L’IMITAZIONE DI CRISTO 6

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LIBRO II°

ESORTAZIONI CHE INTRODUCONO ALLA VITA INTERIORE

Introduzione. Sgomberato nel primo libro il terreno da tutto ciò che può essere di ostacolo alla perfezione della vita cristiana, nel secondo libro, il più breve, il lettore viene introdotto alla vita interiore. Abbiamo detto all’inizio che il Cristianesimo, più che una religione, è una Vita: la Vita di Dio nell’uomo. Questa Vita è Gesù stesso che, come un pezzetto di lievito, ci fermenta e ci rende partecipi della sua Vita di Figlio di Dio. Come il primo libro comincia con una frase del Vangelo di San Giovanni, così il secondo comincia con una di San Luca: “Il Regno di Dio è in mezzo a voi” (Lc 17,21). Questo “Regno di Dio” ha, per così dire, gradi diversi. C ‘è chi è chiamato a diventare “Servo fedele”, chi è chiamato a diventare ‘Amico dello sposo” e chi è chiamato ad un rap­porto più intimo, sponsale, con Cristo. In ogni caso è neces­sario credere e fidarsi di Lui in modo radicale, rinunciando a se stessi in un’intima sottomissione alla volontà di Dio. Di mano in mano che ci sottomettiamo alla volontà di Dio, sperimentiamo la sua pace, la libertà di spirito dei figli di Dio, la gioia dell ‘amore di Gesù, la sua amicizia, fino alla rinuncia di ogni conforto umano. Di qui, con il cuore gonfio di gratitudine per la Grazia Divina, crescerà anche l’amore alla croce, al sacrificio, all’umiliazione, fino a salire con Gesù sul Calvario Questo esige, prima di tutto in coloro che si consacrano in una vita particolare a Cristo: Religiosi, Sacerdoti, Religiose, ma anche in tutti coloro che vogliono vivere a fondo la loro vita cristiana, un impegno a distaccarsi dalle realtà illusorie di questo mondo e a tendere alla perfezione

Capitolo primo

LA VITA INTERIORE

1“Il Regno di Dio é in mezzo a voi” (Lc 17,21), dice il Signore. Volgiti al Signore con tutto il cuore, distaccandoti da questo misero mondo, l’anima tua troverà pace. 2Impara a sottovalutare le cose esterne e a darti a quel­le interiori; allora, vedrai venire a te il Regno di Dio. 3Il Regno di Dio, infatti, è “pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17), e non è concesso ai malvagi. 4Se dentro di te Gli avrai preparato una degna dimora, Cristo verrà a te, offrendoti le sue consolazioni. 5Ogni lode ed ogni onore, che Gli si possono dare, ven­gono dall’intimo, ed ivi Egli trova le sue compiacenze. 6Frequenti sono le visite che Egli fa all’uomo che ha spirito d’interiorità, e dolci sono i suoi colloqui, e gra­dita la sua consolazione, e molta la sua pace, e straor­dinariamente bella la sua familiarità. 7Suvvia, anima fedele, prepara a questo Sposo il tuo cuore, perché si degni di venire a te e in te porre la sua dimora. 8Egli dice, infatti: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola, e io e mio Padre verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). 9Fa’, dunque, posto a Cristo e vieta l’entrata a tutte le altre cose. 10Quando avrai Cristo con te, sarai ricco. Egli ti basta. Sarà Lui a provvederti di tutto e ad amministrare fedel­mente per te tutte le cose. Così, non avrai bisogno di fare affidamento sugli uomini. 11Gli uomini mutano presto e ci vengono meno rapida­mente; Cristo, invece, “rimane in eterno” (Gv 12,34) e ci sta accanto costantemente sino alla fine. 12Non si deve riporre molta fiducia nell’uomo, per sua natura fragile e mortale, anche se ci è utile e caro, e non è neppure il caso di rattristarsi molto, se talora ci avver­si e ci contraddica. 13Quelli che oggi sono con te, domani possono mettersi contro di te; mutano spesso come il vento. 14Poni tutta quanta la tua fiducia in Dio, e sia Lui il tuo timore ed il tuo amore. Risponderà Lui per te, e nel modo migliore opererà per il bene. 15“Non hai quaggiù una città stabile” (Eb 13,14); e dovunque tu dimori, sei straniero e pellegrino, e non avrai pace mai, se non sarai intimamente unito a Cristo. 16Perché ti fermi a guardare quaggiù, intorno a te, se non è questo il luogo della tua pace? 17La tua abitazione deve essere nei cieli, e tutte le cose terrene le devi guardare come di passaggio. 18Passano tutte le cose, e tu pure con esse. 19Vedi di non invischiartene, per non esserne irretito e trascinato in rovina. 20Il tuo pensiero sia sempre presso l’Altissimo, e la tua preghiera si diriga incessantemente a Cristo. 21Se non riesci a salire alle altezze della contemplazio­ne dei misteri celesti, riposati nella Passione di Cristo e prendi lieta dimora nelle sue sante ferite. 22Se, infatti, con animo devoto ti rifugerai nelle ferite e nelle prezio­se piaghe di Gesù, sentirai grande conforto nella tribo­lazione e non ti curerai molto del disprezzo degli uomi­ni; sopporterai, anzi, con facilità le parole malefiche dei denigratori. 23Anche Cristo in questo mondo fu disprezzato dagli uomini e, nei momenti più gravi, fu abbandonato nella sofferenza e nell’obbrobrio da quelli che lo conosceva­no e gli erano amici. 24Cristo volle patire ed essere disprezzato; e tu osi lamentarti di qualcuno? 25Cristo ebbe nemici ed oppositori; e tu vuoi che tutti ti siano amici e ti facciano del bene? 26In grazia di che cosa potrà essere coronata un giorno la tua pazienza, se non avrai avuto alcuna occasione d’esercitarla? 27Se non vuoi patire alcuna contrarietà, come potrai essere amico di Cristo? 28Soffri con Cristo e per Cristo, se vuoi regnare con Cristo. 29Se per una volta sola tu fossi entrato perfettamente nel­l’intimo di Gesù ed avessi assaporato un po’ del suo ardente amore, non ti preoccuperesti affatto del tuo benessere o dei tuoi disagi; anzi, ti rallegreresti di rice­vere gli oltraggi che ti si fanno, perché l’amore per Gesù porta l’uomo a disprezzare se stesso. 30Chi ama Gesù e la Verità, chi fa veramente la vita inte­riore ed è libero da affetti disordinati, può liberamente volgersi a Dio ed innalzarsi in ispirito sopra se stesso e godere pace nel possesso di Lui. 31Chi sa dare il giusto valore a tutte le cose, e non come da altri si dice o si giudica, questi è veramente sapien­te ed ammaestrato più da Dio che dagli uomini. 32Chi sa procedere seguendo la via interiore e sa valuta­re le cose evitando i criteri del mondo, non cerca luoghi adatti né attende tempi opportuni per dedicarsi alle pra­tiche di pietà. 33L’uomo interiore fa presto a raccogliersi, perché non si disperde del tutto fuori di sé. 34Per lui non è un ostacolo il lavoro materiale od un’oc­cupazione momentaneamente necessaria; ma egli s’a­datta alle circostanze così come si presentano. 35Chi interiormente è bene disposto e preparato non s’interessa alle gesta malvagie degli uomini, anche se possano apparire stupefacenti. 36Dalle cose del mondo l’uomo è ostacolato e deviato tanto, quanto egli le attrae a se. 37Se tu avessi piena rettitudine e coscienza pura, tutto riuscirebbe a tuo bene e profitto. 38Molte cose provocano in te disagio e, spesso, turba­mento, proprio perché non sei ancora morto perfetta­mente a te stesso e distaccato da tutto ciò che è terreno. 39Nulla macchia e lega il cuore umano tanto, quanto l’amore impuro delle creature. 40Se, invece, rinunci alle gioie del mondo, potrai con­templare le cose celesti e godere frequentemente di gioia interiore.

Note al Capitolo 1° 1”Il Regno di Dio é in mezzo a voi”. Il peccato aveva causato una trat­tura tra anima e corpo, con la conseguente perdita della Grazia divina. La redenzione operata da Cristo non è solo un “restauro”‘ ma una “nuova creazione”: il Verbo di Dio, che già aveva creato l’uomo assumendo la natura umana in Maria, lo innesta nella sua Umanità e lo rende partecipe della sua natura divina: il regno di Dio è la vita di Cristo nell’uomo. La Vita Interiore consiste nei nostri rapporti con Lui, nostro Capo e nostro Principio Vitale. 12Cristo volle patire ed essere disprezzato; e tu osi lamentarti di qual­cuno?”. Dio aveva creato l’uomo, materia e spirito, in unità perietta, cosicchè non doveva morire. Con la perdita della Grazia, che teneva unite le due componenti della sua natura, è diventato vittima della materia, sog­getto oltre che alle tentazioni, anche alla sofferenza, alle malattie, alla morte fisica. Il Verbo di Dio, assumendo la nostra natura, l’ha assunta senza peccato nè concupiscenza, ma soggetta alla sofferenza, e ha voluto patire per noi per redimerci (“redimere” – da red-emere – in Latino signi­fica ricomprare, riscattare) e per darci un esempio di come soffrire. La sofferenza e la morte stessa sono come concime che fa crescere in noi la vita in Cristo, il Regno di Dio.

Capitolo secondo

UMILTÀ E SOTTOMISSIONE

1Non fare gran conto di chi ti sia favo­revole o contrario; attendi piuttosto ed adòperati a che in ogni tua azione Dio sia con te. 2Abbi retta coscienza e Dio sarà il tuo valido difensore. 3Non ci sarà, infatti, cattiveria d’alcuno che possa nuo­cere a colui che Dio avrà voluto aiutare. 4Se tu saprai sopportare in silenzio, sperimenterai, certo, l’aiuto del Signore. 5È Lui che conosce il tempo ed il modo di liberarti dall’affanno, e quindi devi rimetterti a Lui. 6Sta a Lui aiutarti e liberarti da ogni smarrimento. 7Spesso giova molto, per mantenerci in umiltà più gran­de, che altri conoscano i nostri difetti e che ce li rim­proverino. 8Quando un uomo s’umilia per i propri difetti, fa tacere gli altri facilmente e, senza fatica, dà soddisfazione a quelli che si sono adirati con lui. 9 Dio protegge e libera l’umile, gli dona il suo amore ed il suo conforto; verso l’umile si china; all’umile elargi­sce abbondanza di grazia e, dopo l’umiliazione, lo innalza alla gloria. 10A chi s’umilia rivela i suoi segreti, con dolcezza lo invita e lo attrae a Sé. 11L’umile, anche quando subisce affronto, si conserva in grande pace, perché s’appoggia a Dio, e non al mondo. 12Non credere d’avere fatto grande progresso spirituale, se non ti senti inferiore a tutti.

Note al Capitolo 2° 9“Dio protegge e libera l’umile”. Dentro di noi ci sono due personalità: l’uomo vecchio, soggetto al peccato, e l’uomo nuovo, unito a Cristo. Il nostro impegno deve essere quello di fare trionfare Cristo. L’uomo vec­chio è pieno di superbia, orgoglio, vanità e di tutti i vizi capitali. vorrernrno sempre apparire, primeggiare, essere i primi della classe. Per questo siamo invidiosi, gelosi, permalosi, iracondi, e non abbiamo pace interiore. Siamo attaccati ai godimenti e ai piaceri della vita. l’uomo nuovo in Cristo, invece, ci invita all’umiltà, all’umile sottomissione, all’abbandono in Dio.

Capitolo terzo

L’UOMO CHE AMA IL BENE E LA PACE

1Conserva, anzitutto, te stesso nella pace, e solo allora potrai mettere pace fra gli altri. 2L’uomo che promuove la pace è più utile che uno molto dotto. 3Luomo turbato dalla passione volge anche il bene in male, pronto com’è a vedere il male dappertutto. 4Chi, invece, è veramente buono e pacifico sa volgere tutto al bene. 5Chi è pienamente nella pace non sospetta di nessuno; al contrario, chi è scontento e sconvolto è agitato da vari sospetti; non è tranquillo lui e non lascia tranquilli gli altri. 6Dice spesso quello che non dovrebbe dire ed omette di fare ciò che più gli converrebbe di fare. 7Fa attenzione a quello che sono tenuti a fare gli altri, e trascura quello che è tenuto a fare lui. 8Sii, dunque, zelante prima con te stesso, e potrai poi esserlo giustamente anche con gli altri. 9Tu, che sai trovare abilmente giustificazioni per quello che fai e sai metterlo in bella luce, non vuoi accettare, però, le giustificazioni degli altri. 10Sarebbe, invece, più giusto che tu accusassi te stesso e scusassi il tuo fratello. 11Se vuoi essere sopportato, sopporta anche tu gli altri. 12Vedi quanto sei lontano ancora dalla vera carità ed umiltà, che non conoscono irritazione o sdegno contro alcuno, se non contro di sé. 13Non ci vuole molto a vivere in armonia con persone mansuete e miti; questo, naturalmente, fa piacere a tutti, ed ognuno sta volentieri in pace ed ama di più quelli che condividono i suoi sentimenti. 14lnvece, è grande grazia e comportamento altamente lodevole, è azione coraggiosa l’essere capaci di vivere in pace con le persone ostinate, cattive o indisciplinate o con quelle che ci contrariano. 15Ci sono taluni che custodiscono la pace in se stessi e la mantengono anche con gli altri. 16Ci sono, invece, taluni che non hanno, essi, la pace e non lasciano in pace gli altri: sono di peso al prossimo, ma lo sono ancora di più, sempre, a se stessi. 17Ci sono ancora taluni che, sapendo conservare se stes­si in pace, cercano di ricondurre anche gli altri alla pace. 18Eppure, in questa miserabile vita tutta la nostra pace deve avere il suo fondamento più nell’umile sofferenza, che nell’essere esenti da contrarietà. 19Chi sa meglio sopportare avrà maggiore pace. Vittorioso su se stesso e padrone del mondo, costui è l’amico di Cristo e l’erede del Cielo.

Note al Capitolo 3° 4“Chi è veramente buono e pacifico sa volgere tutto al bene”. La paro­la ebraica “shalom”, che traduce la nostra “pace”, esprime lo stato del­l’uomo che vive in armonia con se stesso, con l’ambiente dove vive e soprattutto con Dio. Secondo la Bibbia, la parola esprime benedizione, riposo, gloria, benessere, salvezza e vita. Tutto questo era promesso da Dio quando fece l’Alleanza con il suo popolo, Israele, e trova il suo pieno compimento con la venuta del “Messia”, il Signore nostro Gesù Cristo. Alla sua nascita gli Angeli annunziarono la pace (Lc 2,14). Ma questa pace è in contrasto con quella che offre il mondo: “Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione” (Lc 12,51), diceva Gesù. Per gustare la pace bisogna imparare a vincere se stessi e a sopportare gli altri.

Capitolo quarto

LA PUREZZA DEL CUORE E LA SEMPLICITÀ DELL’INTENZIONE

1Due sono le ali con cui l’uomo si solle­va dalle cose terrene: la semplicità e la purezza. 2La semplicità deve essere nell’inten­zione, la purezza nell’affetto. 3La semplicità mira a Dio, la purezza giunge a pos­sederLo e a gustarLo. 4Nessuna buona azione ti sarà dfficile, se interiormente sarai libero da affetti disordinati. 5Godrai d’una grande libertà interiore, se non ti propo­ni e non cerchi altro che la Volontà di Dio ed il bene del prossimo. 6Se il tuo cuore fosse retto, ogni cosa creata sarebbe per te uno specchio di vita ed un libro di santi insegnamen­ti. 7Non c’è creatura così piccola e di poco valore, che non riveli la bontà di Dio. 8Se tu fossi buono e puro interiormente, vedresti tutto senza abbaglio e lo comprenderesti appieno. 9Il cuore puro penetra il Cielo e l’Inferno. 10Come ognuno è dentro di sé, così giudica le cose este­riori. 11Se c’è una gioia sulla terra, certamente la prova l’uo­mo puro di cuore. 12Se, invece, in qualche luogo ci sono tribolazioni ed affanni, questi sono sentiti più intensamente da chi ha una cattiva coscienza. 13Come il ferro, messo nel fuoco, perde la ruggine e si fa tutto incandescente, così l’uomo, che si converte totalmente a Dio, si spoglia del suo torpore e si trasfor­ma in uomo nuovo. 14Ma quando l’uomo comincia a lasciarsi prendere dalla tiepidezza spirituale, allora teme anche una piccola fatica ed accoglie con piacere il conforto che gli viene dal di fuori. 15A1 contrario, quando comincia a vincere completa­mente se stesso e a procedere da forte sulla via di Dio, allora fa meno conto di quello che prima avvertiva più gravoso.

Note al Capitolo 4°  1“Due sono le ali con cui l’uomo si solleva dalle cose terrene: la sem­plicità e la purezza “. Il concetto di purezza ha subito una certa evoluzio­ne tra il vecchio e il Nuovo Testamento. Nel vecchio Testamento si insi­steva molto sulla pulizia fisica: allontanamento da tutto ciò che è sudicio: i morti, gli ammalati, particolarmente i lebbrosi, e certi animali. Per otte­nere la purezza necessaria si usavano abluzioni e si compivano sacrifici espiatori. Già i Profeti facevano notare che i gesti esterni non avevano nes­sun valore, se non erano accompagnati dalla purificazione interna. Finalmente Gesù, che è venuto a completare la Legge, fa osservare alcu­ne regole di parità legale, ma proclama che l’unica parità è quella interna del cuore (Mc 7,14-23): “Non c’e’ nulla fuori dell’uomo che, enfrando in lui, possa contaminarlo; sono, invece, le cose che escono dall’uomo a contaminarlo…”. Gesù, poi, accoglie tra i suoi intimi coloro che si donano nella semplicità della fede e dell’amore: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio” (Mt 5,8)

Capitolo quinto

LA RIFLESSIONE SU SE STESSI

1Non possiamo fare troppo affidamento su di noi stessi, perché spesso ci vengo­no a mancare la grazia e il discernimen­to. 2Poca luce è in noi e d’un tratto la per­diamo per la nostra trascuratezza. 3Spesso, poi, non ci accorgiamo d’essere interiormente tanto ciechi. 4Spesso facciamo il male e, ancora peggio, lo scusiamo. 5Talvolta ci muove la passione, e la crediamo zelo. 6Riprendiamo negli altri le piccole mancanze, e passia­mo sopra le nostre, anche se gravi. 7Avvertiamo con grande prontezza e diamo grande peso a ciò che gli altri ci fanno sopportare, ma non avvertia­mo quanto gli altri sopportano da parte nostra. 8Chi ponderasse bene e con giusta misura le proprie debolezze, non giudicherebbe con severità gli altri. 9L’uomo interiore antepone la cura del suo spirito a tutte le altre; e chi ferma diligentemente l’attenzione su se stesso, facilmente tace degli altri. 10Tu non sarai mai uomo interiore o pio, se non tacerai degli altri e se non riserverai ogni attenzione a te stes­so. 11Se sei tutt’intento a te e a Dio, poco ti disturberà quel­lo che percepisci dal di fuori. 12E dove sei tu, quando non sei presente a te stesso? E quand’anche tu avessi percorso il mondo intero, che cosa avresti guadagnato, trascurando la tua anima? 13Per avere pace ed armonia vera con te stesso, devi lasciare da parte tutto ed avere davanti agli occhi solo te. 14Farai, quindi, molto progresso, se sarai riuscito a man­tenerti libero da ogni preoccupazione temporale. 15Regredirai molto, invece, se darai importanza a qual­che cosa del mondo. 16Niente per te sia grande, niente eccelso, niente gradi­to, niente caro, se non solamente Dio o ciò che viene da Lui. 17Considera vana ogni forma di conforto che ti venga da una creatura. 18L’anima che ama Dio disprezza tutte le cose che stan­no sotto di Lui. 19Soltanto Dio, eterno ed immenso, che tutto riempie di Sé, è il conforto dell’anima e la gioia vera del cuore.

Note al Capitolo 5° 8“Chi ponderasse bene e con giusta misura le proprie debolezze, non giudicherebbe con severità gli altri”. II peccato ha disgregato l’uomo, come la molecola del diamante perde la propria forza di coesione e divena nerofumo. L’uomo mette se stesso al centro di tutto e dimentica di esse­re creatura; fa di se stesso un “dio”. Ma se riconosce che egli è creatura, sentirà il bisogno di essere umile e di rispettare gli altri come creature anche loro.

Capitolo sesto

LA GIOIA DI UNA RETTA COSCIENZA

1Gloria dell’uomo retto è la testimo­nianza della buona coscienza. 2Cerca d’avere una coscienza pura, e sarai sempre lieto. 3Una coscienza pura aiuta molto a sop­portare tante cose ed è piena di letizia in mezzo alle avversità. 4La cattiva coscienza, invece, è sempre timorosa ed inquieta. 5Dolce sarà il tuo riposo, se il tuo cuore non ti rimorderà di nulla. 6Non rallegrarti, se non quando avrai fatto del bene. 7I cattivi non hanno mai la vera gioia e non assaporano la pace dell’anima, perché “non c’é pace per gli empi” (Is 48,22), dice il Signore. 8E se essi diranno: “Noi siamo in pace, non c’incoglie­ranno disgrazie; e chi oserà farci del male?”, tu non credere, perché si leverà improvvisa la collera di Dio e le loro opere saranno annientate, ed i loro piani saran­no dispersi. 9Per chi ama Dio non riesce gravoso gloriarsi nelle sof­ferenze: gloriarsi in tal modo è gloriarsi nella croce del Signore. 10Effimera è la gloria che si dà o si riceve dagli uomini. 11E la tristezza accompagna sempre la gloria del mondo. 12lnvece, la gloria dei giusti sta nella loro coscienza, e non sulla bocca degli uomini. 13La letizia dei giusti viene da Dio ed è in Dio, ed il loro gaudio viene dalla verità. 14Chi aspira alla gloria vera ed eterna non si cura di quella temporale. 15Chi cerca, invece, la gloria temporale o almeno non la disprezza dal profondo dell’animo, fa vedere che ama meno quella celeste. 16Possiede grande serenità di spirito chi non bada né a lodi né a biasimi. 17Sarà facilmente contento e tranquillo chi ha una coscienza monda. 18Non sei più santo se sei lodato, né più peccatore se sei disapprovato. 19Sei quello che sei, e non puoi essere detto più grande di quanto tu sei agli occhi di Dio. 20Se fai bene attenzione a ciò che tu sei dentro di te, non ti curerai di quello che possano dire di te gli uomini. 21L’uomo vede le apparenze; Dio, invece, vede nel cuore. 22L’uomo guarda alle azioni esterne; Dio, invece, pesa le intenzioni. 23Agire sempre bene ed avere un modesto concetto di sé, è segno d’umiltà di spirito. 24Non volere conforti da alcuna creatura è segno di grande purezza e d’intima confidenza in Dio. 25Chi non cerca fuori di sé alcuna testimonianza, s’abbadona tutto, chiaramente, a Dio. 26lnfatti  – dice San Paolo – “Non colui che si raccomanda da sé viene approvato, ma colui che Dio raccomanda” (2 Cor10,18). 27Procedere interiormente con Dio, e non essere tratte­nuto da alcuna affezione terrena: questo è lo stato d’a­nimo dell’uomo spirituale.

Note al capitolo 6° 1“Gloria dell’uomo retto è la testimonianza della buona coscienza”. Alla parola “coscienza” si possono attribuire significati diversi. Nel pre­sente contesto, è la facoltà dell’uomo di valutare se un’azione compiuta o da compiere è buona o cattiva, in relazione al proprio fine ultimo; e il fine ultimo è Dio. 7“I cattivi non hanno mai la vera gioia…”. Chi sono questi “cattivi”? Non sono necessariamente coloro che commettono delitti: che uccidono, rubano, calunniano, trafficano droga, ecc. Per la Bibbia, la somma ingiu­stizia è non riconoscere che Dio è il Creatore e che, come tale, Gli è dovu­to il riconoscimento da parte della creatura. l’ateo militante, che si vanta d’essere lui il giudice di se stesso, è il vero “cattivo”, perchè schiavo del proprio orgoglio; la coscienza se l’è fatta lui! Appellarsi alla propria coscienza è una specie di giuramento. Ma il giura­mento che prescinde da Dio, anche se si appella al proprio onore, alla moglie o ai figli, non vale nulla, perchè manca di fondamento.

Capitolo settimo

AMARE GESÙ SOPRA OGNI COSA

1Beato chi comprende che cosa sia amare Gesù e disprezzare se stesso per amore di Gesù! 2Bisogna lasciare ogni oggetto amato per questo Amico, perché Gesù vuole essere amato, Lui solo, sopra tutte le cose. 3L’amore della creatura è ingannevole ed instabile; l’a­more di Gesù è fedele e durevole. 4Chi s’attacca alla creatura, che è caduca, cadrà con essa; chi abbraccia Gesù, starà saldo per sempre. 5Lui ama, e tieniti amico Lui, che, quando tutti t’ab­bandonassero, non t’abbandonerà e non permetterà che tu, alla fine, vada perduto. 6Dovrai pure, un giorno, che tu lo voglia o non lo voglia, separarti da tutti. 7Tieniti unito a Gesù in vita ed in morte; rimettiti alla fedeltà di Lui che, solo, ti potrà aiutare quando tutti verranno a mancarti. 8Il tuo Amato è di tale natura, che non ammette comu­nanza con altri; Egli vuole, invece, possedere, Lui solo, il tuo cuore ed assidervisi come un re sul suo trono. 9Se tu sapessi liberarti perfettamente da ogni creatura, Gesù sarebbe ben lieto di abitare con te. 10Qualunque speranza tu avrai riposto negli uomini fuori di Gesù, sperimenterai che è quasi una perdita completa. 11Non affidarti e non appoggiarti ad una canna in balia del vento, perché “ogni uomo è come l’erba, e tutta la sua gloria cadrà come il fiore del campo” (Is 40,6). 12Rimarrai tosto deluso, se guarderai soltanto all’este­riore apparenza degli uomini. 13E se cerchi negli altri conforto e vantaggio, ne subirai, piuttosto spesso, danno. 14Se cercherai in tutte le cose Gesù, troverai sicuramen­te Gesù. 15Se, invece, cercherai te stesso, troverai ancora te stes­so, ma per la tua rovina. 16lnfatti, se non cerca Gesù, l’uomo fa più male a se stesso, che non gliene facciano il mondo intero e tutti i suoi nemici.

Note al Capitolo 7° 2”…Gesù vuole essere amato, Lui solo, sopra tutte le cose”,. Se ricono­sciamo che la sua umanità è l’inizio di una nuova creazione dell’uomo, è evidente che Lui deve essere amato sopra ogni cosa. Gesù è molto cate­gorico: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo…” (Lc 14,26). l’espressione “Se uno non odia…” è un “ebrai­smo”. Gesù non intende certo andare contro il quarto comandamento: “Onora tuo padre e tua madre”, ma intende anteporre Lui, nostro Creatore, Redentore e nostro Dio, ad ogni altro amore, compreso quello delle persone più care.

Capitolo ottavo

L’INTIMA AMICIZIA CON GESÙ

1Quando Gesù è presente, c’è tutto il bene e nulla sembra difficile; quando Egli non è presente, tutto riesce gravo­so. 2Quando Gesù non ci parla dentro, ogni conforto è vano; ma se Gesù dice anche una sola paro­la, si assapora un grande conforto. 3Maria Maddalena forse che non balzò subito dal luogo del suo pianto, quando Marta le disse: “Il Maestro è qui e ti chiama” (Gv 11,28)? 4Felice il momento in cui Gesù ci chiama dalle lacrime alle gioie dello spirito! 5Quanto arido e duro sei, senza Gesù! Quanto insensa­to e sciocco, se desideri qualche cosa d’altro, che non sia Gesù! 6Non è questo, forse, maggior danno che se tu perdessi il mondo intero? 7Che cosa ti può dare il mondo, se non hai Gesù? 8Essere senza Gesù è un tormento d’Inferno; essere con Gesù è una dolcezza di Paradiso. 9Se Gesù sarà con te, nessun nemico ti potrà fare del male. 10Chi trova Gesù, trova un tesoro di beni; anzi, il Bene che è sopra ogni bene. 11E chi perde Gesù, perde infinitamente molto: più che se perdesse tutto il mondo. 12É infinitamente indigente chi vive senza Gesù; ric­chissimo, chi sta saldamente con Gesù. 13È grande avvedutezza saper entrare in familiarità con Gesù; grande sapienza è saperselo conservare amico. 14Sii umile e mite, e Gesù sarà con te. 15Sii pio e tranquillo, e Gesù rimarrà con te. 16Puoi in un attimo allontanare da te Gesù e perdere la sua Grazia, se vorrai ripiegarti sulle cose esteriori. 17E se avrai cacciato e perduto Lui, da chi correrai per trovare rifugio, e chi potrai allora cercare come amico? 18Senza un vero amico, non ti è bella la vita; e se non hai come amico, sopra ogni altro, Gesù, sarai ben triste e desolato. 19Ti comporti, quindi, da stolto, se riponi in qualche altro la tua fiducia e la tua gioia. 20È preferibile avere contrario il mondo intero, che Gesù offeso. 21Perciò, fra tutte le persone che ti sono care, sia Gesù tuo amato prediletto. 22Devono essere amati tutti per amore di Gesù, ma Gesù dev’essere amato per se stesso. 23Solo Gesù Cristo dev’essere amato d’un amore singo­lare, perché fra tutti gli amici Lui solo troviamo buono e fedele. 24Per Lui ed in Lui ti siano cari sia gli amici sia i nemi­ci; e per tutti costoro Lo devi pregare, perché tutti Lo conoscano e Lo amino. 25Non desiderare mai d’essere particolarmente lodato od amato, perché questo spetta soltanto a Dio, che non ha alcuno simile a Sé. 26Non voler neppure che alcuno abbia il suo cuore occu­pato dall’affetto per te né che il tuo cuore sia occupato troppo dall’amore per qualcuno; ma sia con te, come in ogni uomo buono, Gesù. 27Sii puro e libero interiormente senza ingombro d’alcuna creatura. 28Occorre che tu ti spogli di tutto e che porti a Dio un cuore puro, se vuoi essere libero e vedere “quanto è buono il Signore” (Sal 33,9).29Veramente, a questo non giungerai, se non sarai stato prima prevenuto ed attratto dalla sua Grazia in modo che, estromesse e bandite tutte le cose terrene, tu ti uni­sca con Lui, da solo a solo. 30Quando, infatti, la Grazia di Dio viene nell’uomo, l’uomo è fatto capace di tutto; e quando, invece, la Grazia viene a mancare, l’uomo sarà povero e debole e quasi unicamente abbandonato al castigo. 31Anche in questo stato, tuttavia, egli non deve scorag­giarsi né disperare; ma serenamente deve conformarsi alla volontà di Dio e sopportare, a gloria di Gesù Cristo, tutto quello che gli accade: all’inverno segue l’estate, dopo la notte rispunta il giorno, dopo la burra­sca torna una grande serenità.

Note al Capitolo 8° Qualcuno accusa L’imitazione di Cristo di “intimismo”. Chi muove questa accusa forse non riconosce che Gesù è la manifestazione di Dio in un uomo, e che, amando Gesù, si ama Dio. Troppo presi dalle realtà ter­rene, non riusciamo a sollevarci verso il Creatore. Non sappiamo pregare e preghiamo solo per domandare. Ma la preghiera di domanda dovrebbe costituire la minima parte delle nostre preghiere. Prima della domanda vengono la lode, il ringraziamento, l’adorazione… Quando un figlio o una figlia chiedono qualcosa di ragionevole al papà o alla amma, questi, per amore, spesso li accontentano. Ma se un figlio o una figlia, senza chiedere nulla, getta le braccia al collo dei genitori e dice: “Papà, mamma, quanto vi voglio bene!”, che cosa non farebbero i genitori per ricambiare quell’amore? Perché non rivolgerci a Dio con ana­loghi sentimenti? E questo e intimismo”?

Capitolo  Nono

LA MANCANZA D’OGNI CONFORTO

1Non è difficile disprezzare il conforto umano, quando si ha quello di Dio. 2Grande, anzi grandissima cosa, invece, sono: il saper sopportare la privazione del conforto sia umano sia divino, l’ac­cettare di soffrire in buona pace, per la gloria di Dio, la desolazione del cuore, il non cercare se stesso in alcuna cosa, il non avere di mira il proprio merito. 3Che c’è di straordinario che tu sia lieto e devoto, quan­do scende su di te la Grazia divina? E, questo, un momento sospirato da tutti. 4Galoppa leggero chi è portato dalla Grazia di Dio. 5Che cosa c’è di strano se non sente alcun peso chi è sostenuto dall’Onnipotente ed è guidato dal Condottiero supremo? 6Ci fa piacere avere qualche cosa che ci conforti; diffi­cilmente l’uomo si spoglia di se stesso. 7Il santo martire Lorenzo, invece, seppe staccarsi da que­sto mondo e vinse anche l’affetto verso il suo Pontefice, perché ripudiò tutto quello che nel mondo gli appariva caro. Sopportò di buon animo, per amore di Cristo, d’es­sere separato dal Sommo Pontefice Sisto, che egli amava moltissimo. 8Per amore del Creatore, dunque, riuscì a superare l’a­more verso un uomo: al conforto umano preferì la volontà di Dio. 9Così impara anche tu a lasciare, per amore di Dio, qualche congiunto e caro amico. 10E non affliggerti se un amico t’abbandona, sapendo bene che tutti, alla fine, dobbiamo separarci l’uno dal­l’altro. 11È necessario che l’uomo combatta molto ed a lungo dentro di se stesso, prima che impari a superarsi com­pletamente e a volgere a Dio tutto il suo affetto. 12Quando l’uomo fa affidamento sulle sole sue forze, facilmente slitta verso le consolazioni umane. 13Ma chi ama davvero Cristo e segue alacremente la via della virtù, non cerca tali dolcezze sensibili, ma per amore di Cristo preferisce sostenere le prove difficili e le dure fatiche. 14Quando, dunque, ti viene concessa da Dio una conso­lazione spirituale, ricevila e ringrazia; ma renditi conto che è dono di Dio, non frutto del tuo merito. 15Non insuperbirtene, non esserne troppo lieto, non pre­sumere scioccamente di te; al contrario, per questo dono sii più umile, più cauto e più prudente in tutte le tue azioni, perché quell’ora passerà e le terrà dietro la prova. 16Quando, però, ti sarà stata tolta la consolazione divi­na, non disperare; attendi con umiltà e pazienza un’al­tra visita celeste, perché Egli può darti una consolazio­ne anche più grande. 17Per chi ha fatto esperienza delle vie del Signore, questa non è cosa nuova né strana: nei grandi Santi e negli antichi Profeti si verificò spesso tale avvicenda­mento di condizioni di spirito. 18Perciò, uno di essi, avvertendo la presenza della Grazia, diceva: “Nella mia prosperità ho detto: non sarò smosso in eterno” (Sal 29,7). 19Ma poi, allontanatasi la Grazia e sperimentando ciò ch’era avvenuto in lui, aggiunge: “Tu hai distolto il tuo volto da me, ed io sono stato conturbato” (Sal 29,8). 20Eppure, in tale stato non dispera, ma con maggiore insistenza prega il Signore e dice: “A Te, o Signore, leverò il mio grido e innalzerò a Dio la mia preghiera” (Sal 29,9). 21Alla fine raccoglie il frutto della sua preghiera e pro­clama d’essere stato esaudito, dicendo: “Ascolta, Signore, abbi misericordia; Signore, vieni in mio aiuto” (Sal 29,11). 22Ma come? “Hai mutato – dice – il mio lamento in danza, la mia veste di sacco in abito di gioia” (Sal 9,12). 23Se così avvenne per i grandi Santi, noi, che siamo deboli e poveri, non dobbiamo disperarci se talvolta ci troviamo in fervore, talvolta in aridità, 24Perché lo Spirito viene e s’allontana secondo che vuole. Per questo, il santo Giobbe dice: “Tu, o Signore, visiti l’uomo alle prime luci del mattino, e subito lo metti alla prova “ (Gb 7,18). 251n che cosa, pertanto, posso io porre la mia speranza o in chi devo io confidare, se non unicamente nella grande misericordia di Dio, se non unicamente nella speranza della Grazia celeste? 26Sia, infatti, ch’io abbia con me uomini virtuosi o pii confratelli o amici fedeli o libri santi o magnifici trat­tati o canti ed inni soavi, 27Tutto ciò mi aiuta poco, ha ben poco sapore quando sono abbandonato dalla Grazia e lasciato nella mia miseria. 28Allora, non c’è migliore rimedio della pazienza e della rassegnazione mia alla volontà divina. 29Non ho mai trovato alcuno tanto religioso e pio, che non abbia patito qualche volta la privazione della Grazia o non abbia sentito l’affievolimento del fervore. 30Nessun Santo fu mai rapito così in alto e così inonda­to da luce soprannaturale, che prima o poi non sia stato tentato. 31Non è degno, infatti, della profonda contemplazione di Dio chi non è stato provato da qualche tribolazione per amore di Dio. 32Di solito, un segno della consolazione che verrà è pre­ceduto dalla tentazione. 33La consolazione celeste viene promessa a coloro che prima sono passati attraverso la prova della tentazione: “Al vincitore – dice il Signore – darò da mangiare del­l’albero della vita”(Ap 2,7). 341n realtà, la consolazione divina è concessa perché l’uomo sia più forte a sostenere le tribolazioni. 35Ma la tentazione insiste ancora, perché egli non insu­perbisca del bene compiuto. 36Il diavolo non dorme, e la carne non è ancora morta; perciò, non desistere dal prepararti alla battaglia, per­ché a destra e a sinistra ci sono nemici che non si concedono mai riposo.

Note al Capitolo 9° 13“Chi ama davvero Cristo e segue alacramente la via della virtù, non cerca tali dolcezze sensibili, ma per amore di Cristo preferisce sostenere le prove difficili e le dure fatiche”. Un proverbio dice: “Sotto la neve, pane”. Della vita spirituale possiamo dire: sotto la prova, crescita; senza la prova, la tribolazione e la croce, non si progredisce nella via della san­tità. 31“Nessun Santo fu mai rapito così in alto e così inondato da luce soprannaturale, che prima o poi non sia stato tentato”. Dio avrebbe potu­to concederci il Cielo come dono, ma sapientemente volle che ce lo meri­tassimo, per darcelo come ricompensa. Anzi, la ricompensa sarà propor­zionata alla prova vinta. Inoltre, la tentazione é un mezzo di purificazio­ne, una scuola di umiltà, perché ci rende sempre più consapevoli che, senza la Grazia, non possiamo far nulla; ci fortifica nella volontà, nello sforzo costante di non soccombere. Soprattutto, ogni volta che respingia­mo la tentazione, compiamo un atto di amor di Dio.

Capitolo decimo

LA GRATITUDINE A DIO PER IL DONO DELLA GRAZIA

1Perché cerchi la quiete, mentre sei nato per la fatica? 2Disponiti più a soffrire che ad essere consolato; a portare la croce più che a vivere nella letizia. 3Anche tra coloro che vivono nel mondo, chi non accet­terebbe ben volentieri la consolazione e la letizia spiri­tuale, se potesse ottenerne in ogni momento? 4Le gioie dello spirito, infatti, sorpassano tutti i piaceri mondani e le soddisfazioni materiali. 51n verità, tutte le gioie del mondo sono o vuote o poco buone; soltanto le gioie dello spirito, invece, ricolmano di felicità e sono innocenti, perché nate dalle virtù ed infuse da Dio nelle anime pure. 6Ma nessuno può godere sempre a suo piacimento di queste consolazioni divine, perché l’ora della tentazio­ne non tarda a venire. 7E poi, la falsa libertà di spirito e l’eccessiva fiducia in se stessi sono di grande ostacolo a questa visita celeste. 8lddio compie un atto di bontà, quando ci dona la gra­zia della consolazione; ma l’uomo compie un’azione colpevole non attribuendo il tutto a Lui e non ringraziandoLo. 9E così, non possono riversarsi su di noi i doni della Grazia, perché siamo ingrati verso il loro autore e non facciamo risalire tutto alla sorgente d’origine. 10Sempre, infatti, viene concessa la Grazia a chi debita­mente se ne dimostra grato; verrà tolto al superbo ciò che si suole dare all’umile. 11Non voglio la consolazione che mi toglie la compun­zione del cuore, né aspiro ad una contemplazione che mi conduce

all’orgoglio. 12Non tutto ciò che è alto, è santo; non tutto ciò che è soave, è buono; non ogni desiderio è puro; non tutto ciò che piace a noi, è gradito a Dio. 13Accetto, invece, volentieri una Grazia che mi renda sempre più umile, più timorato, più pronto a rinnegare me stesso. 14Chi ha conosciuto il dono della Grazia e ha fatto espe­rienza del duro colpo della sua privazione, non oserà arrogarsi alcun merito; si confesserà, invece, povero e nudo di tutto. 15Da’ a Dio ciò che è di Dio, e a te ciò che è tuo; cioè, mostrati riconoscente a Dio per la Grazia che t’ha con­cesso, e attribuisci a te soltanto il peccato, riconoscen­do che meriti il castigo con le tue colpe. 16Mettiti sempre al posto più basso, e ti verrà dato il più alto, perché ciò che è in alto non si sostiene senza ciò che sta in basso. 17I Santi più grandi agli occhi di Dio sono i più piccoli ai propri occhi; quanto più sono avvolti di gloria, tanto più sono umili dentro di sé. 18Ripieni della Verità e della gloria del Cielo, non desi­derano la gloria vana. 19Fondàti in Dio e in Lui confermàti, non possono per nessuna ragione montare in superbia. 20E siccome attribuiscono a Dio tutto il bene ricevuto, non vanno cercando lode l’uno dall’altro, ma la lode che procede solo da Dio; e desiderano che in loro stes­si e in tutti i Santi sia lodato Dio sopra ogni cosa; e sono sempre protesi a questo. 21Sii, dunque, riconoscente al Signore anche per il più piccolo dono, e sarai degno di riceverne di maggiori. 22Il dono più piccolo sia per te come il più grande; quel­lo che è più disprezzabile sia per te come un dono spe­ciale. 23Se si guarda alla dignità infinita del Donatore, nessun dono ti sembrerà piccolo o di poco valore.Non è, infat­ti, cosa da poco quello che ci viene donato dal Sornmo Iddio. 24Anche se Egli desse pene e castighi, ci devono essere accetti, perché qualunque cosa che Egli permette ci avvenga, lo fa per la nostra salvezza. 25Chi desidera conservare la Grazia di Dio, sia ricono­scente quando gli è data, rassegnato quando gli viene tolta. Preghi per riaverla: sia prudente e umile per non perderla.

Note al Capitolo 10° 15“Da a Dio ciò che e’ di Dio, e a te ciò che è tuo”. Tutto il bene viene da Dio; di nostro c’è solo il peccato. Noi non meritiamo nulla, fuorché il castigo. Ma Dio ci ama sempre, anche quando ci prova, perché lo fa per il nostro bene. Perciò, noi Lo dobbiamo ringraziare sempre, non solo quan­do ci inonda di gioia, ma anche quando ci fa attraversare il deserto dell’aridità.

L’IMITAZIONE DI CRISTO 6ultima modifica: 2010-08-09T13:52:00+02:00da meneziade
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