IL VANGELO ARABO DELL’INFANZIA 2

pesellinoTrinita.jpg[22, 1] Matrimonio. Le due sorelle dissero alla madre: “Ecco che il nostro fratello è stato restituito alla forma umana con l’intervento del signore Gesù Cristo e l’ausilio salutare di questa fanciulla che ci ha parlato di Maria e di suo figlio.

Ora, siccome il nostro fratello è celibe, è opportuno che gli diamo in sposa questa fanciulla che fa loro da ancella”.

Domandarono dunque questo alla padrona Maria e lei annuì.

Prepararono, a questa fanciulla, delle nozze splendide e, mutata la tristezza in gioia e il pianto in tripudio, dalla grande gioia che provavano, incominciarono a godere, a rallegrarsi, a esultare e a cantare, ornate di vesti splendide e pure. Si diedero poi a recitare carmi e lodi, dicendo: “O Gesù, figlio di Davide, tu sei colui che muta la tristezza in gioia e le lamentazioni in letizia”.

[2] Giuseppe e Maria vi rimasero dieci giorni. Poi partirono accompagnati con grandi onori e saluti da quelle persone che, dopo averli salutati, se ne ritornarono piangendo; specialmente quella fanciulla.

[23, 1] Banditi. Messisi in cammino, giunsero in una regione deserta e, a quanto si diceva, infestata dai ladri. Giuseppe e la padrona Maria pensarono così di attraversare la regione di notte. Ma ecco che lungo il cammino scorgono due ladri sdraiati e con loro una quantità di altri ladri, loro compagni, che dormivano. I due ladri incontrati erano Tito e Dumaco. Tito disse a Dumaco: “Lascia andare costoro, te ne prego, sicch‚ passino inosservati dai nostri compagni”. Ma Dumaco si rifiutava; perciò Tito disse nuovamente: “Prenditi da me quaranta dracme, e tienti anche questo come pegno”. E gli porse la cintura che aveva, affinché non aprisse bocca e non parlasse.

[2] La signora padrona Maria vista la bontà di questo ladro verso di loro, disse: “Il Signore Dio ti sosterrà con la sua destra e ti concederà il perdono dei peccati”. Il signore Gesù rispose a sua madre, dicendo: “Di qui a trenta anni, o madre, gli Ebrei mi crocifiggeranno a Gerusalemme, e questi due ladri saranno alzati in croce insieme a me. Tito sarà alla mia destra e Dumaco alla sinistra. Dopo quel giorno, Tito mi precederà in paradiso”.

Detto questo, lei replicò: “Che Dio ti tenga lungi da ciò, figlio mio”.

[3] Di lì andarono alla città degli idoli: ma al loro approssimarsi essa si trasformò in colline di sabbia.

[24, 1] A Matarea. Si diressero poi a quel sicomoro che oggi è detto Matarea. Il signore Gesù fece scaturire una sorgente a Matarea nella quale la padrona Maria lavò la sua camicetta. Il balsamo di quella regione deriva dal sudore del signore Gesù che essa vi sparse.

[25, 1] A Menfi. In seguito discesero a Menfi. Visto il faraone, rimasero per tre anni in Egitto. Il signore Gesù in Egitto fece molti miracoli che non si trovano scritti n‚ nel Vangelo dell’infanzia né nel Vangelo completo.

[26, 1] Alla volta di Israele. Passato il triennio, Giuseppe ritornò dall’Egitto, ma al confine della Giudea ebbe paura di entrare Udito che Erode era morto e che Archelao, suo figlio, gli era succeduto, nonostante il timore, andò in Giudea. Gli apparve un angelo di Dio e gli disse: “Giuseppe, vai nella città di Nazareth e resta là”.

[2] E’ veramente ammirevole che abbiano portato e fatto peregrinare per diverse regioni colui che è il signore di tutte le regioni.

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[27, 1] Peste a Betlemme. Entrati nella città di Betlemme la videro infestata da molte e gravi malattie che colpivano gli occhi dei bambini e ne causavano la morte.

C’era una donna che aveva un figlio malato; era ormai prossimo alla morte quando lo portò alla signora padrona Maria, che lo guardò mentre stava lavando Gesù Cristo. Quella donna le disse: “Mia signora Maria, guarda questo mio figlio afflitto da un grave dolore”. La padrona Maria l’esaudì, e disse: “Prendi un po’ di questa acqua con cui ho lavato mio figlio, e spruzzala su di lui”.

[2] Essa dunque prese un po’ di quell’acqua e la versò su suo figlio come le aveva detto la padrona Maria.

Cessò immediatamente l’agitazione, poi si addormentò un poco per svegliarsi in seguito dal sonno, sano e salvo. Lieta di ciò, la madre lo portò nuovamente alla padrona Maria. La quale le disse: “Ringrazia Dio che ti ha guarito questo tuo figlio”.

[28, 1] Fanciullo agonizzante. Vicino alla donna il cui figlio era stato guarito, ce n’era un’altra il cui figlio soffriva della stessa malattia: i suoi occhi erano ormai quasi spenti ed egli gridava notte e giorno.

La madre del bambino guarito, le disse: “Perché non porti tuo figlio alla padrona Maria, come io portai il mio quando era ormai agonizzante? E fu poi guarito con l’acqua con la quale era stato lavato Gesù, suo figlio”. Udito ciò, anche questa donna andò, prese della stessa acqua e ne lavò suo figlio, e subito il suo corpo e gli occhi guarirono.

Anch’essa, avendo portato suo figlio alla padrona Maria e narrato tutto quanto era accaduto, ricevette l’ordine di ringraziare Dio che aveva ridato la salute a suo figlio, e di non raccontare ad alcuno la cosa avvenuta.

[29, 1] Fanciullo nel forno. Nella stessa città c’erano due donne, mogli di un solo uomo, e ognuna aveva un figlio febbricitante. Una di queste si chiamava Maria, e il nome di suo figlio era Cleofa. Questa si levò, prese suo figlio e andò dalla signora padrona Maria, madre di Gesù, e offertole un bel velo, disse: “Signora mia Maria, accetta da me questo velo e dammi in cambio una fascia”. Maria acconsentì; la madre di Cleofa ritornò a casa e, con la fascia, fece una camicetta che pose addosso a suo figlio, e questo così guarì dalla malattia.

Il figlio della rivale, nello spazio di ventiquattro ore, morì. Di qui sorse una inimicizia tra loro due. [2] Avevano l’usanza di compiere le faccende domestiche a settimane alterne. Quando toccò il turno a Maria madre di Cleofa, riscaldò il forno per far cuocere il pane; lasciato poi il figlio Cleofa al forno se ne ritornò a prendere la massa di farina lavorata per fare il pane. La sua rivale, vistolo solo, mentre il forno acceso stava bruciando, lo prese, lo gettò nel forno, e poi si allontanò. Maria, al suo ritorno, vedendo il figlio Cleofa che se ne stava ridendo in mezzo al forno, mentre il forno si era raffreddato, quasi che in esso non ci fosse il fuoco, comprese che era stata la sua rivale a metterlo nel fuoco. Tiratolo fuori, lo portò alla padrona signora Maria e le raccontò il caso. “Stai zitta , le rispose , non parlare di ciò ad alcuno. Qualora, infatti, tu lo divulgassi, io avrei paura per te”.

[3] La sua rivale essendo andata al pozzo per attingere acqua, vide Cleofa presso il pozzo intento a giocare; osservato che non c’era nessuno, lo prese, lo gettò nel pozzo e poi se ne ritornò a casa. Degli uomini andati al pozzo videro quel ragazzo che se ne stava seduto sulla superficie dell’acqua e discesero a prenderlo. Restarono poi meravigliati di questo ragazzo e lodarono Dio.

Venne poi sua madre, se lo prese e, piangendo, lo portò alla signora padrona Maria, e le disse: “Mia signora, vedi quello che la mia rivale ha fatto a mio figlio gettandolo in quel pozzo. Un giorno o l’altro me lo ucciderà”. La padrona Maria rispose: “Dio ti vendicherà su di lei”. Più tardi, andata al pozzo ad attingere acqua, la rivale si impigliò con i piedi in una fune e cadde nel pozzo. Vennero sì degli uomini a tirarla fuori, ma aveva il capo contuso e le ossa rotte.

Perì così di mala morte, e in lei si avverò quel detto: scavarono un pozzo profondo, ma caddero nella fossa da loro preparata.

[30, 1] Un futuro apostolo. Un’altra donna del luogo aveva due figli gemelli. Caduti tutti e due ammalati, l’uno morì e l’altro stava agonizzando. La madre allora lo prese e, piangendo, lo portò alla signora padrona Maria, dicendo: “Mia signora, aiutami e soccorrimi. Ho avuto due figli: uno l’ho sepolto proprio ora e l’altro è in procinto di morire. Vedi come sta supplicando e pregando Dio”. Prese poi a dire: “O Signore, tu sei clemente, misericordioso e pio. Mi hai dato due figli: uno me l’hai preso, fammi dono almeno dell’altro”.

[2] La padrona Maria, vedendo l’amarezza del suo pianto, ne ebbe misericordia. “Metti tuo figlio sul letto di mio figlio , le disse , e ricoprilo con le sue vesti”. Dopo che l’ebbe posto sul letto ove giaceva Cristo, era ormai morto alla vita e aveva chiuso gli occhi. Ma subito quel fanciullo fu colpito dal profumo delle vesti del signore Gesù Cristo, aprì gli occhi e, chiamando a gran voce la madre, le chiese la poppa; ricevutala, incominciò a succhiarla.

Sua madre allora disse: “Signora Maria, ora riconosco che risiede in te la potenza, tanto che tuo figlio guarisce gli uomini, partecipi della sua natura, al solo contatto con i suoi indumenti”.

Questo fanciullo guarito è quello che nel Vangelo è detto Bartolomeo.

[31, 1] Donna lebbrosa. Una donna lebbrosa andata a trovare la signora padrona Maria madre di Gesù, le disse: “Signora mia aiutami!”. La padrona Maria rispose: “Che aiuto vuoi? Vuoi oro e argento? O che il tuo corpo sia mondato dalla lebbra?”. Soggiunse quella donna: “E chi mi può offrire questo?”. “Aspetta un poco, , rispose la padrona Maria , fino a quando io abbia lavato e posto a letto mio figlio Gesù”.

[2] Come Maria le aveva detto, la donna aspettò. Messo a letto Gesù, porse alla donna l’acqua con la quale aveva lavato il suo corpo, dicendole: “Prendi un po’ di quest’acqua e versala sul tuo corpo”. Ciò fatto, fu immediatamente purificata, e lodò e ringraziò Dio.

[32, 1] Altra lebbrosa. Rimasta con lei tre giorni, se ne andò. Giunta in una città incontrò un principe che aveva sposato la figlia di un altro principe; ma presto osservò che la moglie aveva tra i suoi occhi il segno della lebbra sotto forma di stella. Perciò il matrimonio fu sciolto e dichiarato nullo.

Quella donna li vide tutti e due in uno stato di abbattimento di tristezza e pianto, e domandò la causa del loro dolore. Essi risposero: “Non indagare sul nostro stato. Il nostro dolore non possiamo manifestarlo e narrarlo ad alcuno”. Ma essa insistette affinché glielo manifestassero, assicurando che forse poteva indicare un rimedio. [2] Le presentarono dunque la ragazza con il segno della lebbra che si manifestava tra gli occhi. Appena lo vide, esclamò: “Anch’io qui presente, o donna, ero affetta dallo stesso morbo; a causa di certi affari che mi capitarono, mi recai a Betlemme. Quivi entrai in una grotta e trovai una donna di nome Maria che aveva un figlio chiamato Gesù: vedendomi lebbrosa, ebbe pietà di me e mi porse dell’acqua con la quale aveva lavato il corpo di suo figlio. Me la versai sul corpo e fui purificata”. Quelli allora dissero alla donna: “Non potresti, o donna, partire con noi e condurci alla signora padrona Maria?”. Essa annuì.

S’alzarono dunque e andarono dalla signora Maria, portando seco dei magnifici regali. [3] Entrati e offerti i doni, le mostrarono la ragazza lebbrosa che avevano condotto seco. La padrona Maria disse: “La misericordia del signore Gesù Cristo discenda sopra di voi”. E porgendo loro un po’ dell’acqua con la quale aveva lavato il corpo di Gesù Cristo, ordinò che lavassero con essa quella poveretta. Compiuto questo, immediatamente fu guarita; ed essi e tutti i presenti lodarono Dio. Se ne ritornarono lieti nella loro città, lodando Dio.

Quando il principe notò che sua moglie era stata guarita, la assunse in casa sua, fece le seconde nozze con lei ringraziando Dio per la riacquistata sanità della moglie.

534617475.jpg&t=1[33, 1] Giovane indemoniata. C’era pure una ragazza tormentata da Satana. Questo maledetto le appariva sotto forma di gigantesco dragone e si preparava a inghiottirla; succhiava tutto il suo sangue tanto che era ridotta come un cadavere. Ogni volta che le si avvicinava, lei giungeva le mani sul capo esclamando: “Guai, guai a me! Non c’è proprio nessuno che mi liberi da questo pessimo dragone”. Suo padre, sua madre, tutti quelli che le erano vicini o che la vedevano, si dolevano della sua sorte. Molta gente la circondava piangendo e innalzando lamentazioni, soprattutto mentre essa piangeva, dicendo: “O fratelli miei e amici, non c’è proprio nessuno che mi liberi da questo omicida?”.

[2] Ma la figlia di quel principe che era stata liberata dalla lebbra, udendo le grida di questa fanciulla salì sulla terrazza del suo palazzo, la vide piangere con le mani giunte sul capo, mentre tutti quelli che la circondavano piangevano con lei. Allora domandò al marito di questa indemoniata se la madre di lei era ancora viva. Avendole risposto che aveva vivi ancora tutti e due i genitori, disse: “Manda da me sua madre”. E quando se la vide di fronte, le disse: “Questa ragazzina fuori di sé è tua figlia?”. “Sì, o signora, , rispose quella donna triste e in lacrime , questa è mia figlia”. “Tieni il segreto, , proseguì la figlia del principe , ti confesso ch’io sono stata lebbrosa e mi ha sanato Maria, la madre di Gesù Cristo. Se vuoi che tua figlia guarisca, portala a Betlemme, cerca di Maria madre di Gesù, e sii fiduciosa che tua figlia sarà guarita: io non dubito che tu ritornerai qui contenta con la figlia in ottima salute”.

[3] Udite le parole della figlia del principe, quella donna prese subito la figlia con sé, si recò al luogo indicatole, andò da Maria e le manifestò lo stato della figlia. Udita la sua preghiera, la padrona Maria le diede un po’ dell’acqua con la quale aveva lavato il corpo di Gesù, ordinandole di versarla sul capo della figlia. Dai pannolini del signore Gesù prese poi una fascia che diede alla fanciulla dicendo: “Prendi questa fascia e mostrala al tuo nemico ogni volta che lo vedrai”. E, con i saluti, le congedò.

[34, 1] La guarigione. Uscite da lei, se ne ritornarono nella loro regione. Giunse in seguito il momento in cui Satana voleva invasarla: ecco apparire questo maledetto sotto forma di un gigantesco dragone. Al vederlo, la fanciulla ebbe paura. Ma la madre le disse: “Non temere, figlia, lascia che ti si avvicini, poi mostragli la fascia che ci ha donato la signora Maria, e vedremo che succederà”.

[2] Mentre Satana, qual terribile dragone, si avvicinava, il corpo della fanciulla tremava per la paura da capo a piedi; ma lei tirò subito fuori quella fascia, se la pose sul capo e se ne coprì gli occhi. Da questa fascia scaturirono fiamme e carboni ardenti, e si diressero contro il dragone. Quanto era grande questo miracolo verificatosi non appena il dragone diresse il suo sguardo alla fascia del signore Gesù dalla quale scaturiva un fuoco diretto sul suo capo, contro i suoi occhi! Esso allora esclamò a gran voce: “Gesù, figlio di Maria, che c’è di comune tra me e te? Dove mi riparerò da te?”. Con grande timore, girò la coda e si allontanò dalla fanciulla, né più le si fece vedere. La fanciulla, rimasta tranquilla, lodò e ringraziò Dio; e con essa anche tutti coloro che erano presenti e avevano assistito al miracolo.

[35, 1] Giuda Iscariota. V’era là un’altra donna il cui figlio era tormentato da Satana. Questi, di nome Giuda, ogni volta che era invaso da Satana, mordeva tutti coloro che gli si avvicinavano e quando attorno a sé non vedeva alcuno da mordere, mordeva le sue stesse mani e altre sue membra.

La madre di questo poveretto, conosciuta la rinomanza della padrona Maria e del suo figlio Gesù, partì portando seco il figlio Giuda alla signora Maria. Nel mentre Giacomo e Ioses avevano condotto il fanciullo signore Gesù a giocare con gli altri fanciulli, e ritornati a casa, restarono con il signore Gesù. [2] Quando giunse Giuda, indemoniato, si pose a sedere alla destra di Gesù: invaso da Satana, voleva, come d’abitudine, mordere il signore Gesù, ma non vi riuscì. Percosse tuttavia il lato destro di Gesù e questi si mise a piangere… Immediatamente Satana uscì da quel ragazzo, fuggendo come un cane rabbioso.

Questo ragazzo che percosse Gesù e dal quale uscì Satana sotto forma di cane, era Giuda Iscariota che lo consegnò ai Giudei. E il lato percosso da Giuda è quello stesso nel quale i Giudei confissero la lancia.

[36, 1] Figurine di fango. Compiuti i sette anni, il signore Gesù si trovava un giorno con ragazzi coetanei, e giocavano a fare con il fango figurine di asini, di buoi, di uccelli e di altri animali vantando ognuno l’abilità dimostrata con l’opera compiuta. Il signore Gesù disse allora ai ragazzi: “Alle figurine ch’io ho fatto ordinerò di camminare”. [2] Allora essi gli domandavano: “Sei tu il figlio del Creatore?”. E il signore Gesù ordinò a esse di camminare: subito si misero a saltare e poi, per sua concessione, si arrestarono nuovamente. Aveva fatto figurine di uccelli e di passerotti che volavano quando egli ordinava loro di volare, e si fermavano quando ordinava loro di stare ferme; inoltre mangiavano e bevevano la bevanda e il cibo che egli porgeva loro.

angels5.jpg&t=1[3] Allontanatisi poi i ragazzi raccontarono queste cose ai genitori; i loro padri dissero loro: “Guardatevi, figli, dal prendere familiarità con lui, è un mago pericoloso. Fuggitelo dunque ed evitatelo, e di qui in avanti non giocate più con lui”.

[37, 1] Colori del tintore. Un giorno discorrendo e giocando con i ragazzi, il signore Gesù passò davanti alla fabbrica di un tintore di nome Salem. Nell’officina vi erano tanti panni che dovevano essere tinti dal tintore. Entrato nella officina del tintore, il signore Gesù prese tutti quei panni e li gettò in una botte piena di azzurro indiano.

Quando giunse Salem e vide i panni perduti, iniziò a gridare a gran voce e a scongiurare il signore Gesù, dicendo: “Che mi hai fatto, o figlio di Maria? Mi hai infamato davanti a tutti i cittadini. Ognuno di essi desiderava un determinato colore, e tu qui hai mandato tutto alla malora”.

[2] Gesù rispose: “Io ti cambierò il colore di tutti i panni che vuoi”. E subito prese a estrarre i panni dalla botte, tirandoli fuori tutti, e ognuno aveva il colore voluto dal tintore. I Giudei vedendo questo miracolo e prodigio lodarono Dio.

[38, 1] Gesù in falegnameria. Girando per tutte le città, Giuseppe conduceva con sé il signore Gesù. A motivo del suo mestiere, la gente lo avvicinava dandogli ordini per la fabbricazione di porte, secchi, letti e cassetti. Ovunque andava aveva sempre con sé il signore Gesù. [2] Ogni volta che Giuseppe aveva bisogno di lui nel suo lavoro, per allungare, accorciare, allargare o restringere sia di un cubito che di un semicubito qualche cosa, il signore Gesù stendeva la sua mano verso di essa e subito diventava come desiderava Giuseppe; né questi aveva bisogno di fare qualcosa con le mani. Giuseppe non era infatti di una abilità straordinaria nell’arte di carpentiere.

[39, 1] Un ordine dal re. Un giorno il re di Gerusalemme lo fece venire da lui, e gli disse: “Giuseppe, voglio che tu mi faccia un trono della stessa misura di quello sul quale sono solito sedere”. Giuseppe acconsentì e subito diede mano all’opera: restò nella reggia per due anni portando così a termine la fabbricazione del trono. Fattolo trasportare al suo posto, si accorse che da ogni lato mancavano due semicubiti per raggiungere la misura esatta.

[2] A questa constatazione, il re si adirò contro Giuseppe. Invaso da profondo timore del re, Giuseppe passò la notte senza avere cenato, senza toccare assolutamente nulla. Interrogato dal signore Gesù sulla causa del suo timore, Giuseppe rispose: “Perché ho perduto tutto quanto ho fatto in quei due anni”. Il signore Gesù gli rispose: “Non temere, non ti abbattere. Tu afferra un lato del trono, io afferrerò l’altro e così lo porteremo a pari”.

Giuseppe fece come aveva detto il signore Gesù; ognuno tirò il proprio lato e il trono fu riparato e condotto alla giusta misura. Visto un tale prodigio, tutti i presenti stupirono e lodarono Dio.

[3] Il legno di quel trono apparteneva a quel genere tanto celebrato al tempo di Salomone, figlio di Davide, per la varietà delle sue applicazioni.

[40, 1] Ragazzi mutati in capretti. Il signore Gesù un giorno uscì per strada. Vide dei ragazzi che si erano radunati per giocare e li volle raggiungere. Ma essi si nascosero. Giunto dunque alla porta di una casa, il signore Gesù vide delle donne e domandò dove mai fossero fuggiti i ragazzi. Esse risposero che qui non c’era alcuno; allora il signore Gesù domandò loro: “Quelli che vedete là nel forno, chi sono?”. Avendo esse replicato che si trattava di capretti di tre anni, il signore Gesù esclamò: “Venite qui, capretti, presso il vostro pastore”. [2] Allora i ragazzi, sotto forma di capretti, uscirono e presero a saltellare attorno a lui.

Piene di ammirazione e tremanti di paura, alla vista di ciò, quelle donne si diedero subito ad adorare il signore Gesù, dicendo: “Signore Gesù, figlio di Maria, tu sei proprio il buon pastore di Israele. Abbi misericordia delle tue ancelle che ti stanno di fronte e che mai dubitarono: tu, infatti, signore nostro, sei venuto a sanare, non a perdere”. E avendo Gesù soggiunto che i figli di Israele sono come gli Etiopi in mezzo ai popoli, le donne dissero: “Tu, signore, sai tutto e non c’è nulla che ti sia nascosto. Ora noi ti preghiamo, e chiediamo alla tua pietà di restituire a questi ragazzi, tuoi servi, il loro stato di prima”. [3] Il signore Gesù rispose: “Su, ragazzi, andiamo a giocare!”. E immediatamente alla presenza di quelle donne, quei capretti si mutarono in ragazzi.

[41, 1] Gesù re. Nel mese di adar Gesù radunò attorno a sé dei ragazzi come un re: essi stesero a terra i loro abiti ed egli vi si sedette sopra. Intrecciata poi una corona di fiori gliela posero sul capo, e, come guardie del re, si posero alla sua destra e alla sua sinistra. I ragazzi poi trascinavano con la forza chiunque passava per quella strada, dicendo: “Vieni qui a venerare il re. Poi proseguirai per la tua strada”.

[42, 1] Simone il cananeo. Mentre avveniva questo, si appressavano degli uomini che portavano un ragazzo, che era andato sui monti con dei suoi compagni alla ricerca di legna. Quivi trovò un nido di pernice e stese la sua mano per portare via le uova, ma un serpente velenoso spuntò di mezzo al nido e la morse. Innalzò grida di aiuto, e i suoi compagni corsero verso di lui trovandolo a terra come morto. Allora i vicini di casa partirono per prenderlo e riportarlo in città.

[2] Giunti al posto nel quale il signore Gesù stava come re, attorniato dagli altri ragazzi come da ministri, i ragazzi corsero incontro a colui che era stato morso dal serpente e dissero ai suoi vicini: “Su, salutate il re!”. Ma a motivo del timore che li agitava, non volevano avvicinarsi. Allora i ragazzi li trascinarono con la forza. Quando furono davanti al signore Gesù, egli domandò loro perché portavano quel ragazzo. Saputo che un serpente lo aveva morso, il signore Gesù disse ai ragazzi: “Andiamo a uccidere quel serpente”.

[3] Alla preghiera dei parenti affinché fosse loro permesso di proseguire poiché il figlio era in agonia, i ragazzi risposero: “Non avete udito che il re ha detto: “andiamo a uccidere il serpente”? Non volete voi compiacerlo?”. E così, sebbene quelli fossero contrari, girarono indietro la lettiga.

Giunti che furono a quel nido, il signore Gesù disse ai ragazzi: “E’ proprio questo il posto del serpente?”. Essi assentirono. Allora, chiamato dal signore, il serpente si fece avanti tutto sottomesso. Egli disse: “Va’ a succhiare tutto il veleno che hai iniettato in questo ragazzo”. Il serpente si avvicinò al ragazzo e succhiò tutto il suo veleno. [4] Poi il signore Gesù lo maledisse e subito scoppiò. Il ragazzo, invece, accarezzato dalla mano del signore Gesù, guarì. Avendo poi cominciato a piangere, il signore Gesù gli disse: “Non piangere, presto sarai un mio discepolo”. Questo è Simone cananeo del quale parla il Vangelo.

IL VANGELO ARABO DELL’INFANZIA 2ultima modifica: 2011-01-18T16:26:00+01:00da meneziade
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