L’IMITAZIONE DI CRISTO 12

 

Cristo_crucificado.jpgLIBRO IV°

IL SACRAMENTO DELL’ALTARE

Introduzione. Prima di salire al Cielo, Gesù aveva promesso ai suoi discepoli e a tutti i suoi seguaci: “Ecco, Io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Era già risorto dai morti ed aveva già iniziato la sua vita mistica nella Chiesa; ma i discepoli non si rendevano anco­ra conto di questa misteriosa presenza di Gesù in mezzo a loro, e non solo in mezzo a loro. Nato in un remoto angolo della terra, in Palestina, come avrebbe potuto mantenere la promessa: essere presente in tutti i luoghi dove sarebbero stati presenti i suoi seguaci e tutti gli uomini, in tutti i tempi? Dice il Catechismo della chiesa cattolica: “La missione di Cristo e dello Spirito Santo si compie nella Chiesa, Corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questa missione con­giunta associa ormai i seguaci di Cristo alla sua comunione con il Padre nello Spirito Santo: lo Spirito prepara gli uomi­ni, li previene con la sua grazia per attirarli a Cristo. Manifesta loro il Signore risorto, ricorda loro la sua parola, apre il loro spirito all’intelligenza della sua Morte e Risurrezione. Rende loro presente il mistero di Cristo, soprattutto nell’Eucaristia, al fme di riconciliarli e di met­terli in comunione con Dio, perché portino “molto frutto” (Gv 15, 5.8,16; Cat. n. 737). La Chiesa, dunque, é il “Sacramento” che rende la missione di Cristo e del suo Santo Spirito presente in tutti i tempi, in tutti i luoghi, a tutti gli uomini sulla terra. “Essa è inviata ad annunziare e testimoniare, attualizzare e diffonde­re il mistero della comunione della Santa Trinità” (n. 738). il Cristianesimo lo abbiamo affermato non è tanto una religione, quanto una Vita: la Vita di Dio nell’uomo; non nell’uomo soltanto come individuo, ma come Corpo di Cristo, e questa Vita si chiama “Gesù Cristo”. Gesù Cristo, l’Uomo-Dio, non è venuto a salvare l’uomo “restaurandolo”, ma “rinnovandolo”, cioè innestandolo su di Sé, rendendolo suo Corpo Mistico, partecipe della sua Figliolanza Divina, divenendo suo “Principio Vitale” e unendosi a lui come lo sposo si unisce alla sua sposa (cf Ap 19, 7s). Dice ancora il Catechismo: “Il nostro Salvatore nell’ul­tima Cena, la notte in cui veniva tradito, istituì il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue, col quale per­petuare nei secoli, fino al suo ritorno, il sacrificio della croce, e per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua Morte e Risurrezione: sacramento di pietà, segno di unità, vincolo di carità, convito pasquale, nel quale si riceve Cristo, l’anima viene ricolmata di grazia e viene dato il pegno della gloria futura (liturgia)” (Cat della Ch. Catt n. 1323). Ai primi Cristiani era molto cara la figura del pane e del vino che, composti da molti chicchi e molti acini, diventa­no, nella celebrazione eucaristica, il Corpo e il Sangue di Cristo. Così i Cristiani, pur venendo da popoli diversi, cibandosi dello stesso Corpo e dello stesso Sangue di Cristo, sotto l’azione dello Spirito Santo diventano a loro volta il Mistico Corpo di Cristo. L’analogia del Corpo di Cristo già riportata da S. Paolo, ma il paragone dei chicchi e degli acini lo troviamo nel primo manuale cristiano di preghiere che si conosca, la “Didaché”, composto prima del secondo secolo dell’era cristiana. Se il Battesimo ci rende partecipi del Corpo Mistico di Cristo, è soprattutto l’Eucaristia che ci fa crescere in Esso, ci unisce ai fratelli e ci inserisce sempre più nel miste­ro della SS. ma Trinità. Con il Battesimo l’uomo muore misticamente al peccato. Come Gesù morì e fu sepolto nella tomba per risorgere nella gloria (Rm 6,3-11), così col Battesimo il cristiano muore, risorge in Cristo e diventa partecipe della sua vita. Ma que­sta vita in Cristo ha bisogno del suo alimento per crescere. L’Eucaristia è l’alimento di questa vita, che ci fa crescere nella nostra incorporazione in Lui. Come, però, l’alimento del corpo è inefficace e forse dannoso, se lo stomaco non è sano e non può riceverlo, così l’alimento spirituale resta inefficace, se lo spirito non è nelle disposizioni di riceverlo. La disposizione dello spirito è la “carità”: l’amore di Dio e del prossimo. In alfre parole, è assolutamente necessario, per ricevere efficacemente il Corpo e il Sangue di Cristo, punficarsi alla sorgente di acqua limpida che sgorga dal costato stesso di Cristo: il Sacramento della Penitenza. È una buona norma di igiene lavarsi le mani prima di mettersi a tavola. È alfrettanto una buona norma di igiene spirituale punficarsi spesso con il Sacramento della Penitenza e non credere di essere puri abbastanza. Anche se non le vediamo sporche, le mani le laviamo. Anche se non vediamo le nostre miserie spirituali, dobbiamo essere con­vinti che siamo peccatori e che la polvere del mondo si attacca alla nos fra anima non meno della farina al vestito del mugnaio. Quanti continuano a fare la S. Comunione e sono anco­ra pieni di difetti! E forse qualcuno riceve la S. Comunione in peccato mortale. Già lo diceva S. Paolo ai Cristiani della Chiesa di Corinto: “Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore… Chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna. È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti” (1Cor 11,27-30). Dio, che non vuole fare degli uomini dei “robot”, ma dei figli, li deve mettere alla prova; per usare un linguaggio tec­nico moderno, dovremmo dire che li deve “collaudare” I nostri progenitori, secondo la Bibbia, hanno commesso un peccato di disobbedienza e di orgoglio; soprattutto non hanno creduto all ‘amore di Dio per loro, mancando di fede. Ancora una volta Dio ci mette alla prova: Egli si presen­ta a noi sotto le apparenze di pane e di vino, per essere cibo per la nostra vita spirituale. DimosfriamoGli la nostra piena fiducia, credendo al suo amore per noi. È venuto inconfro all ‘incredulità di Tommaso, mostran­dogli le ferite delle mani, dei piedi e del costato. Potrebbe venire incontro anche alla nostra incredulità o alla nostra superficialità; e intanto ci dice: “Beati coloro che, pur non avendo visto, crederanno!” (Gv 20,29)

PROEMIO

CRISTO INVITA ALLA SANTA COMUNIONE

PAROLE DI CRISTO 1“Venite a Me, voi tutti, che siete affiiti­cati ed oppressi, ed Io vi ristorerò” (Mt 11,28), dice il Signore. 2“Il pane che Io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51). 3Prendete e mangiate: questo è il mio Corpo, che sarà dato per voi: fate questo in memoria di Me” (Mt 26,26; 1 Cor 11,24). 4“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimo­ra in Me, ed ìo in lui” (Gv 6,56). 5“Le parole ch Io v’ho dette sono spirito e vita” (Gv 6,63).

Note al Proemio 1“Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi”. Il quarto libro de L’imitazione di Cristo incomincia con alcune frasi pronunciate da Gesù nel S. vangelo, che sono come una “ouvertur”‘ a tutto il libretto che tratta della S. Comunione. Anche se lo spirito è identico, lo stile è note­volmente diverso dagli altri tre libri; evidentemente è di autore diverso.

Capitolo primo

CON QUANTA VENERAZIONE SI DEBBA ACCOGLIERE CRISTO

PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Cristo, Verità eterna, codeste sono parole tue, benché non pronunciate in una stessa occasione né scritte in un  medesimo punto. 2Poiché, dunque, sono parole tue e veritiere, io le devo accogliere tutte con gratitudine e con fede. 3Sono tue, Tu le hai pronunciate; ma sono anche mie, perché le hai proferite per la mia salvezza. 4Le prendo dalle tue labbra con gioia, perché s’impri­mano più profondamente nel mio cuore. 5Parole di tanta misericordia, piene di dolcezza e d’a­more, m’incoraggiano; ma le mie colpe m’atterriscono e la mia coscienza non pura mi trattiene dal ricevere così grandi misteri. 6M’invita la dolcezza delle tue parole, ma mi rallenta il peso delle molte mie colpe. 7Ma Tu mi comandi d’accostarmi con fiducia a Te, se voglio avere parte con Te; Tu mi comandi di ricevere il cibo dell’immortalità, se desidero conquistare la vita eterna e la gloria. 8Venite a Me, voi tutti, che siete affaticati ed oppressi, ed Io vi ristorerò” (Mt 11,28), Tu dici. 9O parola dolce e soave all’orecchio del peccatore! Con essa Tu, o Signore Dio mio, inviti il bisognoso ed il mendico alla Comunione del tuo santissimo Corpo. 10Ma chi sono io, o Signore, per osare d’accostarmi a Te? 11Ecco, “gl’immensi cieli non bastano a contenerTi” (1Re 8,27), e Tu dici “Venite a Me, voi tutti!” (Mt 11,28). 12Che cosa vogliono dire codesta tua benignissima degnazione e codesto tuo così tenero invito? 13Come ardirò di venire io, consapevole di non avere fatto alcun bene, sul quale io possa confidare? 14Come Ti farò entrare nella mia casa, io che così spes­so ho offeso la tua presenza tanto benigna? 15Gli Angeli e gli Arcangeli Ti adorano pieni di riveren­za, e Tu dici: “Venite a Me, voi tutti!”. 16Se non lo dicessi Tu, o Signore, chi potrebbe creder­lo? 17E se non lo comandassi Tu, chi ardirebbe accostarsi? 18Ecco, Noè, uomo giusto, faticò cent’anni nella costru­zione dell’Arca, dove salvarsi con pochi suoi: 19Ed io, come potrò prepararmi, appena in un’ora, a ricevere con il dovuto rispetto il Creatore del mondo? 20Mosè, il tuo grande servo, da Te particolarmente amato, fece un’Arca con legni immarcescibili e la rive­stì d’oro purissimo, per riporvi le tavole della Legge; 21Ed io, putrida creatura, ardirò di ricevere con tanta facilità Te, il Legislatore supremo e il Creatore della vita? 22Salomone, il sapientissimo re d’Israele, edificò a glo­ria del tuo nome un tempio mirabile, impiegando sette anni; ne celebrò la festa della Dedicazione per otto giorni; 23Offrl mille vittime pacifiche e, tra squilli di trombe e canti di giubilo, collocò solennemente l’Arca dell’Alleanza nel luogo per essa preparato; 24Ed io, infelice e miserabilissimo tra gli uomini, come farò ad introdurTi nella mia casa, se, a stento, so impie­gare una mezz’ora in devoto raccoglimento? E magari, questa mezz’oretta, almeno una volta sola fosse impie­gata bene! 25O mio Dio, quanto si sforzarono costoro, per riuscire carmi a Te! 26Ahimè, quant’è poco quello che faccio io! Quant’è breve il tempo che impiego, quando mi preparo alla Comunione! 27Raramente sono tutto raccolto in me stesso; rarissimamente sono libero da ogni distrazione. 28E certo, alla presenza santificata della tua Divinità, nessun pensiero indegno di Te mi si dovrebbe affaccia­re e nessuna creatura dovrebbe occupare la mia mente, perché allora sto per dare ospitalità non ad un Angelo, ma al Signore degli Angeli! 29È tuttavia immensa la differenza tra l’Arca dell’Alleanza con le cose sante che custodisce, ed il Corpo tuo purissimo con le sue virtù ineffabili; 30Fra i sacrifici della Legge, simboli di quelli futuri, ed il tuo Corpo, olocausto vero, che è compimento di tutti gli antichi sacrifici. 31Perché, dunque, non m’imfiammo di più alla tua adorabile presenza? 32Perché non mi preparo con maggiore diligenza a rice­vere i tuoi santi misteri, mentre quegli antichi santi Patriarchi e Profeti, ed anche re e principi, insieme con tutto quanto il popolo, dimostrarono un così grande devoto affetto per il culto divino? 33Il piissimo re David, ricordando i benefici concessi un tempo da Dio ai Patriarchi, danzò con tutte le sue forze davanti all’Arca di Dio; 34Fece costruire strumenti musicali di vario genere, compose salmi ed ordinò che si cantassero in letizia, e più volte cantò lui stesso, ispirato dalla grazia dello Spirito Santo, al suono della cetra; 35lnsegnò al popolo d’Israele a lodare Dio con tutto il cuore, a benedirLo e glorificarLo ogni giorno all’uni­sono. 36Se, allora, in presenza dell’Arca del Testamento, c’era tanta devozione e restò il ricordo delle lodi innalzate a Dio, 37Quanta venerazione e quanta devozione devo avere io, ora, e tutto il popolo cristiano, alla presenza del Sacramento e nel ricevere l’augustissimo Corpo di Cristo? 38Corrono molti, in diversi luoghi, a visitare le reliquie dei Santi e, all’udire le loro gesta, rimangono ammirati; e guardano stupiti le grandiose chiese e baciano le loro sacre ossa avvolte in sete ricamate d’oro; 39Ed ecco, invece, qui accanto a me, sull’altare, sei pre­sente Tu, Dio mio, Santo dei Santi, il Creatore degli uomini e il Signore degli Angeli. 40Spesso in quelle visite hanno parte la curiosità umana e la novità delle cose da vedere, mai viste prima; scar­so è, quindi, il frutto di miglioramento interiore che se ne ricava, specialmente quando si corre qua e là con tanta leggerezza e senza una vera contrizione. 41Ma qui, nel Sacramento dell’Altare, Tu sei presente tutt’intero, o Dio mio, Uomo Cristo Gesù; e qui pure si riceve frutto abbondante per l’eterna salvezza ogni volta che Ti si accoglie degnamente e con devozione. 42A codesto Sacramento, però, non ci spingono una qualsiasi superficialità né curiosità né diletto sensibile, ma salda fede, pia speranza, sincero amore. 43O Dio, invisibile Creatore dell’universo, quanto mira­bile è il modo con il quale Tu operi con noi! Con quan­ta dolcezza e grazia tratti i tuoi eletti, ai quali offri Te stesso come cibo nel Sacramento! 44Ciò, infatti, supera ogni comprensione umana, trasci­na in una maniera unica il cuore dei tuoi devoti ed infiamma il loro amore. 45Essi, infatti, i tuoi veri fedeli, che impiegano tutta quanta la loro vita al fine d’emendarsi, traggono spes­so da questo altissimo Sacramento grande grazia di devozione e amore di virtù. 46O mirabile e segreta grazia del Sacramento, che solo i fedeli di Cristo conoscono, mentre non possono farne esperienza quelli che non hanno la Fede e quelli che sono schiavi del peccato! 471n questo Sacramento è donata la grazia spìrituale, viéne restituita all’anima la virtù perduta e ritorna la primitiva bellezza guastata dal peccato. 48E’ così grande, talvolta, l’efficacia di questa grazia che, per la pienezza della devozione conferita, non solamente l’anima, ma perfino il debole corpo sente che sono loro state fornite energie maggiori. 49Ma dobbiamo fortemente dolerci e commiserarci per la nostra tiepidezza e negligenza, perché non siamo tratti da fervore più grande a ricevere Cristo, nel quale consistono tutta la speranza ed il merito di chi si salva. 50E’ Lui, infatti, la nostra santificazione e la nostra redenzione; è Lui il conforto di noi che siamo in cam­mino quaggiù, com’è l’eterna gioia dei Santi in Cielo. 51Dobbiamo, pertanto, rammaricarci molto del fatto che tanti riflettono cosi poco su questo Mistero di salvezza, che allieta il Cielo, sostiene e salva l’intero mondo. 52Oh, cecità e durezza del cuore umano: non prestare un’attenzione maggiore ad un così ineffabile dono e, per effetto dell’abitudine quotidiana, finire perfino nel-l’indifferenza! 53Se questo santissimo Sacramento si celebrasse soltan­to in un determinato luogo e fosse consacrato in tutto il mondo da un solo sacerdote, 54Pensa da quanto desiderio gli uomini sarebbero presi di andare a quel luogo e a quell’unico sacerdote di Dio, per assistere alla celebrazione dei divini misteri! 55lnvece, ora, molti sono i sacerdoti, e Cristo è offerto in molti luoghi, perché la grazia e l’amore di Dio verso l’uomo si manifestino tanto più grandi, quanto più è diffusa nel mondo la Santa Comunione. 56Grazie a Te, o Gesù buono, Pastore eterno, che con il tuo prezioso Corpo e con il tuo Sangue; Ti sei degnato di ristorare noi, poveri ed esuli, e d’invitarci a ricevere questi misteri, dicendo con le parole uscite dalla tua stessa bocca: “Venite a Me, voi tutti, che siete affatica­ti ed oppressi, ed Io vi ristorerò” (Mt 11,28).

Note al capitolo 1° 2“Poiché, dunque, sono parole tue e veritiere, io le devo accogliere tutte con gratitudine e con fede”.  L’Eucaristia che riceviamo nella S. Comunione è Sacramento e Sacrificio. Sono due elementi collegati, per­ché è durante il Sacrificio che si consacra la vittima con cui ci comunichiamo. Anche se, per soddisfare l’obbligo di ascoltare la S.Messa, la Comunione non è essenziale, ne è tuttavia parte integrante per partecipare ai sentimenti della vittima e ai frutti del sacrificio. Gesù ha detto: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). In che modo ha potuto mantenere la promessa? Per mezzo dei Sacramenti. Che significa Sacramento? Tutta la vita di Cristo, quello che ha operato e detto, dalla nascita alla morte e risurrezione, sono il fondamento dei Sacramenti, cominciando dalla SS. Eucaristia: “Ciò che era visibile nel nostro Salvatore è passato nei suoi misteri” (S. Leone M.), cioè nei Sacramenti. Come poteva Gesù Cristo, il verbo di Dio che si è incarnato per salvare tutti gli uomini, di tutti i tempi e di tutti i luoghi, mettersi a contatto diretto con loro, se non attraverso i Sacramenti? E il Sacramento che li racchiude tutti, è la Chiesa. Gesù potrà sempre manifestarsi agli uomini anche di là dei Sacramenti, com’è avvenuto per lo stesso apostolo Tommaso, che per credere voleva vedere e toccare con mano le ferite delle mani, dei piedi e del costato, e si meritò il dolce rimprovero di Gesù: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo, ma credente!”.Imbarazzato, Tommaso rispose: “Mio Signore e mio Dio!”. E Gesù replicò: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che, pur non avendo visto, credemnno!” (cf. Gv 20,29). Mia base di questa misteriosa, ma reale presenza di Cristo nella sua Chiesa e nei Sacramenti, dei quali la Chiesa è depositaria e dispensatrice, è la Fede, cioè l’accettazione senza vedere e toccare con mano questa pre­senzadi Cristo in mezzo a noi.

Capitolo secondo

NELL’EUCARISTIA SI MANIFESTANO ALL’UOMO LA GRANDE BONTÀ E L’AMORE DI DIO

PAROLE DEL DISCEPOLO 1Confidando nella tua bontà e nella tua grande misericordia, o Signore, m’accosto, infermo, a Te, che sei la mia salu­te; affamato ed assetato, alla Fonte della vita; mendico, al Re del Cielo; servo, al Padrone; crea­tura, al Creatore; desolato, al mio pietoso Consolatore. 2Ma donde mai questa grazia, che Tu venga a me? 3Chi sono, io, perché Tu mi doni Te stesso? 4Come osa un peccatore comparire davanti a Te? E Tu, come Ti degni di venire da un peccatore? 5Tu conosci il tuo servo, e sai bene ch’egli non ha den­tro di sé alcun bene, per cui Tu gli doni questa grazia. 6Confesso, quindi, la mia miseria, riconosco la tua bontà, glorifico la tua misericordia e Ti rendo grazie per il tuo immenso amore. 7lnfatti, per il tuo amore fai questo, e non per i miei meriti, perché mi si renda ancora più palese la tua bontà, mi si diffonda in cuore più abbondante la carità e mi sia data una lezione più perfetta d’umiltà. 8Poiché, dunque, questo a Te è caro e Tu hai comanda­to che così fosse fatto, anche a me è caro il favore che Tu Ti degni di concedermi. E potesse, almeno, non porre ostacolo a questo, la mia iniquità! 9O dolcissimo e benignissimo Gesù, quanta venerazio­ne e quanti ringraziamenti, tra inni di lode senza fine, Ti si devono tributare, per il fatto che ci ammetti a rice­vere il tuo sacro Corpo, del quale nessun uomo può spiegare l’eccelsa dignità! 10Ma quali saranno i miei pensieri in questa Comunione, allorché m’accosterò al Signore mio, che non riesco a venerare come devo, e che, tuttavia, desi­dero ricevere devotamente? 11Che pensiero migliore e più salutare di quello di umi­liarmi totalmente davanti a Te e d’esaltare, sopra di me, la tua bontà infinita? 12Ti lodo, Dio mio, e Ti esalto in eterno; disprezzo me stesso e a Te mi sottopongo dall’abisso della mia pochezza. 13Ecco, Tu sei il Santo dei Santi, ed io la feccia dei pec­catori! 14Ecco, Tu t’abbassi fino a me, che non sono degno di alzare gli occhi per guardarTi! 15Ecco, Tu vieni a me, Tu vuoi essere con me, 16Tu m’inviti al tuo banchetto! 16Tu mi vuoi dare il cibo celeste e “il pane degli Angeli” (Sal 77,25): null’altro, veramente, che Te stesso, “Pane vivo, che sei disceso dal Cielo e dài la vita al mondo” (Gv 6,33,51). 17Ecco quale degnazione risplende là, donde scaturisce l’Arnore! Quanto grandi azioni di grazie e lodi Ti sono dovute, o Signore, per questi doni! 18Oh, quanto fu utile per la nostra salvezza la tua deci­sione, quando istituisti codesto Sacramento! Com’è soave e giocondo il banchetto, in cui Tu hai donato in cibo Te stesso! 19Quant’è meravigliosa l’opera tua, o Signore! Quant’è potente la tua virtù! Quant’è ineffabile la tua verità! 20lnfatti, hai parlato, e tutte le cose sono state fatte; ed è stato fatto anche questo Sacramento, che Tu stesso hai comandato. 21Prodigio stupendo, degno di fede e superiore all’uma­na comprensione, che Tu, o Signore Dio mio, vero Dio e vero uomo, sia contenuto integralmente sotto la pic­cola apparenza del pane e del vino, e sia mangiato da chi Ti riceve, senza che Tu sia consumato. 22Tu, o Signore dell’universo, che non hai bisogno di nessuno, hai voluto, per mezzo di codesto Sacramento, abitare in mezzo a noi; 23Conserva immacolati il mio cuore ed il mio corpo, perché con lieta e pura coscienza io possa piuttosto spesso celebrare i tuoi misteri e ricevere, per la mia eterna salvezza, ciò che Tu hai ordinato ed istituito, principalmente a tua gloria e a tuo perenne ricordo. 24Rallegrati, anima mia, e rendi grazie a Dio per un dono tanto sublime e per un conforto tanto singolare, a te lasciato in questa valle di lacrime. 25lnfatti, ogni volta che rinnovi questo Mistero e ricevi il Corpo di Cristo, tu compi l’opera della tua redenzio­ne e sei resa partecipe di tutti i meriti di Cristo. 26Infatti, l’amore di Cristo non sminuisce mai, e la grandezza della sua propiziazione non può mai esaurir­si. 27Tu devi, quindi, disporti al Sacramento con animo sempre nuovo, e con intensa riflessione devi meditare il mistero della salvezza. 28Quando celebri o ascolti la Messa, questo mistero deve apparirti così grande, così nuovo e così lieto, come se, in quello stesso giorno, Cristo, scendendo per la prima volta nel seno della Vergine, si facesse uomo, o come se, pendendo dalla Croce, patisse e morisse per la salvezza degli uomini.

Note al capitolo 2° 12“Ti lodo, Dio mio, e Ti esalto in eterno; disprezzo me stesso e a Te mi sottopongo dall’abisso della mia pochezza”. Tutto il secondo capitolo del quarto libro è una contemplazione di questo grande mistero di amore che è la S. Eucaristia. Dio, l’Autore stesso della vita, si degna di venire incon­tro alla sua creatura, per di più peccatrice. L’Eucaristia è il compendio del mistero stesso dell’Incarnazione. In essa si trovano tutti i misteri della vita stessa di Cristo, non solo, ma anche colei che ha reso possibile, con il suo “si”, questo miracolo di amore. 25“Infatti, ogni volta che rinnovi questo Mistero e ricevi il Corpo di Cristo, tu compi l’opera della tua redenzione e sei resa partecipe di tutti i meriti di Cristo”. Questo spiega anche come la Chiesa, durante l’Anno Liturgico, riviva tutti i misteri della vita di Cristo e della Madre sua. Se accettiamo con vera fede l’Eucaristia, riviviamo in noi “come se quello stesso giorno Cristo, scendendo per la prima volta nel seno della Vergine, si facesse uomo, o come se, pendendo dalla Croce, patisse e morisse per la salvezza degli uomini”.

Capitolo terzo

UTILITÀ’ DELLA COMUNIONE FREQUENTE

PAROLE DEL DISCEPOLO 1Ecco ch’io vengo a Te, o Signore, per trarre profitto dal tuo dono e per godere del tuo santo banchetto, “che nel tuo amore, o Dio, preparasti al misero” (Sal Li 67,11). 2Ecco, in Te soltanto sta tutto ciò ch’io posso e devo desiderare; Tu sei la mia salvezza, la redenzione, la spe­ranza, la forza, l’onore, la gloria. 3“Allieta”, dunque, oggi, “l’anima del tuo servo, perché ho innalzato l’anima mia a Te” (Sal 85,4), o Signore Gesù. 41o desidero ora riceverTi con devozione e riverenza; desidero introdurTi nella mia casa, per meritare, come Zaccheo, d’essere da Te benedetto e d’essere annovera­to tra i figli d’Abramo. 5L’anima mia sospira il tuo Corpo, il mio cuore brama d’essere unito con Te. 6DonaTi a me, e mi basta. Infatti, lontano da Te nessu­na consolazione ha valore. 7Senza di Te, non posso vivere; non posso stare senza le tue visite. 8E, perciò, devo frequentemente accostarmi a Te e riceverTi come mezzo della mia salvezza, perché, privo di questo alimento celeste, alle volte non cada per via. 9Tu, infatti, o misericordiosissimo Gesù, predicando alle folle e guarendo varie infermità, una volta dicesti così: “Non voglio rimandarle digiune, perché non sven­gano lungo la strada” (Mt 15,32). 10Fa’, dunque, altrettanto con me, Tu, che, per consola­re i fedeli, hai lasciato Te stesso nel Sacramento. 11Sei Tu, infatti, il ristoro soave dell ‘anima; e chi avrà degnamente mangiato di Te, sarà partecipe ed erede dell’eterna gloria. 12Per me, che così spesso cado in peccato e tanto presto intorpidisco e vengo meno, è veramente indispensabile che mi rinnovi, che mi purifichi e m’infiammi con fre­quenti preghiere e Confessioni e con la santa Comunione del tuo Corpo, perché non avvenga che, astenendomene troppo a lungo, io receda dai miei santi propositi. 13lnfatti, i sensi dell’uomo, fin dalla sua adolescenza, sono inclini al male e, se non lo soccorre la divina medicina della grazia, egli precipita presto in mali peg­giori. 14La santa Comunione, appunto, allontana l’uomo dal male e lo consolida nel bene. 15Se, infatti, ora sono così spesso negligente e tiepido quando mi comunico o celebro, che cosa avverrebbe, se io non prendessi questa medicina e non cercassi un così grande aiuto? 16E, sebbene io non sia ogni giorno preparato e ben disposto a celebrare, cercherò di ricevere nel tempo opportuno i Divini Misteri e di rendermi partecipe di tanta grazia. 17Finché l’anima fedele va pellegrinando lontano da Te, nel corpo mortale, questa è l’unica, suprema sua con­solazione: ricordarsi più spesso del suo Dio e ricevere con fervida devozione il suo Arnato. 18Oh, mirabile degnazione della tua pietà verso di noi: Tu, Signore Dio, Creatore e datore di vita a tutti gli spiriti celesti, Ti degni di venire in quest’anima mia pove­retta, saziando la sua fame con tutta la tua Divinità ed umanità! 19Oh, felice la mente e beata l’anima che merita di rice­vere devotamente Te, suo Signore Dio, e d’essere ricol­ma, nel riceverTi, di gaudio spirituale! 20Quale grande Signore essa accoglie! Quale amato ospite introduce! Qual piacevole compagno riceve! A qual fedele amico va incontro! Quale splendido e nobi­le sposo abbraccia, degno d’essere amato più di tutte le persone più care e più di tutte le cose che si possano desiderare! 21Tacciano davanti a Te, o dolcissimo mio Amato, il cielo, la terra e tutte le loro bellezze, poiché tutto quel­lo che hanno di lodevole e pregevole è dono della degnazione della tua munificenza, né mai giungeranno allo splendore del tuo nome, la cui sapienza non ha misura.

Note al capitolo 3° 2“Ecco, in Te soltanto sta tutto ciò ch’io posso e devo desiderare; Tu sei la mia salvezza, la redenzione, la speranza, la forza, l’onore, la gloria”. È nell’Eucaristia che si compiono l’unione di Cristo con il suo fedele e la trasformazione che ne è il suo frutto. Infatti, il Cristianesimo, già lo abbia­mo detto, è una vita: la Vita di Cristo in noi. Non è solo un’adesione attra­verso la Fede; non è solo un’incorporazione a Cristo attraverso il Battesimo; è un’unione reale e spirituale nello stesso tempo. Infatti, secondo l’insegnamento del Concilio di Trento, l’Eucaristia contiene veramente, realmente, sostanzialmente il Corpo e il Sangne di Gesù Cristo, con la sua anima e la sua divinità; dunque, tutto il Cristo. È quan­to S. Agostino fa dire a nostro Signore stesso: Io sono il cibo dei forti: cresci e mi mangerai; non sarai tu che trasformerai Me in te, come il cibo corporale: sarai tu trasformato in Me…” (Confess. VII, c. 10). Perchè è Gesù che ci trasforma in Sè? Perché è l’essere superiore che si assimila l’inferiore e rende la nostra carne sottomessa allo spirito, più pura e casta, e depone in essa un germe d’immortalità: “Questa é la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in Lui, abbia la vita eterna; Io lo risusciterò nell ‘ultimo giorno” (Gv 6,40).

Capitolo quarto

MOLTI BENI CELESTI SONO CONCESSI A CHI SI COMUNICA DEVOTAMENTE

PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore Dio mio, vieni incontro al tuo servo con le benedizioni della tua dolcezza, perché io meriti d’accostarmi degnamente e devotamente al tuo magnifico Sacramento. 2Eccita il mio cuore verso di Te e liberami dal mio grave torpore. “Visitami con la tua grazia salutare” (Sal 105,4), perché io possa gustare in ispirito la tua dolcez­za, che si nasconde tutta, come in una sorgente, in que­sto Sacramento. 3Apri anche i miei occhi, perché contemplino un così grande Mistero, e dammi forza di crederlo con fede immune da dubbi. 4Questa è, infatti, opera tua, non d’umana potenza; è tua sacra istituzione, non invenzione degli uomini. 5lnfatti, non si trova alcuno che, da se stesso, sia capa­ce di comprendere pienamente questi misteri, che tra­scendono anche l’intuito degli Angeli. 6Che cosa, dunque, potrò io, indegno peccatore, terra e cenere, indagare e comprendere d’un segreto così profondo? 7O Signore, nella semplicità del mio cuore, con retta e sicura fede ed in obbedienza al tuo comando, m’acco­sto a Te con speranza e con riverenza, e credo vera­mente che Tu sei presente qui, nel Sacramento, Dio e uomo. 8Tu vuoi, dunque, ch’io Ti riceva, che a Te m’unisca con vincolo di amore. 9Perciò, domando alla tua clemenza ed imploro il dono di questa grazia speciale: ch’io mi strugga tutto in Te e trabocchi d’amore, e non più mi curi di cercare alcun altro diletto profano. 10lnfatti, questo altissimo ed augustissimo Sacramento è salvezza dell’anima e del corpo, medicina per ogni spiri­tuale debolezza; per esso guariscono i miei vizi, sono fre­nate le mie passioni, sono vinte od attenuate le mie tenta­zioni; per esso viene inflisa più copiosa la grazia, aumen­ta la virtù nascente, si consolida la fede, si fortifica la spe­ranza, arde e si dilata l’amore. 11O mio Dio, che sostieni l’anima mia, che corrobori l’u­mana debolezza, che doni ogni interiore consolazione, Tu hai dispensato ed ancora spesso dispensi molte grazie in questo Sacramento ai tuoi cari che si comunicano devo­tamente. 12Ad essi, infatti, Tu infondi abbondante conforto nelle diverse tribolazioni, dal profondo del loro abbattimen­to li risollevi alla speranza della tua protezione e, con una nuova grazia, li rianimi ed illumini interiormente. 13Cosicché, quelli che prima della Comunione si senti­vano pieni di turbamento e privi d’amore, poi, ristorati dal cibo e dalla bevanda celeste, si trovano mutati in meglio. 14E per questo, appunto, Tu operi con tanta generosità sui tuoi eletti, perché veramente conoscano e provino con evidenza quanto sono deboli per se stessi e quanta bontà e grazia ricevano da Te. 15Da soli, sono freddi, duri e senza devozione; per tuo dono, invece, meritano di diventare fervorosi, zelanti e devoti. 16Chi, infatti, accostandosi umilmente alla fonte della soavità, non ne riporta anche solo un po’ di dolcezza? 17O chi, stando vicino ad un grande fuoco, non ne risen­te un po’ di calore? 18E Tu sei la fonte sempre piena, traboccante; Tu sei il fuoco che sempre arde e mai viene meno. 19Perciò, anche se non posso attingere alla pienezza della fonte né berne a sazietà, accosterò tuttavia le lab­bra all’orlo del vaso celeste, per sorbirne almeno qual­che goccetta a refrigerio della mia sete, e per non rima­nere del tutto inaridito. 20E se non posso ancora essere tutto quanto spiritual­mente celeste ed infuocato come i Cherubini e i Serafini, pure mi sforzerò d’insistere nella devozione e di predisporre il mio cuore a cogliere almeno una fiam­ma, sia pure piccola, del divino incendio, ricevendo con umiltà questo Sacramento di vita. 21A tutto quello, poi, che a me manca, o Gesù buono, Salvatore santissimo, supplisci Tu con la tua bontà e con la tua grazia; Tu, che Ti sei degnato di chiamare tutti a Te, dicendo: “Venite a Me, voi tutti, che siete affa­ticati ed oppressi, ed Io vi ristorerò” (Mt 11,28). 22Davvero, io m’affatico nel sudore del mio volto, ho il cuore trafitto dal dolore, sento il grave peso dei pecca­ti, sono agitato dalle tentazioni, sono avviluppato e pre muto da molte perverse passioni. 23E non c’è chi m’aiuti, non c’è chi mi liberi e mi salvi, se non Tu, o Signore Dio, mio Salvatore; ma a Te rac­comando me e le mie cose tutte, perché Tu mi custodi­sca e mi conduca alla vita eterna. 24Accoglimi a lode e gloria del tuo nome, Tu, che m’hai preparato in cibo e bevanda il tuo Corpo ed il tuo Sangue. 25O Signore Dio, salvezza mia, fa’ che, frequentando il tuo mistero, aumenti l’ardore della mia devozione.

Note al capitolo 4° 4“Questa è, infatti, opera tua, non d’umana potenza; è tua sacra istitu­zione, non invenzione degli uomini”. “Infatti, non si trova alcuno che, da se stesso, sia capace di compren­dere pienamente questi misteri, che trascendono anche l’intuito degli Angeli”. Qui non si tratta di qualcosa che l’intelligenza umana possa spie­gare. Gesù Uomo sussiste nella Persona del Verbo Creatore. Sull’unione fisica con l’Umanita di Cristo si attua un’unione spirituale intima, santi­ficatrice. L’Urnanità di Cristo si unisce alla nostra. Diventiamo con Lui un cuore solo e un’anima sola. La nostra immaginazione, la nostra memoria, il nostro sentimento si uniscono alle sue facoltà. La sua intelligenza ci illumina. La sua volontà fortifica la nostra e ci rende capaci di qualunque sacrificio, al punto che anche noi possiamo dire con l’Apostolo: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza”. Certamente, in una prospettiva di puro convito fraterno, questo ragionamento non avrebbe senso. Purtroppo, que­sta concezione si è infiltrata anche tra i Cattolici, specialmente dopo che gli altari sono stati girati verso il popolo. Non si crede più nella S. Messa come Sacrificio; di conseguenza, non si crede nella presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, nella Transustanziazione, nel Sacerdozio Ministeriale, nella Confessione Sacramentale e nella Chiesa come Corpo Mistico di Cristo. È venuto a mancare il concetto della Trascendenza di Dio Creatore e si è ritornati al Paganesimo. Questo spiega l’insistenza del Papa su una “Nuova Evangelizzazione”: è necessario e urgente ritornare al Vangelo, se non si vuole tradire la Parola di Dio.

Capitolo quinto

SUBLIME DIGNITÀ DEL SACRAMENTO E DELLA CONDIZIONE SACERDOTALE

PAROLE DELL’AMATO 1Anche se tu avessi la purezza degli Angeli e la santità di Giovanni Battista, non sare­sti degno di ricevere od anche soltanto di toccare questo Sacramento. 2Non è infatti, dovuto ai meriti degli uomini che si consa­cri e si amministri il Sacramento di Cristo e si possa pren­dere come cibo il pane degli Angeli. 3Sublime mistero e sublime dignità dei Sacerdoti, ai quali è stato concesso quello che non è stato concesso agli Angeli! 4lnfatti, soltanto i Sacerdoti, regolarmente ordinati nella Chiesa, hanno la facoltà di celebrare e consacrare il Corpo di Cristo. 5Ministro di Dio è, sì, il Sacerdote, che si vale della parola di Dio per comando ed istitzzione di Dio; ma, nel Sacramento l’autore principale e l’operatore invisibile è Dio, alla cui volontà tutto è sottoposto ed al cui comando tutto ubbidisce. 6In questo eccelso Sacramento tu devi, dunque, credere più a Dio onnipotente che ai tuoi sensi o ad alcun segno visi­bile. 7E perciò, ti devi accingere all’azione sacrificale con timo­re e riverenza. 8Rifletti su te stesso, o Sacerdote di Dio, e considera bene di chi sei stato fatto ministro con l’imposizione delle mani del Vescovo. 9Ecco, sei stato fatto Sacerdote e consacrato per celebrare; guarda, ora, di offrire il Sacrificio a Dio al tempo conveniente, con fede e raccoglimento; guarda che la tua con­dotta sia irreprensibile. 10Non hai, con questo, alleggerito il tuo carico; anzi, sei ormai legato con un più stretto vincolo di disciplina e sei tenuto ad una maggiore perfezione di santità. 11Il Sacerdote deve essere adorno di tutte le virtù e deve dare agli altri esempio di vita santa. 12Egli non tiene conversazione con le masse e secondo i modi comuni della gente, ma con gli Angeli, in Cielo, o con le persone sante, in terra. 13Il Sacerdote, rivestito dei sacri paramenti, fà le veci di Cristo, per poter supplicare e pregare con umiltà per sé e per tutto il popolo. 14Egli porta sul petto e dietro le spalle il segno della Croce del Signore, per ricordarsi di continuo della Passione di Cristo. 15Davanti, sulla casula, porta la Croce, per osservare atten­tamente le orme di Cristo e per cercare di seguirle con fer­vore. 16Sul dorso, pure, è segnato con la Croce, perché sappia sopportare pazientemente, per amore di Dio, qualsiasi con­trarietà che gli venga dagli altri. 17Porta, davanti, la Croce, per piangere i peccati suoi; die­tro, per piangere pietosamente anche le colpe commesse dagli altri e per sapere che è stato costituito mediatore fra Dio ed il peccatore; 18E perché non illanguidisca nella preghiera e nell’offerta del Santo Sacrificio, finché non meriti d’ottenere grazia e misericordia. 19Quando il Sacerdote celebra, dà onore a Dio, letizia agli Angeli, edificazione alla Chiesa, aiuto ai vivi, pace ai defimti, e rende se stesso partecipe di tutti i benefici cele­sti.

Note al capitolo 5° 3“Sublime mistero e sublime dignitò dei Sacerdoti, ai quali è stato con­cesso quello che non è stato concesso agli Angeli!”. Già nell’Antica Alleanza i Sacerdoti che volevano accostarsi a Dio dovevano essere santi (Es 19,22). A maggiore ragione, il Sacerdote della Nuova Alleanza, che deve rappresentare Dio agli uomini e gli uomini a Dio; che è “segno” lui stesso del sommo, unico e vero Sacerdote: Gesù Cristo; che è dispensato­re dei suoi doni, soprattutto del Dono dei doni: lo stesso Figlio di Dio, fatto nostro cibo e nostra bevanda! 12“Egli non tiene conversazione con le masse e secondo i modi comuni della gente, ma con gli Angeli, in Cielo, o con le persone sante, in terra”. Deve essere “segno” della presenza di Gesù; come Gesù, dovrà essere “santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli…” (Eb 7,26).

Capitolo sesto

INVOCAZIONE PER PREPARARSI ALLA COMUNIONE

PAROLE DEL DISCEPOLO 1Quando io considero, o Signore, la tua grandezza e la mia miseria, tremo tutto e mi confondo dentro di me stesso. 2Se, infatti, non m’accosto al Sacramento, fuggo la vita eterna; e se mi vi accosto indegnamente, Ti reco offesa. 3Che cosa devo fare, dunque, Dio mio, mio aiuto e mio consigliere nelle difficoltà? 4lnsegnami Tu la via diritta, suggeriscimi qualche breve pratica opportuna per la santa Comunione. 5Mi è utile, infatti, conoscere in qual modo, cioè con quale devozione e con quale riverenza, io debba predi­sporre per Te il mio cuore a ricevere con frutto il tuo Sacramento, ovvero a celebrare un così grande e divino Sacrificio.

Capitolo settimo

BISOGNA ESAMINARE LA PROPRIA COSCIENZA E PROPORRE DI CORREGGERSI

PAROLE DELL’AMATO 1Occorre, soprattutto, che il Sacerdote di Dio s’accosti a celebrare, sommini­strare e ricevere questo Sacramento con somma umiltà di cuore, con supplice riverenza, con piena fede e con devota intenzione di dare gloria a Dio. 2Esamina attentamente la tua coscienza e, per quanto puoi, purificala e rendila limpida con sincera contrizio­ne ed umile confessione, in modo che nulla di grave tu abbia, o sappia d’avere, che ti dia rimorso e t’impedi­sca d’accostarti liberamente al Sacramento. 3Abbi dolore di tutti i tuoi peccati in generale e, mag­giormente, devi affliggerti e piangere in particolare le tue mancanze quotidiane. 4Quindi, se ne hai il tempo, confessa a Dio nel segreto del cuore tutte quante le miserie delle tue passioni. 5Piangi e pentiti d’essere ancora tanto schiavo della carne e del mondo; 6Così poco mortificato nelle passioni, così pieno di sti­moli della concupiscenza; 7Così poco vigilante sui sensi esterni, così spesso impi­gliato in molte vane fantasie; 8Così fortemente inclinato verso le cose esteriori, così trascurato in quelle interiori; 9Così facile al riso ed alla dissipazione, così restio al pianto e alla compunzione; 10Così pronto alla rilassatezza e alle comodità materiali, così pigro all’austerità e al fervore; 11Così curioso d’udire novità e vedere cose belle, così lento ad abbracciare cose umili e spregevoli; 12Così avido di possedere molto, così parco nel dare, così tenace nel tenere per te; 13Così sconsiderato nel parlare, così incapace di tacere; 14Così sregolato nel trattare, così inopportuno nell’agi­re; 15Così intemperante nel cibo, così sordo alla parola di Dio; 16Così lesto al riposo, così tardo alla fatica; 17Così attento alle vane parole, così sonnacchioso nelle sacre veglie; 18Così impaziente di vederne la fine, così svogliato nel­l’attendervi; 19Così negligente nel recitare l’Ufficio divino, così tie­pido nella celebrazione della Messa, così arido nel comunicarti; 20Così facilmente distratto, così di rado pienamente rac­colto; 21Così rapidamente mosso all’ira, così facile a dare dispiacere agli altri; 22Così proclive a giudicare, così aspro nel criticare; 23Così gaio nelle vicende prospere, così abbattuto nelle avversità; 24Così spesso pieno di molti buoni propositi, così poco costante nel tradurli in pratica. 25Quando, con dolore e con grande amarezza per la tua fragilità, avrai confessato e pianto questi e gli altri tuoi difetti, proponi risolutamente d’emendare per sempre la tua vita e di progredire verso il meglio. 26Poi, con un atto di piena donazione e di ferma volontà, offri te stesso sull’altare del tuo cuore a gloria del mio nome, quale olocausto perpetuo, affidando a Me com­pletamente il tuo corpo e la tua anima; 27Cosicché tu meriti d’offrire degnamente a Dio il Sacrificio Eucaristico e di ricevere con frutto il Sacramento del mio Corpo. 28Non c’è, infatti, un’offerta più degna né una ripara­zione più grande per cancellare i peccati, che offrire puramente ed interamente se stesso a Dio insieme con l’offerta del Corpo di Cristo, nella Messa e nella Comunione. 29Se l’uomo avrà fatto quanto può e si sarà veramente pentito, ogni volta che verrà a Me per ottenere il per­dono e la grazia, “Io vivo, dice il Signore, e non voglio la morte del peccatore, ma che si converta e viva” (Ez 33,11), “poiché più non mi ricorderò dei suoi peccati (Eb 10,17), ma tutti gli saranno rimessi.

Note al capitolo 7° 2“Esamina attentamente la tua coscienza e, per quanto puoi, punficala e rendila limpida con sincena contrizione ed umile confessione”.Molti continuano ad accostarsi alla S. Comunione e sembra che non progredi­scano nella loro vita spirituale. Sappiamo che i Sacramenti agiscono, come dicono i teologi, “ex opere operato”: cioè, contengono la Grazia che significano e la conferiscono a coloro che non vi pongono ostacolo (Conc. di Trento). Spesso, però, noi vi poniamo ostacolo, perché non facciamo nessuno sforzo per emendarci dei nostri peccati e delle imperfezioni. Per emendarsi, sono molto importanti l’esame di coscienza e il Sacramento della Penitenza o Confessione. S. Ignazio distingue l’esame generale dal particolare. Il primo riguarda tutte le azioni della giornata; il secondo si concentra su un punto particolare: un difetto da correggere o una virtù da acquistare; ma si possono combinare assieme. L’esame di coscienza faci­literà la Confessione e questa renderà più efficace la S. Comunione.

 

L’IMITAZIONE DI CRISTO 12ultima modifica: 2010-08-16T15:28:00+02:00da meneziade
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