6° tappa: COMINCIAMO AD APRIRE GLI OCCHI!

C'era una volta Gesù - The Miracle Maker-Front.jpgOra si comincia davvero ad aprire gli occhi su se stessi, la propria vita, le proprie scelte.

Da ora avrà inizio una lunga diagnosi che precederà una breve prognosi.

Oggi tocca partire dal più immediato dei propri aspetti: dove si sta cercando la felicità. E’ da qui che si comincia.

Due sono le facce della medaglia che spendi nell’acquisto di ciò dietro cui speri felicità: “movente” e “motivazione”. Bada bene, son due cose diverse, da tenere necessariamente in vista, poiché il primo consiste nella tua scusa formale, la seconda nella reale ragione che detta i tuoi atti, cioè te stesso, un vivere un po’ lacunoso, un buco da riempire. Con cosa?

Noi ti diciamo che tu hai la tua risposta, hai un progetto o una serie di progetti cui stai chiedendo felicità. Ne siamo quasi certi: non ne avresti solo nel caso ti trovassi in balia di una particolare depressione, delusione o crisi… amico, in questi ultimi tre casi osiamo dirti che, in realtà, saresti ancor più fortunato, poiché proprio questi sono i momenti in cui viene a galla la verità da cui partire.

Ma torniamo a noi: è molto probabile che stai tentando alcune strade, nei traguardi delle quali vedi la parola felicità, totale o parziale che sia.

Non sappiamo quali strade, lo sai tu.

Un ragazzo, tempo fa, chiese al padre di comprargli un computer: tutti i compagni di classe ne avevano uno, meno lui. Sebbene il padre aveva un mucchio di mutui da pagare, per amore del figlio volle accontentarlo. Gli comprò un computer, felice di vedere un sorriso in volto al figlio. Il giorno dopo il ragazzo tornò a casa deluso.

“Cosa c’è? Ti ho comprato il computer, non sei felice?”

I suoi compagni di classe avevano un computer più moderno, con più capacità, e questo proprio non gli andava giù!

“E va bene, te ne prendo un altro!”

 Il padre si fece dire dal figlio quale preciso computer ricomprargli e, malgrado i mutui, gliene ricomprò un altro.

“Ho anch’io il vostro computer”, disse il ragazzo ai compagni.

“Dove ce l’hai?”

“Dove volete ce l’abbia? A casa, naturalmente!”

“A casa? Ma và! Noi ce l’abbiamo qua, vedi? Un bel portatile!”.

Il ragazzo tornò a casa ancor più deluso, pieno di rancore, sapendo che il padre, indebitato fino al collo, non gli avrebbe mai comprato un terzo computer.

Quel ragazzo non parlò al padre per molto tempo, convinto che il padre non gli volesse bene come i padri dei compagni e non lo capisse come loro capivano i figli.

Ora, leggi con attenzione, chi era quel ragazzo?

Devi chiedertelo con onestà, pensando a tutti coloro che hanno un chiodo fisso nella loro mente, spendendo risorse, energie, insonnie, scommettendo una grossa consumazione di sé pur di ottenere il traguardo di quel chiodo fisso, nella cui immagine leggono felicità.

Conseguire quella laurea che darà loro la bella reputazione tanto attesa, esercitare quella professione che li farà sentire così meritevoli, ottemperare a quella dieta o cura di sè che consentirà loro di attirare finalmente gli occhi compiacenti del prossimo, comprarsi quella macchina, quella casa che darà loro finalmente la dimensione dell’uomo realizzato, curarsi quella dialettica intellettuale che conferirà loro finalmente quell’immagine da persona interessante, bramare quella persona da conquistare o da farsi conquistare, aspirare alla famiglia perfetta e impeccabile, proiettarsi a dismisura nel lavoro per raggiungere quella vetta, sudare sangue pur di conquistare la propria coppa vincente, qualunque sia!

Che altro? Visto che c’è gente anche “altruista”, perché non considerare il caso di genitori che vogliono il bene dei figli? Coloro che per il bene dei figli si dannano per convincerli a scegliere quel preciso mestiere da buon target sociale, magari proprio quel mestiere in cui non son riusciti loro. Genitori che per il bene dei figli si dannano per imporre loro il fidanzato o la fidanzata perfetti. Coloro che si dannano a correggere chiunque affinché il mondo sia migliore. Coloro che tagliano i ponti con tutti all’insegna dei valori. Coloro che si affannano in parrocchia alla ricerca di quel “bravo” perduto.

La lista sarebbe interminabile, caro amico, eppur delle cose in comune tra questi e centinaia di altri esempi ci sono:

1) Un grosso affanno! Una fatica sterminata nella speranza di vedere in un obiettivo la conquista della vita;

2) La trascuratezza inevitabile delle principali, facili, belle necessità; possano essere affetti, amici che d’un tratto non riescono più a capire e a seguire costoro, ormai divenuti persone che rimandano, rimandano continuamente tutto a dopo: “No, ma non preoccupatevi, appena possibile mi curerò di voi su tutto, appena terminerò questa cosa!”;

3) La perdita delle proprie cure sociali disinteressate, la mancanza di un respiro d’aria fresca senza l’ansia di qualcosa in sospeso;

4) La delega agli altri di tutto il resto, lo sbuffo incollerito di fronte ai doveri irrinunciabili, estranei all’obiettivo da raggiungere;

5) Il movente: “Ma io lo faccio a fin di bene, perché sento che è la mia strada”, “Ma io lo faccio per missione, per volontariato”, “Guarda che lo faccio per te, tu che mi accusi di non esserci mai”. La motivazione: lo fanno solo per loro stessi e non l’ammetteranno mai!

6) Un sapore amaro che la vita comincia ad assumere, chiusa nella gabbia che quell’immagine, cui ci si prostra, esige: un mucchio di sacrifici, ansie ed energie… per una cosa sola!

Il sesto aspetto è molto interessante, caro amico, perché qua si rivela un fatto tragico, cioè il bidone che riserva quell’obiettivo che si va ad idolatrare: guai se non si riesce a realizzarlo, perché vorrà dire che la vita è ingiusta, il mondo è una delusione, gli altri non ci capiscono, non sanno chi siamo e di che stoffa siamo! Ci adegueremo a una vita piatta, ci adageremo, delusi, mangiando quel tozzo di pane d’una vita qualunque e insignificante, portandoci nel cuore l’immagine vana di quel sogno nel cassetto, sopportando tutti e tutto, reclusi in un’amara sensazione di vuoto.

… E se invece ci si riesce? Se invece quel sogno nel cassetto dovesse realizzarsi? Fantastico! Tutte quelle immagini tanto attese, vederle finalmente coi propri occhi intorno a sé: finalmente un corpo invidiabile, un bel mestiere, una bella reputazione, una bella stima degli altri, la loro invidia, l’amore di quella persona, una famiglia da Mulino Bianco, figli di cui vantarne i curriculum, eccetera eccetera… MENZOGNE! UN MUCCHIO DI MENZOGNE SPORCHE E INFAMI!

Quella favolosa sensazione durerà poco, il marciume di una vita storta resterà là, irrisoluto, e si sommerà alle trascuratezze con cui abbiamo liquidato il resto (… il resto, cioè LA VITA!!).

Persone cui non interesseremo più, dopo tutto questo tempo trascorso a trascurarli; magari moglie, figli, amici che non ci sopporteranno più!

Il silenzio che questo sogno avverato ostinerà davanti agli imprevisti più amari della vita, cose le cui risposte mai potrà darci nessun sogno avverato che, per quanto grande, è sempre più piccolo di noi.

Rivali che staranno sempre un gradino sopra di noi, che ci strapperanno sempre una vetta, che ci porranno sempre nell’ansia di non aver concluso ancora il nostro lavoro… e allora all’attacco: sudiamo ancora, dobbiamo ancora scavalcare qualcuno, salire, sudare, scalare quella vetta grossa, sulla cui cima finalmente potrò essere orgoglioso di me!

Magari la raggiungeremo… e sarà la stessa cosa!

Ecco cosa ci lasciano i sogni nel cassetto: una sensazione d’incompletezza, dopo un mare di sudore di sangue. Roba che esige tanto e da poco. Idoli che adoriamo, per i quali sacrifichiamo noi stessi, speranzosi di qualcosa che non possono mai darci… e, se pur ci darebbero, dura poco se non ne sudiamo la conservazione!

Caro amico, abbiamo parlato in modo generico, ma ora devi chiederti se questo discorso davvero non ti riguardi, perché noi ora ti diciamo che, se c’è una cosa nei tuoi pensieri, la più piccola, la più innocente, quella che neanche abbiamo saputo menzionare, ma che ruba le tue ansie da conquista, i tuoi sudori da scalata e il superamento obbligato di te stesso… molto bene, quella cosa è il tuo idolo!

In questo caso, fratello, fà attenzione: c’è tanto da spendere, un conto salato da aspettarsi. E tu, pur di provare quella sensazione di vittoria, stai sciupando la tua vita.

E, bada bene, noi non stiamo condannando i tuoi sogni, i tuoi traguardi, né stiamo condannando alcuna delle cose in sé finora elencate: stiamo condannando il centro che ne fai, l’importanza che ne dai, il riscatto sociale che ne speri, la pienezza con cui il tuo inconscio spera di riempire, tramite queste cose, i vuoti che, finora, la vita, la famiglia o gli amici ti hanno lasciato!

Non ti stiamo invitando a non coltivare più le tue cose, ti stiamo dicendo che, per quanto belle e importanti, non daranno mai risposta piena al tuo bisogno di pienezza.

“Ma allora la pienezza dov’è?”

Dov’è la pienezza! La pienezza è in quella cosa che chiede poco e da tanto, quel tanto che tu ancora non conosci, che non hai sperimentato, quel tanto per cui non occorre sudore, affanno, rivalità, stress e trascuratezza, quel tanto che non ti lascerà con una parziale, sufficiente sensazione di semifelicità: DIO!

Proprio Lui! Lui che sa molto bene tu chi sei, cosa davvero occorre per te!

Lui che ti ha lasciato sperimentare delle insoddisfazioni affinché tu possa porti alla ricerca d’un traguardo davvero grosso che Lui ha già preparato per te, un traguardo la cui vetta è l’unica, l’unica a riempirti veramente, tanto da traboccare!

La tua semifelicità è vera, fratello, le incompletezze che lamenti sono vere, la tua sensazione di non bastabilità è verissima. E’ sbagliata la soluzione che credi di avere, poiché quella soluzione è a portata di cose, non di uomo… e tu sei uomo, non cosa bassa!

“Ma io chiedo poco, chiedo solo quella cosa lì!”, no, fratello: tu chiedi tanto proprio in quella cosa lì ed hai ragione, perché quel tanto ti spetta. Ma quel tanto può dartelo solo Dio.

E, se soltanto ti lasciassi interrogare dalle parole malusate di questi post, capiresti quanti piccoli idoli pervadono i tuoi pensieri e le tue piccole collere e tristezze; capiresti quanta fame di buon vero cibo invece hai. Ed hai ragione!

La bella notizia che ti portiamo è questa: la tua strada, quella che ti riempirà il cuore di gioia, c’è! Hai la tua gran missione! Hai il tuo progetto da curare! Hai l’obiettivo che ti farà grande, grande come vorresti e ancor di più! Lo hai, ma non lo conosci: è Lui, solo Lui a saperlo e a sapertelo rivelare, se Lo lascerai parlare al tuo cuore. Ma finchè non comincerai a conoscere e ritrattare le tue idolatrie, malgrado Lui stia tentando di parlarti da un bel po’, non avrai le giuste orecchie per ascoltarlo e starai sempre là a dire: “Dov’è Dio? Io non lo vedo!”.

6° tappa: COMINCIAMO AD APRIRE GLI OCCHI!ultima modifica: 2012-03-10T12:30:49+01:00da meneziade
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