L’IMITAZIONE DI CRISTO 5

Capitolo ventesimo

L’AMORE DELLA SOLITTDINE E DEL SILENZIO

1Scegli il tempo opportuno per attende­re soltanto a te e rifletti spesso sui bene­fici ricevuti da Dio. 2Lascia da

 parte le curiosità; leggi atten­tamente quegli argomenti che procura­no la compunzione del cuore più che l’impegno della mente. 3Se eviterai le chiacchiere inutili e l’ozioso girovagare come pure il dare ascolto alle novità ed ai pettegolezzi, troverai tempo sufficiente ed utile per intrattenerti in pie meditazioni. 4I più grandi Santi evitavano, quando potevano, la com­pagnia degli uomini e preferivano servire Dio in solitu­dine. 5Disse un tale (Seneca, Epist. VII.3): “Ogni volta che sono stato in mezzo agli uomini, sono ritornato meno uomo”. 6Facciamo spesso esperienza di questo fatto, quando conversiamo troppo a lungo. 7È più facile tacere del tutto, che non eccedere nelle parole. 8È più facile stare ritirati in casa, che sapersi controlla­re fuori quanto basta. 9Chi, dunque, tende ad uno stato di vita interiore e spi­rituale deve con Gesù allontanarsi dalla folla. 10Nessuno può esporsi in pubblico con sicurezza, se non chi ama vivere ritirato. 11Nessuno parla con sicurezza, se non chi volentieri tace. 12Nessuno è in grado di reggere gli altri con sicurezza, se non chi sta volentieri sottomesso. 13Nessuno comanda con sicurezza, se non colui che ha bene imparato ad ubbidire. 14Nessuno gode d’una sicura letizia, se non chi abbia a testimone in sé una coscienza pura. 15La sicurezza dei Santi tu, però, sempre piena del timo­re di Dio. E, per quanto essi spiendessero per grandi virtù e per grazia, non per questo furono meno timoro­si ed umili dentro di sé. 16ìnvece, la sicurezza dei malvagi nasce da superbia e presunzione e, alla fine, si volge in loro stesso inganno. 17Non riprometterti d’essere mai sicuro in questa vita, per quanto ti creda d’essere un buon monaco od un devoto eremita. 18Spesso, coloro che dagli uomini furono stimati migliori corsero più gravi pericoli per l’eccessiva fidu­cia in se stessi. 19Perciò, a molti è più utile non essere del tutto esenti da tentazioni, ma esserne più spesso turbati, perché non si ritengano troppo sicuri di sé, perché non montino even­tualmente in superbia ed anche perché non s’abbando­nino senza freno alle consolazioni esteriori. 20Chi non cercasse mai una gioia passeggera, chi non s’immischiasse mai nelle cose del mondo, oh, quanto pura manterrebbe la sua coscienza! 21Oh, quanta pace e quanta serenità godrebbe chi met­tesse da parte ogni vana preoccupazione e tenesse la mente rivolta soltanto a pensieri salutari e divini, e ponesse in Dio tutta la sua speranza! 22Nessuno è degno del conforto celeste, se non si sarà diligentemente esercitato nella santa compunzione. 23Se vuoi sentire questa compunzione profonda nel cuore, entra nella tua cameretta e chiudi fuori i rumori del mondo, come sta scritto: “Tremate e non peccate, sul vostro giaciglio riflettete e placatevi” (Sai 4,5). 24Nella tua cella troverai ciò che fuori più spesso perderai. 25La cella, se vi si abita a lungo, diviene soave; se mal custodita, viene a noia. 26Se, fin dal principio della tua conversione, l’avrai abi­tata e custodita bene, ti sarà poi diletta amica e gradi­tissimo conforto. 27Nel silenzio e nella quiete l’anima devota progredisce ed impara il significato nascosto delle Scritture. 28Là trova la sorgente delle lacrime, con le quali ogni notte si possa lavare e mondare, al fine di diventare tanto più familiare al suo Creatore, quanto più si tiene lontana da ogni frastuono del mondo. 29A chi, dunque, si separa da conoscenti ed amici, Dio s’accosta con i suoi Angeli santi. 30È meglio vivere appartati ed aver cura della propria anima che non, trascurando se stessi, compiere miracoli. 31E’ cosa lodevole per un Religioso uscire raramente, schivare d’essere visto e neppure avere voglia di vede­re gente. 32Perché vuoi vedere quello che non ti è lecito avere? “il mondo passa con la sua concupiscenza “(1 Gv 2,17). 33L’amore ai piaceri dei sensi ci trascina agli svaghi; ma, passata quell’ora, che cosa riporti, se non peso sulla coscienza e dissipazione del cuore? 34Una lieta uscita prepara spesso un triste ritorno, ed un’allegra veglia notturna prepara un triste mattino. 35Così, ogni piacere dei sensi si insinua dolcemente, ma alla fine morde ed uccide. 36Quale cosa puoi vedere altrove, che tu già non veda anche qui? 37Ecco il cielo e la terra e tutti gli elementi; di essi sono pure composte tutte le cose. 38Quale oggetto puoi vedere in alcun luogo, che duri a lungo sotto il sole? 39Forse, credi di potertene saziare; ma non vi riuscirai.  40Anche se tu vedessi presenti tutte le cose create, che cosa sarebbe ciò, se non una vana visione? 41Leva gli occhi in alto, a Dio, e prega per i tuoi pecca­ti e per le tue negligenze. 42Lascia le vanità agli uomini vani; tu, invece, poni mente a ciò che Dio t’ha comandato. 43Chiudi dietro di te l’uscio e chiama a te Gesù, il tuo Amato. 44Trattieniti con Lui in cella, perché non troverai altro­ve pace così grande. 45Se non ne fossi uscito e non avessi prestato alcun ascolto agli strepiti del mondo, ti saresti meglio mante­nuto nella santa pace. 46Ma, poiché ti diletti talvolta nell’ascoltare le novità, è inevitabile che per questo senta qualche turbamento nello spirito.

Note al Capitolo 20° 5“Disse un tale: Ogni volta che sono stato in mezzo agli uomini, sono ritornato meno uomo” (Seneca). Lucio Anneo Sèneca (ca. 4 a.C. – 65 d.c.), filosofo stoico, già apprezzava silenzio e solitudine; l’uomo moderno, invece, sembra temerli, perché ha paura di se stesso, della voce della sua coscienza, di Dio. È un po’ come la paura del buio: per vincerla deve gridare, tenere radio e televisore accesi, trovarsi in mezzo agli altri. 27“Nel silenzio e nella quiete l’anima devota progredisce ed impara il significato nascosto delle Scritture”. È nel silenzio e nella solitudine che Dio parla al cuore. Tanti dicono che non riescono a pregare. È ovvio che non possiamo né parlare con Dio né ascoltarLo nel frastuono! L’imitazione di Cristo non é gradita ai nostri giorni, perché mette il dito sulla piaga: siamo sempre alla finestra di noi stessi! Satana é scaltro e ulti­mamente si serve anche degli insegnamenti del Concilio per distoglierci dalla preghiera e dalla riflessione. Si dice che, per essere utili ai fratelli, dobbiamo “incarnarci”, buttarci in mezzo a loro e vivere i loro proble­mi. Ma Seneca, filosofo pagano, ci insegna che, per aiutare i fratelli, dob­biamo entrare in noi stessi. 

Capitolo ventunesimo

LA COMPUNZIONE DEL CUORE

1Se vuoi fare qualche progresso nel bene, conservati nel timore di Dio e non voler essere troppo libero; tieni, anzi, a freno tutti i tuoi sensi sotto la disciplina e non  abbandonarti alla stolta allegria. 2Datti alla compunzione del cuore e troverai una vera devozione. 3La compunzione apre la via a molti beni, che la dissi­pazione solitamente ci fa perdere in breve. 4Sarebbe strano che potesse in questa vita abbandonar­si pienamente alla gioia, l’uomo che riflettesse e consi­derasse la sua condizione d’esule ed i tanti pericoli che incombono sulla sua anima. 5A causa della leggerezza spirituale e della noncuranza dei nostri difetti, noi non avvertiamo i mali della nostra anima, ma spesso ridiamo scioccamente, mentre a ragione dovremmo piangere. 6Non c’è vera libertà né sana letizia, se non nel timore di Dio, congiunto alla retta coscienza. 7Felice chi può rimuovere da sé ogni inciampo che lo distragga, e può raccogliersi nell’intimità della santa compunzione! 8Felice chi rinunzia a tutto ciò che può macchiare la sua coscienza od appesantirla! 9Combatti da valoroso: un’abitudine si vince con un’a­bitudine contraria. 10Se tu riesci a stare lontano dagli uomini, essi lasce­ranno volentieri te ai fatti tuoi. 11Non addossarti le brighe degli altri e non intrometter­ti nelle faccende dei Superiori. 12Tieni sempre gli occhi aperti principalmente su di te e correggi particolarmente te stesso, prima di tutte le per­sone che ti sono care. 13Se non godi del favore degli uomini, non volerti per questo affliggere, ma la tua pena sia quella di non vive­re così bene con tanta cautela, come converrebbe ad un servo di Dio e ad un buon Religioso. 14Spesso è più utile e più sicuro che l’uomo non abbia molte consolazioni in questa vita, specialmente quelle che lusingano i sensi. 15Tuttavia, che siamo privi delle consolazioni divine o che ne proviamo piuttosto raramente, la colpa è nostra, perché non cerchiamo la compunzione del cuore e non rigettiamo del tutto le consolazioni vane del mondo. 16Riconosciti indegno dei divini conforti e meritevole, invece, di molte tribolazioni. 17Quando l’uomo è pervaso da una perfetta compunzio­ne, allora il mondo intero gli è gravoso ed amaro. 18L’uomo virtuoso trova sempre motivi sufficienti per dolersi e per piangere. 19lnfatti, sia che consideri se stesso, sia che pensi al prossimo, egli sa che nessuno quaggiù vive senza tri­bolazione. 20E quanto più rigorosamente si esamina, tanto più profonda è la sua amarezza. 21Costituiscono materia di giusto dolore e d’interna compunzione i nostri peccati ed i nostri vizi, nei quali siamo tanto avviluppati da poter solo di rado elevarci alla contemplazione delle cose celesti. 22Se tu pensassi più spesso alla morte che non alla pos­sibilità d’una vita lunga, non c’è dubbio che t’emende­resti con maggiore zelo. 23Se, inoltre, tu meditassi nel profondo del cuore le pene future dell’Inferno o del Purgatorio, credo che soppor­teresti volentieri dolori ed angustie, e non ti spavente­rebbe alcuna austerità. 24Ma, poiché queste verità non ci penetrano fino al fondo del cuore, ed anzi continuiamo ad amare gli allettamenti del mondo, noi restiamo freddi e tanto pigri. 25Spesso questa miseria spirituale è la causa per la quale il nostro misero corpo tanto facilmente si lagna. 26Prega, quindi, in umiltà il Signore che ti conceda lo spirito di compunzione, e digli con il Profeta: “Tu ci nutri con pane di lacrime, ci fai bere lacrime in abbon­danza” (Sal 79,6).

Note al capitolo 21° 2“Datti alla compunzione del cuore e trovenai una vera devozione”. La “compunzione” è il dolore e la detestazione dei peccati commessi, non tanto per il danno fisico o morale che hanno causato, quanto per la perdi­ta della grazia di Dio e il pericolo della dannazione eterna. La compun­zione nasce dal santo timor di Dio, che, come abbiamo detto, è la consa­pevolezza che Dio è tutto e noi siamo sue creature. 23“Se, inoltre, tu meditassi nel profondo del cuore le pene future dell’inferno o del Purgatorio, credo che sopporteresti volentieri dolori ed angustie, e non ti spaventerebbe alcuna austerità”. l’uomo moderno non vorrebbe credere all’Inferno, al demonio e agli Angeli. Non vorrebbe cre­dere nemmeno al Purgatorio; ma questo, ovviamente, è un discorso a parte. Negare la realtà dell’Inferno equivale a fare naufragio nella Fede, perché Gesù ne ha affermato ripetutamente l’esistenza. É vero che Egli attribuisce maggior importanza alla perdita della vita, cioè della vita del­l’anima, che è Dio; alla separazione da Lui; ma quanto ha affermato nel Vangelo non ammette dubbi. Anche se non riusciamo ad afferrare la sua tremenda realtà, l’Inferno esiste realmente. Siamo su questa terra in prova; se non passiamo l’esame, se rifiutiamo la vita, diventiamo, riguar­do all’eternità, riguardo allo spirito, degli “aborti”.

Capitolo ventiduesimo

CONSIDERAZIONI SULL’UMANA MISERIA

1Infelice sei, dovunque tu sia e dovun­que tu ti volga, se non tendi a Dio. 2Perché ti turbi, se le cose non accadono come tu vuoi e desideri? 3Chi è che ha tutto secondo la propria volontà? Né io, né tu, né alcun altro sulla terra. 4Non c’è alcuno al mondo senza tribolazione o dispia­cere, anche se sia Re o Papa. 5Chi sta meglio degli altri? Certamente, chi sa soffrire qualche cosa per amore di Dio. 6Molti, deboli di spirito ed imperfetti, vanno dicendo: Guarda come se la passa bene quell’uomo, quant’è ricco, com’è altolocato, com’è potente, com’è esaltato dagli uomini! 7Tu, invece, leva il pensiero ai beni celesti e vedrai che tutti codesti beni temporali non valgono nulla, anzi sono pieni d’incertezze e molto gravosi, perché non si posseggono mai senza ansietà e timore. 8La felicità dell’uomo non consiste nell’avere abbon­danza di beni temporali; gli basta, invece, una modesta quantità. 9La vera miseria è vivere qui sulla terra. 10Quanto più un uomo desidera essere spirituale, tanto più la presente vita gli diventa amara, perché sente meglio e vede più chiaramente le deficienze dell’uma­na natura corrotta. 11Infatti, il mangiare, il bere, il vegliare, il dormire, il riposare, il lavorare, il soggiacere alle altre necessità naturali, sono davvero una grande miseria ed afflizione per l’uomo pio, il quale volentieri vorrebbe sentirsi sganciato e libero da quelle cose e puro da ogni colpa. 12L’uomo interiore, in verità, in questo mondo si sente molto oppresso dalle esigenze corporali. 13Perciò, il Profeta prega devotamente d’esserne libera­to, dicendo: “Dalle mie necessità, o Signore, liberami Tu!” (Sal 24,17). 14Ma guai a coloro che non conoscono la propna mise­ria; ed ancora più, guai a coloro che amano questa misera e corruttibile vita! 15lnfatti, alcuni s’attaccano ad essa tanto che, sebbene ricavino appena il necessario faticando o mendicando, non si curerebbero per nulla del Regno di Dio, se potes­sero vivere sempre quaggiù.16Oh, stolti ed increduli di cuore, così sommersi profon­damente nelle cose della terra, da non gustare se non i piaceri della carne! 17Ma quegl’infelici alla fine della vita, poi, s’accorge­ranno per loro sventura quant’era vile e vano quello che amarono. 18I Santi di Dio, invece, e tutti i devoti amici di Cristo non badarono ai piaceri della carne né a ciò che rese fiorente la vita mortale, mentre con tutta la loro spe­ranza ed intenzione anelavano ai beni eterni. 19Tutto il loro desiderio s’innalzava alle cose durature ed invisibili, perché dall’amore di quelle visibili non fossero trascinati al fango. 20O fratello, non perdere la fiducia di poter progredire nella vita spirituale; ne hai ancora il tempo e l’ora. 21Perché vuoi differire il tuo buon profitto? Sorgi, met­titi subito, in questo momento, all’opera e di’: Ora è il tempo d’agire, ora è il tempo di combattere, ora è il tempo opportuno per cambiare vita. 22Quando stai male e sei afflitto, allora è il tempo d’ac­quistare meriti. 23Bisogna che tu passi per la prova del fuoco e dell’ac­qua, prima di giungere al luogo del refrigerio. 24Se non ti sarai fatta violenza, non potrai vincere una cattiva inclinazione. 25Finché portiamo questo fragile corpo, non possiamo essere esenti da colpa né vivere senza tedio e senza afflizione. 26Ci piacerebbe vivere in un riposo immune da ogni miseria; ma, avendo con il peccato perduto l’innocen­za, abbiamo perduto anche la vera felicità. 27Bisogna, perciò, avere pazienza ed attendere la mise­ricordia di Dio, finché passi il tempo dell’iniquità (SaI 56,2) e finché ciò che è in noi mortale venga assunto dalla vita immortale (2 Cor 5,4). 28Oh, quant’è grande la fragilità umana, sempre incline al male! 29Oggi tu confessi i tuoi peccati, e domani commetti nuovamente quegli stessi che hai confessato. 30Ora fai il proponimento di stare guardingo, e un’ora dopo ti comporti come se nulla avessi promesso. 31Possiamo, dunque, ben a ragione umiliarci e non avere mai molta stima di noi: tanto fragili siamo ed incostan­ti! 32Si può anche perdere in un momento, per negligenza, ciò che a gran fatica eravamo riusciti finalmente ad acquistare con la grazia di Dio. 33Che sarà di noi sul finire della vita, se già, così per tempo, ci lasciamo prendere dalla tiepidezza? 34Guai a noi, se vogliamo riposare così, come se fossimo già in stato di pace e di sicurezza, mentre nella nostra norma di vita non appare ancora un segno della vera santità! 35Avremmo davvero bisogno di ricominciare da capo, come buoni novizi, ad educarci all’acquisto delle virtù, ammesso che ci fosse ancora speranza d’emendarci in avvenire e di conseguire un maggiore profitto spirituale.

Note al capitolo 22° 6“Molti, deboli di spirito ed imperfetti, vanno dicendo: Guarda come se la passa bene quell ‘uomo, quant ‘è ricco, com ‘è altolocato, com’è poten­te, com’è esaltato dagli uomini!”. Dio aveva creato l’uomo, materia e spi­rito, in perfetta armonia. Il peccato ha causato una spaccatura tra le due componenti; la parte materiale è come impazzita, causando tutta una serie di guai, compresa la morte fisica. Gesù è venuto a redimerci, assumendo Lui stesso la nostra natura decaduta, fuorchè il peccato. Soffrendo, morendo e risuscitando da morte, è divenuto principio di una nuova uma­nità, di una nuova creazione. In Lui risorto abbiamo già in mano la capar­ra della nostra redenzione. Ma dobbiamo seguire Lui. Nel disfacimento del nostro corpo, cooperiamo con Lui alla nostra redenzione e alla reden­zione dei nostri fratelli nella Fede.

Capitolo ventitreesimo

MEDITAZIONE DELLA MORTE

1Ben presto sarà finita per te, quaggiù; considera, dunque, il tuo stato. 2Oggi l’uomo è, e domani non è più. 3E, tolto alla vista, ben presto si dilegua anche dalla memoria. 4O stoltezza e durezza del cuore umano, che pensa sol­tanto alle cose presenti e non sa prevedere quelle future! 51n ogni azione ed in ogni pensiero, tu dovresti compor­tarti così, come se dovessi morire oggi. 6Se avessi la coscienza tranquilla, non avresti tanta paura della morte. 7Meglio sarebbe guardarsi dai peccati, che cercare di stuggire alla morte. 8Se oggi non sei preparato, come lo sarai domani? 9Il domani è un giorno incerto; e che sai se ci sarà per te il domani? 10Che giova vivere a lungo, dal momento che ci emen­diamo così poco? 11Ah! la lunga vita non sempre serve a renderci miglio­ri; anzi, spesso aumenta le nostre colpe. 12Volesse il Cielo che fossimo vissuti bene in questo mondo anche un solo giorno! 13Molti contano gli anni della loro vita religiosa, ma il loro miglioramento nella vita spirituale è per lo più scar­so. 14Se fa spavento il morire, forse è più pericoloso il vive­re a lungo. 15Beato colui che ha sempre davanti agli occhi l’ora della morte e che a morire si dispone ogni giorno! 16Se qualche volta hai visto un uomo morire, pensa che anche tu dovrai passare per la medesima via. 17Il mattino, fa’ conto di non arrivare alla sera. 18Venuta la sera, non osare di riprometterti il mattino. 19Sii, dunque, sempre pronto, e vivi in maniera che la morte mai ti sorprenda impreparato. 20Molti muoiono repentinamente ed imprevedutamente. “Infatti, nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uo­mo verrà” (Mt 24,44; Lc 12,40). 21Quando quell’ultima ora sarà giunta, comincerai a dare un ben diverso giudizio di tutta la tua vita passata e ti pentirai amaramente d’essere stato tanto negligente e fiacco. 22Quanto è felice nella sua previdenza colui che si sfor­za d’essere ora, in vita, quale desidera essere trovato al momento della morte! 23E gli daranno una grande fiducia di morire bene: il totale disprezzo del mondo, l’ardente desiderio di pro­gredire nelle virtù, l’amore per la disciplina, l’esercizio della penitenza, la prontezza nell’obbedienza, la rinun­cia a se stesso e la sopportazione di qualsiasi avversità per amore di Cristo. 24Finché sei sano, puoi compiere molte opere buone; ma se t’ammali, non so che cosa potrai fare. 25pochi diventano migliori nell’infermità, allo stesso modo di quelli che raramente si santificano per i molti pellegrinaggi. 26Non confidare negli amici e nei parenti e non riman­dare all’avvenire la tua salvezza, perché gli uomini si dimenticheranno di te più presto che tu non creda. 27È meglio provvedere ora, tempestivamente, e farsi precedere da un po’ di bene, che sperare nell’aiuto di suffragi da parte degli altri. 28Se non ti prendi cura, tu, ora di te stesso, chi si pren­derà cura di te in avvenire? 29Tempo preziosissimo, perciò, è il presente: “Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvez­za” (2 Cor 6,2). 30Ma, ahimè! tu non spendi in modo più utile questo tempo, con il quale potresti meritare la vita eterna. 31Verrà il momento che tu desidererai d’avere un giorno solo, magari un’ora sola, per emendarti, e non so se l’a­vrai. 32Suvvìa, andiamo, o mio caro! Da che grandi pericoli ti potresti liberare, da che immenso timore potresti strapparti, se tu, adesso, avessi sempre presente il pen­siero e la previsione della morte! 33Cerca di vivere, ora, in modo che, in punto di morte, tu possa più gioire che temere. 34lmpara, ora, a morire al mondo, perché, allora, tu cominci a vivere con Cristo. 35lmpara, ora, a disprezzare tutto, perché, allora, tu possa correre incontro a Cristo, liberamente. 36Castiga, ora, il tuo corpo con la penitenza, perché tu possa, allora, avere piena fiducia. 37Ah, stolto! Perché t’immagini di vivere ancora a lungo, mentre non hai la certezza, quaggiù, nemmeno d’un giorno? 38Quanti, così, si lasciarono ingannare e turono tolti di vita quando meno se l’aspettavano! 39Quante volte hai sentito dire che il tale è morto col­pito da spada, un altro è annegato; quello, cadendo dal­l’alto, s’è spaccata la testa; questo, mentre mangiava, si è soffocato; un altro ancora ha cessato di vivere, men­tre giocava! Altri è morto di fuoco, altri di ferro, altri di peste, altri per mano d’assassini. 40E così, la fine di tutti è la morte, e la vita degli uomi­ni è un’ombra che passa via improvvisa. 41Chi si ricorderà di te dopo la morte? E chi pregherà per te? 42Fa’, fa’ ora, o mio carissimo, tutto il bene che puoi fare, perché non sai quando morirai; ignori pure che cosa t’aspetti dopo la morte. 43Finché hai tempo, accumulati ricchezze eterne. 44Non pensare ad altro che alla tua eterna salvezza, cùrati solo delle cose di Dio. 45Fatti, ora, degli amici, con la devozione ai Santi di Dio  e con l’imitazione delle loro opere, perché, quando avrai lasciato questa vita, essi t’accolgano negli eterni tabernacoli (Lc 16,9). 46Vivi sulla terra come pellegrino ed ospite, al quale nulla importano le cose terrene. 47Conserva il tuo cuore libero e rivolto in alto, a Dio, perché “non hai quaggiù stabile dimora” (Lc 16,9). 48lndirizza là le tue preghiere, i tuoi sospiri quotidiani, le tue lacrime, perché la tua anima meriti, dopo la morte, di passare felicemente al Signore. Amen.

Note al Capitolo 23° 2“Oggi l’uomo è, e domani non è più”. Molti non vogliono pensare alla morte. Sono come chi sogna e teme di svegliarsi dal sonno, perché il sogno è bello, e quando si sveglierà tutto svanirà. Creato nell’armonia per­fetta della materia e dello spirito, l’uomo doveva vivere in questo mondo sempre orientato verso il suo Creatore e Padre, per cadere come in un sonno soave, dal quale si sarebbe svegliato nell’eternità, tra le braccia di Dio. Il peccato ha disgregato quell’armonia e lo ha orientato verso la materia. La morte fisica è conseguenza del peccato, ma l’istinto dell’uo­mo è di vivere eternamente.

Capitolo ventiquattresimo

GIUDIZIO E PENE DEI PECCATORI

11n ogni tuo atto guarda alla tua fine e pensa al momento nel quale ti troverai davanti al Giudice severo, cui nulla rimane nascosto, e che non si può pla­care con doni, che non accetta scuse, ma che giudicherà soltanto secondo giustizia. 2O infelicissimo ed insensato peccatore, che cosa risponderai a Dio, che conosce tutte le tue iniquità, tu, che talvolta temi, pieno di spavento, lo sguardo d’un uomo incollerito? 3perché non ti premunisci per il giorno del Giudizio, quando nessuno potrà essere scagionato o difeso da altri, ma ognuno sarà per se stesso un peso anche trop­po grave? 4Ora, la tua fatica porta frutti, il tuo pianto è accetto, il tuo gemito è degno d’ascolto; ora, il tuo dolore ha pote­re di soddisfazione e di purificazione. 5Ha qui, sulla terra, un grande e salutare Purgatorio l’uomo paziente, che, quando è offeso, si duole più della cattiveria dell’altro, che del torto da lui subito. 6Ed egli prega volentieri per i suoi avversari e perdona con tutto il cuore le offese, non tarda a chiedere perdo­no agli altri, è più pronto alla pietà che al risentimento. 7Fa spesso violenza a se stesso e si sforza di sottomet­tere completamente il corpo allo spirito. 8È meglio espiare ora i propri peccati e sradicare i vizi, che tenerseli da espiare nella vita futura. 9Davvero, con l’amore disordinato che abbiamo per il nostro corpo, perdiamo il giusto discernimento! 10Che altro divorerà quel fuoco, se non i tuoi peccati? 11Quanto più, ora, sei indulgente con te stesso ed accontenti il corpo, tanto più dura sconterai, poi, la pena, e più materia da ardere accumulerai. 12Là, dove l’uomo più ha peccato, sarà anche più grave­mente punito. 13Là, gli accidiosi saranno pungolati con sproni di fiam­ma, ed i golosi saranno tormentati da sete e fame insa­ziabili. 14Là, i lussuriosi e gli amanti dei piaceri saranno immersi in pece ardente e in fetido zolfo, e gli invidio­si urleranno di dolore come cani arrabbiati. 15Non ci sarà alcun vizio che non abbia il suo speciale tormento. 16Là, i superbi saranno ricolmi d’ogni confusione e gli avari saranno attanagliati dalla più sordida miseria. 17Là, un’ora sola di pena sarà più tormentosa che cento anni della più aspra penitenza in questa vita. 18Là, per i dannati non ci sarà alcun riposo, non ci sarà alcun sollievo, mentre qui, talvolta, c’è una tregua alle fatiche e si possono godere le consolazioni degli amici. 19Sii, ora, preoccupato e pentito dei tuoi peccati, per essere sicuro in compagnia dei Santi nel giorno del Giudizio. 20Allora, infatti, “i giusti staranno con grande fiducia di fronte a quanti li hanno oppressi” (Sap 5,1). 21Allora, sederà a giudicare Colui che ora si sottomette umilmente ai giudizi degli uomini. 22Avranno, allora, grande fiducia il povero e l’umile, mentre il superbo sarà per ogni verso atterrito. 23Allora, si vedrà quant’è stato saggio in questo mondo chi imparò ad essere stolto e disprezzato per Cristo. 24Allora, ci tornerà cara ogni tribolazione sofferta con pazienza, e “ogni iniquo chiude la sua bocca” (Sal 106,42). 25Allora, ogni anima devota si rallegrerà ed ogni pecca­tore sarà triste e malinconico. 26Allora, il corpo mortificato avrà gaudio più grande, che se fosse stato sempre nutrito di delizie. 27Allora, le vesti grossolane si faranno splendide e quelle si seta si faranno tenebrose. 28Allora, avrà più lode il tugurio poveretto, che il palaz­zo dorato. 29Allora, gioverà di più la costante pazienza, che tutto il potere del mondo. 30Allora, la semplicità e l’obbedienza saranno esaltate più di tutta l’astuzia mondana. 31Allora, la coscienza pura e retta darà più gioia, che non la profonda filosofia. 32Allora, sulle bilance di Dio avrà maggior peso il disprezzo della ricchezza, che ogni tesoro terreno. 33Allora, trarrai più consolazione dalle devote preghie­re, che non dai pranzi prelibati. 34Allora, ti compiacerai di più d’avere mantenuto il silenzio, che non d’aver fatto lunghe chiacchiere. 35Allora, varranno di più le buone opere, che non le molte belle parole. 36Allora, una vita austera ed una dura penitenza daranno più piacere, che non qualsiasi diletto terreno. 37lmpara, dunque, a patire, ora, piccole pene, per essere liberato, allora, da sofferenze più gravi. 38Fa’, qui, ora, la prova di quello che potresti soffrire poi, di là. 39Se, ora, non sai sopportare il poco, come potrai sop­portare, allora, i tormenti eterni? 40Se, ora, una piccola contrarietà ti rende impaziente, che cosa sarà per te la Geenna? 41Ecco: davvero non ti è consentito di godere due feli­cità, cioè godertela prima, qui, al mondo, e regnare, poi, con Cristo. 42Se fino ad oggi tu fossi sempre vissuto fra gli onori ed i piaceri, che cosa tutto ciò t’avrebbe giovato, qualora in questo medesimo istante ti toccasse morire? 43Dunque, tutto è vanità, fuorché amare Dio e servire a Lui solo. 44Chi ama Dio con tutto il cuore non teme la morte né i tormenti né il Giudizio né l’Inferno, perché il perfetto amore apre la via sicura che conduce a Dio. 45Chi, invece, si diletta a peccare, non fa meraviglia che tema la morte e il Giudizio. 46Tuttavia, è già una buona cosa che, se non è ancora l’a­more di Dio a tenerti lontano dalla colpa, ti trattenga almeno la paura dell’Inferno. 47Chi, però, pospone il timore di Dio al timore dell’In­ferno, non riuscirà a perseverare nel bene, ma cadrà ben presto nei lacci del diavolo.

Note al capitolo 24° 10Che altro divorerà quel fuoco, se non i tuoi peccati?”. L’uomo con­temporaneo non vorrebbe credere all’Inferno, tanto meno al suo fuoco eterno. S’illude, dicendo che Dio è amore e non può permettere che una sua creatura possa essere eternamente dannata. Dio è amore, ma anche giustizia infinita. Ci ha creati liberi, e non è Dio che ci castiga, ma la dan­nazione è nostra libera scelta. Se Dio ci ha creati per la felicità e noi osti­natamente la rifiutiamo, siamo noi che scegliamo di fare senza di Lui, mentre, senza di Lui, è la disperazione eterna. 12“Là, dove l’uomo più ha peccato, sarà anche più gravemente punito”. L’Inferno, come tutto ciò che avverrà dopo la morte, sfugge alla nostra presente comprensione. Sappiamo che Dio è paziente, perché eterno. Finché siamo in vita, Egli è pieno di misericordia per tutti noi. Ma quan­do moriremo, Egli si rivelerà a noi nella giustizia, e, se non ci saremo pen­titi dei nostri errori, ci abbandonerà alla dannazione eterna. La dannazione è, prima di tutto, perdita di Dio-Amore: il dannato entra nel regno dell’odio, della ribellione, della disintegrazione completa e totale del suo essere, che si può paragonare, per averne una ben pallida idea, alla disintegrazione che il fuoco opera nelle materie organiche, con la differen­za che il fuoco consuma e riduce in cenere ciò che brucia; il fuoco dell’Inferno brucia, ma non consuma, e corpo e anima restano in uno stato di eterna disintegrazione, odio, ribellione, senza avere mai la soddisfazio­ne di vedere il risultato del proprio odio. Per esprimere in qualche modo questa tremenda realtà, nel Medio Evo hanno sviluppato quel che Dante ha espresso nel suo Inferno: la pena del “contrappasso”, per la quale anche il corpo e ogni parte del corpo, nella proporzione in cui si sono allontanati da Dio, resteranno eternamente in uno stato di disintegrazione, che trova una pallida idea nell’azione del fuoco fisico. Ma il fuoco fisico, davanti a que­sta disintegrazione del nostro essere, è come il fuoco pitturato, a confronto con quello vero.

Capitolo venticinquesimo

FERVENTE RIFORMA DI TUTTA LA NOSTRA VITA

1Sii vigilante e sollecito nel servizio di Dio e torna spesso su questo pensiero: a qual fine sei entrato nella vita claustrale e perché hai abbandonato il mondo? 2Non, forse, per dedicare la tua vita a Dio e diventare uomo spirituale? 3Attendi, dunque, con fervore al tuo perfezionamento spirituale, perché tra breve riceverai la mercede delle tue fatiche e, allora, non vi sarà più timore o dolore per te. 4Ora faticherai un poco, ma, poi, troverai un grande riposo, anzi una letizia senza fine. 5Se ti sarai mantenuto fedele e fervoroso nell’agire bene, anche Dio certamente sarà fedele e generoso nel ricompensartene. 6Devi avere buona e salda speranza d’arrivare alla palma; non conviene, però, che te ne ritenga certo, per non cadere nella pigrizia o nella superbia. 7Un tale, per ansietà di spirito, ondeggiava continua­mente fra timore e speranza; ed una volta, affranto dalla tristezza, si prostrò in una chiesa a pregare davanti ad un altare, ripensando e dicendo tra sé così: 8“Oh, se potessi sapere se sarò sempre perseverante!”. E subito udì nel suo cuore questa divina risposta: “E, se tu lo sapessi, che cosa vorresti fare? Fa’, ora, quello che vorresti aver fatto allora e sarai fermamente sicuro”. 9D’un tratto, consolato e confortato, egli si rimise alla volontà di Dio e le sue affannose agitazioni cessarono. 10E non volle più curiosamente indagare per sapere quale sarebbe stato il suo futuro; ebbe, invece, cura di cercare quale fosse “la volontà di Dio, gradevole e per­fetta” (Rm 12,2), per dare principio e compimento ad ogni opera buona. 11“Spera nel Signore ed opera il bene (dice il Profeta) ed abita la terra, e ti pascerai delle sue ricchezze” (Sal 36,3). 12Uno solo è l’ostacolo che ritrae molti dal profitto spi­rituale e dall’alacre impegno di correggersi: la paura delle difficoltà, ovvero la fatica della lotta. 13E, in realtà, nella virtù fanno maggiori progressi degli altri coloro che si sforzano con più coraggio di vincere gli ostacoli per essi più aspri ed avversi. 14Infatti, l’uomo fa più progressi e si merita grazia mag­giore, quando sa vincere di più se stesso e si mortifica nello spirito. 15Ma non tutti trovano le stesse gravi difficoltà per vin­cere e morire a se stessi. 16Tuttavia, chi è animato da diligente zelo, anche se ha molte passioni, sarà più capace di progressi che non un altro d’indole buona, ma meno fervente nell’acquisto della virtù. 17Due cose giovano particolarmente ad un’efficace rifor­ma della vita: il ritrarsi energicamente da quello a cui la nostra natura corrotta è incline, e l’insistere con ardore a compiere quel bene del quale si ha maggiormente bisogno. 18Cerca, inoltre, d’evitare e di vincere specialmente quei difetti che tanto spesso ti dispiacciono negli altri. 19Cogli, dappertutto, occasioni per diventare migliore, cosicché, se t’accade di vedere o d’ascoltare buoni esempi, ti senta acceso ad imitarli. 20Se, invece, avrai notato in altri qualche cosa che meri­ti rimprovero, guardati dal fare anche tu lo stesso; o se qualche volta l’hai commessa, cerca di correggerti quanto prima. 21Come il tuo occhio osserva gli altri, così, a tua volta, sei osservato dagli altri. 22Che gradita e dolce consolazione è vedere fratelli fer­vorosi e devoti, di buona condotta ed osservanti della disciplina! 23Com’è, invece, triste e penoso vedere di quelli che vivono disordinatamente e che non seguono la via della propria vocazione! 24Quanto è dannoso trascurare il fine della propria vocazione e applicarsi a ciò che esula da quelle cose che non sono state imposte! 25Rievoca sempre i propositi presi e mettiti davanti all’immagine del Crocifisso. 26Specchiandoti nella vita di Gesù Cristo, potresti vera­mente arrossire di non esserti finora conformato mag­giormente a Lui, sebbene da molto tempo tu sia stato nella via di Dio. 27I1 Religioso che, con attenzione e devozione, medita la vita santissima e la Passione del Signore, vi troverà in abbondanza tutto ciò che gli è utile e necessario; e non c’è bisogno ch’egli cerchi altro di meglio fuori di Gesù. 28Oh, se venisse nel nostro cuore Gesù crocifisso! Qùanto presto e pienamente saremmo ammaestrati! 29Il fervente Religioso adempie di buon animo ed accet­ta quello che gli viene comandato. 30Invece, il Religioso negligente e tiepido ha tribolazio­ni su tribolazioni e soffre angustie da ogni parte, perché manca di consolazioni interiori e gli è vietato di cercare quelle esteriori. 31Il Religioso che vive fuori della disciplina è esposto a gravi cadute. 32Chi cerca una via più larga e poco faticosa, sarà sem­pre in angustie, perché una cosa o l’altra basterà a dar­gli fastidio. 33Come fanno tanti altri monaci a vivere in una disci­plina claustrale oltremodo rigorosa? 34Escono di rado, vivono ritirati, si nutrono poverissi­mamente, vestono panni grossolani, lavorano molto, parlano poco, vegliano lungamente, s’alzano presto, pregano a lungo, fanno frequenti letture e si mantengo­no in tutto osservanti della Regola. 35Guarda i Certosini, i Cistercensi, i monaci e le mona­che di diversi Ordini, come s’alzano ogni notte per can­tare salmi al Signore! 36Sarebbe, perciò, vergognoso che ti mostrassi pigro in così santo servizio, mentre una così grande moltitudine di Religiosi comincia a lodare Dio in lieti cantici. 37Oh!, se non si dovesse far altro che lodare con tutto il cuore ed a piena voce il Signore Dio nostro! 38Oh!, se tu non avessi mai bisogno di mangiare, di bere, di dormire, ma potessi sempre rendere lode a Dio ed attendere soltanto alla vita spirituale! Saresti, allora, molto più felice di ora, che devi per qualsiasi esigenza servire al corpo. 39Oh!, quanto sarebbe desiderabile che non vi fossero codeste necessità, ma ci fosse soltanto il ristoro spiri­tuale dell’anima, che noi, ahimè, ben di rado sappiamo gustare! 40Quando un uomo è arrivato a tale perfezione, da non cercare la sua consolazione in creatura alcuna, allora comincia a provare veramente gusto di Dio, ed allora, anche, accetta volentieri tutto ciò che gli accade. 41Allora, né si rallegrerà se ha molto, né si rattristerà se ha poco, ma si rimetterà totalmente e fiduciosamente nelle mani di Dio, che per lui è tutto, in ogni circostan­za; per la cui potenza niente perisce e muore, ma tutte le cose vivono, ed al cui cenno prontamente ubbidisco­no. 42Ricordati sempre che hai da finire e che il tempo per­duto non ritorna più. 43Senza sollecitudine e diligenza, non farai mai acquisto di virtù. 44Se cominci a lasciarti prendere dalla tiepidezza, rico­mincerà il tuo malcontento. 45Se, invece, ti sarai dato ad una vita di fervore, troverai una gran pace e sentirai più lieve la fatica, per la grazia di Dio e per l’amore alla virtù. 46L’uomo fervoroso e zelante è preparato a tutto. 47Costa più fatica resistere ai vizi ed alle passioni, che sudare nei lavori fisici. 48Chi non evita i piccoli difetti, a poco a poco scivola in colpe più grandi. 49Avrai sempre motivo d’essere lieto la sera, se avrai speso fruttuosamente la giornata. 50Vigila su te stesso, scuoti te stesso, ammonisci te stes­so; qualunque cosa succeda agli altri, non trascurare te stesso. 51Tanto profitto otterrai nella vita spirituale, quanto avrai fatto violenza a te stesso. 

TERMINANO GLI AMMONIMENTI UTILI ALLA VITA SPIRITUALE. 

Note al Capitolo 25° 1A quale fine sei entrato nella vita claustrale?”. Si legge nella vita di S. Bernardo che, entrato ventenne tra i Cistercensi, quando era tentato di allentare le penitenze che si era proposto, si chiedeva: “Bernardo, che cosa sei venuto a fare in monastero?”, e riprendeva coraggio. Forse, da allora divenne una domanda che tutti i monaci fervorosi si ponevano. È la domanda che poneva anche un Padre Maestro a coloro che entravano in un monastero per iniziare quel periodo di formazione che si chiama anche oggi “Noviziato”. 7“Un tale, per ansietà di spirito, ondeggiava continuamente fra timore e speranza…”. È un episodio che porta in sé un’esperienza personale di colui che lo racconta e lo rende impersonale per umiltà. Qualcuno ha pen­sato che L’imitazione di Cristo potrebbe essere stata composta in ambien­te certosino. Il versetto 35 sembra escluderlo categoricamente: 35“Guarda i Certosini, i Cistercensi…”. La citazione dei due Ordini come modelli di vita claustrale sembra escludere ogni attribuzione.

L’IMITAZIONE DI CRISTO 5ultima modifica: 2010-08-08T13:50:00+02:00da meneziade
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