TRA APOLOGETICA E PATRISTICA 2

1.TERULLIANO (Quinto Settimio Fiorente Tertulliano,  150 – 220)

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1. 1. – LA FIGURA E L’OPERA

Ammettendo la difficoltà oggettiva di poter inquadrare nel suo tempo una personalità controversa come Tertuliano, è possibile tracciare una linea di sviluppo della sua copiosissima produzione,

partendo da una pagina che lo riguarda di S. Gerolamo, dal quale è  riconosciuto “primo tra gli scrittori latini”, un maestro.

L’arco di tempo in cui si svolse la vita e l’opera di Tertulliano è computabile tra il 160 e il 230. Proveniva da Cartagine; di famiglia ragguardevole, aveva avuto una educazione pagana, frequentando tutti gli ordini di scuola, fino agli studi impegnativi di retorica e di diritto; poi la conversione al Cristianesimo, in un periodo in cui gli intellettuali Cristiani, ormai staccatisi dai “Giudei”, erano impegnati, prima in ambiente greco e poi in ambiente latino, ad affermare la loro dottrina in posizione di difesa dalle accuse infondate che provenivano dagli ambienti pagani e a dibattere il loro credo sul piano della retta interpretazione dei testi sacri: due momenti comunque fecondi della Storia della Chiesa, contrassegnati dallo sviluppo dell’Apologetica, e da un fervidissimo dibattito teologico, da cui sarebbero scaturite, su un piano diverso, le Eresie.

Tutti questi fermenti all’interno di un Impero romano sempre schierato contro l’affermazione insistente del Cristianesimo, ma sempre meno motivato ad opporre ragioni concrete alla prosecuzione delle persecuzioni, come dimostra il rapporto epistolare tra l’intellettuale pagano Plinio il Giovane, proconsole in Bitinia, e l’imperatore Traiano, per il quale, già nel 112, i Cristiani non dovevano essere ricercati, ma perseguiti solo se denunciati.

Tertulliano dunque si inserì attivamente nel dibattito politico-culturale che caratterizzò la vita cristiana nel II secolo, assumendo atteggiamenti intransigenti di rigorismo esasperato in relazione alla corretta interpretazione dei testi sacri, fino al punto da superare le posizioni precedenti di Marcione, degli Gnostici e del stesso Montano e presentarsi con una sua personalità straordinariamente ricca ed autonoma.

La produzione di Tertulliano è vastissima tanto da poter essere vista solo in un quadro

di insieme dividendola in blocchi: opere apologetiche, opere polemiche, opere di carattere etico.

Nel delineare il formarsi di questa complessa personalità il prof. Marin ha tracciato il percorso seguito dalla teologia cristiana in questa che egli ha definito “crisi di crescita” del Cristianesimo durante il II secolo, sicché la posizione di Tertulliano è apparsa meno radicale di quello  che pur sembra a prima vista e più dettata, anche nel radicalismo che la caratterizzò, da sentimenti di vera e ardente fede e dinamica, attiva partecipazione alla giusta interpretazione del messaggio cristiano, onde la giusta definizione di S. Gerolamo di “magister”, maestro della Letteratura latina cristiana.

1. 2. – IL VELO DELLE VERGINI

De virginibus velandis

Su questo argomento, inattuale oggi che uomini e donne frequentano i riti sacri, compresa la Messa, in abbigliamento casuale; incomprensibile soprattutto da parte dei giovani, per i quali è cosa strana che una donna, solitamente di una certa età, entri in Chiesa coprendosi la testa con una parvenza di velo data da un fazzolettino simbolicamente messo a copertura del capo: oggi che è diventato un grido di liberazione l’usanza delle donne musulmane di velare il capo lasciando liberi solo gli occhi e di quelle talebane di coprire tutta la persona con una grata in corrispondenza degli occhi.

Tertulliano, come è noto, è uno spirito intransigente e rigoroso e non può non vedere  le cose  se non collocandole sul piano della tradizione biblica antica e neo testamentaria, in cui il velo è il simbolo della verginità e tale deve essere ritenuto sia dalle donne non sposate sia dalle sposate, quale “armatura del pudore”, “fortezza della verecondia”, “muro a difesa del sesso”.

L’esortazione del Dottore della Chiesa richiama ad una osservanza netta e senza deroghe.

Tuttavia la sua “lectio” può, oggi, essere abbondantemente utilizzata a marcare il problema della straripante mercificazione del corpo femminile, onde l’espressione icastica: “mavult femina videre quam videri”, preferisce la donna vedere, che esser vista.

1. 3. – L’ERESIA MARCIONITA

Adversus Marcionem

Con questo lavoro l’intellettuale cristiano affrontava  un aspetto non secondario della sua attività teoretica a favore dell’ortodossia cristiana, quello della confutazione delle eresie, che avevano trovato larga diffusione all’interno della stessa Chiesa e ne minacciavano pericolosamente l’identità.

Marcione, vissuto a cavallo tra il I e il II sec.,  si era fatto promotore di una sorta di “scisma”, organizzando una Chiesa parallela  con un suo “credo” desunto dalla dottrina dei “Docetisti”, secondo i quali l’umanità e le sofferenze di Gesù Cristo non sarebbero state “reali”, ma “apparenti”. Grande oppositore del mondo giudaico, Marcione negava l’importanza del Vecchio Testamento, in quanto il Dio da esso predicato non sarebbe stato altro che un “Demiurgo”, un creatore terribile e vendicativo.

Dava invece importanza al Nuovo Testamento, riconoscendo in esso un Dio buono, che aveva mandato Cristo sulla terra per riscattare l’umanità: senonchè questo Cristo non avrebbe mai preso la carne, principio del male, in base ad un’altra posizione eretica, quella “gnostica”, secondo cui esiste nella creazione un dualismo radicale: da una parte lo Spirito creatore, dall’altra la Realtà materiale, che non potrà mai identificarsi con lo Spirito, anzi è destinata ad una progressiva, insanabile frattura.

Tertulliano, sottile conoscitore di tutte le tecniche retoriche, costruisce una animosa requisitoria contro Marcione, imbastendo una “sceneggiata”, che coinvolge non solo la persona dell’eretico, ma addirittura lo stesso luogo che gli aveva dato i natali, il Ponto Eusino, il Mar Nero, ritenuto anche nella leggenda il luogo più inospitale della terra.

Tutta l’opera è centrata sull’affermazione dell’unicità di Dio, intendendo l’unicità come motivo di perfezione: “Per la verità cristiana Dio, se non è unico, non è Dio ed è un Dio universale, non nato, non creato, senza inizio, senza fine…tutto giusto, tutto buono”. La bontà di Dio, che secondo Marcione era un puro atto di misericordia da parte del Dio buono riversato su tutti indifferentemente, per Tertulliano non è un atto irrazionale, ma implica da parte dell’uomo uno sforzo di meritarla.

La voluminosità dell’opera (400 pagine in 5 libri!), con la intrinseca difficoltà di individuare i nuclei argomentativi libro per libro (il II libro insite per esempio sulla figura del Dio creatore, il III sul Cristo partorito dalla Beata Vergine Maria, il IV  sulla sintonia tra Vecchio e Nuovo Testamento, il V sulla figura dell’apostolo Paolo), la rende difficile e pesante alla lettura. Ma siamo ai primi passi del cammino della Chiesa e tanto fervore è giustificabile soprattutto se lo si guarda in prospettiva delle discussioni di più alto respiro, qualche secolo più avanti, uscite dal pensiero e dalla penna di S. Agostino.

1. 4. – L’APOLOGETICUM

Quest’opera prende il titolo dall’Apologetica, una sora di oratoria ascrivibile al genere giudiziario-epidittico, uno strumento efficace per impugnare le accuse di cui erano fatti segno i cristiani da parte degli ambienti colti pagani.

Tre erano le accuse che venivano mosse contro i cristiani dei primi secoli: i Cristiani sono individui di dubbia moralità; disobbediscono al mos maiorum (ai costumi tradizionali romani), non hanno il culto dell’Imperatore: accuse gravi se si pensa che Roma aveva ormai identificato religione e stato.

E l’opinione pubblica aveva finito col credere fin anche che i Cristiani fossero addirittura infanticidi, incestuosi e cannibali, per un perverso giocoso fraintendimento di alcune formule rituali e di racconti biblici (è ovvio che, per esempio, essere fratelli e sorelle nella fede non impedisce di essere marito e moglie).

Nell’Apologeticum Tertulliano, rivolto ai magistrati romani, smonta punto per punto tutti i capi di accusa dimostrando che essi sono infondati ed anzi ritorcendo tutte le accuse sul mondo pagano.

Gli strumenti che la  retorica gli offriva gli consentivano, con perizia e naturalezza, arditi artifici di parole con cui dimostrare la verità del suo assunto e raggiungere la persuasione.

Non vogliamo essere condannati prima di essere conosciuti”, la non conoscenza è nemica della giustizia. Su queste premesse Tertulliano sviluppa tutta una serie di argomentazioni dialettiche che scagionano con chiarezza i Cristiani dalle infamanti accuse.

Di fronte all’accusa di laesae maiesatis (rifiuto del culto dell’Imperatore), asserisce che il principio non è valido e comunque mancano le prove che i Cristiani abbiano offeso mai l’Imperatore; di fronte all’accusa di laesae Romanae religionis (rifiuto della religione pagana) raggiunge una tale sottigliezza da essere capzioso: gli dei dei romani non sono che divinizzazione di uomini mortali: il Dio dei Cristiani è un Dio che si rivela non solo attraverso la bellezza del creato, ma soprattutto attraverso le Sacre Scritture: Cristo è la personificazione del “Logos”: “de Spiritu Spiritus”, “de Deo Deus” (Dio da Dio, Luce da Luce). Non è vero che la potenza dell’Impero romano deriva dal culto delle divinità pagane, perché il culto degli dei olimpici nasce a Roma dopo che i Romani erano divenuti potenti e la loro potenza anzi si basa sulla loro irreligiosità . I Cristiani non possono essere accusati di laesae maiesatis solo perché mettono il loro Dio al primo posto; loro anzi non solo rispettano le autorità pagane, anzi pregano pure per esse. Non è vero che i Cristiani disprezzano la civiltà romana, perché vivono e sono parte attiva di essa, obbediscono alle leggi; anzi si distinguono per correttezza ed onestà morale.

Usando con perizia il gioco delle antitesi Tertulliano caratterizza il Cristiano non in quanto operator verborum, ma in quanto operator factorum (non uomo di parole, ma di fatti); non in quanto destructor  rerum, ma in quanto aedificator rerum (non disfattista, ma promotore); non in quanto interpolator veritatis, ma in quanto integrator veritatis (non falsificatore ma restauratore della verità); non in quanto furator veritatis, ma in quanto custos veritatis (non ladro, ma guardia della verità).

L’Apologeticum non ha solo importanza sul piano della “difesa”, ma sul piano della “dimostrazione”; in essa si trovano già i principi fondamentali della “regula fidei”, del “Credo” cristiano, fondato su tre solide basi: fides, disciplina, spes.

TRA APOLOGETICA E PATRISTICA 2ultima modifica: 2011-04-04T13:40:00+02:00da meneziade
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