10° tappa: DIECI PAROLE.

Icon.ChristTheSavior.gifEsodo capitolo 20 verso 1:

“Dio pronunciò tutte queste parole”.

Il traduttore ha dovuto usare questi termini al fine di costruire un italiano più semplice alla lettura, poiché una più precisa traduzione sarebbe: “Dio parlava queste parole parlando”. Un italiano assurdo in cui però traspare un messaggio in codice: parlare tre volte, cioè parlare alla perfezione, rivelare una sapienza perfetta.

Ebbene sì! Ecco la buona notizia, ecco la News: non si tratta di “dieci comandamenti”, ma DIECI PAROLE, dieci rivelazioni di una gran sapienza, dieci grossi concetti che svolgono una diagnosi sorprendente alla tua persona, ne svelano le debolezze nascoste e, man mano, lavorano in una escalation che pone la tua concezione di vita ad un’ottica sempre più alta, svelandoti con gran sorpresa cos’è la vita, cosa dovrebbe essere, chi sei davvero tu e qual è il senso della tua vita. Chiaramente al decimo si arriverà al top della conoscenza di sé e del mondo. E, bada bene, sono cose che tu non conosci ancora!

Queste “parole” oggi vengono erroneamente intese come “comandi”, poiché ogni consiglio dato a un cuore duro viene frainteso come un obbligo cui sottostare.

Ecco perché ci è necessario, caro amico, abbandonare il nostro innocentismo nei confronti di noi stessi, il perenne addebito agli altri dei nostri fallimenti.

Solo così si è poveri in spirito, solo con occhio ipercritico verso sé si può comprendere il vero della propria persona, solo chi tende a non ostentare nulla di sé, a riconoscere le proprie incapacità, piace a Dio e parte col piede giusto verso la conoscenza e la felicità.

Sei stato catapultato in questo enorme dono, che è la vita, come in una sala buia che non conosci. Alla ricerca di una direzione, hai battuto diverse volte la testa contro alcuni pilastri; ti sei fatto male, ti sei incollerito. D’un tratto qui ti si propone l’esistenza di una lanterna che può far luce in questa sala in cui ti trovi, affinché tu la veda e i tuoi occhi ne contemplino la bellezza. Il proprietario di questa bellissima sala sa dirti dov’è la lanterna, l’unica; ma tu non ci credi e vuoi continuare a far di testa tua, convinto di poter indovinare la strada al buio e continuando a creare danni in questa sala. Quella lanterna sono le “dieci parole”, la diagnosi del mondo.

Ti fu regalata una lavatrice in cui hai messo a lavare alcuni piatti, convinto si trattasse di una lavastoviglie. Si son rotti i piatti. Prima di rompere il resto dei piatti, prima di rompere anche la lavatrice, Qualcuno vuol darti il libretto delle istruzioni, affinché, usando bene la lavatrice, tu possa goderne il buon funzionamento. Tuttavia l’idea che un altro debba dirti come usarla t’innervosisce: devi capirlo da solo, se no che roba è! La lavatrice è la tua vita e il libretto delle istruzioni è il Decalogo, le “dieci parole”.

Bene! Che cos’è “il peccato”? Che cos’è “la legge”?

Secondo l’ottica umana “peccato” equivale a reato, qualcosa di proibito; “la legge” è una minaccia proibitiva che garantisce la tregua del vivere. Questo è il massimo del buon vivere che l’uomo sa raggiungere: tregua, contenimento, “stitichezza”.

Per “Io Sono” peccato è, invece, qualcosa che traumatizza simultaneamente te e gli altri, gli scempi del tuo strampalato tentativo di ricerca del buono. Per “Io Sono” la legge è Parola, Verbo, rivelazione del senso di tutte le realtà che Lui ti ha affidato, affinché tu le sappia amministrare alla grande, ne faccia un grand’uso e tragga da esse il massimo che possono darti, l’infallibile tentativo di ricerca del buono.

“Il Peccato”, che brutto concetto! “Siamo nel Duemila e ancora parlate di peccato?” Sì! Parliamo ancora di peccato e sai perché? Perché questo antichissimo termine in ebraico è inteso come “mira sbagliata”, “obiettivo mancato”; allo stesso modo di come, ad esempio, una insalata può “peccare di sale”. Peccare è mancare, peccare è muovere gli scacchi della tua partita al momento sbagliato, rischiando di perdere.

Finora ti abbiamo accusato di essere un uomo ricoperto di passamontagna ostentativi. Il risultato è una vita di affanno, rivalsa, competizione, ansia, delusioni. Mascherarsi è “peccato”? Certo che lo è, dal momento che non ti fa riscuotere che il poco di bell’apparenza che mangi giorno per giorno, briciole di false soddisfazioni che raggiungi in panni non tuoi, panni che ti etichettano, ti stringono, dettano l’incompletezza delle tue relazioni.

Finora ti abbiamo accusato di essere un idolatra. Il risultato è una vita di affanno, rivalsa, competizione, ansia, delusioni, in cambio di poco. Idolatrare è “peccato”? Certo che lo è, dal momento che non ti fa assaporare che i frutti di una pochezza che, per quanto appariscente ne sia l’immagine, lascia semivuoto il buco che senti di avere nel cuore.

Caro amico, si dice che “chi pecca va all’Inferno”, sai perché? Perchè l’Inferno è questo: i risultati storti dei tuoi cocciuti tentativi, il caos che crei e che ti si lancia contro, quello cui stai aderendo alla grande. E, mentre tu te la prendi con la vita, Dio ti lascia gustare il tuo caos, nella speranza che tu riconosca la tua insufficienza e ti metta nelle mani del Suo suggerimento.

Morale della favola: sei infelice perché “nel peccato”! E quanto t’arrabbi quando qualcuno vuol toccarti questo tallone d’Achille!

Ora Lui ti sta delucidando, man mano, sulla tua condizione, sulle tue mediocrità. Ti sta dicendo che le tue forme di difesa, nate da valide giustificazioni concernenti le piccole batoste che hai vissuto, mangiano cibi che non saziano, anzi stuzzicano ancor più fame. La tua fame cresce e, senza accusarlo minimamente, le tue difese ti stanno mutando in un usurpatore, stanno mutando le tue difensive in attacchi, in una sete insoddisfabile, destinata a seccarti la gola. Ora Lui, per solo amor tuo, sta smascherando le tue infelicità, per poi darti la possibilità di vestirti di felicità! Ti sta diagnosticando un gran mal di vivere, per poi darti una gran prognosi, PER AMORE! SOLO PER AMORE! SEI SUO FIGLIO!

Ti chiamiamo spesso “caro amico” o ”fratello” perché questo dramma appartiene a entrambi, te e noi; perchè queste “dieci parole” possono rendere grandi entrambi, te e noi.

Ti abbiamo sottolineato che dire “Sì” a “Io Sono” comporterà, forse, qualche “No”… tuttavia, malgrado la sola idea di rinunciare a qualcosa ti urta, a quante cose stai rinunciando nelle tue scelte?

Oggi è di moda rivendicare il diritto di fare le cose che si vogliono, rinunciare a ciò che non si sente di fare e accusare di restrittività ipocrita ogni morale che propone qualche freno. Ma immagina di andare a lavoro solo quando ne hai voglia, crescere tuo figlio solo quando “ti senti” di farlo. Ma immagina anche di coltivare i tuoi stessi idoli solo quando ne hai voglia: che risultati otterresti? Non vedi che è una gran menzogna ritenersi felice quando si fa ciò che si vuole? Gli sforzi, le più stentate rinunce dei più grandi arrivisti e idolatri testimoniano che la loro parvenza di libertà è già una menzogna in sé!

Amico, credici, sono più rinunce le tue attuali scelte che quelle concernenti Dio! I tuoi “No” di oggi sono continui, nei fatti e nel cuore! Non ti accorgi di stare sempre a dire no a qualcosa! Sai dire no continuamente alle cose che ti chiedono un po’ del tempo e degli sforzi che presti alle tue idolatrie… tutto ciò se sai essere una persona seria e organizzata! Peggio ancora se non lo sei e se non sei abituato a programmare, a tagliare: neanche i tuoi idoli ti stai sapendo costruire, nel non volerti risparmiare nulla stai rinunciando a tutto e stai vivendo una vita dimezzata, fatta di cibi non morsi.

La vita è un continuo taglio sin dal tuo cordone ombelicale, questo lo sai bene. E allora? Perché non vuoi avere un minimo di coraggio a fidarti di Uno che, se ti hanno descritto come promotore di sforzo e pazienza, ti hanno raccontato solo un mucchio di balle?

Ostenti uno spirito liberista, ma in realtà il più libero dei liberisti sta lì, continuamente a rinunciare. Qui non si fa liberismo, qui si vuol fare libertà! Libertà totale!

I tuoi attuali “Sì” si rivolgono a idee, immagini destinate al perenne spostamento, come l’orizzonte; ma un solo “Sì” a “Io Sono” si rivolgerà a una marea di fatti! Fatti concreti! Orizzonti raggiungibili, tangibili!

E quella pienezza, così declamata da quanti Gli hanno creduto, renderà pieno il tuo vivere: non ci sarà una, una sola cosa a metà, un solo assaggio in superficie. Vivrai col massimo della pienezza la tua famiglia, la tua gente, le tue solitudini, le tue idee, le tue emozioni, i tuoi gusti, le tue scelte, le tue eccezioni, perfino le tue difficoltà. E tutto ciò sarà solo il più immediato riflesso del rapporto pieno, dell’amicizia profonda che instaurerai col tuo Grande Amico, con “Io Sono”. E, ovviamente, il bello dovrà ancora venire!

Ma a te tutto questo non interessa, vero? Mica ti interessa la felicità? A te interessa solo “quagliare le tue situazioni”, come si dice da queste parti. E allora và, forza, “quaglia”! Che ci fai qui a perdere tempo leggendo questi maledetti post?

Fratello, attento: con lo scudo del tuo luogo comune che “la felicità non esiste” (luogo comune a cui ti fa comodo credere) non stai facendo altro che tenerti legato alla tua morfina scacciapensieri. Invece noi ti diciamo che “la felicità esiste” ed è alla tua portata, malgrado questo messaggio ti urta, ti va scomodo! E, ancora una volta, il problema non è l’esistenza o meno della felicità, ma se davvero la desideri!

Vuoi dirGli questo benedetto “Sì!”? Vuoi dimostrare un minimo di fegato? Vuoi cominciare a mandare un po’ a quel paese le menzogne che stai mangiando senza saziarti?

Se vorrai compiere questo piccolo, facile atto, sii pronto ai prossimi post: ti si apriranno gli occhi!

10° tappa: DIECI PAROLE.ultima modifica: 2012-03-21T13:38:00+01:00da meneziade
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