L’IMITAZIONE DI CRISTO 13

cristo3.jpgCapitolo ottavo

L’OFFERTA DI CRISTO IN CROCE E LA DONAZIONE DI NOI STESSI

PAROLE DELL’ AMATO 1Come Io, con le braccia distese sulla Croce e con il Corpo nudo, ho libera­mente offerto a Dio Padre me stesso per i tuoi peccati, cosicché nulla di Me rimanesse che non fosse trasformato interamente nel sacrificio della divina riconciliazione, 2Così tu pure devi volontariamente offrire te stesso a Me ogni giorno nella Messa, in oblazione pura e santa, con tutte le tue forze, con tutto il tuo slancio e con il maggiore raccoglimento possibile. 3Che cos’altro Io ti chiedo, se non che tu cerchi di ras­segnarti interamente a Me? 4Qualunque cosa tu Mi offra, fuori di te stesso, non la curo, perché Io non cerco i tuoi doni, ma te stesso. 5Come a te non basterebbe avere tutte le cose, se non hai Me, così neppure a Me potrebbe piacere qualunque cosa tu Mi offra, senza offrire te stesso. 6Offriti a Me e donati totalmente a Dio; allora, la tua oblazione sarà accetta. 7Ecco, Io mi sono offerto tutto al Padre, per te; ho dato in cibo perfino il mio Corpo ed il mio Sangue, per esse­re tutto tuo e perché tu rimanessi sempre mio. 8Ma, se tu rimarrai chiuso in te stesso e non ti offrirai volontariamente alla mia volontà, l’offerta non è piena e l’unione fra noi non sarà perfetta. 9Perciò, l’offerta spontanea di te medesimo nelle mani di Dio deve precedere tutte le tue opere, se vuoi ottene­re la vera libertà dello spirito e la mia grazia. 10Per questo motivo sono pochi quelli che raggiungono la luce e la libertà interiore, perché non sanno rinnega­re del tutto se stessi. 11lmmutabile è la mia sentenza: “Se uno non avrà rinunciato a tutto, non potrà essere mio discepolo” (Lc 14,33). 12Se, dunque, tu desideri essere mio discepolo, offriti a Me con tutti i tuoi affetti.

Note al capitolo 8° 3“Che cos’altro Io ti chiedo, se non che tu cerchi di rassegnarti intera­mente a Me?”. Tutta la perfezione cristiana consiste nell’amore di Dio e del prossimo per amore di Dio. Ma nello stato attuale delle cose non è possibile amare senza sacrificio, perché siamo troppo immersi nelle crea­ture. Il pensiero che Dio è tutto, e tutto il resto è vanita, ci deve convince­re a rinunziare a tutto, pur di avere Dio. È Lui il Creatore di tutto; perciò, possedere Lui è possedere tutto!

Capitolo nono

DOBBIAMO OFFRIRE NOI STESSI A DIO CON TUTTE LE NOSTRE COSE E PREGARE PER TUTTI

PAROLE DEL DISCEPOLO 1O Signore, tutto appartiene a Te: quel­lo che è in Cielo e quello che è in terra. 2A Te desidero offrire me stesso in obla­zione spontanea e rimanere per sempre tuo. 3O Signore, nella semplicità del mio cuore, oggi Ti offro me stesso come servo in eterno, in ossequio e in sacrificio di eterna lode. 4Accettami, insieme con questa santa offerta del tuo Corpo prezioso, che oggi io Ti presento al cospetto degli Angeli, che vi assistono invisibili, perché questa offerta porti salvezza a me e a tutto il tuo popolo. 5O Signore, sull’altare della tua espiazione Ti offro tutti i miei peccati e le colpe che ho commesso al cospetto tuo e dei tuoi santi Angeli, dal giorno in cui ho avuto per la prima volta la capacità di peccare fino ad oggi, 6Perché Tu egualmente tutti li accenda e li arda con il fuoco del tuo amore, cancelli tutte quante le macchie dei miei peccati e purifichi la mia coscienza da ogni colpa; 7E mi ridoni la tua Grazia, che ho perduta con il pecca­to, concedendomi totale perdono ed accogliendomi misericordiosamente al bacio della pace. 8Che cosa posso fare per i miei peccati, se non confes­sarli umilmente, piangerli e incessantemente implorare il tuo perdono? 9Ti supplico, esaudiscimi propizio, mentre sono pro­strato davanti a Te, o Dio mio! 10Provo vivissimo dolore per tutti i miei peccati; non voglio mai più commetterli; anzi, me ne dolgo ora e me ne dorrò per tutta la vita, pronto a farne penitenza e, per quanto posso, a farne riparazione. 11Rimetti, o Dio, rimetti i miei peccati per il tuo santo nome; salva l’anima mia, che Tu hai redento con il tuo Sangue prezioso. 12Ecco, io m’affido alla tua misericordia, mi metto nelle tue mani. 13Trattami secondo la tua bontà, non secondo la mia malizia e la mia iniquità. 14Offro a Te anche tutto il bene che ho fatto, per quanto sia molto poco ed imperfetto, perché Tu lo migliori e lo santifichi; 15Perché riesca a Te gradito, perché Tu lo renda a Te accetto e lo perfezioni sempre più, e perché conduca me, pigro, inutile e povero omiciattolo, ad un termine beato e glorioso. 16Offro ancora a Te tutti i pii desideri delle persone devote e le necessità dei parenti e degli amici, dei fra­telli e delle sorelle, di tutti i miei cari e di coloro, i quali, per amor tuo, hanno fatto del bene a me e ad altri. 17Ed infine Ti offro quelli di coloro che hanno desidera­to e chiesto a me preghiere e celebrazioni di sante Messe per loro e per tutti i loro cari, siano essi ancora in vita o siano scomparsi da questo mondo; 18Perché tutti sentano l’aiuto della tua Grazia, il sollie­vo della tua consolazione, la difesa dai pericoli, la libe­razione dalle pene e, scampati da tutti i loro mali, Ti rendano, pieni di gioia, grazie solenni. 19Ancora, ed in modo speciale, offro a Te preghiere e sacrifici di propiziazione per coloro che mi hanno fatto qualche torto, mi hanno addolorato o calunniato o mi hanno cagionato qualche danno o molestia; 20Ed anche per tutti quelli che io talvolta ho contristato, turbato, addolorato e scandalizzato con parole o con azioni, scientemente o inconsapevolmente; 21Perché Tu perdoni a tutti noi egualmente i nostri pec­cati e le reciproche offese. 22Togli via, o Signore, dai nostri cuori ogni sospetto, ogni risentimento, ogni collera, ogni dissidio e tutto ciò che può offendere la carità ed intiepidire l’amore fra­terno. 23Abbi pietà, abbi pietà, o Signore, di noi che im­ploriamo la tua pietà; dona la tua Grazia a noi che ne abbiamo bisogno. 24E fa’ che siamo fatti degni di meritare la gioia della tua Grazia e che progrediamo verso la vita eterna. Amen.

Note al capitolo 9° 5“O Signore, sull ‘altare della tua espiazione Ti offro tutti i miei pecca­ti”. Nella S. Messa, particolarmente nella S. Comunione, dovremmo offrire tutta la nostra vita, con i nostri peccati e le nostre buone azioni; dovremmo pregare per tutte le persone care ed anche per le persone con le quali abbiamo avuto in qualche modo contrasti, perché tutto il male venga cancellato, il bene purificato, i sentimenti rettificati, e si stabiliscano con tutti l’amore e l’amicizia in unione piena con Dio e con i fratelli.

Capitolo decimo

LA SANTA COMUNIONE NON VA TRASCURATA CON LEGGEREZZA

PAROLE DELL’AMATO 1Devi tornare di frequente alla fonte della Grazia e della divina misericordia,        alla fonte della bontà e d’ogni purezza, finché tu non riesca a guarire dalle tue passioni e dai tuoi vizi; finché tu non ottenga di diven­tare più forte e più vigilante contro tutte le tentazioni e gl’inganni del diavolo. 2Costui, il Nemico, conoscendo il frutto e l’efficacissi­mo rimedio insito nella santa Comunione, tenta in ogni modo ed in ogni occasione di allontanare da essa, per quanto può, fedeli e devoti, creando loro degli ostacoli. 3Così alcuni, quando si dispongono a prepararsi alla santa Comunione, sentono più forti assalti da parte di Satana. 4Quello spirito del male, com’è scritto in Giobbe, viene, egli stesso, tra i figli di Dio per turbarli con l’abituale sua perfidia o per renderli troppo timorosi ed incerti, fino a che non abbia diminuito il loro fervore o non abbia strappato, combattendola, la loro fede, nell’inten­to ch’essi, per avventura, abbandonino del tutto la Comunione o vi s’accostino con tiepidezza. 5Non bisogna, però, dare alcun peso alle sue astuzie e suggestioni, turpi ed orrende quanto si voglia; anzi, occorre ritorcere contro il suo capo tutte le immaginazioni che vengono da lui. 6Quel miserabile dev’essere disprezzato e deriso, e non si deve tralasciare la santa Comunione, a motivo degli assalti che egli compie e delle agitazioni che suscita. 7Spesso, anche, possono essere d’ostacolo alla Comunione un’esagerata preoccupazione di sentire la devozione e una certa inquietudine sull’obbligo di con­fessarsi. 8Tu regolati secondo il consiglio di persone assennate, mettendo da parte ansie e scrupoli, perché ostacolano la grazia di Dio e distruggono la devozione dell’anima. 9Non lasciare la santa Comunione per qualche piccolo turbamento o pena di coscienza; ma va’ presto a con­fessarti e perdona di cuore agli altri tutte le offese che hai ricevute. 10Se poi hai offeso tu qualcuno, chiedi umilmente scusa, e Dio volentieri perdonerà a te. 11Che giova ritardare a lungo la Confessione o rimanda­re la Comunione? 12Purificati al più presto, sputa fuori il veleno, affrettati a prendere il rimedio, e ti sentirai meglio che se avessi differito a lungo tutto ciò. 13Se oggi, per un futile motivo, rinunci, domani forse ce ne sarà un altro più grande, e così potresti sentirti osta­colato per lungo tempo a ricevere la Comunione, diven­tando più indegno di prima. 14Quanto più presto puoi, sbarazzati del peso di stan­chezza e d’inerzia che gravano oggi sulla tua anima, 15Poiché a nulla serve rimanere a lungo in ansia, tirare avanti con l’animo turbato e stare lontano dai divini misteri, per ostacoli che si rinnovano ogni giorno. 16Anzi,  nuoce moltissimo  il procrastinare  la Comunione, perché ciò porta, di solito, ad un grave stato di tiepidezza. 17Alcuni, tiepidi e leggeri come sono, colgono volentie­ pretesti – cosa, ahimè, ben dolorosa! – per ritardare la Confessione e desiderano, perciò, differire la santa Comunione, per non sentirsi obbligati ad una sorve­glianza più severa di sé. 18Oh! quanto poco amore e quanto fiacca devozione hanno quelli che rimandano così facilmente la santa Comunione. 19Quanto, invece, è felice e caro a Dio colui che vive in tal modo e custodisce la sua coscienza in tale limpidez­za, da essere pronto e santamente disposto a comuni­carsi anche ogni giorno, se gli fosse consentito e se lo potesse fare senza incorrere nella critica di singolarità! 20Se qualcuno se ne astiene, qualche volta, per umiltà o per un legittimo impedimento, merita lode per questo suo senso di rispettoso timore. 21Se, però, se ne astiene perché s’è insinuata in lui la tie­pidezza, deve scuotersi e fare quanto gli è possibile: il Signore asseconderà il suo desiderio, in proporzione della buona volontà, alla quale Egli guarda in modo speciale. 22Se, invece, uno è impedito da valide ragioni, avrà sempre la buona volontà e la devota intenzione di comunicarsi; e così, non rimarrà privo del frutto del Sacramento. 23lnfatti, qualsiasi persona devota può, ogni giorno ed ogni ora, fare con profitto la Comunione spirituale con Cristo, senza che alcuno glielo impedisca. 24Del resto, in dati giorni e in tempi determinati, il fede­le deve ricevere sacramentalmente, con affettuosa rive­renza, il Corpo del suo Redentore, mirando a dare lode ed onore a Dio, più che chiedendo la sua consolazione. 25Quante volte, infatti, uno medita con devozione il mistero dell’Incarnazione di Cristo e la sua Passione e s’accende d’amore per Lui, altrettante misticamente si comunica ed invisibilmente si ristora. 26Ma chi si prepara alla Comunione soltanto nell’occa­sione di qualche solennità o perché spinto dalla con­suetudine, molto spesso sarà mal preparato. 27Beato chi, ogni volta che celebra o si comunica, offre se stesso a Dio in olocausto! 28Nel celebrare la santa Messa, non essere troppo lento o troppo frettoloso, ma attieniti al retto costume, comu­ne a quelli con i quali vivi. 29Non devi cagionare fastidio e noia agli altri; devi, invece, seguire la via che t’hanno insegnata i Superiori, ed avere di mira più il servizio agli altri che non la tua personale devozione o il tuo sentimento.

Note al capitolo 10° 2”Il nemico, conoscendo il frutto e l’efficacissimo rimedio insito nella santa Comunione, tenta in ogni modo ed in ogni occasione di allontana­re da essa.. fedeli e devoti…”. Gesù ci ha insegnato a pregare il Padre a “non indurci in tentazione”. A molti non piace questa traduzione. A pen­sarci bene, però, tutta la vita sulla terra è una prova, una tentazione, un collaudo. Dio ci vuole “responsabilizzare”, perché, solo se superiamo la prova, ci può premiare. Per questo motivo, ci deve mettere alla prova. Ma se noi lo preveniamo, dicendo: “non indurmi in tentazione”, significa che abbiamo già superato la prova. Dio si serve del demonio per provarci. Questi non può agire sulla nostra intelligenza e sulla nostra volontà. Ma può operare sui sensi esterni e interni, sulla fantasia e sulla memoria, sulle passioni che risiedono nell’appetito sensitivo. Non dobbiamo pensare che tutte le tentazioni vengano dal demonio. Quando, però, la tentazione è improvvisa, violenta, di una certa durata, possiamo pensare che il demo­nio vi ha la sua parte, specialmente in certe tentazioni che vengono nel momento di fare la santa Comunione. Che fare, allora? Mantenere la calma, pregare con umiltà e fiducia, non lasciar di fare il bene che ci si è proposto, come andare in chiesa, fare la santa Comunione; invocare la Madonna, l’Angelo Custode, S. Michele; fare uso dei sacramentali, come il segno di croce e l’acqua santa; ed anche disprezzare il demonio. Santa Teresa di Avila dice: “Tutte le volte che dispnezziamo i demoni, essi per­dono le lom forze, e l’anima acquista su di lom un sempre maggiore impero. .. Essi sono forti contro le anime codarde…

Capitolo undicesimo

IL CORPO DI CRISTO E LA SACRA SCRITTURA SOMMAMENTE NECESSARI ALL’ANIMA FEDELE

PAROLE DEL DISCEPOLO 1O soavissimo Signore Gesù, quant’è grande la dolcezza dell’anima devota che siede al tuo banchetto, nel quale le viene imbandito nessun altro cibo all’infuori di Te stesso, unico suo Amato, desiderabile sopra tutti i desideri del suo cuore! 2Ed anche a me sarebbe dolce, alla tua presenza, versa­re lacrime per l’intima tenerezza del cuore e, con la pia Maddalena, bagnare di pianto i tuoi piedi. 3Ma dov’è questa devozione? Dove, una tale profusione di lacrime sante? 4Certo, al cospetto tuo e dei tuoi santi Angeli, io dovrei avvampare tutto quanto nell’intimo e piangere di gioia. 5Ho, infatti, nel Sacramento, Te realmente presente, benché nascosto sotto specie non tue. 6I miei occhi non potrebbero sostenere di vederTi nel tuo proprio e divino splendore; anzi, neppure l’univer­so intero potrebbe sussistere davanti al glorioso splendore della tua Maestà. 7Per questo, dunque, Tu vieni incontro alla mia insufficienza, nascondendoTi sotto le specie del Sacramento. 8Io possiedo realmente ed adoro Colui che gli Angeli adorano in Cielo; finora, però, Lo adoro soltanto nella Fede, mentre gli Angeli Lo adorano faccia a faccia e senza veli. 9Io devo accontentarmi della luce della vera Fede e camminare in essa, finché sorga il giorno dello splen­dore eterno e tramontino, dileguandosi, le ombre delle figure. 10“Ma quando verrà ciò che è perfetto” (1Cor 13,10), cesserà l’uso dei Sacramenti, perché i Beati nella gloria celeste non hanno bisogno di medicina sacramentale.11Essi, infatti, godono senza fine la presenza di Dio, contemplando faccia a faccia la sua gloria. Passano di luce in luce fino all’abisso della Divinità ed assapora­no il Verbo di Dio fatto carne, quale era in principio e quale permane ineterno. 12Quando il pensiero mi riporta a codeste meraviglie, qualsiasi consolazione, anche spirituale, mi si trasfor­ma in noia gravosa, perché, fino a quando io non veda manifestamente il mio Signore nella sua gloria, stimo un nulla tutto ciò che vedo e sento quaggiù. 13Tu mi sei testimonio, o Dio, che nessuna cosa mi può dare conforto, che nessuna creatura può darmi pace, se non Tu, mio Dio, che desidero contemplare in eterno. 14Ma ciò non è possibile, mentre vivo in questa vita mortale. 15Quindi, occorre ch’io mi disponga a grande pazienza e mi sottometta a Te in ogni mio desiderio. 16Anche i tuoi Santi, o Signore, che ormai esultano con Te nel Regno dei Cieli, mentre erano in questa vita attendevano con grande fede e pazienza l’avvento della tua gloria. 17Ciò che essi hanno creduto, lo credo anch’io; ciò che essi hanno sperato, lo spero anch’io; dove essi sono giunti, confido di giungere anch’io, con la grazia tua. 18lntanto, camminerò nella Fede, attingendo forza dagli esempi dei Santi. 19Terrò pure, come mia consolazione e come mio spec­chio di vita, i Sacri Libri e, soprattutto, come speciale mio rimedio e come rifugio, il tuo sacratissimo Corpo. 20Due cose, infatti, sento che mi sono sommamente necessarie in questa vita; senza di esse, mi riuscirebbe insopportabile codesta vita di miserie. 21Imprigionato nel carcere di questo mio corpo, confes­so d’avere bisogno di due cose: di nutrimento e di luce. 22Per questo, a me che sono così debole, Tu hai dato il tuo sacro Corpo quale ristoro dell’anima e del corpo, e hai posto “davanti ai miei piedi come lucerna la tua Parola” (Sal 118,105). 23senza questi due doni non potrei vivere bene, perché la Parola di Dio è la luce dell’anima mia e il tuo Sacramento è pane di vita. 24Questi due doni si possono anche chiamare due mense, poste di qua e di là nel gazofilacio, cioè nel tesoro della Santa Chiesa. 25L’una è la mensa del Sacro Altare, sulla quale è il Pane Santo, cioè il prezioso Corpo di Cristo. 26L’altra è la mensa della Legge di Dio, che contiene la Santa dottrina, che insegna la retta fede, che guida con sicurezza fin oltre il velo più interno, dove sta il Santo dei Santi. 27Siano rese grazie a Te, o Signore Gesù, luce della luce eterna, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai imbandito per mezzo dei tuoi servi, i Profeti, gli Apostoli e gli altri dottori. 28Siano rese grazie a Te, Creatore e Redentore degli uomini, che, per manifestare al mondo intero il tuo amore, hai preparato quella grande cena nella quale ci hai offerto da mangiare non l’agnello simbolico, ma il tuo Corpo santissimo ed il tuo Sangue, 29Riempiendo di letizia tutti i tuoi fedeli con il tuo sacro convito ed inebriandoli con il calice della salvezza, nel quale sono contenute tutte le delizie del Paradiso; con­vito, nel quale banchettano insieme con noi, sebbene con più felice soavità, gli Angeli Santi. 30Oh, quanto grande e venerando il ministero dei Sacerdoti! Ad essi è stato comandato di consacrare con la santa formula il Signore Altissimo, di benedirLo con le labbra, di tenerLo tra le mani, di nutrirsene con la propria bocca e di dispensarLo agli altri. 31Oh, quanto pure devono essere quelle mani, quanto pure le labbra, quanto santo il corpo e quanto immaco­lato il cuore del Sacerdote, nel quale tante volte entra l’Autore della purezza! 32Dalla bocca del Sacerdote, che tante volte riceve il Sacramento di Cristo, nessuna parola deve uscire, che non sia santa, onesta e fruttuosa. 33I suoi occhi, che abitualmente si posano sul Corpo di Cristo, devono essere modesti e pudichi; 34Pure ed elevate al cielo devono essere le sue mani, che sono solite stringere il Creatore del cielo e della terra. 35Ai Sacerdoti, in modo speciale, è detto nella Legge: “Siate santi, perché Io, il Signore Dio vostro, sono santo” (Lv 19,2). 36Dio onnipotente, ci aiuti la tua grazia, perché noi, che abbiamo assunto il ministero sacerdotale, sappiamo essere a tuo servizio degnamente e devotamente, con ogni purezza e con buona coscienza. 37E, se non possiamo conservarci in tanta innocenza di vita come dovremmo, concedici almeno di piangere come si conviene il male che abbiamo fatto, e di servirTi per il futuro con più fervore, in ispirito d’u­miltà e nel fermo proponimento d’una volontà sincera.

Note al capitolo 11° 1“…quant ‘é grande la dolcezza dell’anima devota che siede al tuo ban­chetto, nel quale le viene imbandito nessun altro cibo all’infuori di Te stesso, unico suo Amato….!”. Quando un’anima corrisponde alle ispira­zioni della grazia e s’impegna a vivere sempre più distaccata dalle cose di questo mondo, esperimenta sempre più la presenza di Dio, sia nella con­templazione dei Divini Misteri, come nella lettura della Sacra Scrittura. Nel nostro caso, l’anima umile e semplice del credente resta incantata, presa da un sentimento affettuoso per il verbo di Dio nascosto sotto i veli eucaristici. È lo Spirito Santo che, attraverso i suoi doni, dà l’intuizione di questo grande Mistero e glielo fa gustare, nell’attesa che il velo si dissol­va nella visione beatifica. Chi è schiavo della materia, prigioniero di una concezione immanentistica del mondo e della vita, non può capire, perché si è tagliato fuori. Ma l’anima che è chiamata alla contemplazione ed è guidata dallo Spirito alla perfezione, non ha dubbi. 24“Questi due doni si possono anche chiamare due mense, poste di qua e di la’ nel gazofilacio”. Il gazofilacio era il luogo, ‘nel Tempio di Gerusalemme, dove si conservavano il tesoro e le offerte fatte a Dio. 26 “…il Santo dei Santi”. Il Tempio si ergeva su una grande spianata, alla quale si accedeva per mezzo di scalinate sotterranee. Sui quattro lati vi erano grandi porticati. Al centro della spianata, una grande balaustra ret­tangolare limitava ai pagani l’accesso. Oltre la balaustra c’erano tre recin­ti o cortili: delle donne, degli uomini e dei sacerdoti. Al centro, il Tempio vero e proprio, diviso in due stanzoni: il Santo, con l’altare d’oro per l’in­censo, la mensa dei pani dell’Offerta, il candelabro d’oro dalle sette brac­cia e, separato dal Santo da un “velo” o grande sipario, il Santo dei Santi, che al tempo di Salomone conteneva l’Arca dell ‘Alleanza e le Tavole della Legge (ma ora era vuoto), dove il Sommo Sacerdote entrava una volta all’anno.

Capitolo dodicesimo

CHI SI APPRESTA A COMUNICARSI DEVE PREPARARSI CON GRANDE DILIGENZA

PAROLE DELL’AMATO 1Io sono Colui che ama la purezza, sono Colui che dona ogni santità. 2Io cerco il cuore puro, ed ivi è il luogo del mio riposo. 3Preparami “una grande sala con i tappeti” (Mc 14,15), e farò la Pasqua in casa tua con i miei discepoli. 4Se vuoi ch’Io venga a te e rimanga in te, togli via il lie­vito vecchio e rendi monda la dimora del tuo cuore. 5Caccia fuori di te tutto quello che è mondano ed ogni tumulto di passioni; poi “sta’ come uccello solitario sopra un tetto” (Sal 100,8) e ripensa, nell’amarezza dell’anima tua, ai tuoi falli. 6Infatti, ogni amante prepara al suo diletto, dal quale è riamato, la stanza migliore e più bella, perché da que­sto si conosce l’affetto di chi riceve la persona cara. 7Sappi, però, che non potrai prepararti a sufficienza solo con i tuoi mezzi, anche se vi attendessi per un inte­ro anno e non avessi in mente nient’altro. 8Ma soltanto per la mia pietà e per la mia grazia ti è concesso d’accostarti alla mia mensa: come se un men­dico fosse chiamato al pranzo d’un ricco e non avesse altra possibilità di corrispondere a quel beneficio, tran­ne quella d’umiliarsi profondamente e di ringraziare. 9Fa’ quanto sta in te e fallo diligentemente, non per abi­tudine, non per costrizione; ma con timore, con rive­renza, con amore ricevi il Corpo del diletto Signore Dio, che si degna di venire a te. 10Sono Io che t’ho chiamato, sono Io che ho comanda­to che così fosse fatto; Io supplirò a quello che ti manca; vieni e riceviMi. 11Quando Io ti concedo la grazia della devozione, rendi grazie al tuo Dio; t’ho concesso il dono non perché tu ne sia degno, ma perché ho avuto compassione di te. 12Se poi non hai questa devozione e ti senti piuttosto arido, insisti nella preghiera, piangi e bussa alla mia porta e non smettere fino a quando non meriterai di ricevere almeno una briciola od una goccia della grazia salutare. 13Tu hai bisogno di Me, non Io di te. 14Né tu vieni a santificare Me, ma Io vengo a santificare te e a farti migliore. 15Tu vieni per essere da Me santificato e per essere unito a Me; tu vieni per ricevere nuova grazia e per maggiormente infervorarti all’emendazione della tua vita. 16Non disprezzare questa grazia, ma disponi con ogni diligenza il tuo cuore e fa’ entrare in te il tuo Amato. 17Bisogna, poi, che non solo tu ecciti il fervore prima della Comunione, ma anche che tu ponga ogni cura a mantenerlo dopo aver ricevuto il Sacramento. 18Come occorre, prima, una devota preparazione, così è necessario, dopo, un non minore raccoglimento. 19lnfatti, questo buon raccoglimento che segue è, a sua  volta, un’ottima preparazione per ottenere grazie mag­giori. 20Perciò, perde molto delle sue buone disposizioni chi, dopo la Comunione, si sia subito abbandonato troppo a svaghi esteriori. 21Guardati dal molto parlare; rimani appartato in racco­glimento e goditi il tuo Dio. 22Tu possiedi Colui che tutto il mondo non ti potrà togliere. 23Sono Io, Colui al quale devi darti tutto, cosicché tu non viva più, per l’avvenire, in te, ma in Me senza alcun’ altra preoccupazione.

Note al capitolo 12° 3“Il Maestro dice: Dov’é la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? Egli vi mostrerà una grande sala con tappet…” Abbiamo detto nell’introduzione al Quarto Libro che il Sacrificio Eucarististo è il “memoriale” della morte e risurrezione di Gesù. Nel con­testo della Bibbia, “memoriale” non significa solo rievocazione storica di un avvenimento, ma sua riattualizzazione nel tempo e nello spazio. Ècome se i secoli venissero riarrotolati indietro e tornassimo a quel tempo per rivivere l’avvenimento accaduto molti secoli fa. Questo avviene, per­ché Gesù ha operato non solo come uomo che è vissuto in un determinato contesto storico, ma, essendo anche Dio, ha agito fuori del tempo e dello spazio, nell’eternità. La “grande sala con tappeti” è figura dell’anima che si prepara ad accogliere Gesù per mangiare la Pasqua. Ogni S. Comunione è una nuova Pasqua, finché l’anima non sarà trasformata in Cristo. 14Nè tu vieni a santificare Me, ma Io vengo a santjfìcare te e a farti migliore”. Quando si mangia, noi assimiliamo il cibo che mangiamo, e quando operiamo un innesto, è il ramo innestato che migliora il frutto della pianta. Nel caso della S. Comunione avviene il contrario: siamo noi che veniamo assimilati a Cristo e produciamo frutti di vita eterna. Questo, però, avverrà in proporzione della nostra disponibilità e della nostra pre­parazione.

Capitolo tredicesimo

NEL SACRAMENTO L’ANIMA DEVOTA DEVE TENDERE CON TUTTA SE STESSA ALL’UNIONE CON CRISTO

PAROLE DEL DISCEPOLO 1Chi mi darà, o Signore, ch’io possa tro­vare Te Solo, aprirTi tutto il mio cuore e godere di Te, come desidera l’anima mia, sicché, ormai, nessuno mi disprez­zi né alcuna creatura mi possa scuotere o sfiorare con il suo sguardo, ma Tu solo parli a me ed io a Te, come chi ama suole discorrere con l’amato, e l’amico suole sede­re a banchetto con l’amico? 2Questo io chiedo, questo io desidero: unirmi tutto a Te, distaccare il mio cuore da tutte le cose create ed irnpa­rare a gustare di più le cose celesti ed eterne per mezzo della Santa Comunione e della frequente celebrazione della Messa. 3Ah! Signore Dio, quando sarò tutto unito ed assorbito in Te, totalmente dimentico di me? 4Tu in me ed io in Te! Così, concedi che possiamo rima­nere uniti in un solo Spirito! 5Veramente Tu sei “il mio Amato, riconoscibile fra mille e mille” (Ct 5,10), con il quale all’anima mia piacque abitare tutti i giorni della sua vita. 6Veramente Tu sei Colui che mi porta la pace; Colui, nel quale è la pace suprema, il riposo vero; Colui, fuori del quale non ci sono che fatica, dolore e miseria infinita. 7” Veramente Tu sei un Dio misterioso” (Is 45,15) e non tratti con gli empi; ma la tua conversazione è con gli umili e con i semplici. 8“Oh, quant ‘è soave il tuo Spirito, o Signore!” (Sap 12,1). Per dare una dimostrazione della tua dolcezza verso i tuoi figli, Ti degni di ristorarli con il soavissimo Pane che scende dal Cielo. 9“Non c’è davvero altra nazione così grande, che abbia la Divinità tanto vicina a sé quanto Tu, o Dio nostro” (Dt 4,7), che sei presente a tutti i tuoi fedeli, ai quali Tu doni Te stesso in cibo e salutare possesso, come quoti­diano conforto e come mezzo d’elevazione del cuore al Cielo. 10Quale altra gente, infatti, è tanto gloriosa, quanto il popolo cristiano? 11O quale creatura sotto il cielo può dirsi da Te amata così, come l’anima devota, nella quale entra Dio per nutrirla con il suo Corpo glorioso? 12O grazia ineffabile, degnazione ammirabile, amore incommensurabile prodigato all’uomo in modo così singolare! 13Ma che cosa renderò al Signore in cambio di codesta grazia, d’un amore tanto eccelso? 14Non c’è altra offerta ch’io possa fare più gradita di quella di donare tutto il mio cuore al mio Dio e d’unir­mi intimamente con Lui. 15Allora, trasalirò di giubilo nel profondo, quando l’ani­ma mia sarà compiutamente unita a Dio. 16Allora, Egli mi dirà: Se tu vuoi essere con Me, anch’Io voglio essere con te. Ed io Gli risponderò: Degnati, Signore, di rimanere con me, perché io desi­dero ardentemente essere con Te.17Questo è tutto il mio desiderio, che il cuore mio resti unito a Te.

Note al capitolo 13° 3“Signore Dio, quando sarò tutto unito ed assorbito in Te e totalmente dimentico di me? “ Forse l’uomo moderno ha paura di pregare in questo modo; ha paura di scomparire in Dio, perché ha paura di perdere la pro­pria identità… Forse che il più piccolo fiorellino del campo ha paura di scomparire quando sorge il sole? Non è proprio il sole che fa risaltare la bellezza dei colori? La molecola di carbonio che rifiuta di aderire al dia­mante, resta nerofumo, fuliggine. Se aderisce al diamante, diventa dia­mante. Cristo è il nucleo centrale del diamante: la nuova Umanità che è unita a Lui. Rifiutare di aderire a Cristo significa rimanere una molecola di nerofumo che il vento delle passioni disperde! Accogliere Cristo degna­mente nella S. Comunione significa unirsi a Lui e dare uno scopo alla pro­pria esistenza.

Capitolo quattordicesimo

L’ARDENTE ASPIRAZ[ONE AL CORPO DI CRISTO IN ALCUNE ANIME DEVOTE

PAROLE DEL DISCEPOLO 1” Quanto è grande la tua bontà, Signore! La riservi a coloro che Ti temono” (Sal 30, 20). 2Quando ripenso, o Signore, a certe anime devote che s’accostano al tuo Sacramento con la più grande devozione e con affetto, 3Piuttosto spesso mi sento pieno di colpa e di vergogna, perché m’accosto al tuo Altare e alla Mensa della santa Comunione così tiepido, così freddo, 4Perché rimango così arido e senza un palpito del cuore, perché non sono del tutto acceso alla tua presenza, o mio Dio, 5E perché non sono così fortemente rapito e commosso, come lo furono molti devoti che, per l’intensissimo desiderio della Comunione e per la sensibile tenerezza del cuore, non riuscirono a frenare le lacrime. 6Essi, anzi, aprendo ad un tempo la bocca del cuore e quella del corpo, dal loro intimo anelavano a Te, Dio, fonte viva, e non potevano calmare o saziare il loro vivo desiderio in altro modo, se non ricevendo il tuo Corpo con pieno giubilo e con avida esultanza della loro anima. 7Oh, che fede sincera ed ardente, la loro! Essa costitui­sce un argomento a prova della tua reale presenza! 8Codeste anime devote davvero conoscono il loro Signore nella “frazione del pane” (Lc 24, 35); il loro cuore tanto ardentemente divampa per Gesù, che cam­mina con loro. 9Spesso, un siffatto sentimento, una siffatta devozione, un amore ed un ardore così veementi sono lontani da me. 10Siimi propizio, Gesù buono, dolce e benigno, e con­cedi a questo tuo povero mendico che, qualche volta almeno, risenta nella santa Comunione un po’ dell’inti­mo amore del tuo cuore, 11Perché s’irrobustisca la mia Fede, rinvigorisca la Speranza nella tua bontà; e la Carità, una buona volta perfettamente accesa e dopo avere gustato la Manna celeste, non mi venga mai meno. 12La tua misericordia, poi, è così potente, da conceder­mi anche codesta desiderata grazia e da visitarmi con somma clemenza in ispirito d’ardore, fino a che non sarà giunto il giorno che a Te piacerà. 13lnfatti, sebbene io non arda d’un desiderio così inten­so come quello che ebbero per Te questi devoti così sin­golari, tuttavia sento, per grazia tua, che desidero avere quel desiderio grande e bruciante; prego e sospiro d’es­sere ammesso a far parte di tutti i tuoi fervidi devoti e d’essere annoverato nella loro santa compagnia.

Note al capitolo 14° 11‘Perché s’irrobustisca la mia Fede, rinvigorisca la Speranza nella tua bontà; e la Carità, una buona volta perfettamente accesa e dopo avere gustato la Manna celeste, non mi venga mai meno”. Fede, Speranza e Carità sono le Virtù teologali, che hanno lo scopo di unirci a Dio per mezzo dello Spirito di Gesù Cristo. La Fede ci unisce a Dio come Verità Infinita; la Speranza, come Beatitudine Suprema; la Carità, come Bontà Infinita. La Carità è la più importante, perché è come l’anima delle altre due. La Fede non viene dai sensi nè dalla ragione, ma è un dono di Dio, che, però, esige da noi la disponibilità ad accoglierla. La Speranza ci fa desiderare Dio come nostro Bene supremo. Per conseguirlo, bisogna, se necessario, rinunciare a tutto il resto. La Carità, cioè l’amore di Dio e del prossimo per amore di Dio, è lo scopo stesso della nostra esistenza, il compendio della Legge e dei Profeti, cioè dell’intera Scrittura. L”‘ardente aspirazione”, di cui parla il capitolo, non viene dal sentimento, ma dalla volontà illuminata dalla ragione. Quel che conta non è il “sentire”, ma il “volere”.

Capitolo quindicesimo

LA GRAZIA DELLA DEVOZIONE SI ACQUISTA CON L’UMILTÀ E CON LA RINUNCIA A SE STESSO

PAROLE DELL’AMATO 1Tu devi cercare la grazia della devozio­ne con insistenza, chiederla con vivo desiderio, aspettarla con pazienza e con fiducia, riceverla con gratitudine, con­servarla con umiltà, cooperare con essa con zelo, e rimetterti a Dio per il tempo e per il modo della celeste visita, fino a che essa venga. 2Tu devi, soprattutto, umiliarti, quando dentro di te senti poca o nessuna devozione, senza però abbatterti troppo e rattristarti eccessivamente. 3Spesso Dio dà in un istante ciò che, per lungo tempo, ha negato; talvolta, dà alla fine ciò che al principio della preghiera ha differito. 4Se questa grazia fosse accordata sempre subito e fosse li pronta, conformemente al nostro desiderio, l’uomo, che è fragile, non saprebbe sostenerla. 5Perciò, la grazia della devozione bisogna attenderla con salda speranza e con umile pazienza. Tuttavia, devi dare la colpa a te e ai tuoi peccati, quando non ti è data o ti viene tolta senza che tu ne comprenda il motivo. 6Qualche volta, è una piccola cosa quella che impedisce o nasconde la grazia, seppure piccolo, e non piuttosto grande, si possa chiamare ciò che ostacola un bene così eccelso. 7E se, piccolo o grande che sia, questo inciampo sarai riuscito ad allontanarlo e a superarlo del tutto, tu otter­rai ciò che hai chiesto. 8lnfatti, appena ti sarai dato a Dio con tutto il cuore, senza cercare questo o quello secondo il tuo capriccio o il tuo volere, ma ti sarai rimesso interamente a Lui, ti troverai unito a Lui e tranquillo, perché nulla avrà per te gusto e piacere tanto, quanto ciò che piace al volere divino. 9Chiunque, pertanto, con cuore semplice avrà innalzato la sua intenzione a Dio e si sarà spogliato d’ogni affet­to disordinato o dell’avversione per qualsiasi creatura, sarà nelle migliori condizioni di ricevere la grazia e sarà degno del dono della devozione. 10lnfatti, il Signore versa la sua benedizione là, dove avrà trovato vasi vuoti. 11E quanto più perfettamente uno rinuncia alle cose di quaggiù e più muore a se stesso con il disprezzo di sé, tanto più presto viene in lui la grazia, tanto più abbon­dantemente affluisce in lui e tanto più in alto ne solle­va il cuore liberato da ogni cosa. 12Allora, egli vedrà e sarà nell’abbondanza “e sarò rag­giante ed il suo cuore s’allargherà in Dio” (Is 60, 5), perché la mano di Dio è con lui, che si è rimesso total­mente e per sempre alla sua Volontà. 13“Ecco, così sarò benedetto l’uomo” (Sal 127, 4) che cerca Dio con tutto il suo cuore e non invano ha ricevuto la sua vita. 14Ricevendo la Santa Eucaristia, egli merita la grande grazia d’essere unito a Dio, perché non mira alla pro­pria devozione ed alla propria consolazione, ed invece, di là d’ogni devozione e consolazione, mira alla gloria e all’onore di Dio.

Note al capitolo 15° 5“La grazia della devozione bisogna attenderla con salda speranza e con umile pazienza. Tuttavia, devi dare la colpa a te e ai tuoi peccati, quando non ti é data o ti viene tolta senza che tu ne comprenda il moti­vo”. Per rassodarci nella virtù, Dio di tanto in tanto ci manda delle aridità, cioè ci toglie consolazioni sensibili e spirituali. In quel caso bisogna anda­re avanti con la volontà soltanto. Dio ci manda queste aridità per distac­carci dalle creature, per umiliarci, per purificarci. Talvolta, le aridità ven­gono dalle nostre colpe o imperfezioni: da vana compiacenza od orgoglio; da pigrizia spirituale o inopportuna tensione; da ricerca di consolazioni umane, amicizie sensibili, soddisfazioni mondane; da mancanza di since­rità col proprio direttore spirituale. Trovata la causa, bisogna toglierla con grande umiltà. Se non siamo noi la causa, dobbiamo convincerci che ser­vire Dio senza consolazione è più meritorio che avere grandi consolazio­ni. Pensiamo a Gesù nell’Orto degli Olivi, che, per amor nostro, ha sop­portato tutto senza nessun conforto. Diceva S. Francesco di Sales: “Bisogna cercare il Dio di ogni consolazione, non le consolazioni di Dio”. 10“…il Signore versa la sua benedizione là, dove avrà trovato vasi vuoti”. Quando Dio trova un’anima “vuota”, cioè umile, la riempie di Sè. Maria, umilissima, ha meritato di diventare Madre di Dio.

Capitolo sedicesimo

DOBBIAMO MANIFESTARE A CRISTO LE NOSTRE NECESSITÀ E CHIEDERE LA SUA GRAZIA

PAROLE DEL DISCEPOLO 1O dolcissimo e amorosissimo Signore, che io ora desidero devotamente riceve­re, Tu conosci la mia debolezza e le necessità che m’assillano, in quanto grandi colpe e vizi io giaccio, come spesso sono oppresso, provato, sconvolto e pieno di fango. 2Vengo a Te per avere rimedio e Ti prego di concedermi conforto e sostegno. 3Parlo a Colui che tutto sa e conosce tutto il mio intimo; parlo a Te, che, solo, mi puoi pienamente confortare ed aiutare.4Tu sai di quali beni, sopra tutti, io ho bisogno e quan­to sono povero di virtù. 5Ecco, io sto povero e nudo davanti a Te, chiedendo gra­zia e implorando misericordia. 6Ristora il tuo mendico affamato, accendi la mia fred­dezza con il fuoco dell’amore tuo, illumina la mia cecità con il fulgore della tua presenza.7Muta per me in amarezza tutte le cose terrene, in eser­cizio di pazienza tutte le cose che mi sono di peso e mi ostacolano, in motivo di disprezzo e di oblio tutte le cose abiette di quaggiù.8Solleva il mio cuore a Te, in Cielo, e non lasciarmi vagare su questa terra. 9D’ora in poi siimi, Tu solo, dolce per sempre, perché Tu solo sei il mio cibo e la mia bevanda, l’amore mio e la gioia mia, la mia dolcezza e tutto il mio Bene. 10Oh, se con la tua presenza Tu m’accendessi tutto, mi bruciassi e mi tramutassi in Te, così ch’io potessi diven­tare un solo spirito con Te per grazia d’intima unione, per struggimento di fuoco d’amore! 11Non permettere ch’io, digiuno e freddo, m’allontani da Te, ma opera con misericordia in me, come spesso hai mirabilmente operato con i tuoi Santi. 12Qual meraviglia, se io prendessi, tutto, fuoco da Te e mi annullassi in me stesso, dal momento che Tu sei fuoco sempre vivo che mai si consuma, amore che puri­fica i cuori ed illumina le menti?

Note al capitolo 16° 7“Muta per me in amarezza tuue le cose ter’ene, in esercizio di pazien­za tutte le cose che mi sono dipeso e mi ostacolano, in motivo di disprez­zo e di oblio tutte le cose abiette di quaggiù”. Gesù ha detto: “È più faci­le che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli”. Come per “poveri in ispirito “dobbiamo intendere colo­ro che sono staccati dai beni di questo mondo, così per “ricchi “dobbiamo intendere coloro che fanno affidamento sui beni terreni. Uno può essere ricco di beni, ma col cuore distaccato, e un altro, povero di beni, ma desi­deroso di possederli ad ogni costo. “Nessuno può servire a due padroni…” (Mt 6,24). Per servire Dio è necessario liberarci dai beni effimeri, illuso­ri di questo mondo.

Capitolo diciassettesimo

L’AMORE ARDENTE E IL FERVIDO DESIDERIO DI RICEVERE CRISTO

PAROLE DEL DISCEPOLO 1Desidero riceverTi, Signore, con gran­dissima devozione e con ardente amore, con tutto l’affetto ed il fervore del cuore, come Ti desiderarono nella Comunione tanti Santi e tanti devoti, che Ti furono sommamente cari per la santità della vita e per l’arden­tissima pietà. 2O Dio mio, amore eterno, che sei tutto il mio Bene, la mia felicità senza fine, io bramo riceverTi con il più intenso desiderio e con il più profondo rispetto, quale poté mai avere e sentire alcuno dei Santi.3E per quanto io sia indegno d’avere tutti quei senti­menti di devozione, tuttavia offro a Te tutto l’affetto del mio cuore, come se io solo avessi tutti quegli ardenti desideri che Ti sono tanto graditi.4Anzi, Ti porgo e Ti offro con somma venerazione e con intimo fervore tutto quello che un’anima devota può concepire e desiderare. 5Nulla voglio riservare per me, ma voglio immolare a Te me stesso ed ogni mia cosa, di mia libera e somma­mente gioiosa volontà. 6O Signore Dio mio, Creatore e Redentore mio, io desi­dero riceverTi oggi con quell’affetto, con quella vene­razione, con quell’omaggio di lode e d’onore, con quei sentimenti di riconoscenza, di nobiltà e d’amore, con quella fede, speranza e purezza, 7Con cui Ti desiderò e T’accolse la tua santissima Madre, la gloriosa Vergine Maria, quando, all’Angelo che le annunziava il mistero dell’Incarnazione, rispose con umiltà e devozione: “Ecco l’ancella del Signore; sia fatto a me secondo la tua parola” (Lc 1,38). 8E come il beato tuo precursore Giovanni Battista, il più grande dei Santi, ancora chiuso nel seno materno, alla tua presenza sobbalzò di gioia nel gaudio dello Spirito Santo; 9E come, più tardi, vedendo Gesù camminare tra la gente, disse con grande umiltà e con slancio devoto:  “l’amico dello sposo, che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo” (Gv 3,29), 10Così, anch’io desidero essere acceso di quei nobili e santi desideri e darmi a Te con tutto il cuore. 11Perciò, Ti presento e Ti offro i gaudi, gli ardenti affet­ti, le estasi, le illuminazioni soprannaturali e le visioni celestiali di tutti i cuori devoti; e Te li offro, per me e per tutti coloro che si raccomandano a me nelle pre­ghiere, in unione con tutte le opere buone e le lodi che Ti furono e saranno tributate da ogni creatura in Cielo e in terra, perché Tu sia da tutti degnamente lodato e glorificato in eterno. 12Accetta, o Signore Dio mio, i miei voti ed il mio desi­derio di tributarTi lodi senza fine e benedizioni senza misura, che di diritto Ti sono dovute per l’immensità della tua ineffabile grandezza. 13Te le rendo ora e desidero renderTele ogni giorno ed ogni momento, e con calorosa preghiera invito e sup­plico tutti gli spiriti celesti e tutti i tuoi fedeli ad unirsi a me, per ringraziarTi e lodarTi. 14Ti diano lode tutti quanti i popoli, le tribù e le lingue e, con sommo giubilo e ardente devozione, esaltino il tuo nome santo e dolcissimo. 15E tutti i Sacerdoti che celebrano con riverenza e pietà il tuo divino Sacramento e con piena fede lo ricevono, possano meritare di trovare grazia e misericordia presso di Te, e Ti preghino, supplichevoli, per me peccatore. 16E quando avranno raggiunto la sospirata devozione e la gioiosa unione con Te, e quando, ricolmi delle tue consolazioni e meravigliosamente ristorati, saranno partiti dalla sacra Mensa celeste, si degnino di ricor­darsi di me poveretto.

Note al capitolo 17° 1…Signore Dio mio, Creatore e Redentore mio, io desidero riceverTi oggi con quell’affetto.”, 7“Con cui Ti desiderò e T’accolse la tua santissima Madre…”. Se “tutta la vita di Cristo e quello che ha openato e detto, dalla nascita alla morte e resurrezione”, come abbiamo detto all’inizio del 1V Libro, “sono il fondamento dei Sacramenti”, ben a ragione possiamo citare l’esempio di Maria, che accolse nel suo grembo il verbo di Dio. ‘All’Angelo che le annunciava il mistero dell’Incarnazione, Ella rispose con umiltà e devo­zione: Ecco l’ancella del Signore; sia fatto a me secondo la tua parola”. Anche il fedele che riceve lo stesso verbo fatto carne nel grembo di Maria, deve ripetere: “Sia fatto a me secondo la tua parola”. Non dob­biamo dimenticare che il Gesù che riceviamo è lo stesso che si è incarna­to in Maria, e che il nostro incontro con Lui non può avvenire senza di Lei. Ella, con grande umiltà, ha chiesto all’Angelo: “Come e’ possibile? Non conosco uomo”. Ella ha accettato la spiegazione dell’Angelo nella Fede, non in una spiegazione scientifica; e questo deve guidare anche noi ad accogliere Cristo nella S. Comunione non con inutili disquisizioni, ma nella Fede.

Capitolo diciottesimo

L’UOMO NON INDAGHI CON ANIMO CURIOSO SUL MISTERO DEL SACRAMENTO, MA SI FACCIA IMITATORE DI CRISTO NELL’UMILTÀ, SOTTOMETTENDO I SUOI SENSI ALLA SANTA FEDE

PAROLE DELL’AMATO 1Se non vuoi essere sommerso nell’abisso del dubbio, devi guardarti dal deside­no curioso ed inutile d’indagare intorno a questo profondissimo Sacramento. 2“Chi scruta la Maestà di Dio rimarrò schiacciato dalla sua gloria” (Prv 25,27). 3Più potente è Dio nell’operare, di quanto l’uomo possa capire. 4È, però, consentita la pia ed umile ricerca della verità, che è sempre pronta a lasciarsi ammaestrare e desiderosa di camminare dietro la salutare dottrina dei Padri. 5Beata la semplicità, che lascia le ardue strade delle que­stioni e prosegue il sentiero piano e sicuro dei Comandamenti di Dio! 6Molti, volendo investigare su cose troppo alte, hanno perduto la Fede. 7Da te si esigono Fede e vita innocente, non acume d’in­telligenza né cognizione profonda dei misteri di Dio. 8Se non riesci a conoscere e a comprendere cose che stan­no più in basso di te, come potrai comprendere cose che stanno sopra di te? 9Assoggettati a Dio, umilia i tuoi sensi alla Fede, e ti sarà data luce di conoscenza nella misura che ti sarà utile e necessana. 10Certuni sono gravemente tentati circa la Fede e il Sacramento dell’Eucaristia; ma questo fatto non è da imputare tanto a loro, quanto piuttosto al Nemico. 11Tu, non darti pena di codeste cose, non discutere con i tuoi pensieri e non rispondere ai dubbi che il demonio ti suggerisce. 12Credi, invece, alle parole di Dio, credi ai suoi Santi e Profeti; e il perfido Nemico fuggirà da te. 13Spesso è molto utile che il servo di Dio sostenga prove di tal genere. 14Già! Il demonio non tenta quelli che non hanno Fede ed i peccatori, che già tiene in sicuro possesso; tenta, invece, e tormenta in vari modi le anime fedeli e pie. 15Va’, dunque, avanti con schietta ed incrollabile Fede, ed accostati al Sacramento con umile riverenza. 16E ciò che non riesci a comprendere, affidalo tranquillamente a Dio, che tutto può. 17Dio non ti inganna; s’inganna, invece, chi crede troppo a se stesso. 18Dio cammina con i semplici, si rivela agli umili; dà intelligenza ai piccoli, apre la mente alle anime pure e nasconde la grazia ai curiosi e ai superbi. 19La ragione umana è debole e può cadere in errore, men­tre la Fede vera non può ingannarsi. 20Ogni ragionamento ed ogni ricerca naturale devono seguire la Fede, non precederla né indebolirla. 21Infatti, in questo Sacramento, più degli altri santo e sublime, predominano l’amore e la Fede misteriosamen­te operanti. 22Dio eterno, immenso e d’infinita potenza, fa cose gran­diose ed insondabili in Cielo ed in terra, ed a noi non è dato d’investigare le sue mirabili opere. 23Se le opere di Dio fossero tali, che facilmente potessero essere comprese dalla ragione umana, non si potrebbero dire mirabili ed ineffabili.

Note al capitolo 18° 2“Chi scruta la Maestà di Dio rimarrà schiacciato dalla sua gloria”. Dio è il “Trascendente”. Che cosa significa? Come la mente umana, creata a immagine e sonnglianza di Dio, “trascende” il suo pensiero, così il Creatore “trascende”, è “di la” della sua creatura, cioè non si confonde con essa. La creatura è frutto dell’Intelligenza e dell’Amore di Dio, ma è in altro ordine di cose; dipende in tutto dal suo Creatore, e non potrà mai essere alla pari. Gesù, il Verbo di Dio, l’Intelligenza divina per mezzo della quale Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, ha promesso all’uomo la vita divina. Il Cristianesimo, infatti – l’abbiamo detto e ripetuto – è una Vita, la Vita di Dio in noi. Ogni vita ha bisogno di un cibo adeguato. Quale sarà il cibo adeguato per questa Vita? È Gesù stesso, che oltre ad essere la nostra Vita, nell’Eucaristia si è fatto nostro cibo e bevanda. Prefigurato nell’Agnello Pasquale, nella Manna e nell’Acqua sgorgata dalla roccia più di mille anni prima, dopo la moltiplicazione del pane (cf Gv 6,1-14), nella sinagoga di Cafarnao promette se stesso come cibo: “Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane, vivrà in eterno, e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6,51). Per riabilitarsi e dimostrare fedeltà a Dio, era necessario all’uomo un “antidoto” che annul­lasse l’inganno di Satana. Era necessario che l’uomo si mettesse con piena fiducia nelle mani del suo Creatore. Questo “antidoto” è l’Eucaristia, nella quale il suo Creatore si presenta a lui sotto le apparenze non di un serpente, come nel deserto, ma di pane e di vlno, elementi necessari per il sostenta­mento della sua vita fisica. Con un atto di fede nella parola di Gesù, che ha detto: “Questo è il mio Corpo… Questo è il calice del mio Sangue”, l’uomo viene riabilitato.

 

 

L’IMITAZIONE DI CRISTO 13ultima modifica: 2010-08-17T15:33:00+02:00da meneziade
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