L’IMITAZIONE DI CRISTO 10

cristo3.jpgCapitolo ventiseiesimo

QUANTO E’ ECCELSA LA LIBERTÀ DELLO SPIRITO, FRUTTO DELL’UMILE PREGIERA PIU’ CHE DELLO STUDIO

PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore, questo è compito dell’uomo che tende alla perfezione: non distoglie­re mai lo spirito dalle cose celesti e pas­sare quasi senz’affanno tra le molte, preoccupazioni; naturalmente, non per indolenza, ma per lo straordinario privilegio d’uno spirito libero, che non è attaccato ad alcuna cosa creata, contro l’ordine divino. 2Ti prego, o pietosissimo Dio mio: preservami dalle preoccupazioni di questa vita, perché non vi rimanga troppo impigliato; preservami dalle molte esigenze del corpo, perché non sia schiavo del piacere; preservami da tutte quante le cose che sono d’ostacolo all’anima, perché, affranto da queste difficoltà, non cada vinto nello spirito. 3Non dico che Tu mi preservi solo da queste cose, alle quali la vanità del mondo ardentemente aspira, ma anche da queste miserie che, per effetto della maledi­zione comune dell’umanità, pesano, a castigo, sull’ani­ma del tuo servo e la trattengono dall’entrare, quante volte vorrebbe, nella libertà dello spirito. 4O mio Dio, o dolcezza ineffabile, cambia per me in amarezza ogni piacere sensibile che mi distolga dall’a­more per le cose eterne e che mi avvinca peccaminosa­mente a sé con il miraggio di qualche cosa che, solo momentaneamente, si mostra buona e dilettevole. 5Non mi vincano, o Dio mio, non mi vincano la carne ed il sangue; non mi seducano il mondo e la sua gloria passeggera; non mi facciano cadere il diavolo e la sua astuzia. 6Dammi fortezza per resistere, pazienza per sopportare, costanza per perseverare. 7Dammi, in luogo di tutte le consolazioni del mondo, la soavissima unzione del tuo Spirito; in luogo dell’amo­re sensibile, infondi in me l’amore della tua gloria. 8Ecco: il cibo, le bevande, il vestiario e le altre cose utili a sostenere il corpo sono pesanti impacci per un’ anima fervorosa. 9Concedimi che di siffatti sollievi io sappia usare con moderazione e non m’attacchi ad essi con eccessiva bramosia. 10Non si può abbandonare tutto, perché al fisico bisogna pur dare sostentamento; ma la santa legge proibisce di cercare le cose superflue e quelle che dànno maggior piacere. 11Tra questi due estremi, Ti prego, Signore, mi regga la tua mano e mi guidi, perché io non cada in eccessi.

Note al capitolo 26° 2“O Dio mio, preservami dalle preoccupazioni di questa vita…”. La convinzione profonda, basata sulla ragione e sulla fede, che le cose di questo mondo sono mezzi che la Provvidenza ci da per provvedere alle nostre necessità e a quelle dei fratelli, ma che non sono il fine, deve aiu­tarci a distaccarci sempre più da esse. Noi siamo semplici amministratori e un giorno ne dovremo rendere conto. “Non accumulatevi tesori sulla terra…”(Mt 6,1 9s), dice il Signore; e questa è la via maestra per raggiun­gere la libertà dello spirito. I perfetti, coloro che tendono alla santità, seguendo i consigli di un saggio direttore spirituale, giungono al distacco completo da tutto in favore dei poveri.

Capitolo ventisettesimo

L’AMORE DI SÉ RALLENTA MOLTISSIMO IL PASSO VERSO IL SOMMO BENE

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, bisogna che tu dia tutto, per avere tutto e per non appartenere più in nulla a te stesso. 2Sappi che l’amore di te stesso ti dan­neggia più che qualunque altra cosa del mondo. 3Qualsivoglia cosa sta più o meno attaccata a te, a seconda dell’amore e dell’affetto che le porti. 4Ma se il tuo amore sarà puro, semplice e conforme alla volontà mia, non subirai la schiavitù delle cose. 5Non desiderare ciò che non ti è lecito possedere; non volere ciò che può esserti d’impaccio, togliendoti la libertà interiore. 6È cosa strana che tu non t’affidi a Me, dal profondo del cuore, con tutto te stesso e con tutte le cose che puoi desiderare od avere. 7Perché ti struggi in vana tristezza? Perché t’affatichi con affanni superflui? 8Sta’ a quello che dispongo Io, e non subirai alcun danno. 9Se cerchi questa o quest’altra cosa; se vorrai essere qui o là, per conseguire maggiormente il tuo vantaggio e per assecondare il tuo piacere, non sarai mai in pace né libero da ansietà, perché in ogni cosa si troverà qualche manchevolezza e dappertutto ci sarà chi ti contrasta. 10Giova, pertanto, non l’acquisto o l’accrescimento d’un qualsiasi bene esteriore; giova, invece, ciò che è da noi disprezzato e reciso radicalmente dal cuore. 11E non intendere che questo valga soltanto per la stima, per il danaro e per le ricchezze; devi intendere che vale anche per gli onori tanto ambiti e per le vane lodi desi­derate: cose tutte che passano con il passare di questo mondo. 12Poca sicurezza dà il luogo in cui ti trovi, se ti manca il fervore spirituale. 13Né durerà a lungo quella pace che hai cercata fuori di te, se ti manca il vero fondamento della fermezza del cuore; voglio dire: se non ti sarai saldamente unito a Me, potrai, si, cambiare posto, ma non diventare migliore. 141n verità, se ti si ripresenta l’occasione e la accogli, troverai quello che avevi fuggito, ancora di più.

PREGHIERA PER OTTENERE LA PURIFICAZIONE DEL CUORE E LA CELESTE SAPIENZA

PAROLE DEL DISCEPOLO 15Fortificami, o Dio, con la Grazia dello Spirito Santo; 16Fa’ che per la tua virtù mi corrobori nella vita interio­re; fa’ che il mio cuore si liberi da ogni inutile solleci­tudine ed ansietà e non si lasci trascinare dai vari desi­deri di cosa alcuna, di poco valore o preziosa che sia; fa’ ch’io sappia riguardare tutte le cose come passegge­re e me pure passeggero con esse. 17Nulla, infatti, è durevole sotto il sole, dove “tutto è vanità e un inseguire il vento” (Qo 1,14).  18Oh, quanto è saggio chi ragiona così! 19Dammi, o Signore, la sapienza celeste, perché impari a cercare e trovare Te, sopra ogni cosa; apprenda a gustare ed amare Te, soprattutto; apprenda a considerae tutto il resto com’è in realtà, secondo le disposizioni della sapienza tua. 20Dammi la prudenza, perché io sappia tenere lontano chi mi lusinga; la pazienza, perché io sopporti chi mi contrasta. 21Questa è, infatti, grande saggezza: non lasciarsi smuo­vere da ogni soffio di parole e non prestare orecchio alla sirena che perfidamente lusinga. Intrapresa in tal modo la strada, si prosegue il cammino con sicurezza.

Note al capitolo 27° 1“Figlio, bisogna che tu dia tutto, per avere tutto e per non appartene­re più in nulla a te stesso”. Ripetiamo: Dio ha creato il mondo come una culla per l’uomo, ma ha creato l’uomo tutto per Sé, e lo vuole felice con Sé nell’Eternità. Il “Tutto” di cui parla Gesù, per il quale chiede di dare tutto per non appartenere più in nulla a se stessi, é Dio. Fuori di Dio, tutto è creatura. l’uomo stesso è creatura. Le creature esistono, perché Dio le chiama all’esistenza e le mantiene in esistenza. Senza Dio, le creature sono nulla. Preferire le creature al Creatore è l’essenza dell’idolatria; pre­ferire se stesso al Creatore è egolatria, cioè idolatria di se stesso.

Capitolo ventottesimo

CONTRO I MALDICENTI

PAROLE DEL SIGNORE 1O figlio, non avertene a male, se taluni avranno un cattivo concetto di te e diranno quello che non ascolti certo volentieri. 2Tu devi avere di te stesso un concetto anche peggiore; e devi credere che nessuno sia da meno di te. 3Se tu percorri le vie della vita interiore, non darai gran peso alle parole che volano via. 4È’ prudenza non piccola saper tacere nei momenti avversi e rivolgersi con il cuore a Me, senza lasciarsi turbare per i giudizi umani. 5La tua pace non dipenda dalle parole degli uomini; la pensino, infatti, bene o male di te, non per questo sei diverso da quello che sei realmente. 6Dove stanno la vera pace e la vera gloria? Non, forse, in Me? 7E chi non desidera di piacere agli uomini né teme di spiacere loro, godrà molta pace. 8Dall’amore non conforme alla volontà di Dio e dal timore infondato scaturiscono ogni turbamento del cuore ed ogni deviazione degli affetti.

Note al capitolo 28° 5“La tua pace non dipenda dalle parole degli uomini,’ la pensino, infat­ti, bene o male di te, non per questo sei diverso da quello che sei realmente”. Uno dei titoli più belli e significativi che la Bibbia attribuisce a Dio, è “roccia”. Questo titolo viene poi riferito a Gesù, il quale a sua volta lo riferisce a Simon Pietro, sul quale ha fondato la sua Chiesa: “Tu sei la roccia su questa “roccia” edificherò la mia Chiesa…” (Mt 16,16), ha detto Gesù a Cesarea di Filippo. Chi è debole nella fede si lascia sballottare dalle parole degli uomini, come le foglie dal vento, Chi è ben radicato sulla “Roccia”, che è Dio, non si lascia smuovere dalle chiacchiere degli uomini.

Capitolo ventinovesimo

COME INVOCARE E BENEDIRE DIO, QUANDO CI STRINGE LA TRIBOLAZIONE

PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore, “sia benedetto il tuo nome per tutti i secoli” (Sal 112,2; Dn 2,20; Tb 3,22); Tu hai disposto che questa tentazione e questa tribolazione s’ab­battessero sopra di me. 2Io non posso stuggirle; devo, invece, ritugiarmi in Te, perché Tu m’aiuti e me le converta in bene. 3O Signore, ora sono nella tribolazione ed il mio cuore non trova pace; anzi, sono molto tormentato da questa pena. 4Ed in quest’ora triste, che cosa Ti dirò, o Padre diletto? Sono stretto tra le angustie; “salvami da quest’ora” (Gv 12,27). 5Ma a quest’ora sono giunto, perché, dopo essere stato profondamente umiliato e poi liberato per merito tuo, Tu ne fossi glorificato. 6“Ti piaccia, o Signore, di salvarmi, Tu” (Sal 39,14). Infatti, che cosa posso fare io, misero come sono, e dove andrò senza di Te? 7Dammi la pazienza, o Signore, anche questa volta; aiutami, Dio mio, e non avrò timore, per quanto sarà grave la mia pena. 8Ed intanto, finché dura la mia pena, che cosa Ti dirò? O Signore, “Sia fatta la tua volontà” (Mt 26,42). Io ho ben meritato tribolazione ed oppressione. 9Devo, invero, saperle sopportare (e potessi sopportarle con pazienza!) fino a che passi la tempesta e ritorni la bonaccia! 10L’onnipotente tua mano può togliermi anche questa tentazione e mitigarne la violenza, perché io non sia vinto del tutto: così hai già fatto più volte con me, “o Dio mio, misericordia mia” (Sal 58,18). 11E “questo cambiamento, che è. opera della destra dell’Altissimo” (Sal 76,11) tanto è più difficile a me, quanto e più facile a Te.

Note al capitolo 29° 3“O Signore, ora sono nella tribolazione… 4“Salvami da quest’ora” (Gv 12,27). Le prove, fisiche o morali, come le malattie, la perdita dei propri cari, le sofferenze spirituali, i fallimenti negli affari, se vogliamo, se le sappiamo prendere con fede, possono esse­re provvidenziali. Spesso sono accompagnate da grazie che ci stimolano ad una vita più perfetta. Ci staccano da tutto ciò che non è Dio, purificano l’anima con il dolore, ci fanno desiderare il Cielo e la perfezione.

Capitolo trentesimo

CHIEDERE L’AIUTO DI DIO NELLA FIDUCIA DI RIACQUISTARE LA SUA GRAZIA

PAROLE DEL SIGNORE  1Figlio, Io sono “il Signore, un asilo sicuro nel giorno déll’angoscia” (Na 1.7). 2Vieni a Me, quando sei afflitto. 3I1 maggiore ostacolo alla grazia della consolazione celeste è che ti volgi troppo tardi alla preghiera. 4Infatti, prima di rivolgerti a Me con intense preghiere, tu vai cercando, intanto, molti sollievi e ti conforti nelle cose esteriori. 5Da ciò deriva che da tutte queste cose tu ritrai scarso giovamento fino a che non comprenda che la salvezza di chi spera in Me sono Io, e che, fuori di Me, non c’è valido aiuto né utile consiglio e nemmeno durevole rimedio. 6Ma ora, ripreso fiato dopo la burrasca, ritemprati nella luce delle mie misericordie, perché Io ti sono vicino (dice il Signore) per rimettere ogni cosa nello stato di prima non solo interamente, ma anche con sovrabbon­danza ed oltre misura. 7Mi è, forse, difficile qualcosa? O assomiglierò ad uno che dice e non fa? 8Dov’è la tua fede? Sta’ saldo e perseverante. 9Sii paziente e forte; la consolazione ti verrà al momen­to opportuno. 10AspettaMi, aspettaMi: verrò e ti risanerò. 11È una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti sbigottisce. 12A che serve preoccuparsi dell’incerto avvenire, se non ad aggiungere tristezza a tristezza? “A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6,34). 13E’ vano ed inutile turbarsi o rallegrarsi di cose future, che forse non avverranno mai. 14Purtroppo, è debolezza propria dell’uomo lasciarsi illudere da fantasie di tal genere; ed è segno d’animo ancora debole lasciarsi trascinare tanto facilmente verso le suggestioni del Nemico. 15Lui, infatti, non bada se gli riesca d’illuderti ed in­gannarti con cose vere o false; non bada se gli riesca d’abbatterti con l’attaccamento ai beni presenti o con il timore dei mali fututi. 16Non si turbi, dunque, il tuo cuore e non abbia timore. 17Credi in Me e confida nella mia misericordia. 18Spesso, quando ritieni d’esserti allontanato da Me, Io ti sono più vicino. 19Quando tu pensi che quasi tutto sia andato perduto, allora, spesso, ti si fa vicino il momento d’acquistare merito più grande.          20Non tutto è perduto, quando una cosa va a rovescio. 21Non devi giudicare secondo l’impressione del momento: da qualunque parte ti venga una difficoltà, non devi lasciarti schiacciare né devi subirla, come se ti fosse stata tolta ogni speranza d’uscirne fuori. 22Non crederti abbandonato del tutto, anche se t’ho mandato qualche temporanea tribolazione od anche se t’ho tolto la sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel Regno dei Cieli. 23E senza dubbio, per te e per gli altri miei servi è più utile essere provati dalle avversità, che avere tutto quanto conforme ai propri desideri. 24Io conosco i pensieri nascosti; so che alla tua salvez­za giova molto che tu sia lasciato talvolta privo di dol­cezze spirituali, perché tu non monti in superbia, eventualmente, per il buon successo, e non ceda al desiderio di compiacerti di ciò che non sei. 25Quello che ho dato posso riprenderlo, e poi, quando Mi piacerà, ridonarlo. 26Quello che avrò donato rimane mio; quando poi avrò tolto, non avrò tolto cosa tua, perché “mio e ogni buon regalo ed ogni dono perfetto” (Gc 1,17). 27Se ti manderò qualche peso da portare o qualche con­trarietà, non esserne risentito e non si prostri il tuo animo: Io posso ben tosto sollevartene e cambiare in gioia ogni tuo peso. 28Io sono, peraltro, giusto e degno di molta lode, anche quando agisco con te così. 29Se sei saggio e guardi in faccia alla verità, non devi mai abbatterti così e rattristarti delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e ringraziare. 30Devi, anzi, ritenere tua unica gioia ch’Io non ti rispar­mio dolori ed afflizioni. 31“Come il Padre ha amato Me, così anch ‘Io amo voi” (Gv 15,9), ho detto ai miei diletti discepoli. 32E, in verità, non li mandai a gioie temporali, ma ad aspre lotte; non agli onori, ma al disprezzo; non all’o­zio, ma alla fatica; non al riposo, ma “a produrre molto frutto con la loro perseveranza” (Lc 8,15). 33Ricordati, figlio mio, di queste parole.

Note al capitolo 30° 2“Vieni a Me, quando sei afflitto”. Qualcuno si fa scrupolo, perché – dice – non è giusto ricordarsi di Dio quando si è nella tribolazione… E se fosse proprio Dio che permette la tribolazione, perché ci ricordiamo di Lui? E il non chiedere aiuto nella necessità, non è forse un atto di orgo­glio? Anche se la preghiera di domanda non è migliore dell’adorazione, della lode e del ringraziamento, è già un omaggio reso a Dio, alla sua potenza, alla sua bontà; un atto di confidenza e fiducia in Colui al quale ci rivolgiamo. È Gesù stesso che ci invita a chiedere: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto…” (Mt 7,7). Chiediamo, dunque, con fiducia, pazienza e costanza, subordinando naturalmente tutto alla volontà di Dio, che conosce i nostri veri bisogni: Egli ci ascolta sempre, ma a modo suo!

Capitolo trentunesimo

DISTACCARSI DA OGNI CREATUUA PER POTER TROVARE IL CREATORE

PAROLE DEL DISCEPOLO 1Signore, sento davvero bisogno, ora, d’una grazia più grande, se devo giun­gere là dove nessuno e nessuna cosa creata mi potranno essere d’ostacolo. 2lnfatti, finché qualche cosa mi trattiene, non posso volare liberamente a Te. 3A liberi voli verso di Te aspirava colui che diceva: “Chi mi darà ali come di colomba, per volare e trovare ripo­so?” (Sal 54,7). 4Quale pace è più grande di quella di chi contempla il mondo con occhio semplice? E chi è più libero di chi non brama nulla di terreno? 5È, pertanto, necessario innalzarsi sopra ogni cosa crea­ta, abbandonare completamente se stesso, stare fisso nel rapimento dello spirito e comprendere che Tu, Creatore di tutto, non hai nulla di comune con le tue creature. 6Quindi, se uno non si sarà distaccato completamente da tutte le creature, non potrà liberamente attendere alle cose divine. 7Proprio per questa ragione sono poche le anime con­templative: poche sanno separarsi del tutto dalle cose create e destinate a perire. 8Per giungere a ciò, si richiede una grazia così grande, che elevi e rapisca l’anima sopra se stessa. 9E se l’uomo non si sarà elevato così nello spirito, libe­randosi da tutte le creature ed unendosi tutto a Dio, ogni suo sapere ed ogni suo avere valgono ben poco. 10Rimarrà sempre un piccolo uomo e giacerà ripiegato al suolo chi stima grande qualche cosa che non sia il solo, unico, immenso ed eterno Bene. 11Ed ogni cosa che non è Dio, è nulla, e come un nulla va considerata. 12Grande è la differenza tra la sapienza dell’uomo illu­minato dall’alto e devoto, e la scienza del chierico colto e studioso. 13La sapienza che emana dall’alto per divina infusione è di molto più sublime di quella che s’acquisisce fati­cosamente con l’umano ingegno. 14Non pochi aspirano alla divina contemplazione, ma non si curano d’esercitarsi con i mezzi che si ri­chiedono per raggiungerla. 15È un grande ostacolo fermarsi alle pratiche esteriori ed alle cose che cadono sotto i sensi, dando poca importanza alla propria perfetta mortificazione. 16Non so come avvenga né quale spirito ci guidi né che cosa pretendiamo noi, che sembriamo aver fama di maestri di vita spirituale, quando tanto ci affatichiamo e tanto più ci affanniamo per cose caduche e di nessun valore, mentre, a stento e raramente, pensiamo con pieno raccoglimento al nostro essere interiore. 17Ahimè! Subito dopo un breve raccoglimento, ci but­tiamo alle cose esteriori e non sottoponiamo più ad un vaglio rigoroso le nostre azioni. 18Non ci diamo pensiero di quanto giacciano in basso i nostri affetti e non sappiamo deplorare quanto in noi sia tutto corrotto. 19“Ogni uomo aveva pervertito la sua condotta sulla terra” (On 6,12) e ne seguiva, perciò, il grande diluvio. 20Dunque, essendo il nostro interno affetto profonda­mente corrotto, è inevitabile che si corrompa anche l’a­zione che ne consegue, segno della mancanza dell’in­terna vitalità. 21Il frutto d’una buona vita nasce da un cuore puro. 22Si è soliti chiedere quanto uno abbia fatto, ma non si osserva, con la stessa diligenza, con quanta virtù abbia operato. 23Si ricerca se uno sia stato forte, ricco, bello, abile o valente scrittore, cantante eccellente, bravo lavoratore; ma, da parte di molti, si tace quanto egli sia stato pove­ro di spirito, quanto paziente e mite, quanto pio e quan­to spiritualmente raccolto. 24La natura guarda l’esteriorità dell’uomo; la grazia si rivolge al suo interno. 25La prima frequentemente s’inganna; la seconda spera in Dio così da non venire ingannata.  

Note al capitolo 31° 3“Chi mi darà ali come di colomba, per volare e trovar riposo? “. Quando una persona cara ci lascia, tutte le cose che le sono appartenute ci parlano di lei, ma non sono lei. Tutto il creato, se lo guardiamo con occhio puro e semplice, ci parla di Dio, ma non è Dio. L’occhio puro dovrebbe farci intravedere Dio di là delle cose, ma il peccato ha reso la materia come opaca, e non riusciamo più a vedere oltre. Ecco allora l’in­vito a staccarci dalle creature per scoprire il Creatore; solo in Lui trovere­mo l’appagamento delle nostre brame e dei nostri desideri.

Capitolo trentaduesimo

RINNEGARE SE STESSI E RINUNCIARE AD OGNI CUPIDIGIA

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non puoi possedere la perfetta libertà, se non rinnegherai totalmente te stesso. 2Tutti quelli che sono attaccati agli averi, che amano troppo se stessi, che sono avidi, curio­si, svagati; tutti quelli che sono continuamente in cerca d’agiatezze e non di ciò che è di Gesù Cristo, hanno ceppi ai piedi e spesso immaginano e costruiscono progetti privi di fondamento. 3Infatti, tutto quello che non è nato da Dio, perirà. 4Tieni bene a mente questa breve e perfetta massima: lascia tutto e troverai tutto; rinunzia alla cupidigia e tro­verai la pace. 5Medita attentamente questa sentenza: quando l’avrai messa in pratica, capirai ogni cosa.

PAROLE DEL DISCEPOLO 6Signore, non è impegno d’un giorno soltanto, que­sto; non è un gioco da ragazzetti. Anzi, in questo breve motto è racchiusa tutta la perfezione della vita religio­sa.

PAR0LE DEL SIGNORE 7Figlio, per aver udito qual è la via della perfezione, non devi volgerti indietro e subito abbatterti, ma devi piuttosto sentirti spronato a raggiungere vette più subli­mi; devi, almeno, aspirare ad esse con il desiderio. 8Oh, fosse davvero così per te e fossi tu giunto a tanto, da non amare più te stesso e da attenerti esclusivamen­te al cenno mio ed al cenno di colui che t’ho proposto quale Padre! Allora sì, mi saresti molto caro e la tua vita trascorrerebbe nella gioia e nella pace! 9Ma ci sono ancora molte cose che tu devi abbandona­re e, se non saprai rinunziare del tutto ad esse, non potrai ottenere quello che domandi. 10“Ti consiglio di comperare da Me oro purficato dal fuoco, per diventare ricco” (Ap 3,18), vale a dire la celeste sapienza che calpesta tutte le cose di quaggiù. 11Làsciati alle spalle la sapienza terrena, ogni compiaci­mento degli uomini ed ogni soddisfazione personale. 12Ho inteso dirti: in luogo di ciò che è ritenuto prezio­so ed importante tra le cose del mondo, tu acquista quelle più umili. 13lnfatti, la vera sapienza celeste, che è quella di chi non ha alto concetto di sé e non va in cerca d’essere magni­ficato su questa terra, può bensì sembrare disprezzabi­le, meschina e quasi condannata all’oblio; e molti la lodano a parole, ma con la pratica della vita ne stanno, invece, molto lontani. 14Essa è, però, la perla preziosa che molti lasciano in disparte.

Note al capitolo 32 3“Tutto quello che non è nato da Dio, perirà”. L’essenza della perfezione, che è pure lo scopo della nostra vita, è l’amore di Dio e del prossimo. Nello stato attuale di natura decaduta è impossibile amare Dio e il prossimo per amor di Dio, senza sacrificio. Il peccato ha causato una spaccatura tra le due com­ponenti dell’uomo: materia e spirito. La materia è dominata dall’istinto e tenta di soffocare la ragione. Di conseguenza, c’è nell’uomo una lotta continua, per cui Gesù rivolge anche a noi l’invito che ha rivolto ai suoi primi discepoli: “Se qualcuno vuole venire dietro a Me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché, chi vorrà saivare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà” (Mt 16,24s). In sostanza, quel che conta è la vita dello spirito. La vita naturale con i suoi istinti, desideri, ambizioni, ecc., deve essere sacrificata per il bene dello spirito. Se avviene il contrario, perderemo la vera vita. Gesù ha confermato il suo insegnamento con il suo esempio: è venuto dal Cielo, ha preso la nostra carne per mostrarci il cammi­no della perfezione e si è immolato per noi, perché imparassimo da Lui.

Capitolo tretatreesimo

L’INCOSTANZA DEL CUORE E L’INTENZIONE ULTIMA, CHE DEV’ESSERE RIVOLTA A DIO

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non ti fidare dei tuoi affetti; ben presto essi cambieranno in disposizioni diverse da quelle che provi ora. 2Finché vivrai, sarai soggetto, anche con­tro la tua volontà, a questa mutevolezza; ti sentirai ora lieto, ora triste; ora tranquillo, ora turbato; ora fervente, ora arido; ora voglioso, ora indolente, ora pensoso, ora svagato. 3Ma chi è sapiente e ben illuminato nelle cose dello spi­rito, sta saldo sopra questo variar d’affetti, non badan­do a quanto senta dentro di sé o da qual parte soffi il vento della sua instabilità, ma procurando a che tutta la tensione del suo animo giovi al fine dovuto e desiderato. 4Soltanto così, infatti, egli potrà rimanere sempre ugua­le a se stesso, irremovibile, con l’occhio puro della sua intenzione fisso in continuazione a Me, pur nel variare di tanti eventi. 5E quanto più puro sarà l’occhio dell’intenzione, tanto più grande è la costanza con la quale si procede tra le varie procelle di questa vita. 6Ma l’occhio puro dell’intenzione in molti s’offusca, perché presto essi volgono lo sguardo a qualcosa di pia­cevole che si presenti davanti a loro. 7E poi, raramente si trova uno del tutto mondo da que­sto nèo: la ricerca della propria soddisfazione. 8Così i Giudei s’erano recati un giorno a Betania, in casa di Marta e Maria, “non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro” (Gv 12,9). 9Dunque, bisogna purificare l’occhio dell’intenzione, perché sia semplice e retto; bisogna rivolgerlo a Me, oltrepassando tutti i vari obiettivi che si frappongono.

Note al capitolo 33° 3“Chi è sapiente e ben illuminato nelle cose dello spirito, sta saldo…”. Tutti siamo, chi più chi meno, istintivamente instabili, ma lo sono soprat­tutto i caratteri emotivi; ciò che interiormente li caratterizza sono la leg­gerezza e i cambiamenti d’umore. Questi caratteri si abbandonano facil­mente alle più varie emozioni e sono incostanti. A poco a poco, però, con la riflessione e con la Grazia, anche i caratteri instabili possono fortifi­carsi e diventare stabili.

Capitolo trentaquattresimo

L’ANIMA CHE AMA DIO LO GUSTA SOPRA TUTTE LE COSE ED IN TUTTE LE COSE

PAROLlE DEL DISCEPOLO 1Ecco il mio Dio e il mio tutto! Che cosa voglio di più e quale maggiore felicità posso desiderare? 2Oh, parola saporosa e dolce per chi, però, ama il Verbo, non già il mondo e le cose che sono nel mondo! 3Mio Dio e mio tutto: per chi sa comprendere queste parole, è detto quanto basta; ed è una gioia, per chi ama, ripeterle spesso.  4Infatti, quando sei presente Tu, tutto è gioia; quando, invece, sei lontano Tu, tutto è triste. 5Tu dài tranquillità al cuore e gli infondi una grande pace ed una festosa allegrezza. 6Tu fai sì, che noi giudichiamo con giusto senso le cose tutte e che in esse, tutte, noi Ti lodiamo; senza di Te nulla può dare un diletto duraturo. 7Ma se qualche cosa deve esserci gradita e rettamente piacevole, occorre la presenza della tua Grazia; occor­re che questa cosa sia condita con il condimento della tua sapienza. 8Che cosa non saprà gustare come si conviene, chi ha il gusto di Te? 9Ma chi non sa avere il gusto di Te, di che cosa potrà essere gioioso? 10I sapienti del mondo e coloro che gustano i piaceri carnali sono lontani dalla tua sapienza, perché negli uni si trova una sconfinata vanità, negli altri la morte. 11Coloro, invece, che, disprezzando le cose del mondo e mortificando la carne, seguono Te, dimostrano d’esse­re veri sapienti, perché passano dalla vanità alla Verità, dalla carne allo Spirito. 12Questi sanno gustare Dio; e ciò che si trova di buono nelle creature, lo riferiscono a lode del Creatore. 13Diversi, però, molto diversi sono il gusto che dà il Creatore ed il gusto che dà la creatura; quello dell’eter­nità e quello del tempo; quello della Luce increata e quello della luce riflessa. 14O Luce eterna, che trascendi tutte le luci create, vibra dall’alto del cielo il tuo fulgore, che penetri nei più profondi segreti del mio cuore! 15Purifica, rallegra, rischiara, ravviva il mio spirito con le sue facoltà; che esso s’unisca intimamente a Te in estasi gioiose! 16Oh, quando verrà quel beato ed atteso momento, in cui Tu mi sazierai con la tua presenza e sarai per me il mio Tutto, in tutto? 17Fino a quando questo non mi sarà concesso, la mia letizia non sarà piena. 18Ancora, purtroppo, vive dentro di me l’uomo vecchio! Non è ancora del tutto crocefisso, non è ancora morto completamente. 19Ancora oppone violentemente allo spirito le sue brame, solleva lotte interiori e non concede pace al regno dell’anima. 20Ma Tu “che domini l’orgoglio del mare e plachi il tumulto dei suoi flutti” (Sal 88,10), “sorgi, vieni in nostro aiuto” (Sal 43,26), “disperdi le genti che voglio­no la guerra” (Sal 67,31), “abbattile con la tua poten­ za” (Sal 58,12). 21Mostra, Ti prego, le tue opere meravigliose e sia glo­rificata la tua destra; altra speranza, altro rifugio non c’è per me, se non in Te, o Signore Dio mio.

Note al capitolo 34° 4“Quando sei presente Tu, tutto è gioia…”. Per chi vuole godere un po’ di felicità sulla terra, non vi è nulla di meglio della pietà. Si tratta di quella “pietà” che è “dono” dello Spirito Santo, perfezionamento della virtà della “religione”. Questa pietà produce nel cuore del cristiano un affetto filiale verso Dio, una profonda devozione verso tutto ciò che si riferisce a Lui. Dio non è più visto come supremo Padrone, ma come un tenerissimo Padre, che ci fa esclamare: “Abbà”, cioè “Babbo mio”, che allarga l’ani­mo alla confidenza e all’amore. Dice l’apostolo San Paolo: “La pietà è utile a tutto, portando con sé la premessa della vita presente, come di quella futura” (1Tm 4,8). I frutti della pietà sono la pace dello spirito, la gioia di una buona coscienza, la fortuna di essere uniti a Dio, di crescere nel suo amore e nell’intimità con nostro Signore Gesù Cristo. Nello stesso tempo, c’è la certezza del pre­mio eterno, per cui si può ripetere con San Paolo: “Per me vivere è Cristo e morire un guadagno” (Fil 1,21). Al contrario, le illusorie soddisfazioni di questo mondo sono amareggiate dal pensiero che tutto finirà.

Capitolo trentacinquesimo

IN QUESTA VITA NON C’È SICUREZZA DALLE TENTAZIONI

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, in codesta vita non sei mai sicu­ro; ma, finché vivrai, ti saranno sempre necessarie le armi spirituali. 2Ti trovi in mezzo a nemici e vieni assa­lito da destra e da sinistra. 3Se, dunque, non ti ripari da ogni parte con lo scudo della fermezza, non sarai a lungo senza ferite. 4Di più, se non tieni fisso in Me il tuo animo con sin­cera volontà di patire ogni cosa per amor mio, non potrai sostenere codesto ardore della lotta né giungere alla palma dei Beati. 5Devi, quindi, passare virilmente in mezzo a tutte le prove e, con mano gagliarda, superare gli ostacoli. 6Infatti, “al vincitore si dà la manna” (Ap 2,17), men­tre l’infingardo è abbandonato alla sua grande misena. 7Se tu vai cercando il riposo in codesta vita, come potrai giungere poi al riposo eterno? 8Non volgere il pensiero ad una tranquillità piena, ma preparati a portare molta pazienza. 9Cerca la pace vera non in terra, ma nei cieli; non negli uomini o nelle altre creature, ma solo in Dio. 10Per amore di Dio devi sopportare tutto volentieri, cioè: fatiche e dolori; tentazioni e prepotenze; ansietà, strettezze e malanni; ingiurie, biasimi e rimproveri; umiliazioni, avvilimenti, correzioni e dispregi. 11Codeste cose giovano alla virtù; codeste cose saggia­no il vero discepolo di Cristo; codeste cose gli preparano la corona del Cielo. 12Per una breve fatica, Io darò una mercede eterna; per un’umiliazione transitoria, una gloria infinita. 13Credi tu che avrai sempre consolazioni spirituali a tuo piacimento? 14Non le ebbero sempre nemmeno i miei Santi; anzi, soffrirono molte difficoltà e tentazioni di vario genere e grandi sconforti. 15Seppero sostenersi, però, in tutto, con pazienza, con­fidando più in Dio che in se stessi: erano consci che “le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura” (Rm 8,18) che esse ci fanno meri­tare. 16Vuoi tu avere subito quello che molti ottennero a sten­to, dopo molte lacrime e grandi fatiche? 17“Spera nel Signore, sii forte” (Sal 26,14) e fatti forza; non perdere la fiducia, non disertare; anzi, disponiti con costanza, corpo ed anima, per la gloria di Dio. 18Io te ne ricompenserò con larghissima misura; Io sarò con te in ogni tribolazione.

Note al capitolo 35° 1“Figlio, in codesta vita non sei mai sicuro…”. Abbiamo già detto e ripe­tuto come San Giovanni sintetizza le tentazioni in tre concupiscenze: “la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita” (1 Gv 2,16). La concupiscenza della carne è l’amore disordi­nato dei piaceri dei sensi; la concupiscenza degli occhi è la vana curiosità e l’amore disordinato ai beni della terra; la superbia della vita è l’orgoglio: egoismo, vana compiacenza, vanità, vanagloria, millanteria, ostentazione, ipocrisia, presunzione, per finire, poi, nello scoraggiamento. Rimedio alla concupiscenza è la mortificazione; per quanto riguarda la concupiscenza degli occhi, rimedio alla vana curiosità è la convinzione che solo ciò che è eterno vale la pena di essere considerato; quello all’amore disordinato dei beni terreni sono l’elemosina e le buone opere; e finalmente, per la superbia della vita, bisogna ricordarsi sempre che da soli siamo nulla e dobbiamo riferire tutto a Dio. Le tentazioni vengono anche e soprattutto dal demonio. Egli non agisce direttamente sull’intelletto e sulla volontà, santua­rio riservato a Dio, ma solo indirettamente sulle facoltà inferiori e sul corpo: sulla fantasia, sulla memoria e sulle passioni che risiedono nell’appetito sensitivo. Il demonio, però, non può tentarci al di sopra delle nostre forze. Per vincere le tentazioni è necessario pregare Dio, la vergine Maria, gli Angeli e i Santi, e ricorrere ai Sacramenti della Confessione e della Comunione.

Capitolo trentaseiesimo

VANITÀ DEI GIUDIZI UMANI

PAROLE DEL SIGNORE  1Figlio, poni il tuo cuore con piena fidu­cia nel Signore e non temere il giudizio degli uomini, quando la tua coscienza ti attesta che sei retto e senza colpa. 2Soffrire in tali condizioni è cosa pregevole e santa; e ciò non sarà gravoso per chi è umile di cuore e confida più in Dio che in se stesso. 3Molti parlano troppo, e perciò si deve dar loro poco credito. 4Del resto, contentare tutti, anche se si volesse, non è possibile. 5E quantunque San Paolo cercasse di piacere a tutti nel Signore e si facesse “tutto a tutti” (1 Cor 9,22), tuttavia non diede alcuna importanza “al fatto d’essere giudi­cato da codesto tempo” (1 Cor 4,3). 6Con tutto se stesso e con tutte le sue forze egli si pro­digò molto per l’edificazione e la salvezza degli altri, ma non riuscì ad impedire d’essere talvolta giudicato male o disprezzato dagli altri. 7Si rimise, quindi, tutto a Dio, che tutto conosce. Con pazienza e con umiltà egli si difese contro le lingue malediche o contro coloro che pensavano di lui cose infondate e menzogne, spacciando tutto ciò a vanvera. 8Talvolta, però, volle ribattere, perché dal suo silenzio non nascesse scandalo ai deboli. 9“Chi sei tu, perché tema un uomo mortale?” (Is 51,12). Oggi, c’è; domani, non si vedrà più. 10Temi Dio, e non paventare gli spauracchi che vengo­no da parte degli uomini. 11Con parole o con ingiurie, che cosa può su di te un uomo? Nuoce a se stesso più che a te e, chiunque egli sia, non potrà sfuggire al giudizio di Dio. 12Per conto tuo abbi Dio davanti agli occhi ed evita di opporti a Lui con parole lamentose. 13E se, per il momento, ti sembra d’essere sopraffatto e di subire una vergogna immeritata, non risentirtene per questo e non sminuire con l’impazienza la tua corona. 14Guarda, invece, verso il Cielo, a Me che posso libe­rarti da ogni umiliazione e da ogni ingiustizia e rende­re a ciascuno secondo le proprie opere.

Note al capitolo 36° 1“Poni il tuo cuore con piena fiducia nel Signore e non temere il giudi­zio degli uomini, quando la tua coscienza ti attesta che sei retto e senza colpa”. Perchè si dicono bugie? Per immaturità. L’immaturità è insuffi­ciente grado di sviluppo intellettuale, morale, psicologico, spirituale d’un individuo. Così, uno non è libero ed è schiacciato dalle cose di codesto mondo. Il bambino ha paura di assumersi la responsabilità delle sue azio­ni cattive e cerca di coprirle con le bugie. L’adulto si vanta delle sue azio­ni malvagie per coprirle con una parvenza di legittimità. In ogni caso si tratta di immaturità: si sentono schiacciati dalle circostanze. Il vero cri­stiano affronta le sue responsabilità con animo forte. Sa che, anche se calunniato, giudicato male, perseguitato, condannato, non ha nulla da temere, perché quel che conta non è il giudizio degli uomini, ma quello di Dio. Se, invece, è colpevole di qualche cosa, lo ammette umilmente.

Capitolo trentasettesimo

L’ASSOLUTO E TOTALE ABBADDONO DI SE STESSO, PER OTTENERE LA LIBERTÀ DEL CUORE

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, abbandona te stesso e troverai Me. 2Vivi rinunciando ad ogni libertà di scelta e ad ogni tua propria cosa, e gua­dagnerai sempre. 3lnfatti, non appena avrai rinunciato a te stesso senza volere riattaccarti a te stesso, ti verrà data grazia più grande.

PAROLE DEL DISCEPOLO 4Signore, quante volte dovrò fare questa rinuncia, e in quali cose dovrò distaccarmi da me stesso?

PAROLE DEL SIGNORE 5Sempre e in ogni momento, così nel poco come nel molto. 6Non escludo nulla, voglio trovarti spoglio di tutto. 7Altrimenti, come sarà possibile che tu sia mio ed Io sia tuo, se dentro e fuori non ti sarai svestito d’ogni tua volontà? 8Quanto più presto farai ciò, tanto meglio ti troverai; e quanto più piena e sincera sarà stata la tua rinuncia, tanto più Mi sarai caro e tanto più grande profitto spi­rituale ne ricaverai. 9Alcuni rinunciano, ma con qualche riserva: non confi­dano pienamente in Dio, e quindi sono troppo solleciti di provvedere da sé a se stessi. 10Alcuni dapprima fanno offerta completa, ma poi, sotto la spinta della tentazione, ritornano a prendere quello che è loro proprio: perciò, non fanno alcun pro­gresso nella virtù. 11Costoro non giungeranno alla vera libertà del cuore puro ed alla grazia della mia dolce intimità, se non dopo avere fatto totale rinuncia e quotidiana immola­zione di sé, senza di che non sussiste e non sussisterà l’unione che gode del possesso di Me. 12Io te l’ho detto tante volte ed ora te lo ripeto: abban­dona te stesso, offriti a Me e godrai d’una grande pace interiore. 13Dà tutto per il Tutto: non cercare nulla, non richiedere nulla. 14Appoggiati interamente e senza esitazione a Me e Mi possederai. 15Allora il tuo cuore sarà libero e le tenebre non ti avvolgeranno. 16A questo sia rivolto ogni tuo sforzo; questo chiedi nella preghiera; questo devi desiderare, cioè di potere spogliarti d’ogni tua propria cosa e seguire, nudo, Gesù nudo; di poter morire a te stesso e vivere sempre in Me. 17Allora svaniranno tutte le immaginazione vane, i tur­bamenti perversi e le preoccupazioni inutili. 18Allora s’allontanerà anche il timore eccessivo e si spe­gnerà l’amore non conforme alla volontà di Dio.

Note al capitolo 37° 3“Non appena avrai rinunciato a te stesso…, ti verrà data grazia più grande”. C’è una parola che l’uomo moderno non vorrebbe mai sentir nominare: la parola “mortificazione”, cioè la pratica delle penitenze cor­porali, che hanno lo scopo di reprimere le passioni e gli stimoli dei sensi. Si può definire la “mortificazione”: privazione di qualche cosa che piace; punizione che liberamente e coscientemente ci si impone allo scopo di riparare il male fatto e prevenire le tentazioni di farlo. Gesù e gli Apostoli parlano di “rinunzia” (cf Lc 14,33), “abnegazione” (Lc 11,23), “mortifi­cazione” (Col 3,5; Inni 8,13), “crocifissione” (Gal 5,24), “morte” e “sep­pellimento” (Col 3,3; Inni 8,4) e “spoliazione” dell’uomo vecchio (Col 3,9)… Tutto questo esige un combattimento spirituale contro le passioni, necessario per abbandonarsi completamente a Dio.  

Capitolo trentaottesimo

BUON GOVERNO DI NELLE OCCUPAZIONI ESTERNE E RICORSO A DIO NEI PERICOLI

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, tu devi mirare con cura a que­sto: che in ogni luogo ed in ogni azione          o attività esterna tu sia interiormente libero e padrone di te stesso; che le cose tutte siano soggette a te, e non tu soggetto ad esse. 2Mira al dominio ed al governo dei tuoi atti; mira a non esserne schiavo o mercenano. 3Sii piuttosto come affrancato e libero Israelita, che dalla servitù passa alla condizione d’erede ed alla libertà dei figli di Dio. 4I figli di Dio si tengono al di sopra delle cose che pas­sano, e meditano quelle eterne; 5Guardano le cose transitorie con l’occhio sinistro, e quelle del Cielo con il destro; 6Non sono attratti, così da esserne avvinti, dai beni tem­porali, ma piuttosto traggono essi le cose a sé, perchè servano al bene così, come sono state disposte da Dio e stabilite dal supremo Artefice, il quale non lasciò nulla di disordinato nella sua creazione. 7Inoltre, se in ogni vicenda della vita non ti fermerai all’apparenza esterna e non considererai ciò che hai visto od ascoltato dal punto di vista carnale, ma in ogni occorrenza entrerai subito con Mosè nella tenda (cf. Es 25,22) per prendere consiglio dal Signore, udirai a volte il responso di Dio e ne uscirai istruito in molte cose presenti e future. 8Mosè, infatti, fece sempre ricorso alla tenda per risol­vere dubbi e controversie e si rifugiò nella preghiera per avere aiuto, quando doveva alleviare i pericoli e le mal­vagità degli uomini. 9Cosi anche tu devi rifugiarti nel segreto del tuo cuore, per implorare con molto fervore il soccorso divino. 10Se – come si legge – Giosuè ed i figli d’Israele furono tratti in inganno da quelli di Gabaon, la ragione fu che non avevano interrogato l’oracolo del Signore; ma fidandosi troppo sulle loro allettanti parole, si lasciaro­no imbrogliare da una falsa compassione.

Note al capitolo 38° 4“I figli di Dio si tengono al di sopra delle cose che passano, e meditano quelle eterne”. Le cose create, la vita, la nostra esistenza temporanea sulla terra, ecc. sono tanti zeri. Lo zero ha un suo valore, se gli si mette davanti una cifra. Altrimenti non vale nulla; anzi, meno di nulla, perché ci trascina nella direzione sbagliata. Se l’uomo mette Dio davanti alle crea­ture, premette la cifra che da valore agli zeri. Più elevato è l’impegno nei riguardi di Dio, più elevata la cifra. Se, al contrario, si mettono le creatu­re davanti a Dio, viene annullato tutto.

Capitolo trentanovesimo

AGIRE SENZA AFFANNO

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, affida sempre a Me la cura dei tuoi interessi; vi provvederò Io a fin di bene al momento giusto. 2Attendi le mie disposizioni e ne senti­rai quindi profitto.

PAROLE DEL DISCEPOLO 3O Signore, ben volentieri affido a Te la cura di tutto, perché il mio accorgimento potrebbe farmi progredire ben poco. 4Oh, s’io non fossi tanto preso da ciò che ha da venire e m’offrissi, invece, senza esitazioni, alla tua volontà!

PAROLE DEL SIGNORE 5Figlio, spesso l’uomo con i suoi pensieri progetta con ardore qualche cosa che desidera; ma quando l’ab­bia ottenuta, comincia a darne un giudizio diverso, per­ché i sentimenti circa uno stesso oggetto non sono durevoli, ma piuttosto spingono da uno ad un altro. 6Non è, dunque, impresa da nulla rinunciare a se stesso anche nelle più piccole cose. 7Il vero profitto dell’uomo è il rinnegare se stesso; e l’uomo che rinnega se stesso è libero e sereno in mas­simo grado. 8L’antico Avversario, che è nemico di tutti quelli che amano il bene, non desiste dal tentarli; anzi, giorno e notte trama gravi imboscate, per far cadere, se gli rie­sca, nei suoi lacci d’inganno qualche incauto. 9“Vegliate e pregate, dice il Signore, per non entrare in tentazione” (Mt 26,41).

Note al capitolo 39° 7“… l’uomo che rinnega se stesso è libero e sereno in massimo grado”. Luomo è composto di spirito e di materia. Come abbiamo accennato all’i­nizio (cf. l.1°, c.6), il peccato originale ha prodotto come una spaccatura tra le due componenti: la parte materiale attira l’uomo al basso, e la parte spirituale a Dio. Per far trionfare la parte spirituale, che lo condurri alla vita eterna, deve rinnegare se stesso. Gesù ci ha salvati, ma la salvezza non si attua, se noi non collaboriamo con Lui. C’è come un’ipoteca su di noi: tutte le volte che non ci abbandoniamo fiduciosamente a Gesù, Satana rivuole la sua preda. Per questo, Gesù ripe­te: “Vegliate e pregate per non cadere in tentazione…” (Mt 26,41).

Capitolo quarantesimo

L’UOMO DA SÉ NON HA NULLA DI BUONO E DI NULLA PUO’ GLORIARSI

PAROLE DEL DISCEPOLO 1 O Signore, che cosa é l’uomo, perché Te ne ricordi; il figlio dell ‘uomo, perché Te ne curi?” (Sal 8,5). 2Quali meriti ha acquistato l’uomo, per­ché Tu gli conceda la tua Grazia? 3Signore, di che posso lagnarmi, se Tu m’abbandoni? O quali giuste ragioni potrei opporTi, se non farai quello che chiedo? 4In verità, posso pensare e dire solo questo: Signore, nulla io sono, nulla posso, nulla di buono io ho da me stesso; anzi, manco di tutto e tendo sempre al nulla. 5E se non sarò aiutato e rianimato interiormente da Te, diventerò del tutto tiepido e mi dissolverò. 6Invece Tu, o Signore, sei sempre lo stesso e sussisti in eterno, sempre buono, giusto e santo, tutto facendo bene, giustamente e santamente, e tutto disponendo con sapienza. 7Io, invece, più incline a regredire che ad avanzare nel bene, non so mantenermi sempre nello stesso stato: “sette età diverse passano sopra di me” (Dn 4,13.20.22). 8Tuttavia, quando a Te piaccia, quando Tu mi porga la mano soccorritrice, il mio stato si muta subito in meglio, perché Tu solo, senza bisogno dell’uomo, potrai venire in mio aiuto e rendermi così saldo, che la mia faccia non sia soggetta a tanti mutamenti ed il mio cuore si volga a Te ed abbia pace in Te solo. 9Perciò, s’io sapessi disprezzare ogni conforto che viene dagli uomini, sia per acquistare la devozione sia per la necessità che mi spinge a cercare Te, poiché non c’è uomo che mi consoli, allora potrei con ragione spe­rare nella tua Grazia ed esultare per il dono d’altre tue consolazioni mai provate. 10Siano rese grazie a Te, dal quale tutto deriva, ogni volta che mi succede qualcosa di buono. 11Io, davanti a Te, sono vanità, sono un nulla; sono un pover’uomo incostante e debole. 12Di che, dunque, posso io gloriarmi, o perché bramo d’essere stimato? 13Forse, per il mio nulla? Ma questo è il colmo della vanità! 14Oh! gloria davvero vana, morbo pestifero, massima presunzione, che allontana dalla vera gloria e spoglia della grazia del Cielo. 15lnfatti, mentre l’uomo si compiace di sé, dispiace a Te; mentre anela alle lodi degli uomini, egli resta privo delle vere virtù. 16Gloria vera e gioia santa è gloriarci in Te, non già in noi; gioire nel tuo nome, non nella nostra virtù; non cercare diletto in alcuna creatura, se non per Te. 17Sia lodato il tuo nome, e non il mio; siano esaltate le tue opere, non le mie; sia benedetto il tuo santo nome ed a me non sia riservata, da parte degli uomini, alcuna lode. 18Sei Tu la gloria mia, Tu l’esultanza del mio cuore! 19In Te mi glorierò ed esulterò tutti quanti i giorni della mia vita: “di me stesso, invece, non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze” (2 Cor 12,5). 20Cerchino i Giudei gloria gli uni dagli altri; io cercherò quella che viene da Dio solo. 21Certo, ogni gloria che viene dagli uomini, ogni onore temporale, ogni grandezza del mondo, se confrontati con la tua gloria eterna, sono vanità e stoltezza. 22O mia Verità e mia Misericordia, Dio mio, Trinità beata, a Te soltanto siano lode, onore, virtù e gloria per gl’infiniti secoli dei secoli!

Note al capitolo 40° 16“Gloria vera e gioia santa é gloriarci in Te, non già in noi; gioire nel tuo nome, non nella nostra virtù; non cercare diletto in alcuna creatura, se non per Te”. Nell’introduzione al III° libro abbiamo affermato che L’imitazione di Cristo è un trattato “mistico” e porta ad una profonda esperienza mistica di Dio. Questo capitolo lo dimostra in modo particola­re. Il peccato ha reso la materia “opaca”; la contemplazione di Dio la rende “diafana”. Il mistico ha la sensazione viva della vanità di tutto ciò che non è Dio. La cultura moderna è un’esaltazione della materia; è un rigurgito di paganesimo; è basata sull’immanenza, mentre il Cristianesimo si basa sul principio della trascendenza di Dio. Chi si basa sul principio dell’immanenza non è in grado di comprendere le altezze della mistica, perché non ne conosce il linguaggio.

Capitolo quarantunesimo

DISPREZZO PER TUTTI GLI ONORI TEMPORALI

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non crucciarti se vedi che altri sono onorati ed innalzati, mentre tu sei vilipeso ed umiliato. 2Leva il tuo cuore a Me in Cielo, e non ti rattristerà il disprezzo degli uomini sulla terra.

PAROLE DEL DISCEPOLO 3Signore, noi siamo come ciechi, e ben presto ci lasciamo sedurre dalla vanità. 4Ma se guardo dentro di me imparzialmente, devo rico­noscere che mai m’è stato fatto un torto da alcuna crea­tura, e perciò non ho ragionevole motivo di lamentarmi con Te. 5Poiché, anzi, spesso e gravemente ho peccato contro di Te, a ragione ogni creatura si leva ostile contro di me. 6A me, quindi, sono dovuti giustamente la vergogna ed il disprezzo; a Te la lode, l’onore e la gloria. 7E, se non mi sarò preparato a desiderare d’essere disprezzato ed abbandonato da ogni creatura e d’essere considerato proprio un nulla, non potrò avere pace e stabilità interiori né ricevere lumi nello spirito né unirmi pienamente a Te.

Note al capitolo 41° 3“Signore, noi siamo come ciechi, e ben presto ci lasciamo sedurre dalla vanità’, La “vanità” è un sottoprodotto della superbia; è la ricerca disordinata della stima degli altri, della loro approvazione, delle loro lodi, dei titoli onorifici, ecc. Quando uno è preso da questo difetto, facilmente parla di sè, delle proprie conquiste, dei propri trionfi. Cerca di attirare l’attenzione degli altri con il modo di vestire. Cerca di apparire virtuoso, ma non si preoccupa di divenirlo.

Capitolo quarantaduesimo

NON SI DEVE FONDARE LA PACE SUGLI UOMINI

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, se riponi la tua pace su qualche persona per ragioni di simpatia e di con­vivenza, sarai malsicuro e vincolato. 2Ma se ricorri alla Verità, sempre viva ed immutabile, non ti rattristerai per la partenza o per la morte d’un amico. 3L’amore per l’amico deve avere il suo fondamento in Me, e, per amore mio, tu devi amare chiunque ti sem­bri buono e ti sia molto caro in questa vita. 4Senza di Me, l’amicizia non vale e non dura; e non si dà verace e puro legame d’affetto, se non lo stringo Io. 5A tali affezioni verso persone amate tu devi essere così morto, da desiderare, per quanto ti riguarda, di vivere senz’alcuna umana compagnia. 6L’uomo tanto più s’avvicina a Dio, quanto più s’allon­tana da ogni terrena consolazione. 7Ancora, tanto più ascende a Dio, quanto più s’inabissa in se stesso e si rende consapevole della sua miseria. 8Chi, invece, attribuisce anche un piccolo bene a sé, ostacola la discesa della Grazia di Dio in lui, perché la Grazia dello Spirito Santo cerca sempre il cuore umile. 9Se tu sapessi annichilirti totalmente e svuotarti d’ogni affetto per le creature, allora Io dovrei entrare nel tuo spirito con grande effusione di Grazia. 10Quando tu volgi lo sguardo alle creature, ti viene sot­tratta la visione del Creatore. 11Impara a vincerti in tutto per amore del Creatore; allora, potrai giungere a conoscerLo. 12Per quanto piccola sia, una cosa che si ama ed alla quale si guarda con affetto non conforme alla volontà di Dio, ritarda il cammino verso il Sommo Bene e cor­rompe l’anima.

Note al capitolo 42° 12“Per quanto piccola sia, una cosa che si ama ed alla quale si guarda con affetto non conforme alla volontà di Dio, ritarda il cammino verso il Sommo Bene e corrompe l’anima”. La perfezione consiste, è risaputo, nell’amore di Dio e del prossimo per amore di Dio. Ma l’amore non con­siste nel sentire, consiste invece nel volere. Il miglior modo di amare Dio è di conformarsi alla sua Volontà. Spesso la Volontà di Dio è contro i nostri desideri. Di conseguenza, l’amore di Dio non è mai disgiunto dal sacrificio: ognuno deve andare a Dio per la strada sulla quale Dio lo ha incamminato. Le strade sono tante, ma non tutte sono per noi.

L’IMITAZIONE DI CRISTO 10ultima modifica: 2010-08-13T14:07:00+02:00da meneziade
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