una frattura tra le due componenti. La parte materiale tende a discendere a un livello inferiore, da dove viene, e tra­scina la parte spirituale, rendendola schiava dell’istin­to. All’uomo è stato quindi interdetto l’accesso alla “vita eterna” e da quel momento egli ha conosciuto la malattia, la sofferenza, la morte. Dio non l’ha abbandonato: il Verbo di Dio, che lo ha creato, s’è fatto Uomo per liberarlo; ha pagato un “riscatto” per lui con il suo sangue; ma l’uomo, per usufruire di questo riscatto, deve meritarselo; deve risalire la china della sua miseria, collaborando alla sua salvezza. Deve completare in sé l’opera del Salvatore, completare nella sua carne quel che manca ai patimenti di Cristo (cf Col 1,24). Per risalire la china occorrono due ali: l'”amore” e il “sacrificio”: l’amore per Dio e per il prossimo, che, secondo l’Antico e il Nuovo Testamento, è il più grande comandamento (cf Dt 6,5; Lv 19,18; Lc 10,23), e il sacrificio, che è la rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono questo amore. L’imitazione di Cristo pra­ticamente tratta di questi due argomenti: come impara­re a mortificare se stessi per giungere al vero amor di Dio e dei fratelli, e come contemplare Gesù, che si è fatto nostro modello.

L’IMITAZIONE DI CRISTO 2ultima modifica: 2010-08-05T13:39:00+02:00da meneziade
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