11° tappa: RICORDATI DI SANTIFICARE LE FESTE.

ist2_10391551-jesus-christ-praying.jpgSi è capito quanto nominare invano sia come invocare un nome senza corpo, fermarsi alle sensazioni senza sprofondare nella sostanza, assaggiare l’apparenza delle cose e non le cose stesse.

Dal livello di superficie in cui vivi, dal livello di poca cura che hai delle cose che ti si presentano, puoi dedurre tu stesso, con impeccabile certezza, la pochezza con cui, finora, hai vissuto Dio.

Attenzione, non fare il sapiente, non compiacerti di sapere già queste cose: questo è proprio il tranello che la tua stessa cecità ti tende. Abbassati, piegati, riconosciti nel tuo poco di buono: credici, è così che si comincia ad essere grandi, è così che si comincia a cambiare la propria vita.

Già, riprendiamo i fatti della tua vita!

Dunque, Dio ti garantisce che, man mano che instaurerai con Lui un completo rapporto di confidenza e fiducia, Egli ti conferirà una dimensione sempre più alta. Se ancora t’interessa tutto questo, leggi le seguenti righe con molta attenzione.

Dio ora parla appieno della tua vita, di come ti rapporti ai tuoi contesti, di come entri nelle tue giornate, della tua continua sensazione di qualcosa in sospeso… conosci questa sensazione? Noi pensiamo proprio di sì.

Dio sottolinea un dramma di oggi, ossia la consueta ottica di considerare la settimana come una parentesi di pazienza e noia tra due weekend. Una parentesi in cui c’è poco da gustare, molto da sopportare. Sopportare una ripetitività quotidiana allucinante, di quelle che stuzzicano decisamente le tue jettature verso chi se la spassa per il mondo alla faccia tua, verso chi lavora poco o niente. L’accusa di fannulloni che rivolgi a loro (Il movente) nasconde in realtà la tua collera di non fare altrettanto (La motivazione). Quasi sempre i tre quarti della tua morale giudicante sono solo il frutto di collere per la non possibilità o il non coraggio di trovarti al posto di chi stai accusando. Ecco svelata un’altra delle tue menzogne che pretendi di far passare per vere, un’altra delle tarme che ti divorano.

C’è da sopportare una profonda noia del monotono, un deja vu dei soliti problemi eternamente riproposti. Una vitaccia! Come si può non aspettare che venga il settimo giorno? L’unico in cui si può stare tranquilli, l’unico che nessuno deve toccarci, quel breve conto alla rovescia da divorare secondo per secondo, indisturbati, prima che voli via. Guai se qualcuno ce lo rovina!

Dio creò in sei giorni il mondo e vide che era cosa buona… tu lavori per sei giorni e vedi… che è un emerito schifo!

Lui il settimo giorno riposa, tu il settimo giorno non riposi per niente, perché non sai riposare.

Che cos’è riposare?

Una vita dal continuo sapore di precario, di fuggente, in attesa della vita vera che pare non venire mai; una vita in cui non ti riconosci, in cui non riesci ad entrare, una vita che non ti va, non ti piace; una vita di doveri da smaltire in fretta; se questa fosse stata la passione e la volontà con cui Dio creò l’universo… uh mamma mia, che ne sarebbe scaturito! Che sgorbi saremmo stati, tutti col naso storto, gobbi, con una gamba al posto di un braccio…

Eppure Dio il settimo giorno riposa… perché? Come fa?

Che cos’è riposare?

Riposare è approfittare di quelle 24 o 48 ore settimanali per strafare, per ammortizzare quell’affanno continuo, per rompere quella monotonia perenne che già ti assale sin dal pomeriggio di ogni domenica. Riposare è correre a recuperare le tue vere realtà, sospese da una settimana di cose lontane. Riposare è correre a spendere per risollevare l’umore, pagare profumatamente chi sulla tua tristezza fa business. Riposare è permettere a un intero sistema mondiale di pubblicizzarti… la tristezza, la noia, la depressione. E tu, stupido a lasciarti convincere da essi che la tua vita sarebbe una miseria… gli credi pure? Da sciocco, da schiavo nelle mani di chi ti propina una tristezza e il suo vaccino, costoso quanto falso! Riposare è fare tutto questo del tuo settimo giorno?

Che cos’è riposare?

Riposare è semplicemente staccare la spina. Cambiare aria, riprendere fiato per poi reimmergersi nel proprio lago di fogna per altri cinque o sei giorni di apnea! Non è così? Certo! Con quei professori universitari che ti ritrovi, o con quei colleghi o capi! Tu mica odiavi il tuo lavoro? Te l’hanno fatto odiare loro, vero? Ma certo! Sono sempre gli altri che ti rovinano, mai tu! E allora che fai? Scappi! Fai giornate di malattia a più non posso! Chiedi tutti i permessi che puoi per “riposare”! Cerchi di finire prima per poi correre a casa, magari a sfogare in famiglia le frustrazioni che hai contenuto con un vile mutismo sottomesso al cospetto del tuo capo! Chiaro! Ti sfruttano e tu li sfrutti. Benissimo! Ti abbiamo scovato! Condanni chi sfrutta, ma hai imparato dagli altri a sfruttare!

Sfrutti il tuo lavoro per il 27, sfrutti lo studio spassionato per quel benedetto diploma, sfrutti la diplomazia di non inimicarti i colleghi, sfrutti la corsia opposta per sorpassare e tornare in fretta a casa, scocciato di cotanto orrore, quell’orrore che sfrutti per mangiare. Ecco! Questa è la condizione emotiva di chi sfrutta! Sei un egoista ed il risultato è collera, insoddisfazione da sopperire in un sabato “alla grande”. Un sabato in cui non andranno mica via le tue preoccupazioni in sospeso, le imminenze degli esami universitari, i rancori verso i colleghi o verso quel capo terribile!

E intanto il tempo vola, i weekend terminano e tu non hai sopperito un tubo. Sei ancor più sfinito dal faticarti un impeccabile, fugace, lacunoso weekend.

Che cos’è riposare?

Non reputarti esente da questo problema, nel caso tu non fossi tipo casinista da notti bianche! Magari sei tipo da tranquillità, da weekend pacato, da poltrona o montagna, settimana enigmistica, televisione, calcio o facebook. Finalmente un gran bel tipo tranquillo come te, in questo mondo accelerato!

Riposa, amico! Spegni il telefono, non sentire nessuno! Nessun pensiero che turbi il tuo delicato, finto equilibrio… già, caro tranquillone: sei già turbato e un non nulla te lo ricorderebbe!

E allora? Che cos’è riposare?

Cominciamo a chiarire ciò che riposo “non è”: riposo non è poltrire!

Oggi abbiamo una convinzione così forte per cui star bene vorrebbe dire stare tranquilli, sereni, cellulari spenti, seduti in poltrona a sorseggiare una bevanda… amico, ma chi t’ha insegnato che il tuo riposo è questo?

Magari sarai anche d’accordo con noi su questo punto, ma ciò nonostante vivi comunque obbedendo a questa menzogna, affannandoti per quell’attimo da poltrona, catalogandolo “tranquillità”. Tranquillità sarebbe aver risolto tutti i problemi e non avere pensieri, vero? Dov’è scritto? Dove l’hai letto? Questa è “morte”, non tranquillità! Nella tua poltrona, nella tua idea di riposo stai cercando la morte!

La vita non è poltrona, la vita è quella frenesia dei bambini che esplode continuamente come un vulcano. Quella condizione che noi adulti faremo loro perdere, prima o poi, così come l’hanno fatta perdere a noi, e sai perché? Perché davamo fastidio in casa, turbavamo la poltrona dei nostri. E i nostri figli turberanno la nostra poltrona.

Ecco la verità: fingiamo di educare, ma in realtà, da ipocriti, sfruttiamo la vita a modo nostro e il risultato è che stiamo male.

Ma allora riposo che diamine è?

Riposo non è dormire dieci ore al giorno, riposo non è lavorare poco, cullandosi nell’invidia di mezza Italia, riposo non è immunità dai problemi, riposo non è aver tutto sotto controllo, dormire col pensiero di aver risolto tutto, riposo non è tranquillità economica: tante persone hanno tutte queste cose, ma non riposano. Ancora non te ne accorgi?

Ma allora riposo che diamine è?

Riposo è tornare ad entrare nella propria vita, riposo è smettere di leggere la propria storia come una serie di errori di calcolo del destino; riposo è l’abbraccio di tutta la tua storia, perfino dei peggiori momenti, quelli che non ti danno pace; riposo è troncare con quella maledetta sensazione di avvertire nella propria vita sempre qualcosa in sospeso (sensazione a te non nuova, ammettilo!).

Fratello, non hai nulla in sospeso, non devi afferrare nulla, non devi recuperare nulla da restituire alla tua esistenza, perché la tua storia, nell’ottica di Dio, è meravigliosa proprio così: riposo è “benedire la tua storia”.

Tremendo, vero? Come puoi benedire quel collega che meriterebbe di essere affogato? Come puoi benedire l’impossibilità di una vacanzina meritata, tu che non chiedi tanto? Come puoi benedire un datore di lavoro come il tuo? Come puoi benedire quel grave errore di incomprensione che i tuoi genitori commisero verso te? Quell’errore che ti causò tutto quel caos! Come puoi benedire i tuoi complessi d’inferiorità, le tue rivalità, le occasioni che ti sei perso, i tuoi difetti fisici, il tuo pessimo carattere, il frequente allontanamento della gente da te? Come poter benedire tutto ciò? Ti stiamo raccontando solo un mucchio di balle, vero? E invece no, fratello!

Tutte le tristezze che hai vissuto, queste o altre che di te non conosciamo, ma che non si sono affatto allontanate da te, ma regnano nel tuo cuore e comandano tutti i tuoi stress da conquista, sono alla base del tuo non riposo: è da esse che parte il tuo perenne senso di incompletezza; è da esse che partono le tue ansie da riscatto che ti appresti a riversare in mille direzioni; è da esse che nasce il tuo continuo confronto tra vita che hai e quella che vorresti.

Il problema è che ancora non capisci che la vita che vorresti non ti darà un corno di niente, se un giorno l’avrai! La vita che può farti felice è proprio questa che già stai vivendo e non devi fare altro che mettere nelle mani di Dio, di “Io Sono”, tutte le tue storture da cui nasce la tua ansia da non riposo, tutte le tue non risposte, tutti i tuoi incidenti, tutti i tuoi rancori, i tuoi ricordi, tutto ciò che usi come movente per andare ad ammazzarti di pensieri e preoccupazioni. Comincia a rivolgerti a Dio! E’ ora che tu chieda aiuto a Lui, che tu Gli chieda di cominciare a leggere la tua storia con i Suoi occhi. E’ ora che tu metta nelle Sue mani tutte le tue angosce e le loro origini!

Dio è uno capace di mutare perfino la morte in strumento di vita, immagina quanto muterà tutte le tue piccole morti in strumento di vita, affinché tu possa gustare il tuo autentico riposo, quello che ti rimarrà anche in settimana, quello che ti spetta anche senza vacanza, senza tranquillità economica, senza discopub, senza poltrona, senza le tue consuetudini cui sei morbosamente legato.

Riposo è immergerti nella tua schifosa settimana di lavoro, assorbendola come una grande occasione che hai di compiere un importante servizio a chi usufruisce della tua opera, a costo di prolungare il tuo tempo di dedizione, a costo di tollerare i più antipatici soprusi verbali di colleghi e capi, constatare la “cosa buona” del tuo creato, del tuo operato, contemplarne il valore immenso nel tuo settimo giorno.

Ecco la santificazione del sabato! Ecco il riposo! Abbracciare i tuoi pessimi ricordi, gli assurdi da cui hai scatenato la tua serie di falsi moventi, prontamente bocciati da una vita diversa da quella che vorresti. Abbracciare di nuovo tutta la tua storia, cominciare a leggerla con gli occhi di Chi ti parla di una serie di contenuti d’amore celati proprio in ogni tua tragedia; contenuti che Dio può porre proprio al centro della tua missione. Riposo non è dormire, riposo è il buon consumo di sé, possibile solo conciliandoti con la tua storia. E, ricorda, la realtà è fuori di te, non in te!

Devi troncare con le tue aspettative: esse non sono la tua vera vocazione, sono solo il miraggio di un riscatto che non verrà mai.

Il tuo non riposo è nei tuoi contenuti di rancore verso la tua vita. Come rimuoverli? Semplice: non devi rimuoverli affatto, ma leggerli in chiave diversa, metterli nelle mani di Dio, perché potrebbero essere la base della tua vittoria. Non devi fuggire da essi e lanciarti nel riscatto di una conquista. Devi ricordarli, recuperarli, accettarli e, per ora, devi credere a una lieta notizia: essi saranno la base della tua gioia, se li poni nelle mani di Dio, perché la tua storia, in realtà, è una storia bellissima, se la leggi secondo Dio.

La lieta notizia che ti annunciamo è che la tua vita è meravigliosa e per riconoscerne la meraviglia basta lasciarvi entrare Dio e cercarne l’utilità per il mondo, utilità in base alla quale si muoverà la tua missione!

Come amare i propri pessimi ricordi? Come amare i propri rancori irrisoluti? Come amare le proprie storture? Come amare i propri pessimi colleghi e datori di lavoro? Non te lo diciamo ancora: è materia delle prossime tappe.

Per ora una serie di piccoli incarichi ti sono richiesti: non più ansie da conquista, non più obiettivi lontani da sudare, non più rigetto della propria vita, non più fretta di marcare cartellino, non più fretta di correre a riposo, non più chiodo fisso del divertimento: entra nelle tue cose!

11° tappa: RICORDATI DI SANTIFICARE LE FESTE.ultima modifica: 2012-03-23T13:40:00+01:00da meneziade
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