L’IMITAZIONE DI CRISTO 11

Cristo_Risorto.jpgCapitolo quarantatreesimo

CONTRO LA VANA SCIENZA DI QUESTO MONDO

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non t’impressionino i discorsi eleganti e sottili degli uomini, “perché il Regno di Dio non consiste in parole, ma in virtù” (1 Cor 4,20). 2Sta’ attento, invece, alle parole mie, che accendono i cuori ed illuminano le menti; suscitano la compunzio­ne ed infondono varie specie di consolazione. 3Non leggere mai una sola parola al fine d’essere rite­nuto più dotto o più sapiente. 4Applicati, invece, alla mortificazione dei tuoi difetti, perché ciò ti gioverà molto di più che la conoscenza di molti ardui problemi. 5Quando avrai letto ed imparato molte cose, occorre pur sempre che tu ritorni a quell’unico Principio di tutte le cose: 6Sono Io che insegno all’uomo la sapienza e dono ai piccoli una conoscenza più chiara di quella che possa essere insegnata dall’uomo. 7Colui, al quale parlo Io, sarà presto sapiente ed otterrà molto profitto spirituale. 8Guai a coloro che vogliono apprendere dagli uomini molte nozioni che soddisfano la curiosità, ma poco si curano d’imparare la strada che porta a servire Me! 9Giorno verrà, nel quale il Maestro dei maestri, Cristo, Signore degli Angeli, apparirà per ascoltare da tutti quello che ciascuno sa, cioè per esaminare la coscienza dei singoli. 10Ed allora “Gerusalemme sara’ perlustrata con lanterne” (Sof 1,12); diventeranno visibili i nascondigli delle tenebre e saranno ridotte al silenzio le argomentazioni delle umane lingue. 11Sono Io che in un istante innalzo la mente umile, per­ché comprenda molte nozioni della Verità eterna, più che se uno avesse studiato dieci anni nelle scuole. 12Io insegno senza strepito di parole, senza confusione di opinioni, senza pomposa esteriorità, senza contrap­posizioni d’argomenti. 13Sono Io che insegno a disprezzare i beni terreni, ad avere in uggia le cose presenti, a cercare le cose eterne, a gustare le cose celesti, a fuggire gli onori, a sopporta­re le offese, a riporre ogni speranza in Me, a nulla desi­derare fuori di Me, ad amare ardentemente Me sopra ogni cosa. 14Ci fu chi, amandomi intimamente, imparò le cose di Dio e ne parlò in modo mirabile. 15Costui fece più profitto abbandonando tutto, che non studiando sottili questioni. 16Io, però, dico ad alcuni cose d’indole generale; ad altri, d’indole particolare; ad alcuni Mi manifesto nella dolce luce di segni e di figure; ad altri, invece, rivelo i misteri nel fulgore della luce. 17Il linguaggio dei libri è unico, ma non istruisce tutti in modo eguale, mentre Io sono Maestro interiore di Verità, scruto i cuori, comprendo i pensieri, spingo alle azioni, distribuendo a ciascuno i miei doni secondo che ritengo conveniente.

Note al capitolo 43° 3“Non leggere mai una sola pamla alfine d’essere ritenuto più dotto o più sapiente”. Quando veniva scritto questo piccolo libro, non c’erano ne giornali nè radio nè televisione. Pochi potevano studiare. Che dobbiamo dire ora, che si va a caccia con avidità delle ultime notizie in tutti i campi, e si passano ore ed ore davanti allo schermo televisivo? Se comprendessi­mo quanta zavorra inutile di cognizioni ci portiamo dentro, e come sia importante, invece, comprendere la Verità Eterna, tremeremmo di spaven­to! Questo libriccino ci aiuti a capire questo!

Capitolo quarantaquattresimo

NON BISOGNA ATTACCARSI ALLE COSE ESTERIORI

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, conviene che tu rinunci alla conoscenza di molte cose e ti consideri come morto sulla terra, come uno per il quale tutto il mondo è crocifisso. 2Conviene anche che tu, passando in mezzo a molte cose, ti turi gli orecchi, per meditare piuttosto su ciò che riguarda la tua pace. 3É più utile distogliere lo sguardo dalle cose che disap­proviamo e lasciare ad ognuno il proprio parere, che non impegnarsi in accese discussioni. 4Se ti manterrai unito a Dio e terrai presente il suo giu­dizio, sopporterai piuttosto facilmente d’essere stato soccombente fra gli uomini.

PAROLE DEL DISCEPOLO 5O Signore, a che punto siamo arrivati? Ecco, si piange per un danno materiale; si fatica e si corre per un modesto guadagno; invece, passa in dimenticanza un danno spirituale e, a stento, solo tardi ci si riflette. 6Ci si occupa di quello che poco o nulla giova, e si passa sopra con negligenza a quello che è sommamente necessario, perché l’uomo si riversa tutto sulle cose esteriori e, se subito non si ritrae, s’adagia in esse con piacere.

Note al capitolo 44° 1“Figlio, conviene… che ti consideri come morto sulla terra, come uno per il quale tutto il mondo e’ cmcifisso”. Parole forti, che forse faranno arricciare il naso a molti. Ma se si considera che tante volte diamo ecces­siva importanza alle effimere notizie di questo mondo – politica, sport, finanza – e così poco alle realtà interiori, non credo sia una esortazione inutile quella di lasciar perdere tante notizie che oggi ci appassionano e che domani avremo già accantonate.

Capitolo quarantacinquesimo

NON SU TUTTI BISOGNA FARE AFFIDAMENTO. QUANTO SIA FACILE TRASCENDERE NEL PARLARE

PAROLE DEL DISCEPOLO 1‘Aiutami, Signore, ad uscire dalla tri­bolazione, perché s’attende invano la salvezza degli uomini” (Sal 59,13). 2Quanto spesso non ho trovato la fedeltà proprio là, dove avevo creduto di poterla avere! 3E quante altre volte, invece, l’ho trovata dove meno avevo pensato! 4Vana, dunque, è la speranza che si pone negli uomini: in Te solo, o Dio, è la salvezza dei giusti. 5Sii benedetto, Signore Dio mio, in tutte le cose che ci accadono! 6Noi siamo deboli ed incostanti; ci inganniamo presto e mutiamo nei sentimenti. 7Quale uomo sa guardarsi in tutto con tanta prudenza e circospezione, da non cadere talora in qualche inganno o incertezza? 8Ma chi confida in Te, o Signore, e Ti cerca con sem­plicità di cuore, non è facile che cada. 9E se pure sarà incorso in qualche tribolazione, comun­que ne sia rimasto oppresso, verrà da Te liberato o con­solato, perché Tu non abbandoni chi spera in Te sino alla fine. 10È’ raro l’amico fedele che si mantenga tale in tutte quante le avversità dell’amico. 11Tu, invece, o Signore, Tu solo sei fedelissimo in ogni circostanza e, fuori di Te, non c’è altri che sia tale. 12Oh, quale profonda sapienza ebbe quell’anima santa che disse: “il mio spirito è saldo e radicato in Cristo!” (Sant’Agata). 13Se così fosse anche di me, non mi turberebbe tanto facilmente l’umano timore né m’abbatterebbero i colpi delle umane parole. 14Chi può prevedere tutto, chi può premunirsi contro i mali futuri? 15Se, anche previsti, spesso ci addolorano, come non ci feriranno gravemente i mali imprevisti? 16Ma perché, infelice qual sono, non ho provveduto meglio a me? Perché, anche, mi sono affidato con tanta leggerezza ad altri? 17Siamo uomini, nient’altro che fragili uomini, anche se da molti siamo ritenuti e chiamati Angeli. 18A chi crederò, Signore, se non a Te? 19Tu sei la Verità, che non inganna e non può essere ingannata. 20A1 contrario, “ogni uomo è inganno” (Sal 115,11), debole, instabile, facile a mutare, specialmente nelle parole; sicché, a stento, si può subito prestare fede a quello che, in apparenza, sembra vero. 21Quanto sapientemente Tu ci hai preavvisati che dob­biamo gnardarci dagli uomini; che “i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa” (Mt 10,36) e che non dobbiamo credere, se alcuno ci dica: “Ecco, il Cristo è qui; ecco, è là!” (Mt 24,23; Mc 13,21). 22Ho imparato a mie spese; ed almeno, ciò mi serva per una mia maggiore cautela, e non per mia maggiore stol­tezza! 23Sii prudente – mi dice uno – sii prudente e tieni solo per te quello che ti dico. 24Eppure, mentre io taccio e credo che la cosa rimanga segreta, proprio lui, che m’aveva chiesto il silenzio, non riesce a tacere: improvvisamente tradisce me e sé, e se ne è già bell’e andato via. 25Da siffatto genere di fandonie e da codesti uomini sventati difendimi,o Signore; fa’ ch’io non cada nelle loro mani e non commetta mai cose simili! 26Poni sulle mie labbra la parola sincera e leale ed allon­tana da me la parola astuta. 27Devo guardarmi in ogni modo da ciò che non vorrei dover patire da parte d’altri. 28Oh, come bello e quale fonte di pace saper tacere sul conto degli altri, non credere tutto alla leggera né esse­re facili a moltiplicare le parole su ciò che si è udito; 29Aprire solo a pochi il proprio animo, cercare sempre Te, che scruti i cuori, 30Né lasciarsi portare di qua e di là da ogni vento di parole, ma desiderare che tutto, dentro e fuori di noi, si compia secondo la tua volontà! 31Oh, quali mezzi sicuri, per conservare la celeste Grazia, sono il rifuggire dalle umane apparenze, il non bramare quello che sembri procurare ammirazione all’esterno e l’inseguire invece, con tutta premura, ciò che procura emendazione di vita e fervore! 32Che danno arrecò a molti una virtù a tutti nota e pre­maturamente esaltata! 33E quanto giovò, invece, la Grazia conservata nel silen­zio in questa fragile vita, della quale giustamente si dice che è tutta una tentazione ed una lotta!

Note al capitolo 45° 7“Quale uomo sa guardarsi in tutto con tanta prudenza e circospezio­ne, da non cadere talora in qualche inganno o incertezza? “La prudenza di cui si parla in questo capitolo non è la prudenza umana, che agisce senza darsi pensiero del fine ultimo, che è Dio; tanto meno la prudenza della carne, che mira a soddisfare le proprie passioni, ad arricchire e a conseguire onori a qualunque costo; ma è la prudenza cristiana. Questa prudenza ci deve accompagnare sempre, dappertutto, in ogni circostanza; ma, nel nostro caso, si tratta dei nostri rapporti con gli altri: sì, amici con tutti, ma sempre prudenza nel confidarsi, perché l’umana debolezza è grande.

Capitolo quarantaseiesimo

DOBBIAMO AVERE FIDUCIA IN DIO, QUANDO SIAMO COLPITI DA PAROLE CIIE FERISCONO

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, sta’ saldo e spera in Me. Che altro sono le parole, se non parole? 2Volano per l’aria, ma non scalfiscono la pietra. 3Se sei colpevole, pensa di buon animo ad emendarti; se non sei consapevole d’alcuna colpa, sopporta volentie­ri ogni contrarietà, per amore di Dio. 4Non è una gran cosa che tu sopporti, almeno qualche volta, delle parole pungenti, tu, che ancora non sei capace di reggere a gravi percosse. 5E perché cose tanto piccole ti arrivano fino al cuore, se non perché sei ancora legato alla carne e badi agli uomini più del necessario? 6Evidentemente, perché temi d’essere disprezzato, non vuoi essere ripreso per i tuoi errori e cerchi scuse per metterli al coperto. 7Ma esaminati meglio, e riconoscerai che dentro di te sono ancora vivi il mondo ed il vano desiderio di piacere agli uomini. 8lnfatti, codesta tua ripugnanza ad essere tenuto in poca considerazione e ad essere umiliato per i tuoi difetti, è una chiara dimostrazione che non sei veramente umile, che non sei veramente morto al mondo e che per te il mondo non è stato crocifisso. 9Ma ascolta la mia Parola e non darai importanza nem­meno a diecimila parole degli uomini. 10Ecco, anche se contro di te si dicesse tutto quello che la più perfida malizia può inventare, quale danno ti farebbe questo, quando tu lo lasciassi del tutto correre e ne facessi conto non più che d’una pagliuzza? Ti si potrebbe, forse, strappare anche un solo capello? 11Ma chi non è raccolto nell’intimo del suo cuore e non ha Dio davanti agli occhi, si lascia turbare facilmente per una parola di biasimo. 12Chi, invece, confida in Me e non ricerca l’appoggio al proprio giudizio, sarà immune dal timore degli uomini. 13Sono Io, infatti, il Giudice e colui che conosce tutti i segreti; Io so come una cosa s’è svolta veramente; Io conosco chi fa l’offesa e chi la patisce.  14Per mio volere è uscita quella parola, con il mio per­messo è avvenuto questo fatto, “perché siano svelati i pensieri di molti cuori” (Lc 2,35). 15Io giudicherò il reo e l’innocente, ma prima ho voluto provare l’uno e l’altro con occulto giudizio. 16La testimonianza degli uomini spesso è fallace; il mio giudizio, invece, è veritiero, resterà immutato e non sarà rovesciato. 17II più delle volte resta nascosto e a pochi, nei singoli casi, si fa palese; tuttavia, non sbaglia mai e non può sbagliare, anche se non sembri retto agli occhi di chi manca della sapienza. 18A Me, dunque, bisogna ricorrere per il giudizio su ogni contesa, e non fidarsi del proprio criterio. 19Il giusto, infatti, non si turberà, “qualunque cosa gli venga” (Prv 12,21) da Dio. Non se la prenderà molto, anche se gli sarà fatto qualche addebito calunnioso. 20Ma nemmeno si darà a fatua esultanza, se con buone ragioni verrà da altri discolpato. 21Il giusto, infatti, considera che sono Io colui che “scruta gli affetti ed i pensieri” (Ap 2,23) degli uomini; Io, che non giudico secondo l’apparente aspetto degli uomini. 22Spesso, quindi, ai miei occhi è riprovevole ciò che, a giudizio degli uomini, può sembrare degno di lode.

PAROLE DEL DISCEPOLO 23O Signore Dio, giudice giusto, forte e paziente, che conosci la fragilità e la cattiveria degli uomini, sii la mia forza e tutta la mia fiducia; la sola coscienza non mi basta. 24Tu conosci quello che io non conosco; perciò, davanti ad ogni rimprovero mi sarei dovuto umiliare ed avrei dovuto sopportarlo con dolcezza. 25Perdonami, dunque, benevolo, per tutte le volte che non mi sono comportato così, e dammi di nuovo la gra­zia d’una sopportazione maggiore. 26È meglio per me, per ottenere il perdono, la tua sovrabbondante misericordia, che non la mia pretesa giustizia a difendere ciò che è nascosto nella mia coscienza. 27Ed anche se fossi consapevole con me stesso di non dovermi rimproverare di nulla, non posso per questo ritenermi giustificato, perché senza la tua misericordia “nessun vivente davanti a Te è giusto” (Sal 142,2).

Note al capitolo 46° 3“Se sei colpevole, pensa di buon animo ad emendarti; se non sei con­sapevole d’alcuna colpa, sopporta volentieri ogni contrarietà, per amore di Dio”. La “pazienza” è la sopportazione dei patimenti, fisici o morali, per amore di Dio. La vita è una prova: abbiamo tutti le nostre sofferenze. Se soffriamo da forti, per amore di Dio, ci faremo santi. Se soffriamo lamentandoci, bestemmiando e forse maledicendo la Provvidenza, o pec­cando d’orgoglio, perdiamo il merito e, nel caso delle parole che ferisco­no, forse manchiamo anche di carità. E questo è farina per il Purgatorio!

Capitolo quarantasettesimo

SOPPORTARE TUTTO PER LA VITA ETERNA

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, non lasciarti abbattere dal peso dei compiti che ti sei assunto per amor mio né, per alcun motivo, t’abbattano mai le tribolazioni; ma in ogni circo­stanza ti fortifichi e ti consoli la mia promessa. 2Io basto a ricompensarti oltre ogni limite e misura. 3Quaggiù non durerà a lungo il tuo travaglio né sarai per sempre oppresso da dolori. 4Aspetta un po’ e vedrai finire d’un tratto i tuoi mali. 5Verrà l’ora in cui ogni travaglio ed ogni agitazione ces­seranno. 6È poco e di breve durata tutto ciò che passa con il tempo. 7Compi i doveri del tuo stato; lavora fedelmente nella mia vigna; Io sarò la tua ricompensa. 8Scrivi, leggi, canta, sospira, taci, prega, sopporta viril­mente le avversità: di tutte codeste e d’altre maggiori battaglie è ben degna la vita eterna. 9Verrà la pace in un determinato giorno, che è noto al Signore; e non ci sarà notte né giorno come di codesto vostro tempo, ma luce perpetua, chiarita infinita, pace stabile, riposo sicuro. 10Non dirai, allora: “Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?” (Rm 7,24). 11Né griderai: “Ahimè, il mio esilio s’è prolungato!” (Sal 119,5). 12Ché, la morte sarà cacciata nell’abisso e la salvezza sarà per sempre; più nessuna angustia, ma gioia beata e compagnia soave e gloriosa dei Beati. 13Oh!, se tu vedessi le eterne corone dei Santi in Cielo. E di quanta gloria esultano ora essi, che un tempo erano ritenuti in codesto mondo spregevoli e quasi immeritevoli perfino di vivere! 14Senza dubbio, ti prosterneresti subito fino a terra e desidereresti essere sottomesso a tutti, piuttosto che comandare anche ad un uomo solo; 15Né desidereresti trascorrere giorni lieti in codesta vita, ma godresti di soffrire per amore di Dio e stimeresti come il più grande guadagno essere considerato un nulla tra gli uomini. 16Oh! se tu gustassi queste verità e se esse ti penetras­sero in fondo al cuore, come oseresti lamentarti anche una sola volta? 17Per la vita eterna non si devono forse sopportare tutte le tribolazioni? 18Non è cosa di poca importanza perdere o guadagnare il Regno di Dio. 19Solleva, dunque, il tuo volto al Cielo. Eccomi, insie­me con tutti i miei Santi, i quali hanno sostenuto la loro grande battaglia in codesto mondo: ora sono nella gioia, ora ricevono consolazione, ora sono sicuri, ora riposano; e rimarranno con me nel Regno del Padre mio, per sempre.

Note al capitolo 47° 2Io basto a ricompensarti oltre ogni limite e misura”. La felicità e la sofferenza sono le facce della stessa medaglia. La vera felicità è proietta­ta nell’eternità, in Dio. Su questa terra è felice chi vive in questa prospet­tiva, abbandonato perfettamente alla volontà di Dio, nella certezza che Lui ci ama e condurrri la nostra vita al conseguimento della vera felicità.

Capitolo quarantottesimo

LA VITA ETERNA E LE ANGUSTIE DELLA VITA PRESENTE

 PAROLE DEL DISCEPOLO 1O dimora beatissima della città celeste! 2O giorno splendidissimo dell’eternità, che la notte non offusca, ma che la somma Verità perennemente irradia; o giorno sempre gioioso e sereno, che non muta mai il proprio stato! 3Oh, se quel giorno fosse già spuntato e tutte queste vicissitudini temporali avessero già avuto termine! 4Si, esso già rifulge splendido di luce perpetua per i Santi, ma soltanto da lontano e di riflesso per chi è ancora pellegrino sulla terra. 5I cittadini del Cielo ben sanno quant’è gioiosa quella luce; i figli d’Eva, esuli, gemono per l’amarezza ed il peso della vita presente. 6I giorni di questo nostro tempo sono brevi e cattivi, pieni di dolori e d’angustie. 7Sono giorni, nei quali l’uomo è insozzato da molti pec­cati, irretito da molte passioni, oppresso da molte paure, schiacciato da molti affanni, distratto da molte curiosità, impigliato in molte vanità; 8È avvolto da molti errori, logorato da molte fatiche, appesantito da tentazioni, snervato da piaceri, afflitto dall’indigenza. 9Oh! quando avranno fine questi mali? Quando mi libe­rerò dalla miserabile schiavitù dei vizi? 10Quando, o Signore, nei miei pensieri avrò unicamente Te? Quando sarò pienamente felice in Te? 11Quando sarò nella vera libertà, senz’alcun legame, senza alcun peso dello spirito e del corpo? 12Quando godrò della pace stabile, della pace im­perturbabile e sicura, della pace interiore ed este­riore, della pace non minacciata sotto alcun aspetto? 13O Gesù buono, quando Ti vedrò faccia a faccia? Quando contemplerò la gloria del tuo Regno? Quando sarai per me tutto in tutte le cose? 14Oh! quando sarò con Te nel Regno tuo, che hai prepa­rato dall’eternità per i tuoi diletti? 15Mi trovo qui abbandonato, povero ed esule, in una terra nemica, dove ogni giorno ci sono guerre e mali gravissimi. 16Consola il mio esilio, lenisci il mio dolore, perché ogni mio desiderio sospira a Te. 17lnfatti, qualunque cosa questo mondo mi offra come conforto, mi è, invece, di peso. 18Desidero godere dell’intima unione con Te, ma non riesco a raggiungerla. 19Bramo stare fisso ai beni celesti, ma quelli temporali e le passioni non mortificate mi riportano in basso. 20Con lo spirito voglio stare sopra tutte le cose terrene e, contro mia voglia, sono costretto dalla carne a sog­giacervi. 21E cosi, uomo infelice, io lotto con me stesso e “sono diventato un peso per me stesso” (Gb 7,20), mentre lo spirito tende all’alto e la carne cerca il basso. 22Oh, quanto soffro dentro di me, quando con la mente medito le cose del Cielo e, improvvisamente, mentre prego, mi si presenta la folla delle cose carnali! Dio mio, “non stare lontano da me” (Sal 70,12) e “non respingere con ira il tuo servo” (Sal 26,9). 23Fa’ scoppiare i tuoi fulmini e disperdi questa folla; scocca le tue saette e siano scompigliate tutte le mac­chinazioni del nemico” (Sal 143,6). 24Raccogli in Te i miei sentimenti; fa’ ch’io dimentichi tutte le cose mondane; dammi la grazia di cacciare via subito e disprezzare le immagini suggestive dei vizi. 25Vieni in mio soccorso, o eterna Verità, perché nessuna vanità mi seduca. 26Vieni, o celeste soavità, e davanti al tuo volto fugga ogni cosa non pura. 27Ancora perdonami ed abbi indulgente misericordia ogni volta che nella preghiera penso ad altro fuorché a Te. 28In verità, confesso sinceramente d’essere, di solito, molto distratto. 29Tante volte non sono là, dove siedo con il corpo, ma piuttosto là, dove mi portano i pensieri. 30Sono là, dov’è il mio pensiero, ed il mio pensiero è spesso là, dov’è la cosa che amo. 31Mi s’affaccia d’un tratto alla mente ciò che mi diletta per natura o mi piace per abitudine. 32Per questo, Tu, Verità, hai detto chiaramente: “Là, dov ‘è il tuo tesoro, ivi è anche il tuo cuore” (Mt 6,21). 33Se amo il Cielo, penso volentieri alle cose del Cielo. 34Se amo il mondo, gioisco di ciò che piace al mondo e mi rattristo delle sue avversità. 35Se amo la carne, spesso vado fantasticando cose carnali. 36Se amo lo spirito, trovo diletto a pensare alle cose spi­rituali. 37Quali che siano le cose ch’io amo, di esse io parlo e sento parlare volentieri, e volentieri riporto con me a  casa il loro ricordo. 38Beato, invece, l’uomo che per amore tuo, o Signore, dice addio a tutto ciò ch’è stato creato; 39Chi reagisce alla natura e con fervore di spirito croci­figge le concupiscenze della carne, per poter offrire a Te con rasserenata coscienza una preghiera pura, ed essere degno di prendere parte ai cori celesti, dopo aver escluso, dentro e fuori di sé, tutte le cose terrene.

Note al capitolo 48° 32‘Là, dov ‘è il tuo tesoro, ivi è anche il tuo cuore” (Mt 6,21). Il missile che sale nello spazio, di mano in mano che sale, è sempre meno attratto dalla gravitazione terrestre, fino a rimanere in orbita intorno alla terra. L’uomo che si dedica alla contemplazione di Dio è sempre meno attratto dalle cose di questo mondo, fino a rimanere fisso in Dio, attratto dalle sue infinite perfezioni. Chi è ancora schiavo della materia non può capire que­sti discorsi, come uno non può capire un discorso fatto in una lingua sco­nosciuta.

Capitolo quarantanovesimo

IL DESIDERIO DELLA VITA ETERNA; LA GRANDEZZA DEI BENI PROMESSI A QUELLI CHE LOTTANO

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, quando senti infonderti dall’al­to il desiderio della felicità eterna ed aspiri ad uscire dalla dimora del corpo, per poter contemplare il mio splendore senza alternativa d’ombra, allarga il tuo cuore ed acco­gli con ogni desiderio questa santa ispirazione. 2Rendi grazie, quanto più t’è possibile, alla somma Bontà, che agisce con te con tanta benignità, che ti visi­ta con indulgenza, che ardentemente ti eccita, che potentemente ti solleva, perché per il tuo proprio peso tu non abbia ad inclinare verso le cose della terra. 3Questo desiderio, infatti, non è frutto del tuo pensiero o del tuo sforzo, ma soltanto della degnazione della grazia di Dio e del suo sgnardo, allo scopo che tu pro­gredisca nelle virtù ed in una più profonda umiltà, pre­parandoti alle future battaglie, stretto a Me con tutto l’affetto del cuore e desideroso di servirMi con ferven­te zelo. 4Figlio, spesso il fuoco arde, ma la fiamma non sale senza fumo. 5Allo stesso modo, in alcuni divampa il desiderio delle cose celesti, e tuttavia essi non sono liberi dalla tenta­zione degli affetti carnali. 6Perciò, quello che chiedono a Dio con tanto desiderio, non lo compiono con perfetta rettitudine per la sua gloria. 7Così è spesso anche il tuo desiderio del Cielo, perché tu stesso vi hai immesso un fermento così poco confa­cente. 8Non è, infatti, puro e perfetto ciò che è inquinato dall’interesse proprio. 9Chiedi non ciò che piace e fa comodo a te, ma ciò che è accetto a Me e torna a mia gloria, perché, se giudichi bene, al tuo desiderio e ad ogni cosa desiderata tu devi anteporre le mie disposizioni e seguirle. 10Io conosco i tuoi desideri, ho ascoltato i tuoi gemiti frequenti. 11Tu vorresti essere già nella libertà della gloria dei figli di Dio; già, la tua anima si diletta della dimora eterna e della patria celeste, che sono piene di gaudio; ma code­sta ora non è ancora venuta; deve ancora passare altro tempo: tempo di lotta, tempo di fatica e di prova. 12Tu brami saziarti del Bene sommo, ma questo non puoi ottenerlo, ora. 13Sono Io il Bene sommo; aspettami – dice il Signore – finché venga il Regno di Dio. 14Tu devi essere ancora provato sulla terra ed esercitato in molte maniere. 15Di quando in quando, ti sarà dato qualche conforto, ma non te ne sarà concesso in abbondanza fino a saziarti. 16Sta’ di buon animo, dunque, e sii forte tanto nell’agi­re quanto nel sopportare ciò che va contro la natura. 17Occorre che tu ti rivesta dell’uomo nuovo e che ti tra­sformi in un altro uomo. 18Occorre che tu faccia spesso quello che non vorresti, e che rinunci a quello che vuoi. 19Quello che piace agli altri avrà successo; quello che piace a te non andrà innanzi. 20Si ascolterà quello che dicono gli altri; quello che dici tu sarà preso per un nulla. 21Altri chiederanno, e riceveranno; chiederai tu, e non otterrai nulla. 22Saranno grandi gli altri nella fama degli uomini; sul tuo conto non si farà parola. 23Ad altri verrà affidato questo o quell’incarico; tu non sarai giudicato utile a nulla. 24Perciò, la natura sentirà talvolta amarezza; e sarà già molto, se saprai sopportare in silenzio. 25In questi ed in molti simili modi, il servo fedele del Signore suole essere messo a prova, come sappia rinne­gare e vincere se stesso in tutto. 26È difficile che ci sia qualche occasione nella quale tu deva morire a te stesso tanto, come quando vedi e sof­fri ciò che è contrario al tuo volere; specialmente, poi, quando ti viene comandato di fare cose che a te sem­brano non convenienti e meno utili. 27Siccome, poi, essendo alle dipendenze di chi coman­da, non osi opporti all’autorità superiore, ti sembra duro camminare al cenno d’un altro e mettere da parte ogni tua volontà. 28Ma pensa, figlio, al frutto di tutte queste sofferenze, alla loro rapida fine, al premio enormemente grande che ti attende, e non sentirai il peso di tali sofferenze, ma anzi proverai un vigorosissimo sollievo alla tua sof­ferenza. 29Infatti, invece di codesta tua scarsa volontà, alla quale tu ora spontaneamente rinunci, godrai per sempre in Cielo la pienezza della tua volontà. 30Lassù, invero, troverai tutto quello che vorrai, tutto quello che potrai desiderare. 31Lassù, sarà a tua disposizione l’abbondanza d’ogni bene, senza timore di perderlo. 32Lassù, la tua volontà, in pertetta unione con la mia, non desidererà nulla che venga di fuori, nulla che sia esclusivamente tuo proprio. 33Lassù, nessuno ti si potrà opporre, nessuno si lamen­terà di te, nessuno ti ostacolerà, nulla ti si opporrà; ma tutte le cose desiderate ti saranno, ad un tempo, davan­ti, e ristoreranno pienamente il tuo cuore, che ne sarà ricolmo fino a traboccare. 34Lassù, ti darò gloria per il disprezzo patito; ti darò un manto di lode per le tristezze sofferte; ti darò un eterno seggio regale per l’ultimo posto occupato in terra. 35Lassù, si vedrà il frutto dell’obbedienza; avrà gioia la fatica della penitenza; sarà coronata di gloria l’umile sottomissione. 36Adesso, dunque, chinati umilmente sotto la mano di tutti, senza badare chi abbia detto o comandato alcun­ché. 37Ma dovrai avere grande cura di accettare tutto come un bene e d’eseguirlo con sincera volontà, chiunque t’abbia chiesto o suggerito qualche cosa, sia egli un Superiore od uno più giovane di te od uno pari a te. 38Cerchino pure gli altri questa o quella cosa; uno si glorii pure in una cosa, un altro in altra, e ricevano pure mille e mille volte elogi; quanto a te, non trovare la tua gioia o la tua gloria in questo od in quello, ma nel disprezzo di te stesso, nell’adempimento della sola mia Volontà e nella mia gloria. 39Questo tu devi desiderare: che in te sia sempre glori­ficato Dio, sia per la vita sia per la morte.

Note al capitolo 49° 3“Questo desiderio non frutto del tuo pensieno o del tuo sforzo…”. Il desiderio del Cielo non viene dalla natura, ma dalla grazia. È Dio stesso che attira l’anima, anche se questa non è del tutto distaccata dalle cose ter­rene. Infatti, il Signore stesso l’ammonisce: 4“Spesso il fuoco arde, ma la fiamma non sale senza fumo”. Ci sono ancora imperfezioni da bruciare nel fuoco dell’amore divino. Anche se l’anima è assetata di Dio, sente ancora il peso delle cose materiali, che la trascinano in basso. Per questo, il Signore la sta ancora purificando di tutte le scorie umane, istruendo sulle vie che usa per perfezionarla e por­tarla sempre più vicino a Sé, e dice: 14“Tu devi essere ancona provato sulla terra ed esercitato in molte maniere”, e passa in rivista tutte le prove a cui verrà sottoposto colui che lotta.

Capitolo cinquantesimo

NELLA DESOLAZIONE ABBANDONARSI A DIO

PAROLE DEL DISCEPOLO 1Signore Dio, Padre santo, sii benedetto ora ed in eterno, perché come Tu vuoi, così è stato fatto, e quello che Tu fai è buono. 2Che il tuo servo allieti in Te, non in sé né in alcun altro, perché Tu solo sei letizia vera, Tu la speranza mia ed il premio mio; Tu, o Signore, la gioia mia e la gloria mia. 3Che cosa possiede il tuo servo, che non abbia ricevuto da Te, e senza suo merito? 4Tutte le cose che hai date e fatte a me, sono tuo dono. 5“Povero io sono, e tribolato sino dalla mia giovinezza” (Sal 87,16), e talvolta l’anima mia si rattrista fino alle lacrime; non di rado si sgomenta per le passioni che la minacciano. 6Desidero il gaudio della pace, imploro la pace dei tuoi figli, da Te nutriti nella luce della consolazione. 7Se Tu le dai la pace, se Tu le infondi santa letizia, l’a­nima del tuo servo sarà piena di melodia e canterà devota le tue lodi. 8Ma se Tu ti ritrarrai da lui, come spessissimo fai, il tuo servo non potrà percorrere svelto la via dei tuoi Comandamenti; ma piuttosto gli si piegheranno le ginocchia fino ad opprimergli il petto, 9Poiché per lui non sarà più come prima, ieri o ieri l’al­tro, quando la tua lampada gli splendeva sul capo, e sotto l’ombra delle tue ali era al sicuro dagli assalti delle tentazioni. 10O Padre giusto e degno di perpetua lode, è venuta l’ora in cui il tuo servo dev’essere messo alla prova. 11O Padre degno d’essere amato, è giusto che in que­st’ora il tuo servo patisca qualche cosa per Te. 12O Padre degno di perpetua venerazione, è giunta l’ora, che Tu dall’eternità prevedevi sarebbe venuta, nella quale il tuo servo dev’essere momentaneamente sopraf­fatto da cose esteriori, sebbene interiormente continui a vivere vicino a Te. 13È giunta l’ora nella quale egli dev’essere per un po’ di tempo vilipeso, umiliato e ridotto a nulla in faccia agli uomini, logorato dai patimenti e dalla tiepidezza, per poter, poi, di nuovo risorgere con Te nell’aurora d’una nuova luce ed essere glorificato tra gli eletti del Cielo. 14O Padre santo, così Tu hai predisposto e così hai volu­to; e quello che hai ordinato Tu, si è adempiuto. 15È questo il dono che Tu fai a chi Ti ama: patire ed essere tribolato in questo mondo per amore tuo, quante volte e da parte di chiunque permetterai che sia fatto. 16Nulla avviene sulla terra fuori del tuo disegno provvi­denziale e senza una tua ragione. 17“Bene per me, o Signore, se sono stato umiliato, per­ché io impari a conoscere le tue vie della giustizia” (Sal 118,71) e rigetti dal mio cuore ogni genere d’orgoglio e temerarietà. 18Mi è utile che la vergogna abbia ricoperto il mio volto cosicché, per consolarmi, io cerchi Te piuttosto che gli uomini. 19Da ciò ho anche imparato a temere l’imperscrutabile tuo giudizio, con il quale Tu affliggi il giusto insieme con l’empio, ma non senza equità e giustizia. 20E grazie Ti siano rese, perché non hai risparmiato il castigo alle mie colpe, ma mi hai trafitto con aspre bat­titure, infliggendomi dolori e caricandomi d’angustie esterne ed interiori. 21Non c’è, fra tutti coloro che vivono sotto il cielo, chi mi consoli, se non Tu, o Signore mio Dio, celeste medi­co delle anime, che percuoti e risani, che “ci fai scen­dere negli abissi della terra e da essi ci ritogli” (Tb 13,2). 22La tua rigida disciplina sia sopra di me, e la tua stessa sferza mi ammaestrerà. 23Ecco, o Padre diletto, io sono nelle tue mani e m’inchino sotto la tua verga che mi corregge. 24Percuoti pure il mio dorso e il mio collo, perché io raddrizzi la mia vita tortuosa, conformandola secondo la tua volontà. 25Fa’ di me un pio ed umile discepolo, come ben sai fare, perché io cammini secondo ogni tuo cenno. 26A Te affido me stesso e tutte le cose mie, perché Tu mi corregga: è meglio essere duramente rimproverato quaggiù, oggi, che non in futuro. 27Tu conosci tutto ed ogni singola cosa, e nulla Ti rimane occulto della coscienza dell’uomo. 28Tu conosci le cose che verranno, prima che accadano, né hai bisogno che alcuno Ti informi o Ti rammenti quello che si fa sulla terra. 29Tu conosci ciò che è opportuno ed utile al mio profit­to spirituale e quanto serve la tribolazione a togliere la ruggine dei vizi. 30Disponi di me secondo il tuo beneplacito e come io stesso desidero; e non disprezzarmi per la mia vita piena di colpe, che nessuno conosce meglio e più chia­ramente di Te. 31Dammi, o Signore, la grazia di conoscere quello che si deve conoscere; di amare ciò che si deve amare; di lodare ciò che a te sommamente piace; d’apprezzare ciò che Tu stimi prezioso; di disprezzare quello che ai tuoi occhi è spregevole. 32Non permetterai ch’io giudichi “secondo il modo di vedere degli occhi corporali né ch’io prenda decisioni secondo ciò che hanno udito uomini inesperti” (Is 11,3). 33Ma fa’ ch’io abbia discerminento delle cose sensibili e di quelle spirituali in ispirito di verità, e che, soprat­tutto, io cerchi sempre di piacere alla tua volontà. 34Nel giudicare, i sensi degli uomini spesso s’inganna­no, come s’ingannano coloro che segnono il mondo, amando soltanto le cose visibili. 35Ma è, forse, migliore un uomo per il fatto che è sti­mato da un altro uomo più grande di quello che è? 36Chi esalta un altro uomo, è un uomo bugiardo che inganna un bugiardo, un vanitoso che inganna un vanitoso, un cieco che inganna un cieco, un debole che inganna un debole; anzi, mentre lo loda senza fonda­mento, in realtà lo fa maggiormente vergognare. 37ìnfatti – dice nella sua umiltà San Francesco – quanto ciascuno è ai tuoi occhi, tanto egli è; e nulla di più.

Note al capitolo 50° 20“Grazie Ti siano rese, perché non hai risparmiato il castigo alle mie colpe, ma mi hai trafitto con aspre battiture, infliggendomi dolori e cari­candomi d’angustie esterne ed interiori”. Desolazione significa restare solo, sconsolato, triste, abbandonato. L’anima in questo stato, per colpa sua o d’altri o per circostanze che vanno di là di ogni volontà umana, non deve scoraggiarsi, ma accettare con abbandono questo stato di cose, chie­dendo aiuto a Dio. Ogni sofferenza è una benedizione, se la sappiamo accettare con fede. Per arrivare alla contemplazione di Dio, è necessaria una grande purità di cuore. Dio stesso purifica il cuore con varie prove, che Lui stesso manda e che l’anima deve pazientemente accettare. S. Giovanni della Croce descrisse queste prove e le chiamò “notti”. Il Santo distingue due “notti”: una destinata a staccarci daI mondo sensibile, e la chiama “notte dei sensi“; la seconda distacca dalle consolazioni spiritua­li ed è chiamata “notte dello spirito”. Possiamo pensare che questo capitolo de L’imitazione di Cristo parli pro­prio della prima notte. Non intendiamo approfondire il discorso, ma sem­plicemente ricordare che si tratta di uno stato spirituale complesso, d’una mescolanza di tenebre e di luce, di aridità e di intenso amor di Dio. È la preparazione ad un più alto stato di perfezione.

Capitolo cinquantunesimo

DEDICARSI A COSE UMILI, QUANDO SI VIENE MENO ALLE PIÙ ALTE

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, tu non riesci a rimanere sempre in uno stato di fervoroso desiderio delle virtu né a stare su più alte vette di con­templazione. 2Ma talvolta, a causa della colpa che è stata all’origine dell’umanità, hai bisogno di scendere più in basso e di portare il peso di codesta vita corruttibile, pur contro voglia e con noia. 3Finché vivi in un corpo mortale, sentirai noia e pesan­tezza di spirito. 4Bisogna, dunque, che nella carne e sotto il peso della carne tu gema spesso, poiché non hai sufficiente lena per reggerti ininterrottamente nelle pratiche spirituali e nella divina contemplazione. 5Ti conviene allora rifugiarti in occupazioni umili e materiali e fortificarti con buone azioni, aspettando con salda fiducia il mio ritorno e la mia visita dall’alto. 6Ti conviene allora sopportare pazientemente il tuo esi­lio e la tua aridità di spirito, in attesa d’essere visitato da Me e d’essere liberato da tutte le angosce. 7Io ti farò dimenticare le tue fatiche e pienamente gode­re della pace interiore. 8Aprirò davanti a te i prati delle Scritture, perché con cuore aperto tu inizi la corsa sulla via dei miei Comandamenti. 9Allora dirai: “Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura, che dovrò essere rivelata in noi” (Rm 8,18).

Note al capitolo 51° 1“Figlio, tu non riesci a rimanere sempre in uno stato di fervoroso desi­derio delle virtù né a stare su più alte vette di contemplazione”. La pre­ghiera in generale è “elevazione dell ‘anima a Dio”. Questa definizione abbraccia ogni specie di preghiera, da quella vocale alla contemplazione infusa. La contemplazione è uno “sguardo semplice ed affettuoso a Dio e alle cose divine”. È’ “acquisita”, quando è frutto della nostra attivita aiu­tata dalla grazia; “infusa’; quando è operata da Dio direttamente, sia pure col nostro consenso. 2“Talvolta, a causa della colpa che é stata all’origine dell ‘umanita’, hai bisogno di scendere più in basso…”. I tre Apostoli che contemplavano la gloria di Gesù sul Tabor esclamarono: “Maestro, é bello per noi stare qui!” (Mc 9,5), ma dovettero ben presto scendere dal monte nella realtà quotidiana. Così avviene anche per il dono della contemplazione: bisogna spesso ritornare più in basso, alla preghiera ordinaria.

Capitolo cinquantaduesimo

L’UOMO NON SI STIMI DEGNO DI CONSOLAZIONE, MA PIUTTOSTO MERITEVOLE DI CASTIGHI

PAROLE DEL DISCEPOLO 1Signore, non sono degno della tua con­solazione né d’alcuna tua visita spiri­tuale; e quindi, Tu operi giustamente con me, quando mi lasci nella povertà e nella desolazione. 2Anche se potessi versare un mare di lacrime, ancora non sarei degno della tua consolazione. 3Altro non merito che le tue percosse e le tue punizio­ni, perché T’ho offeso in materia grave e spesso, ed ho peccato molto in tante cose. 4Dunque, considerata realisticamente la mia condizio­ne, neppure del più piccolo tuo conforto io sono degno. 5Ma Tu, o clemente e misericordioso Iddio, che non lasci perire le tue opere, “per far conoscere l’abbon­danza della tua bontà verso di noi, vasi di misericor­dia” (Rm 9,23), Tu ti degni di consolare il tuo servo, anche di là d’ogni suo merito, oltre ogni umana misura. 6Le tue consolazioni, infatti, non somigliano ai vani discorsi degli uomini. 7Che cosa ho fatto io, Signore, perché Tu mi conceda qualche celeste consolazione? 8Non rammento d’aver compiuto alcunché di buono; rammento, invece, d’essere stato sempre incline ai vizi e indolente a correggermi. 9È la verità, e non posso negarla. Se dicessi altrimenti, Tu sorgeresti contro di me per accusarmi, e non ci sarebbe chi prendesse le mie difese. 10Che cosa ho meritato con i miei peccati, se non l’Inferno ed il fuoco eterno? 11Lo confesso con sincerità: merito ogni genere d’ob­brobrio e di disprezzo e non sono degno d’essere anno­verato fra i tuoi fedeli. 12E sebbene queste parole riescano penose ai miei orec­chi, pure, per amore di verità, mi farò accusatore con­tro me stesso dei miei peccati, per poter più facilmente ottenere la tua misericordia. 13Che cosa dirò io, peccatore quale sono, e pieno d’ogni vergogna? 14Non ho voce se non per dire soltanto questa parola: Ho. peccato, Signore, ho peccato; abbi pietà di me, per­donami! 15“Lasciami un poco; lascia ch’io sfoghi con il pianto il mio dolore, prima di scendere nella terra tenebrosa e coperta dalla caligine della morte” (Gb 10,20-22). 16Che cosa domandi più di tutto al colpevole e misero peccatore, se non che si penta e s’umilii per le sue colpe? 17Dalla vera contrizione e dall’umiliazione del cuore nasce la speranza del perdono, trova quiete la coscien­za sconvolta, si recupera la grazia perduta; l’uomo si munisce contro l’ira futura; Dio e l’anima penitente si corrono incontro, ricambiandosi il santo bacio. 18L’umile contrizione per i peccati, o Signore, è sacrifi­cio a Te gradito, che emana al tuo cospetto una fra­granza molto più soave del profumo dell’incenso. 19Questa è pure quel balsamo profumato, del quale hai voluto che fossero cosparsi i tuoi sacri piedi, perché Tu non hai mai disprezzato “un cuore contrito ed umilia­to” (Sal 50,19). 201n quest’umile contrizione si trova ritugio dalla faccia irata del Nemico; in essa si lava e si purifica ogni impu­rità che l’anima da qualche parte ha contratto.

Note al capitolo 52° 13“Che cosa dirò io, peccatore quale sono, e pieno d’ogni vergogna?”. Luomo non deve mai dimenticare che davanti al suo Creatore è nulla e meno di nulla, per i peccati commessi. È come un manichino in vetrina, la cui importanza dipende solo dagli abiti che indossa. Il mistico, che vive nell’orbita di Dio, è sempre consapevole di questo e non attribuisce mai nulla di buono a se stesso, ma tutto solamente a Dio.

Capitolo cinquantatreesimo

LA GRAZIA DI DIO NON PUO’ CONFONDERSI CON CIÒ CIlE HA SAPORE DI COSE TERRENE

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, la mia Grazia è preziosa e non tollera d’essere mischiata a cose estra­nee e a consolazioni terrene. 2Devi, perciò, buttare via tutto ciò che ostacola la Grazia, se vuoi che essa ti venga infusa. 3Cércati un luogo appartato, ama stare solo con te stes­so, non andare cercando chiacchiere con nessuno, ma effondi, piuttosto, le tue preghiere a Dio, per poter con­servare la compunzione dell’anima e la purezza della coscienza. 4Stima un nulla tutto quanto il mondo; a tutte le occu­pazioni esteriori anteponi la tua dedizione a Dio. 5Non potrai, infatti, attendere a Me e, nello stesso tempo, trovare godimento nelle cose che passano. 6Bisogna allontanare il cuore dalle persone che si cono­scono e dalle persone care, e tenere lo spirito sgombro da ogni conforto terreno. 7Così l’apostolo San Pietro esorta i fedeli di Cristo: comportatevi in questo mondo “come stranieri e pelle­grini” (1Pt 2,11). 8Oh, quanta fiducia e sicurezza avrà in punto di morte chi non è legato al mondo dall’attaccamento per alcuna cosa! 9Ma un’anima tuttora debole non comprende come si possa avere, quaggiù, il cuore così distaccato da tutto; l’uomo materiale non conosce la libertà dell’uomo interiore. 10Eppure, se egli vuole veramente essere uomo spirituale, deve rinunciare tanto ai lontani quanto ai vicini, e da nessuno guardarsi più che da se stesso. 11Se avrai vinto interamente te stesso, più facilmente soggiogherai tutto il resto. 12Perfetta vittoria è trionfare di se stesso. 13Chi, infatti, tiene sottomesso se stesso, cosicché i sensi obbediscano alla ragione, e la ragione obbedisca a Me in tutto, questi è veramente vincitore di sé e signore del mondo. 14Se brami salire su questa vetta, devi cominciare con coraggio a mettere la scure alla radice, per riuscire a svellere e distruggere il segreto, disordinato attacca­mento a te stesso e a tutto ciò che è tuo proprio bene materiale. 15Da codesto vizio, cioè dall’amore troppo disordinato che l’uomo ha per se stesso, deriva quasi tutto quello che dev’essere vinto in noi dalla radice. 16E, vinto e soggiogato questo male, subentrano subito gran pace e serenità. 17Ma poiché pochi s’affaticano a morire del tutto a se stessi e ad uscire pienamente dal proprio egoismo, i più restano come prigionieri di se stessi e non riescono ad innalzarsi spiritualmente sopra di sé. 18Chi, invece, desidera camminare con Me in libertà, deve mortificare tutte le sue cattive e disordinate indi­nazioni, e non attaccarsi ad alcuna creatura con cupido amore personale.

Note al capitolo 53° 6“Bisogna allontanare il cuore dalle persone che si conoscono e dalle persone care, e tenere lo spirito sgombro da ogni conforto terreno”. È necessario distinguere amicizia da amicizia. Ci possono essere amicizie sante, che ci aiutano ad amare Dio. Ma qui non si tratta di queste; si trat­ta piuttosto di quelle amicizie del mondo che ci distolgono da Dio e dalla vita interiore; che trattano volentieri delle cose del mondo e che forse in passato sono state anche causa di peccati. In ogni caso, ora ci distraggono, ci fanno perdere del tempo. Dovremo rendere conto di come abbiamo speso il nostro tempo, ognuno secondo la grazia ricevuta. 18“Chi desidera camminare con Me in libertà, deve mortificare tutte le sue cattive e disordinate inclinazioni, e non attaccarsi ad alcuna creatu­ra con cupido amore personale”. Risorti con Cristo, nostro Capo, non dobbiamo più cercare e gustare le cose terrene che passano, ma quelle del Cielo, dove il nostro Capo ci aspetta. Il Cielo è la nostra patria; la terra, un esilio; il Cielo è la vera, definitiva felicità; la terra non può darci che effimeri diletti.

Capitolo cinquantaquattresimo

GLI OPPOSTI IMPULSI DELLA NATURA E DELLA GRAZIA

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, poni molta attenzione agli impulsi della natura e della grazia, perché i loro moti sono molto contrari, ma così sottili, che solo un uomo spirituale ed intima­mente illuminato riesce a fatica a distinguerli. 2Tutti gli uomini desiderano, certo, il bene e, tanto nelle parole quanto nelle azioni, hanno di mira qualcosa di buono; ma proprio da questa apparenza di bene restano ingannati. 3La natura è scaltra ed alletta molti, irretisce ed ingan­na; inoltre, per fine ha sempre se stessa. 4La grazia, al contrario, cammina con semplicità, evita il male sotto qualsiasi aspetto esso appaia; non tende insidie; opera tutto rettamente, per amore di Dio, nel quale, come suo ultimo fine, trova pace. 5La natura mal sopporta d’essere mortificata, non vuole subire pressioni né essere soffocata né sottostare né piegarsi da sé al giogo. 6La grazia, invece, attende alla propria mortificazione, resiste alla sensualità, cerca d’essere assoggettata, desi­dera d’essere vinta, non vuole far uso della sua libertà, ama d’essere tenuta sotto disciplina; non ha cupidigia di prevalere su alcuno, ma aspira a vivere ed a mante­nersi sempre sottoposta a Dio; e, per amore di Dio, è pronta a piegarsi umilmente ad ogni umana creatura. 7La natura s’affatica per il suo vantaggio e bada a quan­to guadagno le possa venire da altri. 8La grazia, invece, considera non il profitto ed il van­taggio propri, ma piuttosto quello che possa giovare agli altri. 9La natura si compiace degli onori e degli ossequi. 10La grazia, invece, attribuisce lealmente a Dio ogni onore e gloria. 11La natura teme la vergogna e il disprezzo. 12La grazia, invece, gode di “patire in giurie per il nome di Gesù” (At 5,41). 13La natura ama l’ozio e gli agi del corpo. 14La grazia, invece, non può starsene inoperosa ed accetta con piacere la fatica. 15La natura cerca di possedere cose rare e belle, mentre detesta quelle comuni e grossolane. 16La grazia, invece, si compiace delle cose semplici ed umili, non disdegna quelle rozze né rifiuta di vestirsi di vecchi panni. 17La natura tiene l’occhio rivolto ai beni temporali, gioi­sce dei guadagni, si rattrista delle perdite e si irrita per una parola lievemente offensiva. 18La grazia, invece, mira ai beni eterni e non s’attacca alle cose temporali, né s’agita per la perdita di cose materiali, né s’inasprisce per parole un po’ brusche, poiché ha posto il suo tesoro e la sua gioia in Cielo, dove nulla perisce. 19La natura è avida e prova più piacere nel prendere che nel donare, ama ciò che le appartiene personalmente. 20La grazia, invece, è pietosa e condivide ciò che ha, rifugge dalle cose personali, si contenta di poco, “giu­dica che c ‘è più gioia nel donare che nel ricevere” (At 20,35). 21La natura tende alle creature, al proprio corpo, alle vanità ed alle distrazioni. 22La grazia, invece, attira a Dio ed alle virtù, rinunzia alle creature, fugge il mondo, odia i desideri della carne, frena il desiderio degli svaghi, si vergogna di comparire in pubblico. 23La natura gode volentieri di qualche divertimento esteriore, nel quale trovino diletto i sensi. 24La grazia, invece, cerca la consolazione soltanto in Dio ed il compiacimento nel Sommo Bene, elevandosi sopra tutti i beni sensibili. 25La natura fa tutto per il proprio guadagno e per il pro­prio vantaggio, non sa fare nulla gratuitamente; ma spera di ricevere, per il bene fatto, un compenso ugua­le o maggiore o lodi e favori; e brama che siano molto apprezzate le sue azioni ed i suoi doni.26La grazia, invece, non cerca nessun compenso tempo­rale né domanda, come mercede, alcun premio se non Dio solo; delle cose materiali, pur necessarie, non desi­dera più di quanto le possa servire al conseguimento dei beni eterni. 27La natura si compiace delle molte amicizie e parente­le, si gloria dell’alta posizione sociale e della nobiltà di stirpe, sorride ai potenti, blandisce i ricchi, applaude ai suoi eguali. 28La grazia, invece, ama anche i nemici e non s’inorgo­glisce per la quantità degli amici né dà importanza all’alta posizione sociale o al casato d’origine, se non in quanto ci sia stata in esso una virtù più grande. 29Favorisce più il povero che il ricco, simpatizza più per l’innocente che per il potente, fa festa con chi dice la verità e non con chi mentisce. 30Esorta sempre i buoni ad aspirare a “doni spirituali sempre più grandi” (1 Cor 12,31) e ad assomigliare per le loro virtù al Figlio di Dio. 31La natura, se qualcosa le manca e l’affligge, subito si lagna. 32La grazia sopporta con fermezza la povertà. 33La natura volge ogni cosa a suo favore, combatte e discute per i propri interessi. 34La grazia, invece, riconduce tutte le cose a Dio, come al principio dal quale esse hanno origine; non attribui­sce a sé nulla di buono né presume di sé con superbia; non muove contestazioni né fa prevalere su altri il pro­prio parere; ma in ogni suo sentimento e pensiero si sot­tomette all’eterna Sapienza e al giudizio di Dio. 35La natura è smaniosa di conoscere cose segrete e di sentire novità; vuole apparire bene all’esterno e fare molte esperienze per mezzo dei sensi; brama d’essere conosciuta e di fare ciò da cui nascono lode ed ammi­razione. 36La grazia, al contrario, non si cura di conoscere novità e curiosità, perché tutto ciò è nato dall’evoluzione del vecchio, non essendoci su questa terra nulla che sia nuovo e duraturo. 37Essa, pertanto, insegna a frenare i sensi, ad evitare la vana compiacenza e l’ostentazione, a tenere nascosto umilmente ciò che sarebbe degno di lode e d’ammirazione e a cercare, in ogni circostanza ed in ogni scienza, il vero profitto, la lode e la gloria di Dio. 38Non vuole che si faccia pubblicità a lei ed alle sue opere, ma desidera che nei suoi doni si benedica Dio, che tutto elargisce per puro amore. 39Questa grazia è una luce soprannaturale, uno straordi­nario, speciale dono di Dio, un segno distintivo degli eletti e un pegno dell’eterna salvezza; essa innalza l’uo­mo dall’amore terreno all’amore celeste e lo trasforma da carnale in spirituale. 40Perciò, quanto più si domina e si vince la natura, tanto maggiore grazia ci viene infusa; e, di giorno in giorno, per nuove visite celesti, l’uomo interiore si va trasfor­mando secondo l’immagine di Dio.

Note al capitolo 54° 2“Tutti gli uomini desidenino il bene e, tanto nelle parole quanto nelle azioni, hanno di mira qualcosa di buono; ma proprio da questa apparen­za di bene restano ingannati”. Questo capitolo è uno dei più significativi ed introspettivi di tutto il libro. Per “natura” si deve intendere quel che l’a­postolo S. Giovanni chiama “mondo”, e S. Paolo “carne”. Dio ha creato il mondo, e tutto ciò che Egli ha creato è buono. Ma il peccato lo ha messo nelle mani di Satana, che si considera ora suo “principe”. Gesù Cristo lo ha riscattato, ma dipende da noi far valere i suoi diritti col nostro impe­gno. L’uomo non è fatto per una felicità effimera, transitoria, ma per la felicità eterna; e questa bisogna meritarsela. Ora il “principe” di questo mondo, Satana, ci offre la felicità subito, gratuitamente, ma … illusoria. Vanta la felicità dei ricchi, dei forti, dei prepotenti, dei violenti, degli arricchiti, degli ambiziosi, di quelli che sanno godersi la vita, e insegna l’amore dei piaceri. I tempi, ci dice, sono cambiati; non siamo più nel Medio Evo. Il capitolo cinquantaquattresimo del terzo libro ci mette in guardia, perché non ci lasciamo ingannare e sappiamo superare tutte le tentazioni del Maligno, come le ha superate Gesù.

Capitolo cinquantacinquesimo

CORRUZIONE DELLA NATURA ED EFFICACIA DELLA GRAZIA DIVINA

PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore Dio mio, che mi hai creato a tua immagine e somiglianza, concedimi questa grande grazia che, come Tu ci hai rivelato, è tanto grande e necessaria per la salvezza; cosicché io possa vincere la mia natura, tanto malvagia, che mi trascina ai peccati e alla perdi­zione. 2Sento”, infatti, “nella mia carne la legge del peccato, che contraddice la legge della mia ragione e mi trascina come schiavo” (Rm 7,23) ad ubbidire in molte cose ai sensi; e, se non m’assiste la tua santissima grazia, infon­dendosi ardente nel cuore mio, non ho la forza di resi­stere alle passioni che nascono dalla legge del peccato. 3Ho bisogno della tua grazia, d’una grazia grande, per vincere la natura, sempre incline al male fin dal princi­pio. 4lnfatti, essendo la natura, per la colpa del primo uomo, Adamo, decaduta e corrotta dal peccato, la pena di que­sta macchia passò in tutti gli uomini; sicché, quella natu­ra stessa, da Te creata buona e retta, è ormai intesa come vizio e debolezza della natura corrotta; ragione, questa, per cui i suoi impulsi, abbandonati a se stessi, trascina­no al male e alle cose della terra. 5La poca forza rimastale è come una scintilla nascosta sotto la cenere.6Questa è la stessa ragione naturale, avvolta però da una densa nebbia; essa conserva la facoltà di giudicare il bene ed il male e di distingnere il vero dal falso, sebbe­ne sia incapace di compiere tutto quello che riconosce come buono, e non possegga più il pieno lume della verità e la rettitudine degli affetti.7Di qui deriva, o mio Dio, che”acconsento nel mio inti­mo alla legge di Dio” (Rm 7,22), sapendo che il tuo comandamento è buono, giusto e santo, e deducendo anche che si devono fuggire ogni male ed ogni peccato. Nella carne, invece, sono schiavo della legge del peccato, mentre ubbidisco più ai sensi che alla ragione. 8Di qui viene che “c’è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo” (Rm 7,18). 9Di qui viene che spesso mi propongo molti atti di bontà; ma poiché manca la grazia in aiuto alla mia debolezza, anche per una lieve difficoltà indietreggio e vengo meno. 10Di qui mi succede che conosco, si, la via della perfe­zione e vedo abbastanza chiaramente come dovrei com­portarmi, ma poi, oppresso dal peso della mia corruzio­ne, non mi innalzo ad uno stato più perfetto. 11Oh, quanto mi è estremamente necessaria, o Signore, la tua grazia per cominciare il bene, per continuarlo e per condurlo a compimento! 12Senza di essa, nulla posso fare; tutto, invece, posso in Te, se la tua grazia mi dà la forza. 13Oh grazia veramente celeste, senza la quale non ci sono propri meriti, e nemmeno i doni di natura hanno pregio! 14Abilità e ricchezza, bellezza e forza, ingegno ed elo­quenza nulla valgono presso di Te, o Signore, senza la grazia. 15lnfatti, i doni di natura sono comuni ai buoni e ai catti­vi, ma la grazia, ossia lo spirito di carità, è il dono par­ticolare degli eletti. Ornati di questa grazia, sono poi giudicati degni della vita eterna. 16Questa grazia è tanto eccelsa, che né il dono della pro­fezia né il potere di compiere miracoli né la contempla­zione, per quanto si voglia alta, hanno alcun pregio senza di essa. 17Anzi, neppure la fede, neppure la speranza, neppure le altre virtù sono bene accette a Te, senza la grazia e la carità. 18O grazia santissima, che fai ricco di virtù chi è povero nello spirito, che rendi ricco di molti beni chi è umile di cuore! 19Vieni, discendi in me, colmami fin dal mattino della tua consolazione, perché l’anima mia non venga meno per stanchezza e aridità interiore! 20Ti prego, o Signore: ch’io trovi grazia ai tuoi occhi; pur se non otterrò ciò che la natura desidera, “mi basta la tua grazia” (2 Cor 12,9). 21Se sarò tentato ed oppresso da molte tribolazioni, non temerò alcun male, finché la tua grazia sarà con me. 22Essa è la mia forza, essa mi dà consiglio ed aiuto. 23Essa è più potente di tutti i nemici e più sapiente di tutti i sapienti. 24Essa è maestra di verità, regola di disciplina, luce del cuore, conforto nell’afflizione. Essa mette in fuga la tri­stezza, toglie il timore, nutre la devozione, ci fa versare lacrime sui nostri peccati. 25Che cosa sono io, senza la grazia, se non un legno secco ed un inutile sterpo da gettare via? 26“La tua grazia, dunque, o Signore, mi preceda sempre e m’accompagni, e faccia sì ch’io m’applichi di conti­nuo ad opere sante, per i meriti di Gesù Cristo, tuo Figlio. Amen”.

Note al capitolo 55° 2“Sento nella mia carne la legge del peccato, che contraddice la legge della mia ragione e mi trascina come schiavo” (Pm 7,23). La grazia, di cui si parla in questo capitolo, è la “grazia attuale”, cioè un impulso soprannaturale e transitorio, che Dio ci dona per illuminare la nostra intel­ligenna e fortificare la nostra volontà, sicché agiamo come figli di Dio. Ci fu un’eresia del 4°-5° secolo, il pelagianesimo (da Pelagio [354-427], un monaco bretone), condannata dal Concilio di Efeso nel 431, che negava il peccato originale e sosteneva la bonta della natura umana, anche senza la grazia. Ma l’evidenza dimostra il contrario e Gesù l’ha affermato chiara­mente: “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5). Il pelagianesimo non è mai del tutto morto. Riaffiora, magari sotto altre forme, di tanto in tanto. Anche ai nostri giorni, più virulento che mai, c’è un rigurgito di pela­gianesimo, che è la negazione del “soprannaturale”, della “trascendenza” di Dio.

Capitolo cinquantaseiesimo

RINNEGARE NOI STESSI ED IMITARE CRISTO PORTANDO LA CROCE

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, quanto sarai capace di uscire da te stesso, tanto potrai passare in Me.  2Come il non desiderare nulla dei beni esterni produce pace interiore, così il distacco interiore da se stessi unisce a Dio. 3Voglio che tu impari il perfetto rinnegamento di te, ras­segnandoti alla mia volontà, senza obiezioni e lamente. 4“SeguiMi” (Mt 9,9). “Io sono la Via, la Verità e la Vita” (Gv 14,6). Senza via non si va avanti, senza verità non si conosce, senza vita non si vive. Io sono la Via che tu devi seguire, la Verità alla quale tu devi credere, la Vita che tu devi sperare. 5Io sono la Via dalla quale non si può deviare, la Verità infallibile, la Vita che non ha termine. 6Io sono la Via più dritta, la Verità suprema, la Vita vera, beata, increata. 7Se rimarrai nella mia Via, conoscerai la Verità, e la Verità ti farà libero; così conseguirai la vita eterna. 8“Se vuoi entrare nella Vita, osserva i Comandamenti” (Mt 19,17). 9Se vuoi conoscere la Verità, credi a Me. 10“Se vuoi essere perfetto, vendi ogni cosa” (Mt 19,21). 11Se vuoi essere mio discepolo, rinnega te stesso. 12Se vuoi avere la vita eterna, disprezza la vita presen­te. 13Se vuoi essere esaltato in Cielo, umiliati in questo mondo. 14Se vuoi regnare con Me, porta con Me la croce. 15Solo i servi della croce trovano la via della beatitudi­ne e della vera luce.

PAROLE DEL DISCEPOLO 16O Signore Gesù, poiché la via che Tu hai percorso fu stretta e disprezzata dal mondo, concedimi che, disprezzando il mondo, io possa imitarTi. 17Infatti, “un discepolo non è da più del maestro nè un servo da più del suo padrone” (Mt 10,24). 18Si eserciti il tuo servo alla scuola della tua vita, perché in essa sta la mia salvezza e la vera santità. 19Qualunque cosa io legga od ascolti, fuori di essa, non mi può dare ristoro né gioia completa.

PAROLE DEL SIGNORE 20Figlio, poiché tu sai ed hai letto tutte codeste cose, sarai beato se le avrai messe in pratica. 21“Chi accoglie i miei Comandamenti e li osserva, que­sti Mi ama, e anch’Io lo amerò e Mi manifestero a lui” (Gv 14,21) e lo farò sedere con Me nel Regno del Padre mio.

PAROLE DEL DISCEPOLO 22Signore Gesù, come hai detto e promesso, così sia fàtto veramente, e che io possa meritarlo! 23Ho ricevuto la croce, l’ho ricevuta dalle tue mani; la porterò, la porterò fino alla morte, come Tu m’hai comandato. 24È, veramente, la croce la vita d’un buon monaco; ma la croce è guida al Paradiso. 25Ormai s’è cominciato; non è lecito tornare indietro né abbandonare l’opera. 26Suvvia, fratelli, procediamo insieme; Gesù sarà con noi! 27Per amore di Gesù abbiamo preso su di noi questa croce; per amore di Gesù continuiamo a portarla. 28Il nostro aiuto sarà chi ci guida e precede. Ecco: il nostro Re cammina in testa a noi; Egli combatterà per noi! 29Seguiamolo coraggiosamente! Nessuno abbia paura! Siamo pronti a morire da valorosi in guerra e non infliggiamo al nostro buon nome l’onta d’una fuga delittuosa.

Note al capitolo 56° 1“Figlio, quanto sarai capace di uscire da te stesso, tanto potrai passare in Me”. Non è la prima volta che in questo libretto viene trattato l’ar­gomento della croce. Forse qualcuno penserà che è una ripetizione. Ripetizione non è. Ci sono, invece, gradi diversi di amore alla croce. Gesù si è sottoposto al supplizio della croce per amore al Padre, per com­piere la sua volontà. Per questo, Dio lo ha premiato (cf. Fil 2,6-11). Il vero motivo che ci deve convincere ad abbracciare la croce è la sotto-missione alla volontà di Dio, il quale saprà dare il premio al tempo opportuno. Sulla terra siamo di passaggio; non possiamo trastullarci a cogliere i fiori delle consolazioni, dal momento che ogni consolazione sarà sempre amareggiata dal pensiero che finirà. 3“Voglio che tu impari il pefetto rinnegamento di te…”. vi sono gradi diversi di rinnegamento e di amore alla croce: il primo grado è di accetta­re il dolore come mandato da Dio, senza obiezioni. Il secondo è di abbracciarlo con coraggio e risolutezza, in unione a Gesù, per essere simili a Lui. Il terzo grado è di desiderare con umiltà di soffrire, per la propria santifi­cazione e per la santificazione delle anime che la Provvidenza ci ha affi­date. Si può andare oltre e fare quel che alcuni Santi fecero: offrirsi vitti­ma? É un campo assai delicato. Non si dovrebbe mai fare una simile offerta senza il consiglio di una prudente guida spirituale. Sembra che Gesù stes­so si scelga le sue vittime. Le prepara per tempo con sofferenze ed umiliazioni, e chiede loro il libero consenso.

Capitolo cinquantasettesimo

L’UOMO NON DEVE ABBATERSI TROPPO, QUANDO CADE IN QUALCHE MANCANZA

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, Mi sono più care la pazienza e l’umiltà nelle vicende avverse, che non molta consolazione e devozione in quelle liete. 2Perché ti amareggia una piccola cosa detta o fatta con­tro di te? 3Fosse stato anche qualcosa di più grave, tu non avresti dovuto turbartene. 4Ora, però, lascia passare le avversità: non sono le prime, non sono insolite, non saranno le ultime, se vivrai a lungo. 5Tu sei pur forte, finché non ti si pari innanzi nulla di contrario. 6Sai perfino dare saggi consigli e sai far coraggio ad altri con le tue parole; ma quando batte alla tua porta un’improvvisa tribolazione, ecco che ti mancano consi­glio e forza. 7Considera la tua grande fragilità, di cui tante volte fai esperienza fin nelle piccole contrarietà; tuttavia, quan­do codeste e simili cose ti succedono, avvengono solo per la salvezza della tua anima. 8Cerca di togliertele, dunque, dal cuore, come meglio sai fare; e se una tribolazione t’ha colpito, non ti abbat­ta e non ti tenga legato a lungo. 9Almeno, sopportala con pazienza, se non puoi con gioia. 10Anche se ti senti dire una cosa spiacevole e ne provi indignazione, cerca di frenarti, e non permettere che dalla tua bocca esca qualche espressione scomposta od ingiusta, che possa scandalizzare le anime semplici. 11L’eccitazione insorta nell’animo ben presto si calmerà e l’intimo ramnmarico si mitigherà con il ritorno della grazia. 12Io sono sempre vivo – dice il Signore – pronto ad aiu­tarti e a consolarti più del solito, se avrai avuto confi­denza in Me e se Mi avrai devotamente invocato. 13Devi avere un animo più calmo e disporti ad una mag­giore sopportazione. 14Se ti senti spesso tribolato o gravemente tentato, non è tutto perduto. 15Uomo sei, non Dio; carne sei, non Angelo. 16Come potresti mantenerti sempre nello stesso stato di virtù, se questa perseveranza è venuta meno ad un Angelo, in Cielo, e al primo uomo nel Paradiso terre­stre? 17Sono Io colui che rialza e solleva gli afflitti; colui che innalza fino alla mia Divinità quelli che riconoscono la loro debolezza.

PAROLE DEL DISCEPOLO 18O Signore, sia benedetta la tua parola, più dolce alle mie labbra del miele che stilla dal favo. 19Che potrei io fare in mezzo a cosi grandi tribolazioni e nei miei affanni, se Tu non mi confortassi con le tue sante parole? 20Purché io giunga, alla fine, al porto della salvezza, che cosa importa quali e quanto gravi patimenti avrò dovuto soffrire? 21Concedimi un felice compimento, un felice transito da questo mondo! 22RicordaTi di me, Dio mio, e guidami per retto cam­mino nel tuo Regno! Amen.

Note al capitolo 57° 1“Figlio, Mi sono più care la pazienza e 1’umiltà nelle vicende avverse, che non molta consolazione e devozione in quelle liete”. In ogni stadio della vita spirituale vi possono essere cadute più o meno gravi. Nella via purgativa vi possono essere cadute nel peccato mortale; nella via illumi­nativa, peccati veniali e, nella via unitiva, imperfezioni che ostacolano il cammino spirituale. Mentre si lavora per crescere nella virtù, soprattutto se non ci fu abbastanza impegno per sradicare le radici dei vizi capitali, questi possono rinascere, magari in forma più blanda e subdola. L’orgoglio rinasce sotto forma di vana compiacenza per il proprio cammi­no spirituale. Alcuni parlano volentieri di cose spirituali per mettersi in vista. Altri mettono la loro spiritualità a confronto con quella degli altri. Altri ancora cercano di conquistare il proprio direttore e, se questi non approva, ne cercano un altro. Altri, se commettono peccati, si scusano facilmente o si scoraggiano o s’indispettiscono, perché non sono ancora santi. Altri godono di fare i singolari. Soprattutto si lasciano vincere dall’invidia e dalla gelosia: questo può accadere in coloro che hanno dei doni particolari. Ci sono peccati di lussuria che si manifestano nella ricerca di consolazioni, di amicizie spirituali che, con la scusa della devozione, pos­sono diventare sensibili e sensuali. L’accidia può manifestarsi in una certa noia e incostanza nei propri impegni e propositi. L’avarizia spirituale si può manifestare anche in una insaziabile sete di ascoltare discorsi spiri­tuali e leggere libri e trattati.

Capitolo cinquantaottesimo

NON INVESTIGARE GLI ALTI MISTERI E GLI OCCULTI GIUDIZI DI DIO

PAROLE DEL SIGNORE 1Figlio, guardati dal discutere delle que­stioni troppo profonde e degli occulti giudizi di Dio, quali, ad esempio: perché questi sembra così abbandonato e quello è assunto a così grande stato di grazia; ed anco­ra, perché questi è tanto tribolato e quello è tanto esal­tato. 2Codeste cose vanno oltre i limiti d’ogni mente umana e non c’è alcun ragionamento o alcuna disquisizione che può penetrare nei giudizi di Dio. 3Quando, dunque, il Nemico ti insinua codesti pensieri o, anche, quando certi uomini con indiscreta curiosità te ne interrogano, rispondi con quel detto del Profeta: 4“Tu sei giusto, Signore, e retto nei tuoi giudizi” (Sal 118,137). con quest’altro: “I giudizi del Signore sono veri e santi in se stessi” (Sal 18,10). 5I miei giudizi si devono venerare, non investigare, per­ché sono incomprensibili all’intelligenza umana. 6Neppure devi indagare e discutere sui meriti dei Santi: se uno sia più santo d’un altro o chi sia più grande nel Regno dei Cieli. 7Siffatte controversie generano spesso dispute e conte­se inutili ed alimentano la superbia e la vana gloria, da cui nascono, poi, invidie e discordie; e mentre uno si dichiara orgogliosamente a favore d’un Santo, un altro si sforza di dare la preferenza ad un altro Santo. 8Ma il voler conoscere ed indagare tali problemi non reca alcuna utilità e, anzi, ai Santi non è gradito, perché Io sono Dio non di discordia, ma di pace. E questa pace consiste nella vera umiltà, più che nella propria esalta­zione. 9Alcuni per zelo di devozione sono portati ad amare questi o questi altri Santi con maggiore affetto: affetto più umano, però, che divino. 10I Santi li ho fatti Io, tutti; Io ho donato loro la grazia; Io ho concesso loro la gloria. 11Io conosco i meriti di ciascuno; Io li ho prevenuti con le mie dolci benedizioni. 12Io conobbi i miei eletti prima di tutti i secoli; Io li scelsi dal mondo, e non essi scelsero Me. 13Io li chiamai con la grazia, li attirai con la misericor­dia; Io li condussi alla salvezza eterna attraverso varie tentazioni. 14Io infusi in loro mirabili consolazioni; Io diedi loro la perseveranza; Io coronai la loro pazienza. 15Io conosco chi tra essi è il primo e chi è l’ultimo, ma li abbraccio tutti con un amore che non si può misurare. 16Io devo essere lodato in tutti i miei Santi; Io devo esse­re benedetto sopra ogni cosa; Io devo essere onorato in ciascuno di loro, perché sono Io che li ho così glorio­samente esaltati e predestinati, senza alcun loro prece­dente merito. 17Chi, dunque, disprezza uno dei miei piu piccoli, non onora nemmeno il più grande, perché fui Io a fare il piccolo e il grande. 18Inoltre, chi sminuisce qualcuno dei Santi, sminuisce anche Me e tutti gli altri che sono nel Regno dei Cieli. 19Tutti sono una cosa sola per il vincolo dell’amore; uno è il loro sentimento, uno il loro volere; e tutti si amano in un unico vicendevole amore. 20ìnoltre – cosa che è molto più eccelsa – amano Me più che se stessi ed i loro meriti. 21lnfatti, rapiti sopra di sé e tratti fuori, in alto, dal pro­prio amore, s’immergono totalmente nell’amore mio, godono di Me, trovano pace in Me. 22Non c’è nulla che possa distoglierli o trarli al basso, perché, ripieni dell’eterna Verità, ardono nel fuoco d’un inestinguibile amore. 23Cessino, dunque, di discutere della condizione dei Santi gli uomini carnali e materiali, che non sanno amare altro che i propri piaceri. Essi tolgono ed aggiun­gono secondo la tendenza del loro animo, non secondo quanto piace all’eterna Verità. 24Molti non capiscono, specialmente quelli che, poco illuminati nello spirito, hanno imparato, solo di rado, ad amare qualcuno con perfetto amore spirituale. 25Costoro, per impulso d’un affetto ancora naturale e d’un’amicizia ancora umana, sono fortemente attratti verso questo o quel Santo, e con l’immaginazione ritengono che le cose celesti siano regolate così, come sono regolate le relazioni tra gli uomini in terra. 26Ma c’è una distanza incomparabile fra ciò che pensano gli uomini imperfetti e ciò che vedono, per divina rivelazione, gli uomini illuminati. 27Guardati, dunque, figlio, dal trattare per curiosità que­ste cose, che vanno oltre la tua conoscenza; ma sforzati piuttosto e mira a poterti trovare, almeno come ulti­mo, nel Regno di Dio. 28E, pur se uno sapesse chi sia più santo d’un altro o sia stimato più grande nel Regno dei Cieli, a che cosa gli gioverebbe questa conoscenza, se poi non traesse moti­vo per umiliarsi davanti a Me e si levasse a lodare anco­ra di più il mio nome? 29Chi riflette sulla gravità dei propri peccati, sulla pochezza delle proprie virtù e su quanto sia lontano dalla perfezione dei Santi, compie opera più accetta a Dio, che non colui che discute sulla loro maggiore o minore grandezza. 30È meglio implorare i Santi con devote preghiere e con lacrime, e supplicarli umilmente per avere la loro potente intercessione, che non scrutare con inutile inda­gine i segreti della loro condizione in Cielo. 31Essi sono paghi, in sommo grado paghi. Oh! se gli uomini sapessero accontentarsi e frenare i loro inutili discorsi! 32Non si gloriano dei loro meriti, perché non attribui­scono nulla di ciò che è buono a se stessi, ma tutto attri­buiscono a Me, che, nel mio infinito amore, ho loro donato ogni cosa. 33Sono così ripieni di divino amore e di sovrabbondan­te gaudio, che nulla manca loro di gloria e nulla può loro mancare di felicità. 34Tutti i Santi, quanto più sono in alto nella gloria, tanto più sono umili in se stessi, e perciò a Me più vicini e più cari. 35Perciò, trovi scritto che deponevano le loro corone davanti a Dio, prostrandosi con la faccia a terra din­nanzi all’Agnello “e adorando il Vivente nei secoli dei secoli” (Ap 5,14). 36Molti cercano di sapere chi sia maggiore nel Regno di Dio, mentre non sanno se saranno degni d’esservi annoverati tra i più piccoli. 37Ed è già gran cosa essere il più piccolo in Cielo, dove tutti sono grandi, perché tutti “saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9) e saranno figli di Dio. 38“Il minimo degli eletti varrà per mille” (Is 60,22), mentre il peccatore morirà a cent’anni. 39I discepoli, infatti, chiedendo chi sarebbe stato il più grande nel Regno dei Cieli, si sentirono rispondere così: “Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei Cieli” (Mt 18,3). 40“Perciò, chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel Regno dei Cieli” (Mt 18,4). 41Guai a coloro che disdegnano di abbassarsi sponta­neamente al livello dei piccoli: la piccola porta del Regno dei Cieli non permetterà loro d’entrare. 42Guai anche ai ricchi, che hanno quaggiù le loro con­solazioni! Mentre i poveri entreranno nel Regno dei Cieli, essi rimarranno fuori, urlando disperatamente. 43Godete voi, umili, ed esultate voi, poveri, perché vostro è il Regno di Dio, se camminate però nella Verità.

Note al capitolo 58° 1“Figlio, guardati dal discutere delle questioni troppo profonde…”. Già nel Medio Evo si amavano discussioni accademiche inconcludenti. Ma ai nostri giorni, con tutte le interviste che ogni giorno ci sorbiamo, anche noi ci crediamo esperti in tutte le materie e in grado di dare giudizi su tutti e tutto, e di insegnare al Padre Eterno come governare il mondo. Non dob­biamo mai dimenticare che siamo creature; che Dio è “il Trascendente” e che la sua intelligenza supera infinitamente la nostra. Dunque, noi dob­biamo solo adorare in silenzio i suoi imperscrutabili giudizi. 6“Neppure devi indagare e discutere sui meriti dei Santi…”. Si direbbe  che nel Medio Evo non facevano il tifo solo nei tornei, ma anche nelle chiese, e oggetto del tifo erano i Santi stessi! La devozione ai Santi, però, non dovrebbe essere considerata in modo troppo materialistico, interessa­to o campanilistico, ma piuttosto come un aiuto nelle nostre situazioni particolari. I Santi hanno saputo vivere e superare difficoltà analoghe alle nostre (e si sono fatti santi). Ora ci possono essere di aiuto nelle nostre vicissitudini. Che possiamo ricorrere a loro anche nei nostri problemi materiali, è fliori di dubbio; ma solo se è volontà di Dio, saremo esauditi. Siamo sulla terra di passaggio e dobbiamo accetrare con fede anche le nostre croci e, semmai, chiedere l’interecessione dei Santi per portarle.

Capitolo  cinquantanovesimo

SOLO IN DIO LA NOSTRA SPERANZA E LA NOSTRA FIDUCIA

PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore, quale fiducia posso io avere in questa vita? O quale il mio maggiore conforto, fra tutte le cose che appaiono sotto il cielo? 2Non sei forse Tu, o Signore Dio mio, d’infinita miseri­cordia? 3Dove ho potuto avere bene senza di Te? O quando ho avuto male, se Tu eri presente? 4Preferisco essere povero per Te, che ricco senza di Te. 5Scelgo d’essere pellegrino su questa terra, piuttosto che possedere il Cielo senza di Te. 6Dove sei Tu, là è il Cielo; e dove non sei Tu, là è morte ed Inferno. 7Sei Tu in cima ai miei desideri e, quindi, è necessario ch’io Ti segua piangendo, gridando e pregando. 8lnsomma, non posso pienamente confidare in alcuno che mi presti soccorso più opportunamente nelle mie necessità, fuorché in Te solo, Dio mio. 9Sei Tu la mia speranza; Tu, la mia fiducia; Tu, il mio consolatore, il più fedele in ogni circostanza. 10Tutti cercano i loro interessi. Tu solo, invece, Ti prefiggi la mia salvezza ed il mio miglioramento, e volgi tutto in bene per me. 11Anche se mi esponi a varie tentazioni ed avversità, tutto questo Tu lo indirizzi a mio vantaggio, perché usi mettere in mille modi alla prova i tuoi prediletti. 12E in questa prova Tu devi essere pur amato e lodato, non meno che se Tu mi riempissi di celesti consolazio­ifi. 13In Te, dunque, o Signore Dio, pongo tutta la mia spe­ranza e cerco il mio ritugio; in Te depongo ogni tribo­lazione ed affanno, perché tutto trovo debole ed insicu­ro quello che vedo fuori di Te. 14Infatti, non mi gioveranno i molti amici né mi servirà l’aiuto dei potenti né mi daranno risposte utili i pru­denti consiglieri né mi potranno confortare i libri dei dotti. 15Non mi darà la libertà una preziosa ricchezza; nessun luogo solitario ed ameno potrà darmi sicuro ritugio, se Tu stesso non m’ assisti, non m’aiuti, non mi conforti, non mi consoli, non mi ammaestri, non mi custodisci. 16lnfatti, tutte quelle cose che sembrano fatte per procu­rare pace e felicità, se non ci sei Tu, sono un nulla e non contribuiscono affatto alla vera felicità. 17Tu sei, dunque, il termine di tutti i beni, il vertice della vita, la sorgente più profonda d’ogni parola; e sperare in Te sopra ogni cosa è il più valido conforto dei tuoi servi. 18A Te sono rivolti i miei occhi; in Te confido, o Dio mio, “Padre delle misericordie” (2 Cor 1,3). 19Benedici e santifica con la tua celeste benedizione l’a­nima mia, perché essa sia fatta tuo santo tabernacolo e sede della tua santa gloria; e, in questo tempio della tua Divinità, nulla si possa trovare che offenda gli occhi della tua Maestà. 20Volgi a me il tuo sgnardo secondo la grandezza della tua bontà e secondo la moltitudine delle tue misericor­die; esaudisci la preghiera del tuo servo, che va pere­grinando lontano da Te, in questa regione immersa nell’ombra della morte. 21Proteggi e salva l’anima del tuo piccolo servo in mezzo ai tanti pericoli di questa corruttibile vita; accompagnala con la tua grazia e dirigila, per la via della pace, alla patria della luce eterna. Amen.

FINISCE IL LIBRO DELLA CONSOLAZIONE INTERIORE

Note al capitolo 59° 13“In Te, dunque, Signore Dio, pongo tutta la mia speranza…”. Il grande dottore della Chiesa, S. Agostino, dopo aver errato a lungo nelle vie del peccato e della falsa scienza, concludeva gettandosi nelle braccia dell’infinita Misericordia di Dio e confessando il suo lungo errare con quella famosa affermazione: “Tu ci hai creati per Te e il nostro cuore non è in pace, finché non riposi in Te” (Confessioni 1,1). All’affermazione del grande dottore d’Ippona fa eco questa de L’imitazione di Cristo: “In Te pongo tutta la mia speranza…”. Ci sono tante meteoriti nel cielo stellato: rottami di stelle che vagano nella profondità dello spazio senza méta, che spesso finiscono in un bagliore nella notte. Di là di questi rottami nello spazio, quanti spiriti vagano senza pace nell’illusione di un vuoto sapere, perché non vogliono ancorarsi a Colui che ha lanciato le stelle nello spa­zio e, incarnandosi, si è fatto Nucleo dell’Umanità rinnovata!

L’IMITAZIONE DI CRISTO 11ultima modifica: 2010-08-15T14:12:00+02:00da meneziade
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