L’IMITAZIONE DI CRISTO 8

battesimo20di20cristo.jpgLIBRO III°

LA CONSOLAZIONE INTERIORE

 Introduzione. Cominciando dal terzo libro fino a tutto il quarto, l’a­nima svolge un soavissimo colloquio con il Signore. Si tratta di figura letteraria o di vero colloquio? Anche la Bibbia fa uso di figure letterarie; interi libri sono attribuiti in modo fittizio a personaggi famosi del­l’antichità. Queste attribuzioni erano un modo di attirare 1’atten­zione del lettore. Nel nostro caso non se ne vedrebbe proprio lo scopo. Pensiamo piuttosto che si tratti di “locuzioni interiori”. Il profano, colui che è schiavo della realtà materiale di questo mondo, pur apprezzando il contenuto del libro, penserà che si tratti di pura immaginazione. Chi, invece, ha conoscenza ed esperienza di fenomeni mistici, sa che la preghiera ben intesa e vissuta porta a quella esperienza di Dio, che i mistici chiamano “ùnione estatica “: piena di ammirazione e amore, l’anima in preghiera talvolta rima­ne così assorta e concentrata in Dio, che i sensi restano come assopiti. È a questo punto della vita spirituale che possono avvenire fenomeni che sono chiamati “rivelazio­ni private”. Le rivelazioni private ci sono sempre state e ci sono anche ai nostri giorni. Si chiamano “private”, perché non vincolano la fede di tutti i fedeli, ma tutt’al più di coloro che sono favoriti, se obbediscono all’autorità della Chiesa. Queste “rivelazioni”, senza l’obbedienza alla Chiesa, possono diventare trappole del demonio. Se poi la Chiesa, direttamente o indirettamente, le approva, come le apparizioni di Lourdes e Fatima, il crederle non è atto di fede cattolica, ma un semplice atto di fede umana. I mistici distinguono tre forme di rivelazioni priva te: le “visioni”, le “locuzioni interiori e i “tocchi divini”. Le “visioni” o “apparizioni” sono quelle in cui i sensi del veggente percepiscono qualcosa che è invisibile ai sensi degli altri. Queste visioni possono avvenire all’e­sterno o nella propria immaginazione o nel proprio intel­letto. Le “’locuzioni interiori” sono manifestazioni del pen­siero divino da parte di Dio stesso, della Beata Vergine, dei Santi, percepite anche queste dai sensi esterni (vista, udito), internamente o direttamente dall ‘intelletto. Finalmente i “tocchi divini” sono impulsi della Grazia sulla volontà, uniti a una vivissima luce sull’intelletto. Tutte queste “rivelazioni” possono essere concesse anche a peccatori che vengono chiamati alla conversione, come è avvenuto a San Paolo. Quando L’imitazione di Cristo dice: “Gesù parla” oppure “Parla il Signore” o qualcosa di simile, possiamo pensare che l’autore goda del dono della “locuzione interiore”. San Giovanni della Croce, grande maestro in questo campo, per cui è stato proclamato ufficialmente “Dottore della Chiesa”, spiega come le locuzioni possono avvenire in modi diversi. Uno è quando lo Spirito Santo collabora con l’intelletto a formulare i concetti; o si serve di una terza persona (confessore, predicatore), d’un libro, ecc. per suscitare un’emozione improvvisa; o incide profonda­mente nell ‘interno i concetti ispirati, e questo potrebbe essere il caso de L’imitazione di Cristo.  È stato scritto che L’imitazione di Cristo non e un libro teologico, perché lontano dalle grandi speculazioni; non è un libro devozionale e tantomeno mistico…” (L’imitazione di Cristo, Ed. paoline, 1987). Rispettiamo l’opinione del presentatore, ma non ci sen­tiamo di condividerla. Anzitutto, perché la teologia non è necessariamente legata a “grandi speculazioni”. Né si può negare che il libro ispiri “devozione”; se no, che cosa ispira? Finalmente, non si può negare che sia “mistico” e che porti a una profonda esperienza di Dio: anzi, ci sem­bra che sia questa la sua caratteristica specifica! L’imitazione di Cristo, più che all’intelletto, parla al cuore, e solo chi è innamorato di Dio può recepire il suo messaggio.

Capitolo primo

L’INTIMO COLLOQUIO DI CRISTO CON L’ANIMA FEDELE.

PAROLE DEL DISCEPOLO 1”Ascolterò quel che dice dentro di me il Signore Iddio” (Sal 84,9). 2Beata l’anima la quale ascolta il Signore, che le parla nell’intimo e che accoglie dal suo labbro parole di consolazione! 3Beati gli orecchi che colgono il fluire del sussurro divino e nulla avvertono delle rumorose vociferazioni di questo mondo! 4Beati veramente gli orecchi che ascoltano, non una qualunque voce che strepita da fuori, ma la Verità che ammaestra interiormente! 5Beati gli occhi che, chiusi alle cose esteriori, sono invece attenti a quelle dello spirito! 6Beati coloro che penetrano nel proprio intimo e che, con sforzo quotidiano, cercano di prepararsi sempre di più alla comprensione dei misteri celesti! 7Beati coloro che godono di attendere solo a Dio e scuotono via da sé ogni impaccio del mondo! 8Medita queste cose, anima mia, e chiudi le porte dei tuoi sensi, perché tu possa udire quello che dice dentro di te il Signore, Dio tuo.

PAROLE DEL SIGNORE 9Questo dice il tuo Amato: “Sono Io la tua salvezza” (Sal 34,3), la tua pace e la tua vita. 10Mantieniti vicino a Me, e troverai la pace. Lascia andare tutto ciò che è transitorio, cerca ciò che è eterno. 11Che cosa sono tutte le cose temporali, se non seduzio­ni? E che ti giovano tutte le creature, se sarai abbando­nato dal Creatore?

PAROLE DEL DISCEPOLO 12Rinuncia, dunque, a tutto, anima mia; renditi accetta e serbati fedele al tuo Creatore, per poter così conseguire la vera beatitudine.

Note al capitolo 1° 1“Ascolterò quel che dice dentro di me il Signore Iddio” (SaI 84,9). In questo terzo libro de L’imitazione di Cristo siamo nella “via illuminativa”, che consiste nell’imitare Gesù Cristo, che ha detto: “Chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8,12). 11“Che cosa sono tutte le cose temporali, se non seduzioni?”. Chi è immerso nel mondo è come uno che sogna: non si accorge che al risve­glio tutto svanirà. Crede di essere “concreto”, di “tenere i piedi a terra”, di non lasciarsi prendere dalle fantasie e dai sogni dei “visionari”; e non si accorge che il “visionario” è proprio lui, perché “passa la scena di que­sto mondo” (iCor 7,31). 

Capitolo secondo

LA VERITÀ PARLA DENTRO DI NOI SENZA STREPITO DI PAROLE

PAROLE DEL DISCEPOLO 1”Parla, Signore, il tuo servo ti ascolta” (lSam 3,10).”1o sono tuo servo, fammi comprendere e conoscerò i tuoi insegnamenti” (Sal 118,125). 2Piega il mio cuore alle parole della tua bocca; stillino come rugiada le tue parole. 3Dicevano una volta i figli d’Israele a Mosè: “Parla tu a noi, e noi ascolteremo; non ci parli il Signore, altri­menti moriremo” (Es 20,19). 4Ma non così, o Signore, non così io Ti prego; piuttosto, con il profeta Samuele, umilmente e fervorosamente Ti supplico: “Parla, o Signore; il tuo servo ti ascolta” (lSam 3,10). 5Non mi parli Mosè o qualche altro dei Profeti; parlami, invece, Tu, o Signore Iddio, che ispiri ed illumini tutti i Profeti; Tu solo, senza di loro, puoi ammaestrarmi per­fettamente, mentre essi, senza di Te, non concluderan­no nulla. 6Possono, sì, far risuonare parole, ma non comunicano lo Spirito. 7S’esprimono magnificamente; ma se Tu taci, non infiammano il cuore. 8Il loro è un linguaggio letterale; ma sei Tu che sveli lo spirito del contenuto. 9Promulgano i tuoi Comandamenti; ma aiuti Tu ad osservarli. 10Additano la via; ma dài Tu la forza per camminare. 11Essi operano soltanto all’esterno; ma Tu educhi i cuori e li illumini. 12Essi irrigano la superficie; ma Tu doni la fecondità. 13Essi gridano con le parole; ma Tu concedi la com­prensione all’udito dell’anima. 14Non mi parli, dunque, Mosè; parlami Tu, Signore Dio mio, Verità eterna, perché io non abbia a morire e a rimanere senza frutto, se fossi ammaestrato solo este­riormente e non venissi infervorato interiormente. 15Che non mi sia di condanna la parola udita, ma non messa in pratica; conosciuta, ma non amata; creduta, ma non osservata. 16“Parla”, dunque, “o Signore; il tuo servo ti ascolta” (lSam 3,10): “Tu hai parole di vita eterna” (Gv 6,68). 17Parlami, per dare qualche consolazione all’anima mia e per emendare tutta la mia vita. Ed a Te siano lode, gloria e perpetuo onore.

Note al Capitolo 2° 1“Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta” (lSam 3,10). Dio ha parlato agli uomini anche nei tempi antichi per mezzo dei Profeti, soprat­tutto per mezzo di Mosè, liberatore d’Israele. Essi hanno preparato l’avve­nimento più grande della storia, quando la Parola eterna.di Dio stesso, per mezzo della quale Egli ha creato tutto l’universo, visibile e invisibile, si è fatto Uomo nel seno della Vergine Maria, per vivere in mezzo a noi e in cia­scuno di noi. Il “profano”, cioè colui al quale importa poco o nulla della presenza della Parola in lui, non può sentirlo. Invece, il Cristiano che s’im­pegna a vivere questa presenza, la può sentire in vari modi. 3“Dicevano una volta i figli d’Israele a Mosé: Parla tu a noi, e noi ascol­teremo; non ci parli il Signore, altrimenti moriremo” (Es 20,19). Mosè era figura del Messia, cioè di Cristo, che è la Parola del Dio vivente, rivestita di umana carne. Così Dio non ispira più paura, e parla a noi come uno di noi. Ora non abbiamo più bisogno di intermediari, i Profeti: Dio stesso ci parla con voce umana.

Capitolo terzo

BISOGNA ASCOLTARE CON UMILTÀ LE PAROLE DI DIO. MOLTI NON LE MEDITANO.

PAROLE DEL SIGNORE 1Ascolta, figlio, le mie parole; parole soavissime, che trascendono tutta la dottrina dei filosofi e dei sapienti di questo mondo. 2“Le mie parole sono spirito e vita” (Gv 6,63), e non si devono valutare secondo criteri umani. 3Non bisogna farle servire a vano compiacimento, ma si devono ascoltare nel silenzio ed accogliere con tutta umiltà e con grande amore.

PAROLE DEL DISCEPOLO 4Ed io dissi: “Beato l’uomo che Tu istruisci, Signore, e che ammaestri nella tua legge, per dargli riposo nei giorni di sventura “(Sal 93,12-13), e perché egli non resti desolato sopra la terra.

PAROLE DEL SIGNORE 51o, dice il Signore, fin da principio ammaestrai i Profeti ed ancora oggi non manco di parlare a tutti; ma molti sono sordi alla mia voce, e duri. 6La maggior parte degli uomini dà più volentieri ascol­to al mondo, che a Dio; preferiscono seguire gli appeti­ti della carne, che non la volontà di Dio. 7Il mondo promette beni temporali e di poca importan­za; eppure, gli uomini se ne rendono schiavi con gran­de ardore. Io prometto beni supremi ed eterni; eppure, i cuori dei mortali rimangono freddi. 8Chi Mi serve ed ubbidisce in tutto con quello stesso grande zelo, con il quale si serve al mondo ed ai suoi padroni? “Vergognati, Sidone, dice il mare” (Is 23,4). E se ne chiedi la causa, ascolta perché. 9Per un meschino guadagno, si percorre un lungo cam­mino; ma per la vita eterna, molti non levano neppure un piede da terra. 10Si va in cerca d’un vile guadagno; talvolta, per qual­che soldo, si giunge a liti vergognose; per una cosa da nulla e per una meschina promessa, non si teme d’af­frontare fatiche giorno e notte. 11Ma – quale vergogna! – per l’acquisto d’un bene eter­no, per un premio inestimabile, per un sommo onore e per una gloria che non ha fine, si è pigri e lenti a fati­care anche poco. 12Arrossisci, dunque, o servo pigro e lamentoso, del fatto che si trovano alcuni più pronti a correre verso la perdizione, di quanto tu non sia pronto ad andare alla vita. Più godono essi delle vanità, che non tu della verità. 13Eppure, essi sono talvolta delusi nelle loro speranze, mentre le mie promesse non ingannano nessuno e non rimandano a mani vuote chi confida in Me. 14Quello che ho promesso, darò; quello che ho detto, adempirò, purché l’uomo persista fedele nel mio amore fino alla fine. 15Io sono il rimuneratore di tutti i buoni e metto a seve­ra prova tutte le anime pie. 16Scrivi le mie parole nel tuo cuore e meditale attenta­mente; ti saranno sommamente necessarie nell’ora della tentazione. 17Ciò che non capisci ora che leggi, lo capirai nel gior­no che verrò a visitarti. 18Due sono le maniere con le quali Io sono solito visitare i miei eletti: la tentazione e la consolazione. 19E due lezioni do loro ogni giorno: una, rimproverando i loro vizi; l’altra, esortandoli a progredire nelle virtù. 20“Chi sente le mie parole e le disprezza, sarà giudica­to nell’ultimo giorno” (Gv 12,48).

PREGHIERA PER IMPETRARE LA GRAZIA DELLA DEVOZIONE

PAROLE DEL DISCEPOLO 21Signore Dio mio, Tu sei tutto il mio bene. 22Ma chi sono io, che oso parlare a Te? 23Sono un tuo poverissimo e meschino servo, un abiet­to vermiciattolo, molto più misero e spregevole di quanto io sappia ed ardisca dire. 24Tuttavia, ricordati, o Signore, che io non sono nulla, nulla ho e nulla valgo. 25Tu solo sei buono, giusto e santo; Tu puoi tutto, tutto dài, riempi di Te tutto, solo il peccatore lasci a mani vuote. 26“Ricordati del tuo amore” (Sal 24,6) e riempimi il cuore della tua grazia, Tu che non vuoi che le tue opere restino vane. 27Come potrò in questa misera vita sopportare me stes­so, se non mi conforteranno la misericordia e la Grazia tua? 28Non distogliere da me la tua faccia; non ritardare la tua visita; non privarmi della tua consolazione, perché “l’anima mia non diventi davanti a Te come terra senza acqua” (Sal 142,6). 29O Signore, “insegnami a compiere il tuo volere” (Sal 142,10); insegnami a stare degnamente ed umilmente al tuo cospetto. 30Tu conosci tutto di me, Tu mi conosci nell’intimo e già mi conoscevi prima della creazione del mondo e prima ch’io nascessi.

Note al Capitolo 3° 2“Le mie parole sono spirito e vita” (Gv 6,63) e non si devono valutare secondo criteri umani. L’uomo contemporaneo, crede di una tradizione illuministica, materialista e razionalistica, vuole misurare tutto secondo la sua ragione. Ma Dio è “il Trascendente”; ha creato Lui l’uomo e non si lascia inquadrare da questi criteri. L’Uomo Gesù, rivelazione di Dio all’uomo, sussiste nella Persona del Verbo di Dio e partecipa della sua tra­scendenza. 5“Fin da principio ammaestrai i Profeti ed ancora oggi non manco di parlare a tutti…”. I Profeti nel Vecchio Testamento erano uomini e donne che parlavano a nome di Dio e, per avvalorare il loro messaggio, predicevano il futuro. La loro parola era in relazione al Messia che doveva veni­re. Il Messia, l’Eletto di Dio, Gesù, è venuto, e nel Nuovo Testamento i nuovi Profeti parlano a nome suo, ma molti non vogliono ascoltare, per­chè attaccati alle cose effimere di questo mondo.

Capitolo quarto

BISOGNA VIVERE ALLA PRESENZA DI Dio IN ISPIRITO DI VERITÀ E D’UMILTÀ

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, cammina alla mia presenza in ispirito di verità e cercami sempre nella semplicità del tuo cuore. 2Chi cammina davanti a Me in ispirito di verità, sarà al sicuro dagli assalti malvagi; la Verità lo libererà dai seduttori e dalle calunnie dei perversi. 3Se la Verità t’avrà reso libero, sarai veramente libero e non ti curerai delle vane chiacchiere degli uomini.

PAROLE DEL DISCEPOLO 4Signore, è vero quello che dici; sia fatto di me, Te ne prego, secondo la tua parola. 5La tua Verità m’ammaestri, mi custodisca e mi conser­vi fino al momento della salvezza. 6Essa mi liberi da ogni cattiva inclinazione e da ogni attaccamento disordinato; allora io camminerò con Te con grande libertà di spirito.

PAROLE DEL SIGNORE 7Io t’insegnerò, dice la Verità, ciò che è retto e mi è gradito. 8Pensa ai tuoi peccati con profondo dolore e con ama­rezza, e non credere mai di valere qualche cosa per avere fatto delle opere buone. 9Sei in realtà un peccatore, soggetto a molte passioni ed in esse invischiato. 10Per la tua natura, tendi sempre al nulla; presto cadi, presto sei vinto, presto sei sconvolto, presto t’abbatti. 11Non hai nulla di cui ti possa gloriare, ma molto di cui ti debba umiliare, perché sei molto più fragile di quan­to sei in grado di comprendere. 12Nulla, dunque, di tutto quello che fai, ti sembri avere importanza. 13Nulla sembri ai tuoi occhi eccelso, nulla prezioso ed ammirevole, nulla meritevole di stima; nulla sublime, nulla davvero lodevole e desiderabile sembri ai tuoi occhi, se non ciò che è eterno. 14Sopra ogni cosa ti piaccia l’eterna Verità; ti dispiaccia sempre la tua sconfinata pochezza. 15Nulla devi tanto temere, nulla devi tanto disprezzare e fuggire, quanto i tuoi difetti ed i tuoi peccati; solo que­sti devono affliggerti più che qualsivoglia perdita delle tue sostanze. 16Taluni non camminano al mio cospetto con cuore sin­cero, ma, spinti da una certa curiosità e presunzione, vogliono conoscere i miei segreti e capire gli alti dise­gni di Dio, trascurando se stessi e la propria salvezza. 17Costoro, per la loro orgogliosa curiosità, cadono spes­so in gravi tentazioni e peccati, perché Io mi oppongo ad essi. 18Sii religiosamente riverente davanti ai giudizi di Dio, paventa l’ira dell’Onnipotente. 19Non discutere l’operato dell’Altissimo, ma prendi in esame le tue colpe: in che gravi colpe sei caduto e quante opere buone hai omesso. 20Alcuni fanno consistere la loro pietà soltanto nelle let­ture, altri nelle immagini, altri infine nei segni esterio­ri e nelle cerimonie. 21Alcuni Mi hanno sulla bocca, ma poco c’è nel loro cuore. 22Ci sono altri, però, che, illuminati nella mente e puri­ficati negli affetti, anelano sempre ai beni eterni, mal­volentieri sentono parlare delle cose terrene, subiscono con pena ciò che la natura impone; e costoro intendono ciò che dice dentro di loro lo Spirito di Verità, 23il quale insegna loro a disprezzare le cose terrene e ad amare quelle celesti, a trascurare il mondo e a deside­rare, giorno e notte, il Cielo.

Note al Capitolo 4° 3“Se la Verità t’avrà reso libero, sarai veramente libero e non ti curerai delle vane chiacchiere degli uomini”. Purtroppo, noi siamo sempre preoc­cupati non di essere, ma di apparire. Per questo, siamo come alla finestra di noi stessi, sempre preoccupati degli altri. Anche se parlano male di noi, se siamo retti nel nostro agire non ci possono cambiare in peggio; e se il nostro agire è malvagio, gli elogi della gente non ci possono migliorare. Allora, non preoccupiamoci degli altri, ma dell’Ospite che è dentro di noi e ci vuole ammaestrare e dice: 7“Io t ‘insegnerò ciò che è retto e mi è gradito”. Non crediamo di esse­re senza peccati! Piuttosto, riconosciamo umilmente di non saperli nem­meno vedere, mentre vediamo così facilmente quelli degli altri!

Capitolo quinto

I MIRABILI EFFETTI DEL DIVINO AMORE

PAROLE DEL DISCEPOLO 1Ti benedico, o Padre Celeste, Padre del mio Signore Gesù Cristo, perché ti sei degnato di ricordarti di me, misera crea­tura. 2“O Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” (2Cor 1,3), Ti rendo grazie, perché qualche volta mi ristori con il tuo conforto, sebbene io sia immeritevole d’ogni conforto. 3In ogni momento Ti benedico e Ti rendo gloria con l’Unigenito Figlio tuo e con lo Spirito Santo Paraclito nei secoli dei secoli. 4Ecco, Signore Dio che sei Santo e mi ami, tutte le mie viscere esulteranno di gioia, quando Tu verrai nel mio cuore. 5“Tu sei la mia gloria e la gioia del mio cuore; Tu sei la mia speranza ed il mio rifugio nel giorno della tribola­zione” (Sa 13,4; 118,111;58,17). 6Ma poiché io sono ancora debole nel tuo amore ed imperfetto nella virtù, ho bisogno del tuo conforto e della tua consolazione. Vieni, dunque, a me più spesso ed istruiscimi con la tua santa dottrina. 7Liberami dalle cattive passioni e guarisci il mio cuore dagli affetti disordinati, perché, interiormente risanato e ben purificato, diventi capace di amare, forte nel pati­re, saldo nel perseverare.

PAROLE DEL SIGNORE 8Grande cosa è l’amore, un bene grande per ogni riguardo, perché rende leggero ogni peso e sopporta con spirito tranquillo ogni disuguaglianza. 9Porta il suo carico senza sentirlo e rende soave e sapo­rosa ogni amarezza. 10Il nobile amore per Gesù sprona ad operare grandi cose ed invita a desiderare una perfezione sempre più grande. 11L’amore tende all’alto e non si lascia trattenere da alcuna volgare cosa terrena. 12L’amore vuole essere libero ed alieno da ogni attaccamento mondano, perché nessun ostacolo gli impedisca di guardarsi interiormente, perché non subisca impacci a causa di agi temporali o perché non sia abbattuto dai disagi. 13Niente è più dolce dell’amore, niente è più forte, più alto, più esteso, più colmo di gioia, più completo né più prezioso in cielo ed in terra, perché l’amore è nato da Dio e non può trovare pace che in Dio, sopra ogni cosa creata. 14Chi ama, vola, corre in letizia, è libero e da nulla è trattenuto. 15Dà ogni cosa per il Tutto e possiede il Tutto in ogni essere creato, perché trova la sua pace in quell’unico Essere supremo, dal quale sgorga e procede tutto ciò che è buono. 16Non guarda ai doni, ma di là d’ogni dono si volge al Donatore. 17L’amore spesso non conosce misura, ma brucia oltre ogni misura. 18All’amore niente pesa; esso non tiene conto delle fatiche, anela a fare più di quanto gli permettono le forze, non porta mai la scusa dell’impossibilità, perché ritie­ne che tutto gli sia possibile e facile. 19Perciò, si sente capace di tutto e molte cose opera ed in molte riesce là, dove chi non ama viene meno e soc­combe. 20L’amore veglia e, anche quando dorme, è vigilante. 21Affaticato, non s’affloscia; legato, non subisce costri­zioni; atterrito, non si turba; ma come fiamma viva, come fiaccola ardente, balza fuori verso l’alto e passa via con sicurezza. 22Chi ama, intende bene il significato di questo linguag­gio. 23Un potente grido agli occhi di Dio è lo stesso ardente slancio dell’anima che dice: Dio mio, amor mio, Tu sei tutto mio ed io sono tutto tuo.

PREGHIERA PER OTTENERE L’AMORE DI DIO

PAROLE DEL DISCEPOLO 24Accrescimi nell’amore per Te, perché io impari a gustare nell’intimo del cuore quanto è soave l’amore; impari a sciogliermi ed immergermi nell’amore. 25Che io sia preso dall’amore, elevandomi sopra me stesso in un eccesso di fervore e di stupore! 26Che io canti il cantico dell’amore e che m’innalzi in alto con Te, o mio Amato! Venga meno nelle tue lodi l’anima mia giubilante d’amore! 27Che io ami Te più di me, e me stesso soltanto per Te; che in Te ami tutti quelli che Ti amano veramente, come comanda la legge dell’amore, luce che proviene da Te.

PAROLE DEL SIGNORE 28L’amore è pronto, sincero, pio, giocondo e delizio­so; forte e paziente; fedele e prudente; longamine e virile: non cerca mai se stesso. 29Quando, infatti, uno cerca se stesso, allora cessa d’a­mare. 30L’amore è guardingo, umile, retto; non fiacco, non leggero e non intento alle cose vane; sobrio, casto, costante, quieto e vigilante in tutti i suoi sensi. 31L’amore è sottomesso ed obbediente ai Superiori, umile e spregevole ai suoi propri occhi; è devoto e rico­noscente a Dio. In Lui confida e spera sempre, anche quando non ne sente più il gusto, perché senza dolore non si vive nell’amore. 32Chi non è disposto a soffrire ogni cosa e ad abbando­narsi alla volontà del suo Amato, non è degno del nome di amante. 33E’ necessario che l’amante abbracci di buon animo, per amore del suo Amato, tutte le cose gravose ed amare, senza lasciarsene staccare da insorgenti contrarietà..

Note al Capitolo 5° 2“Ti rendo grazie, perché qualche volta mi ristori con il tuo conforto”. Finché siamo sulla terra, Dio abitualmente non ci concede la sua conso­lazione. Nella sua pedagogia spesso ci lascia nella prova, perché è in que­sta che possiamo crescere nella vita spirituale. Di tanto in tanto ci ristora e ci incoraggia con la consolazione, come per assicurarci che ci ama e ci è vicino, nonostante le sofferenze e le croci. L’anima, poi, dimostra il suo amore verso Dio e verso i fratelli, non nella soddisfazione, ma nel sacri­ficio. 32“Chi non è disposto a soffrire ogni cosa e ad abbandonarsi alla volontà del suo Amato, non è degno del nome di amante”. La vita spiri­tuale non è fatta per chi cerca se stesso, ma per chi cerca il Regno di Dio a costo di qualunque sacrificio.

Capitolo sesto

LE PROVE DI CHI AMA VERAMENTE

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, ancora non mi ami con forza e prudenza!

PAROLE DEL DISCEPOLO 2Perche, o Signore?

PAROLE DEL SIGNORE 3Perché alla più piccola contrarietà abbandoni l’im­presa e perché con troppa avidità cerchi consolazione. 4Chi è forte nell’amore, sta saldo nelle tentazioni e non dà ascolto agli astuti suggerimenti del Maligno. 5Come gli sono caro nella prosperità, così gli sono caro nelle avversità. 6Chi ama saggiamente, non considera tanto il pregio del dono, quanto l’amore di chi dona. 7Guarda più all’affetto che al valore e pospone all’ami­co tutto ciò che questi gli ha dato. 8Chi è nobile nell’amore, non s’appaga del dono, ma s’appaga di Me sopra ogni altro dono. 9Se talvolta non senti per Me e per i miei Santi il gran­de fervore che vorresti, non per questo tutto è perduto. 10Quell ‘amore dolce e buono che alle volte provi, è frut­to della Grazia presente in te; è quasi un assaggio anti­cipato della patria celeste, sul quale, peraltro, non devi contare troppo, perché ora va, ora viene. 11Sono, invece, segno di virtù e di grande merito il com­battere gli impulsi cattivi dell’ animo, quando insorgo­no, ed il disprezzare le suggestioni del diavolo. 12Non ti turbino, dunque, certi strani pensieri di qualun­que natura, che s’insinuino in te. 13Mantieni, invece, saldi i tuoi propositi e retta la tua intenzione verso Dio. 14Non è illusione, se qualche volta sei portato, d’un trat­to, fino all’estremo rapimento e, subito dopo, ritorni alle consuete frivolezze del cuore. 15Queste, infatti, più che cercarle, le subisci contro tua voglia; ed anzi, finché ti disgustano e resisti ad esse, ne hai merito e non demerito. 16Sappi che l’antico Avversario tenta con ogni mezzo d’ostacolare il tuo desiderio di bene e di distoglierti da ogni esercizio di pratiche devote, cioè dal culto dei Santi, dalla pia memoria della mia Passione, dal saluta­re ricordo dei tuoi peccati, dalla vigilanza del tuo cuore e dal fermo proponimento di progredire nella virtù. 17L’Avversario t’insinua molti perversi pensieri, per cagionarti noia e spavento, per ritrarti dalla preghiera e dalle pie letture. 18A lui dispiace che tu frequenti con umiltà la Confessione e, se potesse, ti terrebbe lontano dalla Comunione. 19Non credergli e non badargli, anche se tante volte ti ha teso i lacci dell’inganno. 20Incolpa lui dei cattivi ed immondi pensieri che ti sug­gerisce. Digli: 21Vattene, spirito immondo; vergognati, miserabile; veramente immondo sei tu, che suggerisci ai miei orec­chi tali brutture. 22Allontanati da me, malvagio seduttore; non avrai in me parte alcuna, ma Gesù sarà in me, come strenuo difensore; e tu ne resterai svergognato. 23Preferisco morire e patire ogni pena, che acconsentire a te. 24Taci, ammutolisci; non ti starò più ad ascoltare, seb­bene tu vada ordendo contro di me tante insidie. 25“Il Signore è mia luce e mia salvezza; di chi avrò paura?” (Sal 26,1). 26“Se contro di me s’accampa un esercito, il mio cuore non teme” (Sal 26,3). “Iddio è il mio Salvatore e il mio Redentore” (Sal 18,15). 27Combatti come un bravo soldato; e se talora, per fra­gilità, cadessi, riprendi energia anche maggiore, confi­dando in una mia Grazia maggiore; guardati, però, dalla vana compiacenza e dalla superbia. 28Molti, a causa di questo, sono tratti in errore e talora cadono in una cecità quasi incurabile. 29Il vedere questa rovina dei superbi, che presumono stoltamente di sé, deve indurti a cautela e ad incessan­te umiltà.

Note al Capitolo 6° 1con troppa avidita’ cerchi consolazione”. S. Francesco di Sales dice­va che non bisogna cercare le consolazioni di Dio, ma il Dio di ogni con­solazione. In altre parole, non dobbiamo cercare la gioia che, per sua natu­ra, è destinata a finire, ma la sorgente della gioia che non finirà mai, cioè Dio. 11“…il disprezzare le suggestioni del diavolo”. Ai nostri giorni, molti vorrebbero negare l’esistenza del diavolo, perché così non esisterebbe nemmeno l’Inferno, e l’uomo sarebbe libero di fare quel che vuole. .,..Questo significherebbe negare la Bibbia stessa! È la negazione della Trascendenza di Dio, l’esaltazione dell’uomo come artefice del suo destino; è un ritorno all’eresia pelagiana. Il monaco Pelagio (354-427 d.C.) affermava la bontà della natura umana; negava il peccato originale, la Redenzione, il Battesimo e, di conseguenza, anche l’esistenza del dia­volo.

Capitolo settimo

SI DEVE NASCONDERE LA GRAZIA SOTTO LA CUSTODIA DELL’UMILTÀ

PAROLE DEL SIGNORE 1O figlio, per te è più utile e più sicuro tenere nascosta la grazia della devozio­ne; non insuperbirtene né parlarne molto né farne gran conto; ma piutto­sto, disprezzare te stesso e temere che possa essere stata concessa ad uno indegno. 2Non ci si deve attaccare con troppa tenacia a questo slancio di devozione, che ben presto potrebbe tramutar­si in un sentimento contrario. 3Quando sei nella Grazia, medita quanto di solito sei povero e meschino, allorché ne sei privo. 4Il progresso nella vita spirituale non consiste tanto nel godere la grazia della consolazione, quanto piuttosto nel saper sopportare con umiltà, con rassegnazione e con pazienza d’esserne privato, cosicché, quando ti trovi in quelle condizioni, non ti lasci raffreddare nel fervore della preghiera né lasci cadere del tutto le altre pratiche di pietà che ti sono abituali. 5Ma come meglio potrai e saprai, fa’ volonterosamente quello che dipende da te, e non lasciarti andare del tutto a causa dell’aridità o dell’angoscia spirituale che provi. 6Ci sono, infatti, molti che, quando qualcosa non è andata secondo il loro desiderio, diventano subito impazienti e pigri. 7Non sempre, però, “l’uomo è padrone della sua vita” (Ger 10,23); spetta soltanto a Dio donare e consolare quando vuole, quanto vuole e chi vuole, nella misura che a Lui piacerà, e non di più. 8Alcuni indiscreti furono causa della propria rovina, perché non seppero usare prudentemente dalla grazia della devozione; vollero fare più di quello che poteva­no, non misurando il limite della loro pochezza, ma seguendo più l’impulso del cuore che il giudizio della ragione. 9E poiché presunsero di fare cose maggiori di quanto a Dio piaceva, perdettero presto anche la Grazia. 10Divennero poveri e furono abbandonati nell’abiezione essi, che avevano riposto, come aquile, il loro nido nel cielo, cosicché, umiliati e immiseriti, imparassero a non volare con le proprie ali, ma a sperare sotto le mie. 11Quelli che sono ancora novizi e poco esperti nelle vie del Signore, possono facilmente ingannarsi e per­dersi, se non si lasciano reggere dai consigli di persone prudenti. 12E se vogliono seguire il loro criterio anziché affidarsi ad altri, ricchi d’esperienza, faranno una triste riuscita, a meno che non vogliano recedere dalla propria idea. 13Raramente quelli che si ritengono, a proprio giudizio, sapienti, tollerano con umiltà d’essere guidati dagli altri. 14È meglio avere una cultura limitata ed un’intelligenza modesta, ma con umiltà, che possedere tesori di scien­za, ma con vuoto compiacimento di sé. 15È mèglio per te avere poco che molto, se il molto ti fa insuperbire. 16 Non opera con sufficiente saggezza chi s’abbandona tutto alla gioia, dimentico della sua passata povertà e di quel casto timor di Dio, che fa temere di perdere la gra­zia ricevuta. 17Come pure, non ha sufficiente profumo di virtù chi, nel tempo della contrarietà e di qualsiasi tribolazione, si comporta con troppo scoraggiamento, e nei suoi pen­sieri e nei suoi sentimenti conserva in Me fiducia meno piena di quella che Mi si deve. 18Chi in tempo di quiete avrà voluto essere troppo sicu­ro, al momento della lotta si troverà spesso troppo abbattuto e pauroso. 19Se, invece, sapessi restare umile e modesto dentro di te e sapessi ben moderare e regolare il tuo spirito, non incapperesti così facilmente nel pericolo e nel peccato. 20Cosa saggia è che, quando hai ricevuto il fervore spi­rituale, mediti che cosa ti potrà accadere, se quella luce interiore si dileguasse. 21Ma quando così ti accadesse, pensa che quella luce può ritornare di nuovo: quella luce che per un dato tempo ti ho tolta per la tua salvaguardia e per la mia gloria. 22Questa prova ti torna spesso più utile che se tutto ti riuscisse sempre felicemente, conforme al tuo volere. 23Infatti i meriti non si devono misurare secondo que­sto criterio, cioè se uno abbia molte visioni o consola­zioni spirituali o se sia molto esperto nelle Sacre Scritture o se sia posto in un grado più alto; 24Ma piuttosto secondo quest’altro criterio, cioè se uno sia fondato sulla vera umiltà e pieno di carità divina, se cerchi sempre puramente ed integralmente l’onore di Dio, se reputi se stesso un nulla e si disprezzi veramen­te, e se goda perfino d’essere più disprezzato e più umi­liato che onorato.

Note al Capitolo 7° 14“Per te é più utile e più sicuro tenere nascosta la grazia della devo­zione”  Si tratta della grazia attuale. L’umiltà è indispensabile, se si vuole fare un cammino spirituale e non cadere nella rete del nemico delle anime nostre. La teologia cattolica distingue tre tipi di grazia: “attuale”, “abituale creata” e “abituale increata”. “Abituale” viene dal verbo lati­no “habere”, che significa “possedere”, sia in senso materiale che mora­le e spirituale. Dal verbo “habere” viene anche “abito”, nel senso di vestito e nel senso di qualità morale dell’anima; è in questo senso che si parla di “grazia abituale”. La “grazia attuale” è un’illuminazione della mente e un impulso della volontà a compiere il bene nell’ordine sopran­naturale. La “grazia abituale creata e un impronta divina che modifi­ca, perfeziona e divinizza la natura umana e la rende capace di meritare per la vita eterna. La “grazia abituale increata” consiste nella presenza dello Spirito Santo nell’anima umana, secondo la promessa di Gesù: “Se Mi amate, osserverete i miei Comandamenti; Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Consolatore, perché rimanga con voi sempre lo Spirito di Verità…” (Gv 14,15-17). “È meglio avere una cultura limitata ed un ‘intelligenza modesta, ma con umiltà, che possedere tesori di scienza, ma con vuoto compiacimento di sé”. Che cos’è l’umiltà? “È la consapevolezza della propria dignità e dei propri limiti in relazione a Dio e al prossimo”. È “consapevolezza della propria dignità”: siamo creature di Dio, fatte a sua “immagine e somiglianza” (Gn 1,26). Come tali, abbiamo una dignità. Ma siamo “creature” e tutta la nostra grandezza viene da Dio; senza di Lui siamo niente e, per il peccato, meno di niente. La consapevolezza di questo ci deve portare ad adorare e ringraziare Dio e a stimare il prossimo; e que­sto per dovere di giustizia e per amore della verità.

L’IMITAZIONE DI CRISTO 8ultima modifica: 2010-08-11T14:01:00+02:00da meneziade
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